Un’infanzia nella povertà
Mélanie-Françoise Calvat (o Mathieu-Calvat; Mathieu era il soprannome con cui era conosciuta la sua famiglia) nacque il 7 novembre 1831 a Corps, diocesi di Grenoble, quarta dei dieci figli del boscaiolo Pierre Calvat e di Julie Bernaud. A causa della povertà della numerosa famiglia, spesso i piccoli erano mandati ad elemosinare per le strade del paese, mentre lei fu molto presto collocata a servizio come pastorella presso i contadini dei dintorni. Nella primavera del 1846 passò alle dipendenze di Baptiste Pra, nella frazione de La Salette, chiamata Les Ablandins.
L’incontro con Maximin Giraud
Il 18 settembre 1846 conobbe un altro giovane pastore, l’undicenne Maximin Giraud, sulle pendici del monte Planeau, mentre entrambi pascolavano le mucche dei rispettivi padroni. In realtà lui stava sostituendo per una settimana il pastorello ammalato del contadino Pierre Selme, che abitava a Les Ablandins.
Il ragazzo era molto vivace e cercava di chiacchierare con Mélanie, la quale aveva invece un carattere chiuso ed era timida e taciturna. Dopo che ebbero scoperto di essere ambedue di Corps, si diedero appuntamento per il giorno dopo sullo stesso pascolo.
19 settembre 1846: la Bella Signora che piange
Sabato 19 settembre 1846, dopo aver consumato un pasto frugale ed essersi assopiti al sole, credettero di aver perduto le mucche. Appena le rividero, ripresero a scendere, quando a metà pendio Mélanie si fermò stupefatta: presso la cosiddetta “piccola fontana”, accanto a un mucchio di pietre, era comparso un globo di fuoco, «Come se il sole fosse caduto lì». Titubanti e impauriti, i ragazzi si avvicinarono al globo luminoso, dal quale apparve una donna seduta, con la testa fra le mani, i gomiti sulle ginocchia, in atteggiamento di profonda mestizia.
I ragazzi, separatamente o insieme, testimoniarono che la Bella Signora, come la chiamarono in seguito, aveva pianto «tutto il tempo che ci ha parlato» e riferirono il lungo messaggio che avevano ricevuto, pronunciato prima in francese, poi nel dialetto di Corps. Ad un certo punto, parlò di nuovo in francese, ma uno dei due non la sentiva più, vedendo solo le labbra muoversi, finché non accadeva il contrario. Infine la videro allontanarsi, mentre saliva il versante opposto della montagna.
Quando fu spento il bagliore che accompagnava la visione, Mélanie, ancora intontita, mormorò: «Dev’essere una grande santa». Maximin aggiunse: «Ad averlo saputo le avremmo detto di condurci con sé». In effetti, i due ragazzi non identificarono subito colei che avevano incontrato ed ascoltato sulla montagna come la Vergine Maria.
Le reazioni nel villaggio
Maximin, la sera stessa di quel giorno, per scusarsi con il padrone per il ritardo fatto nel ritornare con le bestie, raccontò dell’incontro. Pierre Selme, volendo controllare, si recò con il ragazzo dalla famiglia di Jean-Baptiste Pra, presso la quale lavorava Mélanie: lei confermò tutto.
L’indomani, domenica, parteciparono alla Messa e raccontarono al parroco l’avvenimento. Da quel giorno l’intera comunità fu sconvolta: le voci si sparsero e il sindaco di La Salette salì sugli Ablandins per interrogare i ragazzi. Trovò solo Mélanie, perché Maximin, avendo terminato la settimana di sostituzione, era ritornato a Corps.
Cominciò per entrambi un periodo di interrogatori, pressioni, minacce, inviti a ritrattare. La sera del 20 settembre i datori di lavoro dei due, con un vicino di casa, Jean Moussier, misero per iscritto tutto, mentre Mélanie dettava le parole udite dalla Bella Signora; alla fine, controfirmarono il documento.
Il decreto di approvazione diocesana
Ormai se non ufficialmente, tutti credevano che la Bella Signora fosse la Beata Vergine, apparsa in quel sabato pomeriggio, in cui si iniziava l’Ufficio liturgico della festa della Madonna Addolorata, che allora veniva celebrata la terza domenica di settembre.
Cominciarono pellegrinaggi al luogo dell’apparizione, mentre commissioni di teologi ed ecclesiastici, si misero ad esaminare i fatti. Nel mese di luglio 1851 i due pastorelli, su richiesta dell’autorità ecclesiastica, trascrissero il loro segreto, che fu consegnato a papa Pio IX.
Dopo cinque anni d’indagini, il 19 settembre 1851, il vescovo della diocesi di Grenoble, monsignor Philibert de Bruillard, poté pubblicare il suo decreto, il cui primo articolo recitava: «Noi dichiariamo che l’Apparizione della Madonna a due pastorelli, il 19 settembre 1846, su una montagna della catena delle Alpi, situata nella parrocchia de La Salette, vicaria foranea di Corps, reca in sé stessa tutti i caratteri della verità e i fedeli hanno fondate ragioni per crederle indubitabili e certe».
Il lungimirante vescovo annunciò, il 1° maggio 1852, la costruzione di una chiesa e la creazione di un corpo di missionari diocesani, per assicurarne la continuità e la missione. Il santuario fu dedicato alla Vergine “Riconciliatrice dei peccatori” e dal 1879 fu elevato al rango di Basilica.
L’inizio di un percorso complicato
I due pastorelli si erano conosciuti appena il giorno prima dell’evento, ma dopo la fase d’inchiesta si videro pochissimo e presero strade separate.
Mélanie fu messa per quattro anni presso le Suore della Provvidenza a Corps, ma aveva poca memoria e poca attitudine allo studio; comunque fu postulante e poi novizia nella suddetta congregazione.
Le continue visite, condite di premure e di attenzioni nei suoi riguardi, le procurarono un po’ di vanità per quanto le era capitato.
Cominciò quindi a dare ascolto a persone e consiglieri imbevuti di profezie popolari e di teorie pseudo-mistiche, che lasciarono in lei un segno per tutta la vita. Perciò il nuovo vescovo di Grenoble, monsignor Jacques-Achille-Marie Ginoulhiac, pur riconoscendo la sua pietà e la sua dedizione, rifiutò di ammetterla ai voti religiosi, «per formarla alla pratica dell’umiltà e alla semplicità cristiane».
Le predizioni non autentiche e la corrente “melanista”
Dopo la trascrizione della sua parte del segreto nel 1851, Mélanie in seguitò cominciò a dare spiegazioni inesatte e poco credibili, spesso unendo al racconto suoi pensieri personali: per dare credito alle sue affermazioni, le collegava al segreto ricevuto dalla Bella Signora.
Le sue fantasie divennero il centro del suo discorso e attraverso le sue profezie regolava i conti con quanti opponevano una resistenza ai suoi progetti. Così esprimeva il suo rifiuto della società e dell’ambiente in cui aveva qualche problema, ricostruendo nell’immaginario un passato di fanciullezza e infanzia, vittima di frustrazioni subite.
Pertanto, nel 1854, il vescovo dovette precisare: «Le predizioni che si attribuiscono a Mélanie non hanno fondamento, sono senza importanza nei riguardi del Fatto de La Salette… sono posteriori a quel Fatto e senza alcuna connessione con esso». Il 19 settembre 1855 diede l’ultima parola: «La missione dei pastorelli è conclusa, comincia quella della Chiesa».
Purtroppo Mélanie proseguì con le sue divagazioni profetiche, orchestrate più tardi dal talento di Léon Bloy (1846-1917). Lo scrittore, animato nelle sue opere da fervore profetico e mistico fanatismo, diede così inizio ad una corrente detta “melanista”, che si rifaceva a La Salette, ma sulle basi incontrollabili delle successive affermazioni della veggente.
In Inghilterra, poi in Grecia
Lasciate le Suore della Provvidenza, Mélanie, nel 1854, fu condotta da un sacerdote, monsignor Newsham, in Inghilterra. Fu accolta tra le Monache Carmelitane di Darlington, dove prese l’abito religioso, emise i voti e rimase sei anni con il nome, già preso a Corps e che conservò per tutta la vita, di suor Maria della Croce.
Per motivi sconosciuti, nel 1860 lasciò Darlington e andò dalle Suore della Compassione a Marsiglia come libera pensionante. Nel 1861 andò in Grecia a Cefalonia, dove, una volta preso l’abito di quelle suore, divenne maestra di lingua italiana in un collegio femminile.
Lo sdegno dell’episcopato francese
Intanto il suo segreto fu reso noto per intero nel 1858, lo stesso anno delle apparizioni di Lourdes. Era caratterizzato da un suo linguaggio profetico e conteneva rimproveri addolorati, un appello al clero e annunci di castighi da parte della giustizia divina.
Per i suoi toni duri, suscitò la collera di gran parte dell’episcopato francese, che raggiunse toni inauditi. Mélanie fu reputata esaltata, pazza, visionaria ed il segreto «parto della sua mente squilibrata».
Gli atteggiamenti radicali, anche di sacerdoti pro o contro l’apparizione de La Salette, resero allora un caso la figura e gli scritti di Mélanie, il cui girovagare contribuì a creare un ambiente sfavorevole intorno a lei.
Il suo arrivo nell’Italia Meridionale
Tornò a Marsiglia nel 1863 e, dopo qualche giorno trascorso a Corps e La Salette, accettò l’invito di monsignor Francesco Saverio Petagna, vescovo di Castellammare di Stabia in provincia di Napoli, partendo dalla Francia il 21 maggio 1867. Rimase in quella città per diciassette anni, alloggiando nel Palazzo Ruffo, preso in affitto dal vescovo. Nella cappella del palazzo veniva a celebrare la Messa Alfonso Fusco, un padre redentorista. Monsignor Petagna affidò la direzione spirituale della donna al Servo di Dio padre Luigi Salvatore Zola, dei Canonici Regolari Lateranensi, abate del monastero napoletano di Piedigrotta.
A Castellammare, Mélanie compose un memoriale, «Visione dei costumi e delle opere alle quali saranno dedicati gli Apostoli degli ultimi tempi» e abbozzò la Regola per un’eventuale congregazione religiosa, l’Ordine della Gran Madre di Dio per gli Apostoli degli ultimi tempi.
Intanto l’abate Zola fu nominato nel 1873 vescovo di Ugento e, nel 1877, arcivescovo di Lecce. Nel 1879 diede l’approvazione ecclesiastica alla pubblicazione del segreto di Mélanie, che, ancora una volta, suscitò scalpore.
Intanto la veggente era di nuovo in Francia: si recò a Cannes, a Chalon-sur-Saône, Amiens, sempre alla ricerca di una fondazione, sostenuta anche da prelati francesi.
L’aiuto a sant’Annibale Maria Di Francia
Nel 1892 lasciò Castellammare di Stabia e, aderendo all’invito di monsignor Zola, si trasferì nella città di Galatina in provincia di Lecce, dove rimase per cinque anni, in una casa presa in affitto.
Proprio sul finire del suo soggiorno a Galatina, ricevette la visita di un sacerdote, che insistentemente l’aveva cercata nel suo girovagare da un posto all’altro dell’ex Regno delle Due Sicilie: era il canonico messinese Annibale Maria Di Francia. Il futuro santo, dopo edificanti colloqui, sia di persona che per lettera, la convinse a raggiungerlo a Messina, perché assumesse almeno per un anno la direzione formativa delle suore che gestivano la Pia Opera da lui fondata, le attuali Figlie del Divino Zelo, minacciate di soppressione.
Mélanie arrivò quindi a Messina il 14 settembre 1897. Padre Annibale l’ammirò molto per «le fiamme del divino Amore che le trasparivano dagli atti e dalle parole, per l’eroica astinenza nel mangiare e nel bere, e per un grande affetto alla Croce e ai patimenti», ma allo stesso tempo le raccomandò l’ubbidienza all’autorità dei vescovi.
L’istituto superò le difficoltà contingenti, si irrobustì e si diffuse nella sua opera assistenziale a favore delle orfane abbandonate e nell’educazione delle ragazze del popolo, anche grazie all’apporto di Mélanie. Tuttavia, dopo oltre un anno (per usare la definizione data da padre Annibale, “anno di benedizione”), se ne andò, assicurando che avrebbe sempre pregato per le suore.
Gli ultimi anni e la morte
Ritornata ancora una volta in Francia, dopo qualche mese trascorso a Moncalieri in Piemonte, si stabilì presso don Combe, parroco di Diou. Quando nei convegni e nelle funzioni veniva invitata a parlare del fatto del 19 settembre 1846, ritrovava la semplicità e la lucidità del suo primo racconto, conforme in maniera costante a quello di Maximin, come quando ritornò in pellegrinaggio a La Salette il 18 e 19 settembre 1902.
Sentendo approssimarsi la fine di quella lunga e tormentata vita, Mélanie disse di non voler «morire tra i massoni», quindi scrisse a un’amica, Rosa Giannuzzo, di contattare il suo antico confessore, padre Alfonso Fusco, affinché le trovasse un luogo nel quale non fosse conosciuta, per vivere nel nascondimento i suoi ultimi giorni.
Padre Fusco ne parlò col Rettore del Santuario di Pompei, il domenicano padre Carlo Cecchini, che le offrì ospitalità. Tuttavia, essendo il celebre Santuario del Rosario meta di pellegrinaggi, Mélanie rifiutò. Proprio in quel periodo, il Rettore fu nominato vescovo di Altamura in provincia di Bari, quindi rinnovò l’invito. La donna questa volta accettò: arrivò dalla Francia il 16 giugno 1904, sconosciuta a tutti, mentre il vescovo si trovava fuori diocesi.
Alloggiò in varie case, anche nel palazzo delle signorine Giannuzzi, che forse sapevano qualcosa. Usciva poco di casa, quasi esclusivamente per recarsi ogni mattina in cattedrale, per assistere alla celebrazione della Messa e ricevere l’Eucaristia; in seguito si tratteneva a pregare a lungo nella cappella dell’Addolorata.
Colpita da una forte febbre, morì sola nella notte fra il 14 e il 15 dicembre 1904; aveva 73 anni. Il suo funerale si svolse il 15 nella cattedrale di Altamura, presente tutto il Capitolo: in tale occasione il vescovo Cecchini rivelò l’identità di quell’anonima signora francese. Il corpo fu quindi tumulato nella tomba di famiglia delle signorine Giannuzzi.
La sua «memoria santa» presso sant’Annibale e le Figlie del Divino Zelo
Padre Annibale Maria Di Francia, fondatore anche dei Padri Rogazionisti, nel 1918 aprì una casa delle Figlie del Divino Zelo ad Altamura e subito si adoperò affinché i resti mortali della veggente di La Salette, che definì «mistero di creatura e creatura di mistero», potessero essere traslati nella chiesa dell’Istituto.
La procedura avvenne segretamente e in tutta fretta il 19 settembre 1918, quando già cominciava a diffondersi la febbre “spagnola”. A causa di quell’epidemia, il corpo rimase insepolto per un anno circa. Il 2 ottobre 1919 venne infine collocato, rivestito dell’abito delle Figlie del Divino Zelo, corridoio adiacente alla chiesa dell’Immacolata, annessa all’Orfanotrofio Antoniano di Altamura.
Il 19 settembre 1920 all’interno della chiesa, quasi in corrispondenza della tomba, venne inaugurato un monumento funebre, composto da un bassorilievo con la raffigurazione dell’anima di Mélanie portata in cielo dalla Madonna e da un’epigrafe:
QUI NEL SACRO TEMPIO DI DIO
TROVARONO QUIETE E RIPOSO
LE STANCHE E TRAVAGLIATE OSSA
DELL’UMILE PASTORELLA DELLA SALETTE
MELANIA CALVAT
NATA IN CORPS PAESELLO DELLA FRANCIA
IL DÌ 7 NOVEMBRE 1831
DECESSA IN ODORE DI SANTITÀ
IL 14 DICEMBRE 1904 IN ALTAMURA
AMOROSAMENTE QUI CUSTODITE
DALLE FIGLIE DEL DIVINO ZELO
DEL CUORE DI GESÙ
CUI APPARTENNE QUALE SAPIENTE
CONFONDATRICE.
O ANIMA ELETTA
T’INVOCHERANNO E TI PREGHERANNO
SEMPRE ETERNA PACE
LE TUE CARE FIGLIUOLE E SORELLE
IN GESÙ E MARIA
Dal 16 aprile 1983, a seguito della ristrutturazione della chiesa dell’Immacolata, sia la tomba sia il monumento funebre sono collocati a ridosso della stanza dove padre Annibale soggiornava quand’era di passaggio ad Altamura.
A tutt’oggi le Figlie del Divino Zelo considerano loro cofondatrice effettiva madre Maria Nazarena Majone (Venerabile dal 2003), che affiancò padre Annibale per oltre trent’anni. Tuttavia non rinnegano l’apporto che Mélanie ha fornito nel salvare l’istituto e l’annoverano tra i loro “cofondatori spirituali”, come tutti i primi collaboratori del fondatore.
Nel 2004, poco dopo la canonizzazione di padre Annibale, i Rogazionisti e le Figlie del Divino Zelo, insieme al comune di Altamura e alla diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, hanno organizzato numerose manifestazioni commemorative.
Alla veggente di La Salette è inoltre dedicata, dal 16 dicembre 2004, una scuola dell’infanzia, sempre ad Altamura.
I tentativi di aprire un processo di beatificazione
Sant’Annibale Maria Di Francia tentò anche di fare aprire un regolare processo canonico per il riconoscimento delle virtù di Mélanie Calvat, ma, tenuto conto che potevano esserci impedimenti nel cammino, fu indotto a ritenere il processo “privato”.
Raccolse quindi testimonianze, lettere e altri incartamenti, ma quella documentazione non venne tenuta in considerazione dalla Curia Vescovile di Altamura. I tentativi si arenarono quindi nel 1927, alla sua morte.
Autore: Antonio Borrelli ed Emilia Flocchini
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