Questo grande figlio della terra calabra, della cultura napoletana, dell’Ordine Domenicano ed esimio pastore dell’archidiocesi di Bari, nacque il 6 settembre 1618 a Bagnara (Reggio Calabria), figlio del duca Francesco Ruffo e di Giovanna duchessa di Santa Croce; al battesimo fu chiamato Giacomo. Come era consuetudine delle famiglie nobili della provincia, a 15 anni Giacomo fu mandato a studiare a Napoli la capitale, dove poté conoscere i Frati Predicatori (Domenicani). A 16 anni, il 16 luglio 1634, entrò a far parte dell’Ordine, ricevendo l’abito domenicano nella storica Basilica di S. Domenico Maggiore, posta nel centro di Napoli e prendendo il nome di fra’ Tommaso. Compiuto l’anno di Noviziato nell’attiguo grande convento, fece la sua professione religiosa il 22 luglio 1635; per le sue indiscutibili capacità, i superiori lo inviarono nel 1636 a Salamanca in Spagna, a compiere gli studi teologici nel convento di S. Stefano, allora celebre centro di studi dell’Ordine Domenicano. Ritornò a Napoli nel 1641 con il titolo di baccelliere in Filosofia e Teologia e ancora diacono, prese a insegnare presso la locale Facoltà. Fu ordinato sacerdote nel 1644 a 26 anni; negli anni successivi ricoprì numerosi incarichi di prestigio e responsabilità nel suo Ordine; dal 1648 al 1650 fu reggente degli studi nella sua provincia detta “Regni”; per complessivi 23 anni fu rettore del Collegio S. Tommaso d’Aquino di Napoli, facoltà teologica impostata secondo i programmi di quella famosa di Salamanca e alle dirette dipendenze del Maestro Generale dell’Ordine. Nonostante avesse solo 34 anni, i superiori lo nominarono nel 1652, Padre Provinciale della provincia “Regni” e dal 1668 fu per due volte priore del convento di S. Domenico Maggiore in Napoli. In tutti gli incarichi si rivelò severo contro gli abusi e la rilassatezza dei frati e umile per la santità di vita. Nel 1667 fu nominato procuratore generale dell’Ordine e quindi si trasferì a Roma; pur avendo rifiutato due volte di divenire vescovo, alla fine papa Innocenzo XI (1676-1689) il 10 aprile 1684, lo nominò arcivescovo di Bari, dove giunse il 23 luglio. Come vescovo si adoperò subito ad attuare le regole del Concilio di Trento, iniziò la visita pastorale a tutte le chiese e monasteri della diocesi; applicò la disciplina monastica per i conventi di frati e suore; curò la formazione e l’aggiornamento del clero, ampliò il Seminario, riportò l’ordine e la correttezza in situazioni scabrose del clero diocesano. Denunciò gli abusi e le ingerenze della nobiltà nella vita ecclesiale; fu buono e paterno con i poveri, con i quali divideva il palazzo vescovile. La fama di santità del vescovo Tommaso Ruffo si diffuse ben presto, oltre che per la sua carità, anche per i doni profetici e per i suoi interventi nei casi di ossessione. Sul letto di morte ordinò di distribuire ai poveri, il ricavato della vendita dell’argenteria di sua proprietà, proveniente dalla sua nobile famiglia. Morì santamente il 30 aprile 1691 a Bari, fu ed è sepolto nella cattedrale della città. Il processo per la sua beatificazione, iniziò il 3 agosto 1745, ma da allora stranamente ristagna.
Autore: Antonio Borrelli
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