† Pratulin, Polonia, 24 gennaio 1874
Nel villaggio di Pratulin, nella diocesi di Siedlce, in Polonia, i Beati Wincenty Lewoniuk e dodici compagni martiri, che, non turbati né da minacce né da promesse, non vollero allontanarsi dalla Chiesa Cattolica, ed infine, rifiutando di consegnare le chiavi della loro parrocchia, furono massacrati inermi il 24 gennaio 1874. Giovanni Paolo II li beatificò il 6 ottobre 1996 a Roma.
Martirologio Romano: Nel villaggio di Pratulin nei pressi di Siedlce in Polonia, beati Vincenzo Lewoniuk e dodici compagni, martiri: irremovibili di fronte a minacce e lusinghe, non vollero separarsi dalla Chiesa cattolica e inermi furono uccisi o feriti a morte per essersi rifiutati di consegnare le chiavi della loro parrocchia.
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I tredici beati martiri polacchi commemorati in data odierna dal Martyrologium Romanum erano fedeli laici cattolici della Chiesa cosiddetta uniate, nata nel 1596 dall’Unione di Brest. Questa unione porto all’unita della Chiesa ortodossa in Polonia con la Chiesa Cattolica ed il Romano Pontefice. Wincenty Lewoniuk ed i suoi compagni erano semplici contadini come tanti altri, divenuti inaspettatamente famosi a motivo della fede coraggiosa dimostrata durante la persecuzione della Chiesa Cattolica da parte della Russia, particolarmente sanguinosa e ben organizzata, al tempo della spartizione della Polonia. Gli zar russi iniziarono gradualmente l’abolizione del cattolicesimo proprio dalla distruzione della Chiesa uniate. Nel 1794 Caterina II abolì la Chiesa uniate ucraina. Nel 1839 poi fu ufficialmente abolita dallo zar Nicola I la Chiesa uniate nella Bielorussia e nella Lituania. Questo fu l’attuazione del vecchio principio “cuius regio eius religio”, in base al quale i sudditi dovevano professare la medesima religione del loro sovrano. La Russia temette che la Chiesa Cattolica si rivelasse di ostacolo alla russificazione ed alla degradazione dell’uomo così significativi per il suo governo.
Già nella seconda meta del XIX secolo, sul territorio occupato dalla Russia, la Chiesa uniate rimaneva solo più nella diocesi polacca di Chelm. L’amministrazione dello zar progettò l’abolizione di questa Chiesa ed Alessandro II diede l’autorizzazione a procedere. Nel gennaio 1874 avrebbe quindi dovuto entrare in vigore la liturgia ortodossa nelle chiese uniate. L’accettazione di essa da parte degli uniati era stata giudicata dal governo russo come l’ingresso della parrocchia a far parte dell’ortodossia. Il governo aveva infatti rimosso il vescovo ed i sacerdoti che non avevano accettato le riforme finalizzate alla rottura dell’unità della Chiesa universale. Per la loro fedeltà essi pagarono con la deportazione in Siberia, l’incarcerazione o la rimozione dalla parrocchia. Molti laici, privati dei loro parroci, scelsero di difendere da soli la loro chiesa, la liturgia e la fedeltà al Santo Padre, spesso anche a costo della propria vita.
Il 24 gennaio 1874 arrivarono a Pratulin le truppe zariste e gli uniati erano ben consci che la difesa della chiesa avrebbe potuto costare loro la vita. Nonostante ciò andarono in chiesa pronti a tutto per difendere la loro fede. Congedatisi dalle loro famiglie, si vestirono in modo festivo come di consuetudine per occuparsi delle cose sacre.
Non riuscendo a persuadere gli uniati a lasciare la chiesa né con le minacce, né con le lusinghe delle grazie dello zar, il comandante ordinò di sparare sulla gente. Avendo udito che l’esercito aveva ricevuto l’ordine di uccidere coloro che avessero opposto resistenza, gli uniati si inginocchiarono nel cimitero presso la chiesa e con il canto si prepararono a spargere il loro sangue per la fede. Morirono ricolmi di pace con preghiere sulle labbra, senza rivoltarsi contro i persecutori in quanto, come dicevano, “dolce è la morte per la fede”.
I tredici martiri di Pratulin erano tutti uomini di età compresa tra 19 e 50 anni, dei quali però non sono state tramandate molte notizie sulla loro vita personale. Alla luce delle testimonianze paiono però uomini caratterizzati da una fede matura. La difesa della chiesa circondata dalle truppe armate non fu dunque un effetto dello zelo momentaneo o della temerarietà irresponsabile, ma la logica conseguenza della loro profonda fede. Essi credettero che il dare la vita per Cristo non significhi perderla, bensì conquistarne la pienezza. I martiri di Pratulin per molti aspetti ricordano i primi martiri del cristianesimo, quando molti semplici fedeli vennero uccisi per il solo fatto di confessare coraggiosamente la loro fede in Gesù Cristo.
I tredici martiri furono sepolti dai soldati russi senza rispetto, senza la partecipazione neppure dei più stretti familiari e senza lasciare alcun segno sulla loro tomba. I parrocchiani di Pratulin fortunatamente non dimenticarono i loro fratelli martiri ed a partire dal 1918, quando la Polonia riconquistò la libertà, la tomba cominciò ad essere oggetto di venerazione. Le spoglie dei martiri vennero poi infine traslate nella chiesa parrocchiale il 18 maggio 1990.
Il caso verificatosi a Pratulin non fu in realtà un atto sporadico. Particolarmente dal gennaio 1874 ogni parrocchia uniate in Polonia scrisse la sua storia di martirio. Lo zar abolì ufficialmente la diocesi uniate di Chelm nel 1875 e gli uniati, contro la loro volontà, vennero unificati alla Chiesa Ortodossa Russa. Gli uniati però non accettarono ciò e per la loro fedeltà alla Chiesa cattolica pagarono molte volte con la morte o con varie pene. Rimasti senza pastori sotto il potere russo, talvolta gli uniati ricevettero l’aiuto pastorale dei sacerdoti cattolici delle zone polacche rimaste sotto il potere austriaco e tedesco. La grande fede degli uniati e l’aiuto solidale ricevuto dalla Chiesa Cattolica permisero di superare le persecuzioni e di giungere finalmente alla liberta religiosa, ufficializzata il 30 aprile 1905 dal santo zar Nicola II. Proprio in tale occasione molti uniati in Podlachia e nella diocesi di Lublino si aggregarono alle parrocchie romano-cattoliche, essendo ormai smantellate le strutture della Chiesa uniate.
Essendo i martiri di Pratulin quelli relativamente ai quali si sono conservate un maggior numero di testimonianze, nonché la tomba, il vescovo della diocesi di Podlachia Enrico Przeździecki scelse proprio essi nel 1938 come candidati alla beatificazione in rappresentanza di tutti quei martiri che diedero la vita per la fede e per l’unità della Chiesa. Al loro martirio resero omaggio quasi tutti i papi a partire dal beato Pio IX, ma fu con il loro connazionale Giovanni Paolo II che si giunse alla beatificazione il 6 ottobre 1996 in San Pietro. Egli giudicò i martiri di Podlachia quale grande capitolo della storia della Polonia e rivelò perciò di portare la loro memoria nel suo cuore.
Questi beati potrebbero essere anche considerati oggi quali patroni dell’apostolato dei laici, esempi pratici di impegno nella vita della Chiesa e di responsabilità per la costruzione di una società fondata sulla legge di Dio.
Si riportano di seguito alcune brevi informazioni su ciascuno dei tredici martiri di Pratulin, dei quali è disponibile anche una buona iconografia sia dei singoli che dell’intero gruppo.
Vincenzo (Wincenty) Lewoniuk, nato a Krzyczew (Polonia) nel 1849, sposato, di anni 25. Uomo pio e di buona reputazione. Fu il primo a dare la vita per la difesa della chiesa e ciò gli meritò di essere posto a capo del presente gruppo.
Daniele (Daniel) Karmasz, nato a Przedmiecie Pratulin (Polonia) il 22 dicembre 1826, sposato, di 48 anni. Dalla testimonianza di suo figlio sappiamo che era un uomo di sentimenti religiosi e timorato di Dio. Presidente della confraternita parrocchiale, durante la difesa della chiesa si mise a capo fila della gente portando una croce che ancora oggi viene conservata a Pratulin.
Luca (Lukasz) Bojko, nato a Zaczopki (Polonia) il 29 ottobre 1852, celibe, di 22 anni. Suo fratello testimoniò che fu un uomo onesto, religioso e di buona reputazione. Durante la difesa della chiesa suonava le campane.
Costantino (Konstanty) Bojko, nato a Derlo (Polonia) il 25 agosto 1825, sposato, di 45 anni. Uomo buono e pio. Ferito gravemente durante la difesa della chiesa, morì a casa il giorno successivo, lasciando la moglie Irene e sette figli.
Costantino (Konstanty) Lukaszuk, nato a Zaczopki (Polonia) nel 1829, sposato, di 45 anni. Fu ferito nella difesa della chiesa e ciò comportò per lui la morte.
Aniceto (Anicet) Hryciuk, nato a Zaczopki (Polonia) nel 1855, celibe, di 19 anni. Giovane buono, religioso ed educato all’amore verso la chiesa. Uscendo da casa con il cibo per i difensori della chiesa a Pratulin, disse a sua madre: “Forse anch’io sarò degno di dare la vita per la fede”. Fu infatti ucciso presso la chiesa il 24 gennaio nelle ore pomeridiane.
Filippo (Filip) Geryluk, nato a Zaczopki (Polonia) il 26 novembre 1830, sposato, di 44 anni. Dalla testimonianza di suo nipote risultò essere un buon padre di famiglia, pio ed onesto. Presso la chiesa incoraggiò gli altri alla perseveranza e lui stesso diede la vita per la fede.
Onofrio (Onufry) Wasyluk, nato a Zaczopki (Polonia) nel 1853, di 21 anni. Buon cattolico ed uomo giusto, stimato da tutti.
Bartolomeo (Bartlomiej) Osypiuk, nato a Bohukaly (Polonia) il 3 settembre 1843, di 30 anni. Sposato con Natalia, aveva due figli. Rispettato da tutti nel villaggio per la sua onestà, avvedutezza e religiosità. Gravemente ferito, fu trasportato a casa, ove morì pregando per i persecutori.
Ignazio (Ignacy) Franczuk, nato a Derlo (Polonia) nel 1824, di 50 anni. Sposato con Elena da cui ebbe sette figli. Da suo figlio sappiamo che educò i figli nel timore di Dio. La fedeltà a Dio fu per lui il valore più importante. Preparandosi ad andare a Pratulin per difendere la chiesa, indossò un abito pulito affermando che tutto avrebbe potuto succedere, anche che egli non fosse più tornato. Dopo la morte di Daniel Karmasz prese la sua croce e si mise in prima fila con i difensori.
Giovanni (Jan) Andrzejuk, nato a Drelów (Polonia) il 9 aprile 1848, di 26 anni. Sposato con Marina da cui ebbe due figli. Stimato da tutti quale uomo buono e prudente. Mentre si avviò a Pratulin per difendere la chiesa, si congedò da tutti presupponendo che potesse essere l’ultima volta. Gravemente ferito fu trasportato a casa, dove morì durante la notte.
Massimo (Maksym) Hawryluk, nato a Bohukaly (Polonia) il 2 maggio 1840, di 34 anni. Sposato con Domenica, stimato dalla gente quale uomo buono e onesto. Gravemente ferito presso la chiesa, morì il giorno seguante.
Michele (Michal) Wawryszuk, nato a Derlo (Polonia) nel 1853, celibe, di 21 anni. Lavorava nella tenuta di Paolo Pikula a Derło. Godeva buona fama. Gravemente ferito presso la chiesa, morì il giorno dopo a Derło.
Autore: Fabio Arduino
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