Nella tradizione agiografica di numerosi centri del Piemonte, è diffusa la leggenda di legionari tebei che, sfuggiti al massacro di San Maurizio e degli altri compagni ad Agauno nel Vallese svizzero, si diffusero nelle vallate valdostante e piemontesi, predicandovi la religione cristiana e trovandovi poi ugualmente il martirio per mano degli abitanti ancora pagani delle campagne o dei soldati mandati al loro inseguimento. In questo contesto agiografico, il cui giudizio storico è ancora sospeso tra realtà e leggenda, rientra anche la figura di San Fiorenzo, venerato nell'omonima chiesa a Bastia centro agricolo a poca distanza da Mondovì, sulle rive del Tanaro. Per ricostruire la vita del santo martire, in mancanza di documenti storici coevi, ci si può servire dello stupendo ciclo di affreschi che decora le pareti della citata chiesa, eseguito nel 1472 su commissione del feudatario del luogo Bonifacio della Torre. Sulla parete destra dell'edificio, in otto riquadri sono narrate le principali vicende della sua esistenza. Nella fascia superiore, dopo un riquadro in cui San Fiorenzo compare, con il martire romano Sebastiano, ai lati di una Madonna in trono, la prima scena rappresenta la sua rinuncia all'attività militare: egli depone la spada nelle mani di un governatore seduto su di un seggio, tra gli sguardi stupiti dei presenti. Successivamente il santo è ritratto mentre predica la buona novella al popolo e per questo, come figura nel terzo quadro, viene portato nuovamente al cospetto dell'autorità. Non avendo voluto rinunciare alla sua opera di cristianizzazione il giovane cavaliere viene dapprima flagellato e poi condannato alla decapitazione. Nella fascia inferiore del ciclo pittorico vengono poi illustrati dei prodigi operati dal santo, a favore dei pellegrini che bisognosi si recano a pregare presso il suo sepolcro e degli abitanti della zona liberati dalla presenza di misteriosi rettili che uccidono uomini ed animali. E' ovvio che la vivacità con cui l'autore degli affreschi ci racconta la vicenda del martire, tradisce un racconto infarcito di topos agiografci e di elementi fantastici, ma tuttavia può contribuire a far luce sulla nascita e sulla diffusione del culto a San Fiorenzo nella località monregalese. In occasione di un convegno sui martiri Tebei, lo storico Adriano Antonioletti Boratto ha proposto un'interessante ipotesi per delineare con maggiore chiarezza la fisionomia di questo santo. Da un confronto con le vite di altri santi omonimi sono emerse delle sorprendenti affinità con quelle di un martire spagnolo e di un eremita di una località umbra che casualmente porta il nome di Bastia. Dalle vicende del primo venne preso il racconto della rinuncia al sevizio militare, la tortura della flagellazione e la morte per decapitazione, da quelle del secondo la miracolosa morte dei mostri. Si può dunque ipotizzare che non avendo alcuna notizia del santo il cui sepolcro era venerato a Bastia, si sia cercato di conferire al personaggio una fisionomia verosimile, per garantirne comunque la venerazione cultuale. Il santo fu poi successivamente inserito, in modo del tutto arbitrario, nella folta schiera dei santi Tebei e come tale presentato alla devozione dei fedeli. Nel dicembre del 1719, in seguito a dei miracolosi presentimenti, il parroco del luogo don Giovanni Battista Quaglia fece intraprendere delle ricerche per ritrovare le reliquie del santo che, ab immemorabili, si dicevano sepolte nella chiesa stessa, all'interno di una cappella che si apre a sinistra del presbiterio. Dopo molto studio si procedette allo smantellamento dell'altare al cui interno si rinvenne una sepoltura; le ossa apparvero in buono stato di conservazione e da una ricognizione anatomica effettuata, attribuibili ad un uomo adulto. L'altare venne poi ricostruito e i sacri resti posti in un'urna all'interno dello stesso. Nel 1887 però, a causa dell'umidità che lo rovinava, l'altare fu nuovamente demolito e le reliquie del santo composte entro un manichino ove ancora oggi si trovano per la venerazione dei fedeli. La ricorrenza liturgica di San Fiorenzo è dai alcuni antichi calendari posta al 14 giugno, come testimoniano ancora le cronache del settecento, attualmente però essa si celebra a Bastia nella seconda settimana del mese di maggio. L'iconografia ritrae il santo, oltre che nel ciclo di cui si è parlato, come un soldato romano, come si può vedere nella statua portata annualmente in processione dalla chiesa parrocchiale al piccolo santuario e nella tela posta sull'altare del sacello in cui si rinvennero le reliquie. Sulla parete sinistra della stessa cappella vi è un'iscrizione su pietra che la tradizione vorrebbe essere quella della primitiva sepoltura del martire, ma da indagini epigrafiche sembra potersi escludere una tale antichità. Sulla base dunque dei dati raccolti, è possibile ritenere che in un momento imprecisato del medioevo si rinvenne nell'area necropolare di Bastia, la cui esistenza è documentata da reperti archeologici, una sepoltura attribuita o attribuibile ad un evangelizzatore locale di nome Fiorenzo. E' anche possibile che alcuni elementi alfabetici presenti sull'epigrafe (ad esempio B. M. = Bonae memoriae) abbiano indotto a far ritenere martire il defunto ivi inumato. Sul luogo fu edificata una primitiva cappella, forse aperta su di un lato, se l'affresco tradisce qualche elemento storico, che nella seconda metà del XV secolo, venne ingrandita e trasformata nell'attuale chiesa. Il santo di cui si era nel frattempo persa memoria storica fu interpretato nel modo descritto.
Autore: Damiano Pomi
|