Personalità complessa e profondamente religiosa, che univa in sé la sacralità del sacerdozio, il pionierismo del gesuita, la passione e competenza dello scienziato, l’arditezza innovatrice del teologo, la profondità di pensiero del filosofo, la fecondità dello scrittore scientifico-religioso, l’ardore dell’anima consacrata al Sacro Cuore di Gesù, il misticismo del cantore di Cristo nell’Universo, il sacrificio per il silenzio impostogli, l’obbedienza fiduciosa nella Chiesa.
Origini, la vocazione religiosa, gli studi, la passione scientifica Pierre Teilhard de Chardin nacque il 1° maggio 1881 al Castello di Sarcenat (Auvergne) nel Comune di Orcines, provincia di Clermont-Ferrand in Francia. La madre, donna devota e forte di carattere, che vide morire ben sette dei suoi undici figli, era pronipote di Voltaire, il padre amante della natura e impegnato in campo naturalista, trasmise al figlio Pierre questi valori. Undicenne venne inviato in collegio presso i Gesuiti; nel corso dell’adolescenza sentì nascere dentro di sé la vocazione alla vita religiosa e nel 1899 a 18 anni, entrò nel Noviziato della Compagnia di Gesù ad Aix-en-Provence, per iniziare quella preparazione e formazione specifica che durerà 13 anni, come per tutti i Gesuiti. A 20 anni, nel 1901 pronunciò i primi voti religiosi, mentre proseguiva i suoi studi di teologia a Jersey, nel contempo venne sempre più attratto dalla natura animale e vegetale, aggiornandosi sulle nuove scoperte della fisica, e leggendo l’”Evoluzione Creatrice” di Bergson. La grande passione che avvertiva per la scienza, gli fece sorgere il dubbio, che potesse essere di ostacolo alla propria vocazione sacerdotale; superò la crisi ascoltando il maestro dei novizi che lo rassicurò: “Il Dio della Croce richiedeva a lui l’espansione naturale del suo essere, tanto quanto la sua santificazione”.
Sacerdote di Cristo e scienziato della natura Non ancora sacerdote, ebbe l’incarico di insegnare fisica e chimica nel Collegio dei Gesuiti al Cairo e qui si rivelò la sua vocazione di paleontologo, di geologo e di naturalista. Tale nomina gli diede l’opportunità di dedicarsi alle sue prime ricerche sul terreno, e ricevere quelle sensazioni che lo condurranno alla scoperta di Dio nel cuore del Mondo. Pierre Teilhard de Chardin così descrisse: “E fu l’Oriente, intravisto e bevuto avidamente nella sua luce, nelle sue forme e nei suoi deserti…Il Mondo si crea ancora e in lui è Cristo che si compie. Quando ebbi inteso e compreso questa parola, contemplai, e mi accorsi come in un’estasi, che attraverso tutta la natura mi ero tuffato in Dio”. A 30 anni, nel 1911 fu ordinato sacerdote ad Hasting; negli anni che seguirono, si laureò a Parigi alla Sorbona in Scienze Naturali, facendo pratica presso il laboratorio parigino del celebre paleontologo Marcelin Boule, dove cominciò a produrre degli studi, in cui già affiorava la preoccupazione di creare una sintesi tra le nuove frontiere della scienza e le vedute religiose, che rischiano di bloccarsi in categorie culturali troppo rigide.
Al servizio della Patria, i suoi interrogativi sul cosmo e sulla storia Nel 1914, iniziò per la Francia la Prima Guerra Mondiale e Teilhard de Chardin fu arruolato come portaferiti, compito che svolse eroicamente, al punto da meritare alla fine, la Medaglia al valore e la nomina a Cavaliere della Legion d’Onore; questo periodo fu per lui molto importante, perché vedendo da vicino, come cappellano militare, la cruda realtà del fronte, ne trasse la convinzione di quanto l’umanità fosse un unico corpo solidale nel dolore e nella gioia, e come la parola della fede possa far nascere la speranza. Da ciò scaturiva il suo ottimismo, pur radicato nel sangue dei furiosi scontri, ma aperto all’idea di una maturazione di un progresso. Erano le prime scintille della sua spiritualità e del suo genio, espresse per tutto il periodo bellico, in importanti scritti inviati alla cugina Margherita. Egli si interrogava su come sia possibile conciliare l’amore appassionato e legittimo per un cosmo che si rivela sempre più grandioso, con la ricerca del Regno di Dio. La storia, tutto l’essere dell’uomo è sempre in movimento, si evolve e va alla ricerca di qualcosa di più, per essere di più; per Teilhard de Chardin è tempo di superare l’individualismo borghese, per avviare il processo di comunione di tutta l’umanità.
Professore apprezzato, spedizione e permanenza in Cina, incomprensioni con Roma Dal 1920 al 1923 Teilhard insegnò geologia e paleontologia all’Istituto Cattolico di Parigi; nel 1923 fu inviato a Tien Tsin in Cina, dove per due anni lavorò in un importante laboratorio scientifico, che era in collaborazione con quello parigino di Marcelin Boule e così partecipò ad importanti spedizioni e scoperte paleontologiche, che portarono nel 1929 alla scoperta del Sinantropo, l’Uomo di Pechino, o meglio l’ominide di Pechino, risalente a più di 300.000 anni fa. Nel 1925 rientrò a Parigi riprendendo l’insegnamento all’Istituto Cattolico, dedicandosi anche alle conferenze dirette agli allievi della Scuola Normale e del Politecnico, che avevano un gran successo. Ma nello stesso 1925, accettando la richiesta di alcuni teologi di Lovanio, scrisse alcune pagine in cui sosteneva la necessità di stabilire un accordo tra il dogma del peccato originale e le nuove scoperte della paleontologia. Si trattava di una pura riflessione personale, senza pretese dogmatiche, in cui proponeva ai teologi delle ipotesi di lavoro su cui approfondirsi; ma lo scritto arrivò fino a Roma e provocò l’invito a lasciare la cattedra parigina e quindi di ritornare in Cina, dove resterà per 20 anni. Lavorò al servizio geologico di Pechino, in anni fertili di esperienze scientifiche, ma anche ricchi di occasioni per riflettere sull’uomo e di momenti di profonda meditazione spirituale. Tra una spedizione e l’altra, Teilhard metteva per iscritto le sue considerazioni che, partendo dal dato scientifico in suo possesso, si spingevano ad interpretare filosoficamente e teologicamente l’universo, in termini nuovi e per alcuni versi, sconcertanti. Per questo non gli fu facile trovare consensi e condivisioni; il difficile rapporto, a questo proposito, con i superiori durò tutta la vita, ma la sua fedeltà alla vocazione ricevuta, sia come uomo in ricerca, che come figlio della Chiesa e gesuita, non fu però mai messa in discussione, anche se la diversità di vedute con alcuni suoi contemporanei lo fece molto soffrire e lo obbligò a rimanere lontano dall’Europa. Nel periodo trascorso in Cina, fu fondamentale la sua partecipazione in qualità di geologo, alla spedizione denominata “Crociera Gialla” finanziata dalla Citroën, con l’intento di attraversare l’Asia Centrale tra Beiruth e Pechino. Poté così conoscere scienziati e tecnici non cristiani o tiepidi cristiani, ma tutti ricchi di valori che Teilhard rispettò profondamente: “In ogni persona, anche non credente, non distruggere niente, ma far salire, far crescere. Tutto ciò che cresce va verso il Cristo”.
Gli ultimi anni, la produzione letteraria Non fu solo in Cina, ma nei suoi viaggi soggiornò anche in India, Birmania, Giava, con vari periodi di studio trascorsi negli Stati Uniti e in Somalia-Etiopia. Ormai sessantenne, nel 1946 lasciò la Cina, che era prossima a diventare la Cina Popolare comunista di Mao, nel 1947 a Parigi fu colpito da infarto e nel contempo gli venne impedita la pubblicazione della sua opera “Il fenomeno umano” e anche l’insegnamento al Collège de France; le sue idee evoluzionistiche non erano ancora accettate dai teologi ufficiali, mentre i suoi superiori e la Compagnia di Gesù, pur considerandolo un figlio prediletto, non se la sentivano di impegnarsi in prima linea a sua difesa. Dopo l’ennesimo confronto con Roma, gli venne di nuovo chiesto di lasciare Parigi e dal 1951 si stabilì definitivamente a New York, dove lavorò alla Fondazione Wenner e dove ancora organizzò le ricerche antropologiche nell’Africa Meridionale, in Rhodesia, Sud Africa e poi negli stessi Stati Uniti. Il grande gesuita e scienziato, fu nominato nel 1950, membro dell’Accademia delle Scienze di Parigi. In questi anni scrisse gli ultimi suoi grandi saggi in cui espose sinteticamente il suo pensiero. Per ben due volte in diverse occasioni, espresse il desiderio di morire il giorno della Risurrezione e il giorno di Pasqua, 10 aprile 1955, dopo avere assistito alla solenne funzione nella cattedrale di St. Patrik di New York, padre Teilhard de Chardin, morì colpito da un devastante infarto. È impossibile in questa scheda, riportare tutti gli aspetti del pensiero teologico-filosofico-antropologico, sull’evoluzione del Mondo, che è espresso in almeno 30 opere letterarie, in parte scritte da padre Teilhard de Chardin stesso e parte da successivi autori e critici letterari, quindi nel rimandare alla lettura approfondita di questi testi, editi in buona parte dall’editrice Queriniana, dalle edizioni “il Saggiatore”, Edizioni SEI, San Paolo Edizioni, ecc., accenniamo qui soltanto le linee essenziali del suo vasto pensiero, che ebbe successo e diffusione mondiale solo dopo la sua morte, con la pubblicazione di numerose opere rimaste fino allora inedite. Il suo pensiero scientifico-religioso I punti su cui si fonda il suo pensiero scientifico-religioso, si possono così riassumere e sintetizzare. Per Teilhard, il cosmo tende naturalmente a vitalizzarsi, la vita ad umanizzarsi, l’uomo a ultraumanizzarsi, lo spirito a liberarsi della sua matrice materiale. L’uomo appare dunque come la chiave della cosmogenesi, cioè dell’evoluzione globale dell’universo; egli è l’evoluzione divenuta cosciente di sé e dunque irreversibile e tendente ad un “punto omega”, centro non virtuale ma reale della vita caratterizzata dalla riflessione e dalla cultura umana, sostegno dell’evoluzione stessa universale. Questo punto si identifica con Cristo, motore dell’evoluzione, con il Cristo resuscitato, esercitante come tale una funzione cosmica. Le teorie di padre Teilhard de Chardin, tendenti ad interpretare alla luce della scienza moderna, l’ispirazione cosmologica ed escatologica del cristianesimo primitivo, pur accolte tra gravi sospetti e violente polemiche, hanno contribuito potentemente alla saldatura tra cristianesimo e mondo moderno.
Il Cuore di Cristo, centro dell’universo La sua spiritualità fortemente incarnazionista, che riempie di sé l’accavallarsi di pensieri travolgenti, culmina nel riconoscere il Cuore di Cristo, morto e risorto, come centro dell’universo: “Il Cristo. Il suo Cuore. Un Fuoco; capace di tutto penetrare, e che, a poco a poco, si spande dappertutto”. Fautore di una sana devozione al Cuore di Gesù, fatta di essenzialità e realismo, che porta a superare visioni di dolore e troppo complicate, indirizzando a coltivare una mistica lieta, derivante dalla contemplazione del Cristo trafitto e glorificato, ardente d’amore e di bellezza, datore di vita e di speranza. Padre Teilhard scriveva: “Mi ha sempre colpito nei racconti della Beata Margherita Maria Alacoque quello della sua visione, in cui le pare di essere un atomo oscuro, che vorrebbe perdersi nel gran focolare luminoso del Cuore di Gesù e non lo potrà se non sarà questo focolare ad attirarlo a sé… Ritrovo qui i due elementi che riassumono la mia vita: dipendenza assoluta dalla forza creatrice e santificante del Signore, la sola capace di conservare in noi sia la passione di vivere, sia la passione di Dio; e poi, ricevuto il dono di questa intima attrazione, invasione da parte della divinità di tutto quello che ci circonda e di tutto quanto facciamo: tutto diventa per noi Dio che si concede e ci trasforma”. Concludiamo con la consacrazione al Sacro Cuore, espressa da padre Pierre Teilhard de Chardin: “O Cristo glorioso; Voi che siete l’Alfa e l’Omega, il Vivente, il morto, il risuscitato; Voi che riunite in un’esuberante unità tutti gli incanti, tutti i gusti, tutte le forze, tutti gli stati; siete Voi l’essere che io ricercavo con un desiderio vasto quanto l’universo: Voi siete veramente il mio Signore e il mio Dio… Al Vostro Cuore in tutta la sua estensione, con tutte le risorse che ha fatto sgorgare in me la vostra attrazione creatrice, con la mia debole scienza, con i miei legami religiosi, col mio sacerdozio, (è ciò a cui tengo di più) con tutto il fondo della mia convinzione umana, io mi consacro per viverne e morirne, o Gesù”. Per favorire l’approfondimento del suo pensiero, si citano a conclusione i suoi scritti maggiormente famosi, con la data della prima pubblicazione. Il cuore della materia (1950); Il fenomeno umano (1955); L’apparizione dell’uomo (1956); Il posto dell’uomo nella natura (1956); L’ambiente divino (1957), L’avvenire dell’uomo (1959); L’energia umana (1962); Scienza e Cristo (1965), ecc.
Autore: Antonio Borrelli
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