Un’infanzia trascurata
Maximin Giraud nacque a Corps, villaggio sulle Alpi francesi e in diocesi di Grenoble, il 26 agosto 1835, quarto dei figli del carradore Germain Giraud e di Anne-Marie Templier. Aveva solo 17 mesi quando morì la sua mamma; poco dopo il padre si risposò con Marie Court, la quale non sentiva attrattiva per lui.
Il bambino crebbe così abbandonato a sé stesso: mentre il padre era sempre impegnato a riparare carri e a distrarsi all’osteria e la matrigna era tutta presa a mandare avanti la famiglia ed accudire gli altri figli nati dal suo matrimonio, lui aveva la possibilità di girovagare libero per le strade di Corps. Spensierato, vivace e monello, gironzolava attorno alle vetture e alle diligenze, oppure correva con il suo cane Loulou e una capretta. Non andava a scuola e quindi non sapeva né leggere né scrivere.
Pastorello provvisorio
Verso la fine dell’estate 1846, Pierre Selme, un contadino degli Ablandins, alture della zona, avendo il suo pastorello ammalato, scese a Corps dal suo amico Giraud, per chiedergli di prestargli Maximin per una settimana, fino al 20 settembre. Il padre, conoscendolo, non garantiva per lui perché lo riteneva troppo distratto, ma alla fine cedette.
Il 14 settembre Maximin, con il cane e la capretta, salì agli Ablandins, per portare al pascolo quattro mucche. La maggior parte dei ragazzi dei dintorni svolgeva quel lavoro, in modo tale da guadagnare qualcosa per le loro povere famiglie, alleggerendole nel contempo del loro vitto, che invece consumavano con i padroni.
L’incontro con Mélanie Calvat
Il 18 settembre incontrò sul monte Planeau, sui pascoli sovrastanti il villaggio di La Salette, a 1800 metri di altezza, un’altra ragazza: Melania Calvat, quindicenne. Anche lei doveva tenere a bada quattro mucche, della famiglia di Baptiste Pra.
Di caratteri opposti, taciturna e scontrosa lei, vivace e di lingua sciolta lui, stentavano a fare amicizia, finché compresero di provenire entrambi da Corps. Così, nel lasciarsi la sera, decisero di rivedersi il giorno dopo allo stesso posto con le loro mucche.
19 settembre 1846: la Bella Signora che piange
Sabato 19 settembre 1846, dopo aver consumato un pasto frugale ed essersi assopiti al sole, credettero di aver perduto le mucche. Appena le rividero, ripresero a scendere, quando a metà pendio Mélanie si fermò stupefatta: presso la cosiddetta “piccola fontana”, accanto a un mucchio di pietre, era comparso un globo di fuoco, «Come se il sole fosse caduto lì». Titubanti e impauriti, i ragazzi si avvicinarono al globo luminoso, dal quale apparve una donna seduta, con la testa fra le mani, i gomiti sulle ginocchia, in atteggiamento di profonda mestizia.
I ragazzi, separatamente o insieme, testimoniarono che la Bella Signora, come la chiamarono in seguito, aveva pianto «tutto il tempo che ci ha parlato» e riferirono il lungo messaggio che avevano ricevuto, pronunciato prima in francese, poi nel dialetto di Corps. Ad un certo punto, parlò di nuovo in francese, ma uno dei due non la sentiva, vedendo solo le labbra muoversi, finché non accadeva il contrario.
Quando la figura parlò rivolgendosi solo a Mélanie, Maximin faceva roteare il cappello sulla punta del suo bastone e sospingeva a calci i sassolini fin sotto i piedi della Bella Signora: «Non uno però l’ha toccata» chiarì in seguito, senza imbarazzo, alla Commissione che l’interrogava.
Quando la visione si allontanò, Mélanie, ancora intontita, mormorò: «Dev’essere una grande santa». Maximin aggiunse: «Ad averlo saputo le avremmo detto di condurci con sé». In effetti, i due ragazzi non identificarono subito colei che avevano incontrato ed ascoltato sulla montagna come la Vergine Maria.
Le reazioni nel villaggio
Maximin, la sera stessa di quel giorno, per scusarsi con il padrone per il ritardo nel ritornare con le bestie, raccontò dell’incontro. Pierre Selme, volendo controllare, si recò con il ragazzo dalla famiglia di Jean-Baptiste Pra, presso la quale lavorava Mélanie: lei confermò tutto.
L’indomani, domenica, parteciparono alla Messa e raccontarono al parroco l’avvenimento. Da quel giorno l’intera comunità fu sconvolta: le voci si sparsero e il sindaco di La Salette salì sugli Ablandins per interrogare i ragazzi. Trovò solo Mélanie, perché Maximin, avendo terminato la settimana di sostituzione, era ritornato a Corps.
La conversione di Germain Giraud
Germain Giraud, intanto, aveva proibito al figlio di parlare dell’accaduto, però Maximin non ne tenne conto. Allora prese a minacciarlo, ma il ragazzo ribatté: «Ma papà, la Signora ha parlato di te!». Infatti, durante il colloquio di quel pomeriggio del 19 settembre, la Bella Signora, alla risposta negativa dei ragazzi se avessero mai visto del grano guasto, aggiunse: «Ma tu figlio mio, lo devi aver visto una volta con tuo padre nel campo del Coin. Il padrone del campo disse a tuo padre di andare a vedere il suo grano guasto. Vi andaste tutti e due, prendeste in mano due o tre spighe, le stropicciaste e tutto cadde in polvere».
Papà Germain rimase sconvolto ad udire ciò, perché scoprì che Dio non aveva mai cessato di essere presente alle sue ansie e alle sue speranze, mentre egli pensava che si fosse allontanato da lui. La sua conversione definitiva avvenne tuttavia nella prima settimana di settembre del 1846, quando, salito sulla montagna, bevve dalla fontana che prima dell’apparizione funzionava solo quando si scioglieva la neve: guarì all’istante dall’asma.
Il decreto di approvazione diocesana
Ormai se non ufficialmente, tutti credevano che la Bella Signora fosse la Beata Vergine, apparsa in quel sabato pomeriggio, in cui si iniziava l’Ufficio liturgico della festa della Madonna Addolorata, che allora veniva celebrata la terza domenica di settembre.
Cominciarono pellegrinaggi al luogo dell’apparizione, mentre commissioni di teologi ed ecclesiastici, si misero ad esaminare i fatti. Nel mese di luglio 1851 i due pastorelli, su richiesta dell’autorità ecclesiastica, trascrissero il loro segreto, che fu consegnato a papa Pio IX.
Dopo cinque anni d’indagini, il 19 settembre 1851, il vescovo della diocesi di Grenoble, monsignor Philibert de Bruillard, poté pubblicare il suo decreto, il cui primo articolo recitava: «Noi dichiariamo che l’Apparizione della Madonna a due pastorelli, il 19 settembre 1846, su una montagna della catena delle Alpi, situata nella parrocchia de La Salette, vicaria foranea di Corps, reca in sé stessa tutti i caratteri della verità e i fedeli hanno fondate ragioni per crederle indubitabili e certe».
L’inizio di un percorso complicato
Nel mese di luglio 1851 i due pastorelli, su richiesta dell’autorità ecclesiastica, trascrissero il loro segreto, che fu consegnato a papa Pio IX. Si erano conosciuti appena il giorno prima dell’evento, ma dopo la fase d’inchiesta si videro pochissimo e presero strade separate.
Nei tre anni che seguirono l’apparizione, Maximin perse il fratellastro Jean-François, la matrigna Marie e poi suo padre Germain. Fu messo sotto tutela del fratello di sua madre, lo zio Templier, uomo rude e interessato. A scuola il suo profitto era modesto: suor Tecla, la superiora dell’istituto che frequentava, lo chiamava “moto perpetuo”. In più, le pressioni esercitate da pellegrini e curiosi non lo lasciavano tranquillo. Alcuni sostenitori di un uomo che si faceva passare per il figlio del re Luigi XVI, volevano sfruttarlo per i loro fini politici: il ragazzo si fece beffe di loro, raccontando frottole.
Ad Ars, dal Santo Curato
Comunque questi uomini, ignorando il parere contrario del parroco di Corps e la proibizione del vescovo di Grenoble, condussero l’adolescente ad Ars, perché parlasse con don Jean-Marie Vianney, il futuro santo Curato d’Ars.
Il 25 settembre 1850, don Vianney incontrò due volte l’adolescente in sacrestia e in confessionale, ma senza confessarlo. Quello che si dissero non si è mai saputo, ma il santo curato per alcuni anni non cessò di essere preso da dubbi, che non terminarono nemmeno dopo il decreto vescovile. Solo nell’ottobre 1858, cioè circa dieci mesi prima della sua morte, riconobbe che «si poteva credere» alle apparizioni de La Salette.
In seminario, studente in medicina, zuavo pontificio
Dopo la parentesi della sua permanenza nel seminario minore di Grenoble, in cui era entrato nel 1850 e da cui ne uscì nel 1852, perché non si sentiva chiamato allo stato ecclesiastico, Maximin iniziò, come Mélanie Calvat, a girovagare in cerca di una sistemazione e di un po’ di pace, ma la sua inquietudine lo condizionò sempre.
Nel 1859, a 24 anni, s’impiegò all’Ospizio Imperiale di Yvelines (Ile-de-France), passando poi nel Collegio di Tonnerre (Dipartimento de l’Yonne). Diventò poi studente di medicina, ma, respinto prima della laurea, andò a lavorare in una farmacia.
Girò quindi per vari luoghi della Francia, ma senza stabilirsi e nel 1856 si arruolò negli zuavi pontifici a Roma, la permanenza durò sei mesi, cioè fino a quando questo Corpo si sciolse, poi ritornò a Parigi.
Sempre fedele al resoconto originario
Pur essendo così sbandato, era sempre fedele alla Visione ricevuta da bambino e quando il giornale «La Vie Parisienne» attaccò la veridicità de La Salette, egli lo querelò, ottenendo una rettifica. Nel 1866, sempre per questo motivo, pubblicò un opuscolo intitolato «La mia professione di fede sull’Apparizione della Madonna della Salette».
Durante quel periodo, una coppia di fedeli, i coniugi Jourdain, si assunse il compito di assisterlo, dandogli così una certa stabilità, pagandogli fra l’altro tutti i suoi debiti e rischiando a loro volta di rovinarsi.
Problemi economici
A 34 anni, nel 1869, tornò a Corps e diventò socio di un mercante di liquori, che volle sfruttare la notorietà dell’ex pastorello per accrescere le sue vendite. Tuttavia Maximin non riuscì a far quadrare i conti e dovette abbandonare l’attività.
Nella guerra franco-tedesca del 1870, fu mobilitato a Forte Barraux a Grenoble. Al termine del conflitto ritornò a Corps, dove lo raggiunsero i coniugi Jourdain, che lo trattavano ormai come un figlio adottivo.
Tutti e tre vivevano poveramente, aiutati dai Missionari di Nostra Signora de La Salette, istituiti nel 1852 dal vescovo monsignor Philibert de Bruillard con l’intento di proseguire nel tempo l’opera missionaria chiesta dalla Vergine ai due pastorelli.
La morte
Nel novembre 1874, Maximin Giraud risalì a La Salette, dov’era sorto un imponente santuario: lì, davanti a un uditorio particolarmente attento e commosso, rifece per l’ultima volta il racconto dell’Apparizione, uguale come quel giorno di ventott’anni prima. Per potersi mantenere, impiantò nei pressi del santuario un negozietto di vendita di oggetti sacri relativi all’apparizione.
Il 2 febbraio 1875 si recò per l’ultima volta nella chiesa parrocchiale. Ormai gravemente ammalato di idropisia, la sera del 1° marzo 1875, nella sua casa di Corps, si confessò ricevendo il Viatico, bevendo un po’ d’acqua della sorgente de La Salette per inghiottire l’Ostia. Cinque minuti dopo rese l’anima a Dio; aveva 39 anni e sei mesi ed era rimasto celibe.
L’ultima professione di fede
Prima di morire giurò per l’ultima volta di aver detto il vero sull’apparizione della Vergine a La Salette: «Credo fermamente, anche a prezzo del mio sangue, alla celebre Apparizione della SS. Vergine sulla santa montagna de La Salette, il 19 settembre 1846; apparizione che ho difeso con parole, scritti e sofferenze… con questi sentimenti offro il mio cuore a Nostra Signora de La Salette».
Fu sepolto nel cimitero di Corps, ma il suo cuore si trova nella Basilica de La Salette, vicino alla consolle dell’organo, quasi a concretizzare le sue ultime volontà.
Autore: Antonio Borrelli ed Emilia Flocchini
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