Verso la fine dell’Ottocento e primi decenni del Novecento, ci fu nella Chiesa Cattolica, tutto un fiorire di santi Fondatori e Fondatrici di opere sociali, operanti nel campo dell’istruzione, della cura e accoglienza di poveri, vecchi, abbandonati, orfani, nell’assistenza dei malati a domicilio oppure in ospedali e case di cura, nella formazione professionale di operai, artigiani, agricoltori, nella guida spirituale e formativa di ragazzi e giovani. In Italia, in particolare nel Piemonte, sorsero figure di grande spessore sociale, che con le loro Opere portarono una ventata d’innovazione fra il popolo, soprattutto nell’assistenza dei giovani ed i bisognosi di ogni genere. E in supporto alle loro Istituzioni, furono anche Fondatori di Congregazioni religiose, sia maschili che femminili, determinando una ripresa delle vocazioni religiose con nuove finalità. Ma anche in altri Stati europei, seppur in minor numero e meno conosciute, ci furono belle figure di anime consacrate a Dio e al bene del prossimo, specie se indifeso, debole, bisognoso e in questi ultimi anni, molte hanno raggiunto il riconoscimento ufficiale della Chiesa, con la loro proclamazione a Beati. Fra loro c’è la beata spagnola Petra di San Giuseppe, la quale nacque il 7 dicembre 1845 nella vallata di Abdalajís (Malaga, Spagna) ultima dei 19 figli di José Perez e Maria Florido, al battesimo ricevé il nome di Ana Josefa. La madre morì quando lei aveva tre anni e fu la nonna paterna Teresa Reina, donna molto pia, che s’interessò dell’educazione della numerosa famiglia. Già da fanciulla rivelò una particolare inclinazione alla carità, alimentata dalla devozione all’Eucaristia, alla Vergine Addolorata e a s. Giuseppe. Giunta alla giovinezza si trovò di fronte alla scelta della propria vita futura; venne due volte chiesta in matrimonio da due giovani di buona famiglia, ma per ragioni politiche le richieste non furono accolte dal padre, con grande sollievo di Ana Josefa, la quale con sincerità affermava: “Io non ho vocazione per il matrimonio”. Rifiutò altre occasioni che le furono proposte e per questo rifiuto venne trattata con durezza in famiglia; un giorno sentì nel suo cuore una voce che le diceva: “Tu sarai mia” e da quel momento fu convinta che la sua vita dovesse essere dedicata ai poveri. Dopo un tentativo, fallito per l’opposizione dei familiari, di entrare nella Congregazione delle Piccole Suore dei Poveri, cercò di coinvolgerli nella fondazione di un ospizio per vecchi abbandonati ad Abdalajís, ma inutilmente. Solo nel 1972 quando il padre acconsentì a lasciarla vivere come lei desiderava: “Figlia mia, vedo che non sei pazza e la tua decisione non è un capriccio. È Dio che ti vuole e dato che la tua gioia sono i poveri, vai con loro quando vuoi, ma lascia che ti veda tutti i giorni”, poté dedicarsi alla sua vocazione. Ana Josefa Pérez Florido, prese così a curare gli anziani abbandonati, li serviva provvedendo alla loro igiene personale e li sfamava elemosinando il necessario; la voce si sparse sulle sue buone azioni e ben presto altre tre donne si unirono a lei, Frasquita Bravo Muñoz, la sorella Elisabetta e Raffaella Conjo Jiménez. L’11 gennaio 1875 morì suo padre ed Anna fu libera di andare più lontano; due mesi dopo il 19 marzo 1875, su richiesta del sindaco di Alora (Malaga), aprì un’altra piccola Casa per anziani, sempre non essendo legata ad alcun Ordine religioso e con l’aiuto delle giovani che si erano unite a lei. La piccola casa in cui andarono ad abitare, fu denominata “Il portichetto di Betlemme” e qui riceverono un fattivo aiuto, sotto tutti gli aspetti, da parte di un “uomo misterioso”, anonimo. Ma in lei e nelle altre tre giovani, era sempre più forte il desiderio di donarsi completamente a Dio, non solo visibile nei poveri; per cui dietro consiglio del suo confessore, il 2 novembre 1877 Anna e le compagne indossarono l’abito delle Novizie della nuova Congregazione “Mercedarie della Carità”, fondate dal canonico di Malaga, don Juan Nepomuceno Zegrí, che le lasciò però nella Casa di Alora. Ma una inquietudine la prese, non comprendeva perché essendo finalmente diventata una suora, la cosa la rattristava e la situazione non cambiò, anzi peggiorò, quando fu trasferita come superiora all’ospedale di Vélez-Malaga; alla fine rinunciò e il 23 settembre 1879 lasciò l’abito mercedario e si mise a disposizione del vescovo di Malaga, mons. Manuel Gomez-Salazar, il quale per metterle alla prova, volle che Anna e le compagne rimanessero a lavorare nel suddetto ospedale. Il 25 dicembre 1880, diede loro la sua approvazione a fondare una nuova Congregazione, col nome di “Madres di Desamparados” (Madri degli Abbandonati), titolo della Madonna patrona di Valenza. Si giunse così al 2 febbraio 1891, quando nella chiesa di San Giovanni Battista di Vélez Malaga, le quattro giovani indossarono il nuovo abito e fecero la professione temporanea nella nuova Congregazione delle “Madri degli Abbandonati”, della quale Anna Josefa era la fondatrice su iniziativa del vescovo di Malaga. Anna Pérez Florido cambiò il nome in Petra di S. Giuseppe, anche le sue compagne presero un nome di religiose e tutte promisero di seguire Gesù Cristo e di vivere povere, ubbidienti e disposte ad amare liberamente tanta gente. Il cammino della Congregazione fu abbastanza veloce, l’8 gennaio 1883 ci fu la conferma canonica da parte del Vescovo; e il 21 luglio 1891 papa Leone XIII, diede l’approvazione della Santa Sede; dopo pochi mesi il 15 ottobre 1891, fece la professione perpetua. Devotissima a s. Giuseppe, a lui dedicò tutte le Case che fondò, e il 19 marzo 1901, giorno della sua festa, inaugurò a Barcellona un grandioso santuario denominato “San José de la Montaña”; fondando poi nel 1903 la rivista religiosa “La Montaña de San José”, per diffonderne la devozione. Per questo motivo si aggiunse al titolo della Congregazione “e di San Giuseppe della Montagna”, nel 1905 fu a Roma da papa s. Pio X (Giuseppe Sarto), per illustrare la venerazione al santo padre putativo di Gesù. Le opere fondate da Petra di San Giuseppe, a favore dei bisognosi, furono collegi, orfanotrofi, case di riposo e ricovero, missioni; esausta per il continuo spostarsi fra una Casa e l’altra e dai conseguenti sforzi per sostenerne le attività, sentì l’avvicinarsi della fine e il 14 agosto 1906 disse alle sue suore. ”Domani, giorno dell’Assunzione di Nostra Signora, desidero ricevere gli ultimi Sacramenti e vediamo se la Santa Vergine mi porta con sé”. Morì il 16 agosto 1906 a 61 anni, nella Casa del Santuario di San José de la Montaña a Barcellona. Per due giorni, davanti alla sua salma esposta nel Santuario, sfilarono migliaia di persone; poi il 18 fu tumulata nel cimitero di Barcellona. Le sue spoglie ebbero una storia particolare, il 5 novembre 1920, furono traslate dal cimitero al Santuario di San Giuseppe, dove restarono fino al 1936 quando scoppiò la Guerra Civile in Spagna, poi scomparvero. Furono ritrovate il 15 luglio 1983 in un terreno di Puzol e dopo le necessarie ricognizioni e autenticazioni, furono inumate il 10 giugno 1984, nella Cappella di S. Giuseppe della Casa Generalizia delle “Madri degli Abbandonati e di S. Giuseppe della Montagna” a Valenza . Il 3 dicembre 1944 fu introdotto il processo per la sua beatificazione. Papa Giovanni Paolo II l’ha proclamata Beata a Roma, il 16 ottobre 1994; la sua celebrazione è il 16 agosto.
Autore: Antonio Borrelli
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