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Venerabile Teresa di Sant'Agostino (Luisa Maria di Francia) Principessa, carmelitana

Festa: .

Versailles, Francia, 15 luglio 1737- Saint-Denis, Francia, 23 dicembre 1787

Figlia di Luigi XV e di Maria Leszczynska, al secolo si chiamava Luisa Maria di Francia. Nell'aprile 1770, con il consenso del padre re di Francia, entrò nel convento carmelitano di Saint-Denis, assumendo il nome di Maria Teresa di S. Agostino o Teresa di S. Agostino. Tutta la Francia rimase ammirata dal suo gesto. Papa Clemente XIV le scrisse una lettera per complimentarsi del suo gesto. Nel convento si è sforzata di non avere nessun privilegio, nonostante la sua condizione regale. Ella imparò inoltre a pregare stando in ginocchio, cosa che le era particolarmente difficile e doloroso a causa di un difetto ad una gamba, causato da un incidente nella sua infanzia. Dopo anni di sacrifici accettati con gioia, fu eletta superiora del convento. In questa sua veste si adoperò per aprire la Francia ai carmelitani austriaci perseguyitati dall'imperatore Giuseppe II, avvalendosi del suo ascendente sul nipote, re di Francia, Luigi XVI. Per eliminare questa influenza fu ordito un complotto per avvelenarla. Infatti, nel novembre 1787 cominciò ad accusare forti dolori allo stomaco, che si aggravarono sempre più. Morì nel 1787 dopo una vita ascetica e di penitenza. Le sue ultime parole furono: "E' tempo di andare. Leviamoci in piedi e saliamo verso il Paradiso". Era il 23 dicembre. Durante la rivoluzione francese la sua tomba fu aperta ed i suoi resti furono dispersi, ma ella continuò ad intercedere ottenendo un gran numero di miracoli. San Giovanni Paolo II ha dichiarato l'eroicità delle sue virtù cristiane il 18 dicembre 1997.



La principessa Louise-Marie de France, figlia del re Luigi XV e della regina Maria Leczinska, principessa di Polonia, nacque a Versailles il 15 luglio 1737. Fu educata nell’abbazia di Fontevraud, all’epoca retta da Madame de Rochechouart.
Ancora molto piccola, soffrì un incidente che quasi le fece perdere la vita. Impaziente perché la sua cameriera tardava a occuparsi di lei, si arrampicò sulla parete del lettino e cadde per terra. La caduta le lasciò una deformità fisica e la condusse in punto di morte. In questa circostanza, le religiose del monastero fecero un voto alla Vergine Maria per la salute della principessa ed ella guarì miracolosamente. Mai più dimenticò a chi doveva la vita, cosa che la segnò profondamente.
Sin dall’infanzia mostrò un’inclinazione per la vita di pietà, mai stancandosi della recita dell’Officio divino. Un giorno pianse amaramente perché una dama di servizio le parlò di un principe straniero che sarebbe diventato il suo sposo. Tuttavia, era fiera della sua posizione. In una circostanza, ritenendosi offesa da una dama, le disse risentita: ‘Non sono forse la figlia del vostro Re?’ – ‘E io, Madame – rispose la signora – non sono una figlia del vostro Dio?’ – ‘Avete ragione – rispose la principessa toccata dalla risposta – ho sbagliato e chiedo perdono’.
Era oltremodo liberale con i poveri. A Corte, dava loro il denaro che riceveva per le sue spese personali, nulla riservando per sé. La damigella d’onore incaricata delle sue spese si abituò a donare ai poveri ciò che riceveva per Louise Maria, persino senza consultarla. Un giorno, tuttavia, la principessa si permise, a scapito dei poveri, l’acquisto di un piccolo capriccio e non ebbe il coraggio di chiedere la somma di un luigi alla damigella, per saldare il debito.
Escogitò, dunque, uno stratagemma: compose lei stessa un biglietto per Madame Louise, che avrebbe dovuto essere consegnato alla damigella, con la richiesta di una persona che necessitava urgentemente della somma. La damigella consegnò il denaro. Questa astuzia, però, le causò un grande rimorso.
Dotata di un carattere vivace, le piacevano gli esercizi pesanti. Un giorno, cacciando nella località di Compiègne, il suo cavallo si imbizzarrì scaraventandola per terra. Quasi cadde sotto le ruote di una carrozza apparsa all’improvviso. Ridendosene dello spavento, ordinò al suo scudiero che le riportasse il cavallo, lo montò, dominò l’animale nervoso e continuò la passeggiata. Rientrata a Versailles, andò a ringraziare la Vergine Maria per quello che chiamò il secondo salvataggio della sua vita.
Assistendo un giorno alla presa d’abito nel Carmelo della contessa di Rupelmonde, maturò l’idea di diventare religiosa. Iniziò quindi a prepararsi studiando la regola di Santa Teresa, e astenendosi a poco a poco dal conforto che la circondava. Per esempio, era solita allontanarsi dal riscaldamento durante i periodi di freddo. Infine, ottenne il consenso del Re e, il 20 febbraio del 1770, entrò a far parte delle carmelitane di Saint Denis. La Francia rimase ammirata da questo esempio e papa Clemente XIV scrisse alla principessa per esprimerle la felicità che provava nel vedere il suo pontificato segnato da un evento così confortante per la Religione.
Nel convento, lottò strenuamente affinché le sue compagne la smettessero di trattarla diversamente dalle altre. Si adoperò anche per vincere la sua difficoltà a rimanere per lunghi periodi in ginocchio, conseguendo questa grazia dopo una novena fatta a san Luigi Gonzaga. Ricevette l’abito il 10 settembre del 1770. Rivestita del mantello di Santa Teresa, che le carmelitane di Parigi possedevano, prese il nome di sorella Teresa di Santo Agostino.
Nominata Maestra delle novizie, si distinse notevolmente in questo incarico, manifestando constante allegria in mezzo alle difficoltà. In seguito, fu eletta unanimemente Superiora. Quando il visitatore generale delle carmelitane portò la notizia al Re, lo informò che soltanto un voto era stato espresso contro Suor Teresa. ‘Dunque – rispose Luigi XV – tuttavia c’è stato un voto contro di lei?’ – ‘Sì, Sire – rispose il prelato – proprio quello di vostra figlia’.
Come Superiora, fu piena di carità verso le sue consorelle e molto severa con se stessa, cercando di seguire con massima fedeltà lo spirito della Regola. Si preoccupava anche di ottenere presso suo padre e, più tardi, presso Luigi XVI, tutti i benefici possibili per la Chiesa. Fu grazie a lei, per esempio, che le carmelitane dei Paesi Bassi austriaci furono accolte in Francia quando Giuseppe II le scacciò dalle sue terre. Suor Teresa contribuì inoltre alla fondazione di un monastero di stretta osservanza per i carmelitani scalzi, la cui pratica della Regola si era rilassata. Severamente contraria a usare la propria influenza per le questioni mondane, la utilizzava invece per la salvezza delle anime.
Lontana dai problemi di Stato, si interessava tuttavia per la Francia, cercando di risolverne i problemi attraverso la preghiera. Pregava per suo padre, per la conservazione della fede nel regno, la restaurazione dei costumi, la salvezza dei popoli, la pace e la tranquillità pubblica. Verso i francesi aveva lo stesso amore del suo antenato san Luigi. Tutto ciò che riguardava la Patria era oggetto della sua pietà. Luigi XVI la riveriva come l’angelo custode della Francia. Senza dubbio, fu per allontanare l’influenza che esercitava su Luigi XVI, che i malvagi decisero di ucciderla. È quasi certo che Maria Louise morì avvelenata.
Nel novembre del 1787, un mal di stomaco si aggravò violentemente con dolori lancinanti. Peggiorando, si preparò a morire. La sua morte fu magnifica per il coraggio con cui la affrontò. Le sue ultime parole furono: ‘È tempo, andiamo! Alziamoci, affrettiamoci ad andare in Paradiso!’. Era il 23 Dicembre del 1787, alle quattro e mezza della mattina”.
tratto da Abbé E. Daras "Les Vies des Saints et fêtes de toute l’année" (Louis Vivés Libraire-Éditeur, Paris 1856, t. XII, pp. 409-452)

La prima cosa da dire è che questa narrazione, molto interessante sotto il punto di vista biografico, illustra appena un aspetto della vita di Madame Louise di Francia. In realtà, la sua azione a Corte fu molto più ampia di quanto riportato dall’abbé Daras. Come sapete, suo padre Luigi XV conduceva una vita lasciva, essendo stato concubino prima di Madame de Pompadour e, dopo, di Madame du Barry. Il concubinato del Re suscitava a Corte un atteggiamento contrastante. Ai tempi in cui Luigi XIV conduceva una vita immorale, la quasi totalità della Corte lo appoggiava e neppure pensava di fargli opposizione.
Quando Luigi XV iniziò a condurre una vita lasciva, nella Corte di Francia i campi erano invece divisi. Sia l’influenza dell’empietà, sia quella della religione erano cresciute. Rispetto ai tempi di Luigi XIV, i nobili erano, da una parte, più empi e dall’altra più cattolici. Si erano così formate due correnti antagoniste.
Una corrente appoggiava la regina Maria Leczinska, persona di una virtù esemplare che, a causa di ciò, ordiva ogni sorta di trame e sabotaggi nei confronti delle concubine, fingendo di non vedere, cercando di non ricambiare le formalità, di non visitarle, di non informarsi sulla loro presenza a Corte. L’altra corrente era sostenuta dall’empio Voltaire, dagli enciclopedisti, da ogni sorta di gente vile, per compiacere il Re ma, soprattutto, per far avanzare la depravazione nella corte francese, che era alla testa di tutto il popolo di Francia.
Tutta la famiglia reale era contro le concubine. A capo di questa “congiura” anti-concubine, quindi di spirito contro-rivoluzionario, c’erano il figlio del Re, il delfino Luigi, sua moglie Maria José di Sassonia, e anche le figlie del Re, le Mesdames de France.
Ma accade che, per motivi ai quali il sospetto di omicidio non è estraneo, il delfino Luigi morì con trentasei anni, seguito poco dopo da sua moglie, e le figlie del Re rimasero sole a capeggiare il partito contro-rivoluzionario, naturalmente con molto meno forza rispetto all’erede al trono, che era un uomo molto pio e di buoni costumi.
Luigi XV – il lascivo, l’immondo – ebbe due discendenti che godono oggi degli onori degli altari: una figlia, carmelitana illustre, della quale stiamo parlando, e una nipote che fu duchessa di Savoia e regina di Sardegna, la venerabile Madame Clotilde, moglie di Carlo Emanuele IV. Una dopo l’altra capeggiarono la reazione contro l’impurità a Versailles. Madame Louise era la colonna della reazione contro-rivoluzionaria a Corte, stimolando la nobiltà alla pratica della virtù e, nel contempo, ridestando i destini del Regno.
 Vedete dunque fiorire a Versailles, allo stesso tempo, un cumulo di vizi e un’auge di virtù. Versailles era un crogiolo, dove a fianco delle virtù più ammirevoli si sviluppavano anche i vizi più abominevoli. Cosa c’era nell’ambiente di Versailles, nella sua architettura, nell’atmosfera della Corte che produceva allo stesso tempo effetti tanto opposti? Questo è un punto di partenza per una critica all’Ancien Régime che sarebbe molto interessante fare.
L’idea di Madame Louise di andare in convento era molto bella. Sapeva che avrebbe pregiudicato la resistenza a Corte, perché sarebbero rimaste appena le sorelle a guidare il buon partito. Lei, però, capiva molto bene che la preghiera e la penitenza valgono molto di più dell’azione. Capiva che un esempio vivo vale molto più di mille parole, di mille contatti, di mille rapporti sociali. Madame Louise volle dare al mondo di quel tempo, e in modo speciale alla corte francese, una lezione che li scuotesse.
Bisogna conoscere Versailles per comprendere fin dove arrivò la raffinatezza della corte francese. Non esisteva un solo dettaglio dell’architettura, dei mobili, della decorazione, non c’era un solo dettaglio dell’etichetta di Corte, dello stile di vita dei principi, che non rappresentasse la raffinatezza più squisita e più elevata dell’arte del vivere bene. Il gusto era portato al massimo grado. La musica era magnifica, la tavola superba, il conforto straordinario, la bellezza incom- parabile, lo splendore della vita meraviglioso. La vita di una principessa a Versailles era quanto di più affascinante, di più confortevole, di più opulento si possa immaginare. Perfino le più grandi imperatrici del passato si sarebbero sentite rozze a confronto con una principessa francese dell’Ancien Régime.
Ebbene, Madame Louise di Francia volle dare un esempio: abbandonare quello stile di vita per andare a seppellirsi in un Carmelo, con uno stile completamente opposto. Immaginatevi i tessuti di seta, i broccati, i pizzi che lei vestiva, e comparateli con l’abito di lana grezza di una carmelitana. Immaginate i piatti d’oro, i vassoi d’argento, le porcellane di Sèvres, le tazze di cristallo, a confronto dei piatti e i bicchieri in creta.
 Immaginatevi la stanza della principessa, il suo letto magnifico, a confronto del letto di legno nella cella di una carmelitana, alla quale non era concesso avere nemmeno una panca. Immaginatevi i saloni di Versailles e comparateli con il convento, dove non c’erano nemmeno sedie perché la carmelitana si siede sui propri talloni. Immaginatevi la mensa a Versailles, il fiore all’occhiello della gastronomia francese, vertice della gastronomia mondiale, e considerate i digiuni, le penitenze, le mortificazioni di una carmelitana.
Tutto ciò è nulla in confronto al seguente aspetto: la principessa era abituata a impartire ordini, a stare in prima fila in ogni circostanza. Passare da questa situazione a quella di una carmelitana, paragonabile a una schiava, senza una volontà propria, non potendo fare ciò che voleva perché aveva consegnato la propria volontà nella mani della Superiora. Immaginatevi una principessa che, in obbedienza, lavava il pavimento, raccoglieva la spazzatura, cuciva, faceva rammendi…
Potete immaginare come tutto questo scosse l’Europa di quel tempo. Avete sentito che Papa Clemente XIV scrisse una lettera a Madame Louise in cui si rallegrava che il suo pontificato fosse stato glorificato con un tale avvenimento. L’esplosione che questo fatto produsse a Versailles fu immensa: un pugno in faccia all’empietà! Da questo momento, l’empietà cominciò a languire, non riuscì più a risollevare la testa, perché demoralizzata. L’esempio era stato troppo forte.
Nel Carmelo, suor Teresa di Santo Agostino avrebbe potuto facilmente scegliere di vivere nella tranquillità della clausura. Tuttavia, non lo fece. Il biografo menziona, senza darne dettagli, che lei continuò a intervenire negli affari del Regno, e soprattutto in quelli ecclesiastici. A quel tempo il Re aveva il diritto di proporre al Papa la nomina dei vescovi, aveva quindi un’ampia ingerenza negli affari ecclesiastici. Madame Louise di Francia era a conoscenza, sin nei minimi particolari, attraverso i suoi informatori, di tutto quanto accadeva a Corte. E non mancava mai di intervenire con il Re quando questi sbagliava mossa. La sua azione continuò sotto Luigi XVI.
Luigi XVI venerava sua zia, e quando lei gli mandava messaggi, frequentemente cambiava orientamento.
Madame Louise lottava per allontanare gli empi anche dalla Chiesa. Voi sapete che, quando scoppiò la Rivoluzione Francese, c’erano quattro vescovi rivoluzionari che non si vergognavano di dichiararsi atei. Uno di loro era il famoso Talleyrand (1). Madame Louise si sforzava enormemente di difendere la religione, cercando in questa maniera di evitare la tempesta che vedeva approssimarsi. La Francia, però, scivolava sulla via del crimine e non si fermava davanti a nessuno. Il primo sangue regale che la Rivoluzione versò non fu quello di Luigi XVI. C’è il forte sospetto che il delfino Luigi, padre di Luis XVI, sia stato avvelenato. Poco dopo moriva anche sua moglie in modo sospetto.
Ci sono poi tutti gli elementi per sospettare che Madame Louise sia stata assassinata.
L’empietà gridava che i re erano cattivi ma, allo stesso tempo, allontanava dal trono gli uomini virtuosi e santi. È questa l’ipocrisia della Rivoluzione. E li allontanava perché prevedeva che potessero ostacolarla.
Ecco la gloria di Madame Louise: seppellita nel profondo di un Carmelo, era talmente attiva che la Rivoluzione la temeva. Una semplice carmelitana, spogliata di tutti gli onori, di tutte le prerogative, di ogni potere, fece tremare la Rivoluzione, la quale avvertì la necessità di avvelenarla per poter andare avanti. La sua vita fu offerta in olocausto alla Francia. Fu la fine gloriosa di una principessa, degna sotto ogni aspetto di essere considerata figlia di San Luigi IX.
A cosa è valsa l’esistenza della venerabile Louise di Francia? Qualcuno potrebbe obiettare: “La Rivoluzione scoppiò, il trono cadde, il laicismo entrò in Francia, l’egualitarismo invase il Paese avviando una lenta corrosione che oggi lo prepara per il comunismo. Vita persa, sforzi vani, speranze smentite”. Quanto è sbagliata una tale considerazione!
Gli storici concordano nel dire che la reazione cattolica dinanzi alla Rivoluzione francese fu sorprendente. Riconoscono che la guerra dei vandeani fu degna di ammirazione. Mostrano sorpresa di fronte all’elevato numero di vescovi e sacerdoti che si negarono a prestare il Giuramento civile. Leggendo con attenzione certi storici anticattolici, possiamo scorgere fra le righe un senso di sgomento: la reazione contro la persecuzione religiosa fu molto più forte rispetto a quella suscitata dalla persecuzione contro la monarchia. Alcuni riconoscono che fu un errore della Rivoluzione francese aver attaccato simultaneamente la monarchia e la religione. Sarebbe stato più intelligente, dicono, costruire la repubblica senza perseguire la religione, con la quale avrebbero fatto i conti dopo. In altre parole, dividere per dominare.
A cosa dobbiamo attribuire questa rinascita religiosa? Sono convinto che l’immolazione di Madame Louise di Francia non ne fosse estranea. La morte dei giusti è preziosa agli occhi di Dio. Sono convinto che, nell’ordine della comunione dei santi, la morte di Madame Louise avesse un grande peso. E la sua vita era già stata di un così grande peso davanti agli uomini.


Autore:
Plinio CorrĂȘa de Oliveira


Fonte:
www.circolopliniocorreadeoliveira.blogspot.com

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Aggiunto/modificato il 2020-08-31

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