Ogni santo fondatore deve avere almeno un primo successore santo, che ne raccolga l’eredità spirituale e ne preservi l’originario carisma da possibili contaminazioni. Non fa eccezione neanche san Luigi Orione, che già nel 1921 confida: “Se Iddio mi dicesse: 'Ti voglio dare un continuatore che sia secondo il tuo cuore'', io gli risponderei: 'Lasciate, o Signore, poiché già me lo avete dato in Don Sterpi".
Carlo nasce nel 1874 a Gavazzana in provincia di Alessandria. Mamma è contenta della vocazione sacerdotale del figlio, solo gli raccomanda di essere un prete “tutto di Dio” e in punto di morte benedice il suo piccolino di otto anni, raccomandandogli che “sia un prete sul serio e non un prete qualunque”. Lo descrivono “piccolo di statura, esile, la testa abitualmente reclinata, gli occhi socchiusi, la voce piana, il passo svelto e leggero”: un uomo, insomma, non da prima linea, semmai da retrovia, non certo a caso chiamato “l’ombra di don Orione”. Si conoscono in seminario e Orione, un anno avanti per studi e per età, ha talmente stima di lui da chiederlo al vescovo come suo primo ed unico collaboratore quando si “mette in proprio” e fonda a Tortona il suo istituto. E poco prima di morire potrà dire: “sono più di quarant'anni che Don Sterpi ed io ci conosciamo e ci vogliamo bene veramente, bene grande”, come si conviene tra santi.
In lui ha una fiducia illimitata, al punto che “aveva praticamente messo sulle braccia di Don Sterpi quasi tutto il peso del governo della Congregazione”: la mente e il braccio, insomma, entrambi necessari ed insostituibili, perché tutti sanno che quando don Orione “metteva lui a qualche cosa, l’esito era sicuro”. Il suo essere “un cuor solo e un’anima sola con don Orione” non significa tuttavia cieca sottomissione alle direttive del Fondatore, con il quale a volte c’è anzi uno scambio “vivace” di vedute differenti, che lasciano intravedere un “temperamento caldo e pronto a risentirsi”, frutto di un carattere forte ed un temperamento volitivo che egli in modo eroico riesce a controllare, e solo “qualche contrazione del volto manifestava la lotta che avveniva in lui. Ma alla fine era la vittoria della serenità”, perché, dicono i testimoni, “l’umile servizio reso sempre in sott’ordine al Fondatore, con una collaborazione così fedele e docile, non era per natura sua condiscendenza, ma frutto di grande virtù”. Se a don Orione si riconosce il ruolo di “padre”, di don Sterpi, grazie alle sfumature con cui il buon Dio caratterizza i suoi santi, si parla come della “mamma dei chierici” per “quelle attenzioni educative, quella cura delle persone e della casa proprie della madre”.
Il 12 marzo 1940 don Orione muore e per il Capitolo è naturale eleggere, come suo primo successore, colui che si autodefinisce “giumento della Divina Provvidenza”, ma che il Fondatore indicava come il “dono fatto dalla Provvidenza alla Piccola Opera”. Nella nuova carica “continuò praticamente quello che faceva da vicario, avendo già in mano tutta la Congregazione”: incrementandola, estendendola anche in Albania, facendole ottenere dal Vaticano quel “decretrum laudis” che ne garantisce l’appartenenza ecclesiale. Sono, quelli, gli anni della guerra e allora deve dimostrare “una carità paterna ammirevole, una donazione di sé che raggiunge istituzioni e persone, cui provvedeva il necessario nutrimento, cambiava di residenza perché non fossero esposte a disastri bellici… proteggeva ‘da padre’”. Dicono che lavori troppo, che non sia capace di misurare il suo slancio, che non riesca a risparmiarsi, che abbia “una carità sfrenata” e da tutte queste “accuse” si giustifica dicendo: “Bisognerebbe non essere padri: io sono padre”. Così, quando il 19 maggio 1944, durante un allarme aereo particolarmente prolungato, è colpito da una paresi, tutti dicono che “si è ammalato per l’eccessiva carità”.
Peggiorando le sue condizioni, si accorge da solo di non poter più far fronte al governo della Congregazione: chiede di non esser più rieletto e il Capitolo del 1946 lo sostituisce con don Pensa. Si ritira allora nella casa paterna, a Gavazzana, che ha riadattato a piccolo orfanotrofio, prima di rientrare definitivamente a Tortona, dove si lascia sigillare, nel nascondimento e nel silenzio, in “una unione continua con Dio e in una preghiera ininterrotta”. La morte arriva il 22 novembre 1951 e nel 1989 la Chiesa ha dichiarato venerabile don Carlo Sterpi, il “prete che pare proprio un prete” (secondo il giudizio di don Orione) e che sempre diceva di voler “farmi santo, non solo, ma grande santo!”
Autore: Gianpiero Pettiti:
Ogni Fondatore o Fondatrice di Famiglia Religiosa, ha avuto un’altra venerabile figura, che sin dai primi tempi, li ha affiancati nell’opera costitutiva, nella guida spirituale e pratica, nel sostenere i primi passi più incerti e difficili della nuova Fondazione, spesso succedendo ai carismatici Fondatori.
E tale fu il venerabile don Carlo Sterpi per s. Luigi Orione (1872-1940), fondatore della “Piccola Opera della Divina Provvidenza” e delle Famiglie religiose maschili e femminili scaturite per l’attuazione e conduzione dell’Opera stessa.
Carlo Sterpi, figlio primogenito di Giovanni Battista Sterpi e di Caterina Raviolo, nacque a Gavezzana (Alessandria) diocesi di Tortona, il 13 ottobre 1874.
Dodicenne, il 2 novembre 1886 rispondendo alla chiamata al sacerdozio che sentiva dentro di sé, entrò nel Seminario vescovile di Tortona, dove compì i prescritti studi con capacità e volontà.
Il Signore volle che in quel tempo e in quell’ambiente, conoscesse il chierico futuro santo, Luigi Orione, col quale strinse una forte amicizia.
E nell’ottobre 1895 a 21 anni, si associò definitivamente al fondatore della “Piccola Opera della Divina Provvidenza”, che allora era ai primissimi inizi; venne ordinato sacerdote il 12 giugno 1897.
E dal 1895 don Carlo Sterpi divenne il fedelissimo, obbediente, devotissimo realizzatore, di quanto il fondatore andava suscitando.
Svolse con competenza e umiltà tutte le mansioni che gli furono affidate; dal 1899 al 1908 nella Casa di Sanremo; dal 1908 al 1919 a Tortona nella Casa Madre e dal 1919 al 1927 a Venezia dove, pioniere nell’educazione degli artigianelli, fu apprezzatissimo dal cardinale La Fontaine.
Era tanta la considerazione e la stima che godeva nella Piccola Opera della Divina Provvidenza, che alla morte del fondatore don Orione, avvenuta a Sanremo il 12 marzo 1940, fu chiamato a succedergli, venendo eletto Superiore Generale il 3 agosto 1940.
La sua opera di primo successore, si svolse soprattutto nel convulso e drammatico periodo della Seconda Guerra Mondiale, che vide l’Italia in guerra proprio due mesi prima della sua elezione (10 giugno 1940); fu tutto un frenetico adoperarsi nell’accogliere e soccorrere, feriti, profughi e soprattutto orfani e disabili nelle Case della Piccola Opera, che don Orione aveva voluto chiamare ognuna “Piccolo Cottolengo”, in omaggio e devozione verso il grande santo torinese.
Come logica conseguenza di tanto lavoro fuori del normale, che vide impegnati i sacerdoti e le suore della Piccola Opera, al limite delle forze, anche don Carlo Sterpi nel maggio 1944 a 70 anni fu vittima di un grave malore, che gli impedì nei due anni successivi di espletare la sua carica di Superiore Generale.
In prossimità del secondo Capitolo Generale, resosi conto della gravità delle sue condizioni di salute, rinunciò alla carica e da quel momento, sempre comportandosi con molta discrezione, rifiutò di interferire nella conduzione della Piccola Opera; una volta eletto il suo successore, ritornò al suo paese natio Gavezzana alloggiando nella casa paterna, dove istituì anche nel 1946-47 un piccolo orfanotrofio.
Poi si trasferì nella Casa Madre di Tortona, dove dal 1947 al 1951, si occupò degli orfani e nel contempo si preparò alla sua fine immergendosi nella preghiera. Morì a Tortona il 22 novembre 1951.
Per la sua fama di santità, fu aperto il 28 novembre 1958 il primo processo per la sua beatificazione. La Causa prosegue a Roma presso la competente Congregazione e il 7 settembre 1989 è stato dichiarato Venerabile.
Autore: Antonio Borrelli
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