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Blaj, Romania, 4 dicembre 1907 – Sighetul Marmaţiei, Romania, 27 giugno 1953
Ioan Suciu nacque il 4 dicembre 1907 a Blaj, in Romania. Dopo gli studi teologici compiuti in patria e a Roma presso il Collegio Greco di Sant’Atanasio, fu ordinato sacerdote il 29 novembre 1931. Il 6 maggio 1940 fu nominato vescovo ausiliare della diocesi di Oradea Mare; sette anni dopo, divenne amministratore apostolico della diocesi di Făgăraş e Alba Iulia. A causa del suo aperto dissenso col regime comunista, dimostrato in una serie di conferenze nelle principali città del Paese, fu arrestato il 28 ottobre 1948. Venne imprigionato a Dragoslavele, quindi nel monastero ortodosso di Căldăruşani, infine nel penitenziario di Sighetul Marmaţiei, dove morì il 27 giugno 1953, a causa delle privazioni e delle torture subite. I suoi resti mortali vennero sepolti in una fossa comune. È stato inserito nella causa di beatificazione che comprendeva in tutto sette vescovi morti dal 1950 al 1970, durante la persecuzione religiosa portata avanti in Romania dal regime comunista. La beatificazione dei sette vescovi è stata fissata a domenica 2 giugno 2019, durante il Viaggio Apostolico in Romania di papa Francesco. La loro comune memoria liturgica è stata fissata al 2 giugno.
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Ioan Suciu nacque il 4 dicembre 1907 a Blaj, da una famiglia di antica tradizione greco-cattolica. Suo padre Vasile era sacerdote, mentre tra i parenti da parte di sua madre, Maria Coltor, contava Ioan Coltor, professore e oratore. Ricevette il Battesimo e la Cresima venti giorni dopo la nascita.
Frequentò le scuole elementari e quelle secondarie a Blaj. Nel 1925 ottenne il diploma di maturità presso il liceo San Basilio Magno della stessa città. In quell’istituto divenne amico di Tit Liviu Chinezu, a lui complementare per carattere: se Ioan era impulsivo, l’altro era più riflessivo.
Entrambi vennero inviati a Roma per gli studi teologici, ospiti del Pontificio Collegio Greco di Sant’Atanasio. Nel 1927 Ioan ottenne il dottorato in Filosofia presso il Collegio di Propaganda Fide, mentre nel 1932 divenne dottore in Teologia al Pontificio Istituto Internazionale Angelicum. In quell’occasione, il domenicano padre Reginald Garrigou-Lagrange, uno dei professori, gli manifestò il proprio apprezzamento regalandogli l’anello col sigillo dell’Istituto.
Fu ordinato sacerdote a Roma il 29 novembre 1931 e celebrò la Prima Messa nella cappella delle Suore della Croce a Monte Mario, in un luogo che, fino a poco prima, aveva ospitato i cavalli di un ricco romano. A chi gli domandò il perché di quella scelta, ribatté che anche Gesù aveva cominciato in una stalla.
Fece dunque ritorno a Blaj: dal 1932 al 1940 insegnò Religione e Lingua italiana al liceo commerciale maschile. Divenne quindi professore di Teologia Morale e di Teologia Pastorale nell’Accademia di Teologia. Nelle sue lezioni cercava d’infondere entusiasmo agli allievi, per fare in modo che si mettessero con tutte le forze al servizio di Dio.
I giovani erano il suo amore più grande. Li andava a cercare, condividendo i loro giochi e le loro preoccupazioni negli anni della crescita. Destinò loro varie opere di catechismo e di spiritualità e fondò la rivista “Marianistul”, per bambini e ragazzi.
Il 25 maggio 1940 fu nominato vescovo ausiliare di Oradea, col titolo di Moglena-Slatina in Bulgaria, per affiancare il vescovo titolare, monsignor Valeriu Traian Frenţiu. L’ordinazione episcopale ebbe luogo il 22 luglio 1940. Nell’omelia per l’occasione dichiarò di «essersi fidanzato con gli interessi eterni di Gesù Cristo, con la sua Chiesa, con il suo gregge» e di non volersi mai separare dall’amore del Signore.
Alle parole fece subito seguire i fatti quando, il 30 agosto 1940, il Secondo Arbitrato (o Diktat) di Vienna obbligò la Romania a cedere all’Ungheria la parte settentrionale della Transilvania, che comprendeva quasi tutto il territorio della diocesi di Oradea.
Monsignor Frenţiu decise di risiedere a Beiuș, che era ancora dentro i confini della Romania. L’eparchia fu affidata al vescovo di Cluj-Gherla, monsignor Iuliu Hossu, come amministratore apostolico. Monsignor Suciu rimase a Oradea come ausiliare: nonostante le difficoltà della guerra e quelle causate dagli occupanti ungheresi, promosse e attuò numerose iniziative di apostolato.
Il 29 agosto del 1941 monsignor Hossu fece il suo ingresso come nuovo vescovo di Oradea. Monsignor Suciu rimase suo ausiliare finché nel 1947, in seguito al ritorno di monsignor Frentiu a Oradea, non venne destinato all’eparchia di Făgăraş e Alba Iulia come amministratore apostolico.
I fedeli, però, cominciavano a sentire la pressione del regime comunista, che puntava a unificare la Chiesa greco-cattolica romena unita con Roma e la Chiesa ortodossa. Monsignor Suciu rispose con una serie di conferenze nelle principali città del Paese, dichiarando l’impossibilità di un accordo fra il cristianesimo e il materialismo ateo.
Il 3 settembre 1948 un decreto governativo lo depose dal suo incarico e gli ordinò il domicilio coatto a Blaj. Monsignor Suciu, invece, proseguì le visite pastorali e i suoi interventi, con impegno ancora maggiore: solo la Santa Sede, ripeteva spesso, aveva l’autorità di privarlo delle funzioni episcopali.
Nel mese di settembre fu arrestato una prima volta. Condotto a Sibiu, fu lasciato per due giorni senza cibo né bevanda, quindi venne rilasciato. Subì un secondo arresto, poi gli furono sottratti tutti i mezzi di trasporto. A quel punto proseguì le sue visite a piedi, esortando i fedeli a non cedere, come del resto facevano tutti gli altri vescovi greco-cattolici.
Arrestato il 28 ottobre del 1948, venne portato a Dragoslavele e poi al Monastero Căldăruşani. Nel maggio del 1950 fu portato al Ministero degli Interni e nell’ottobre dello stesso anno al penitenziario di Sighetul Marmaţiei o Sighet, dove soffrì fame, freddo, malattie e numerose torture. Morì in quel luogo il 27 giugno 1953, nella cella numero 44.
Fu sepolto nel cimitero dei poveri, cioè dei suicidi e dei vagabondi, e a oggi non si è ancora venuti a conoscenza del luogo esatto dove riposino le sue spoglie mortali.
In due lettere indirizzate ai suoi fedeli nell’ottobre 1948 affermava: «Per la Chiesa Romena Unita è arrivato il Venerdì Santo. Adesso, cari fedeli, abbiamo l’occasione di mostrare se apparteniamo a Cristo o se siamo della parte di Giuda, il traditore... Non lasciatevi ingannare da parole vane, dai comitati, da promesse, da menzogne, ma restate saldi nella fede per la quale i vostri genitori e i vostri avi hanno versato il loro sangue... Non possiamo vendere né Cristo né la Chiesa... Se prenderanno le vostre Chiese, pregate il Signore, come lo fecero i primi cristiani, quando gli imperatori pagani distruggevano i loro luoghi di preghiera e bruciavano i loro libri santi».
Queste sue parole risuonarono anche al Colosseo il 7 maggio 2000 in occasione della Commemorazione Ecumenica dei Testimoni della Fede del XX secolo presieduta dal Papa san Giovanni Paolo II.
Il 28 gennaio 1997 la Santa Sede ha concesso il nulla osta per l’avvio della comune causa di beatificazione e canonizzazione di monsignor Suciu e degli altri sei vescovi greco-cattolici morti negli anni del regime comunista in Romania.
Il processo eparchiale (ossia diocesano) per il riconoscimento del loro martirio è iniziato il 16 gennaio 1999 a Blaj e si è concluso il 10 marzo 2009. Il 7 novembre dello stesso anno sono stati aperti i plichi della relativa documentazione, convalidata col decreto del 18 febbraio 2011. Dopo sette anni di lavori, nei quali sono emerse altre testimonianze d’archivio, è stato possibile ultimare la “Positio super martyrio”, consegnata nel 2018.
Il 19 marzo 2019, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui i sette vescovi venivano ufficialmente dichiarati martiri. La loro beatificazione è stata fissata a domenica 2 giugno 2019, nel corso del Viaggio Apostolico in Romania dello stesso Pontefice. La comune memoria liturgica è stata fissata al 2 giugno, anniversario della beatificazione.
Autore: Emilia Flocchini
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