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Servo di Dio Angelo Lo Musico Religioso

Festa: .

Caltagirone, 1540 circa - 9 gennaio 1610


Nacque a Caltagirone verso l'anno 1540 e fu battezzato con il nome di Antonino. I suoi genitori Gaspare Lo Musico e Paola Di Prima lo educarono secondo il vangelo e la pietà cristiana. Antonino aveva uno zio sacerdote frate minore chiamato Fra Nicola, la frequenza con lo zio accese il suo animo a volere appartenere allo stesso ordine. Lo zio, osservando le buone disposizioni del nipote l'ospitò nel convento con l'intenzione di ammetterlo al noviziato. Ma, poiché non aveva l'età canonica prescritta, l'ammise all'ordine in qualità di fratello terziario. Il padre di Antonino non era consenziente in quanto, essendo figlio unico, non voleva che divenisse religioso. A chi gli faceva notare che suo padre era contrario il giovanotto rispondeva con una celebre frase attribuita a S.Girolamo; "se il padre e la madre piangenti si mettessero distesi per terra innanzi alla porta di casa per impedire al figlio di andare a servire il Signore, questi non deve guardare le lacrime dei genitori ma passare sopra di loro, perché in questo caso il figlio non è tenuto ad obbedire". Udito ciò il padre commosso per tanta decisione, gli diede la sua benedizione e non frappose più nessun ostacolo alla sua vocazione. All'età di 18 anni, emise la sua professione religiosa tra i frati minori e prese il nome di Frate Angelo. Egli progredì rapidamente nella vita spirituale tanto da diventare in breve tempo un religioso esemplare. Da Sacerdote si distinse per le sue grandi virtù e il grande zelo, tanto da essere impegnato, dai superiori, quasi sempre all'educazione giovanile. Come maestro dei novizi, con prudenza e carità ordinando le penitenze, non poteva vederle attuare per la grande compassione che aveva nel cuore. Quando veniva ripreso qualche confratello in refettorio, frate Angelo, non riusciva più a mangiare, per cui i superiori, conoscendo l'animo suo, avevano la cortezza che egli prima mangiasse. Per il trasferimento da un convento ad un'altro gradiva, anziché i comodi mezzi di allora, mettersi in cammino a piedi in perfetta letizia. Molta era la sua delicatezza quando alle volte giungeva a notte fonda a destinazione; per non svegliare i suoi confratelli aspettava, prima di suonare la campana, il sorgere del sole. Molto delicato nell'ufficio della S. confessione,accogliente, era dotato di grande misericordia e tanti erano i suoi suggerimenti spirituali. Fu confessore di S. Benedetto da S. Fratello durante la sua permanenza nel convento di S. Maria di Gesù a Palermo. Giunse ad Enna nel 1594 ed esplicò la funzione di padre guardiano "nel convento fino alla sua morte. Il suo cuore era così unito intimamente a Dio che spesso evitava la conversazione con i confratelli per andare da solo a pregare e a meditare. Fuggiva gli onori e rinunciava ben volentieri agli incarichi importanti che volevano affidargli, proclamando di volere essere un semplice suddito per obbedire e servire tutti. Nel mangiare era molto parco, spesso rinunciava ai cibi che venivano posti sulla mensa, offrendoli ai poveri, fuggendo la vana gloria, nascondeva sempre agli altri l'esercizio dell'astinenza. Anche infermo e divenuto vecchio non tralasciò i digiuni e le aspre penitenze; con altrettanta attenzione osservò la francescana povertà. Durante la recita dell'Ufficio divino, stava sempre in piedi anche nella tarda età in atteggiamento devoto senza mai appoggiarsi. Incaricato a dirigere le funzioni religiose, vi metteva ogni cura perché la liturgia fosse celebrata con la massima solennità. La sua vita fu un continuo esercizio di virtù, egli poneva ogni attenzione non solo a non peccare ma ad evitare qualsiasi pensiero che potesse turbare la sua coscienza. Nei conventi dove dimorava dedicava del tempo ai lavori di falegnameria, di muratura e di sartoria. In quest'ultima attività frate Angelo veniva spesso chiamato non solo a rammentare abiti, ma anche per confezionarli, conoscendo la sua precisione nel tagliare e cucire la stoffa. Quando cuciva i panni preferiva la solitudine affinché la sua mente se ne stesse immersa nell'orazione. In tutte le sue azioni, si vedeva un autentico ritratto di mansuetudine ed umiltà. Il suo carattere socievole ed amabile nel conversare induceva tutti quanti ad avere verso di lui riverenza e devozione. Il suo parlare pacato non dava alcun fastidio, ma ciascuno, ascoltandolo, sentiva nel proprio cuore una consolazione spirituale. Di se preferiva essere creduto un uomo ignorante e grande peccatore; diceva molto spesso: "la misericordia di Dio è quella che mi sostiene, perché la Divina Giustizia non mi precipiti nell'inferno". Pensava di non aver fatto mai alcunché di bello e buono e di non aver servito come meriterebbe il suo Gesù, benché fosse vissuto sotto il giogo dell'obbedienza e in continuo rigore, mortificando il proprio corpo con estreme penitenze per ben 52 anni. Era devotissimo alla Vergine Santa, a S. Francesco e alle anime Sante del purgatorio, celebrando sempre la Messa per i defunti, quando era consentito. Provava grande dolore nell'udire o nel vedere recare offése a Dio. Una volta vedendo commettere un grave scandalo, si mise a piangere dirottamente e battendo il bastoncello, che portava sempre con se, affermò che avrebbe preferito essere messo in una fornace di fuoco che assistere a tale grave offesa verso Dio. Tale fu il suo pianto da indurre tutti i presenti a piangere e riparare l'offesa commessa. Il Signore lo adornò dei favori che suole concedere ai suoi grandi servi: compiere miracoli e predire avvenimenti futuri. Quando era maestro dei novizi a Palermo, un confratello di nome Fra Ambrogio si ammalò e chiese una tunica riscaldata. Fra Angelo ordinò di andare a riscaldare una tunica ad un altro novizio, ma questi non avendo trovato fuoco in cucina tornò dicendo di non averla potuta riscaldare. La giornata era piovigginosa e non vi era il sole. Frate Angelo comandò al novizio di pregare affinché spuntasse il sole. Il novizio obbedì e immediatamente comparve il sole che dopo aver riscaldato la tunica si eclissò nuovamente, riprendendo a piovere. Un giorno un certo Tommaso Gangi, benefattore abitante nella città di Enna, cadde ammalato e dopo poco tempo, si aggravò a tal punto da ricevere i Sacramenti degli infermi. La sorella con tanta fede andò a trovare frate Angelo e lo pregò di guarire il fratello moribondo. Il servo di Dio la consolò e la rassicurò che il fratello sarebbe guarito, gli diede il suo cordone da mettere sull'infermo. Ben presto Tommaso guarì. Natalia Dentici, nativa di Calascibetta ma abitante ad Enna, da sei mesi non mangiava ed era affetta da disturbi mentali. Un giorno andò al convento e trovò Frate Angelo che distribuiva il pane ai poveri. Il servo di Dio la chiamò le fece mangiare un pezzetto di pane e Natalia, guarita ritornò a casa e visse perfettamente ristabilita sino alla morte. Un medico Vincenzo Lauria, aveva la moglie gravemente ammalata di cancrena e viste inutili le cure mediche, si rivolse disperato a Frate Angelo; questi con fiducia recitò delle Ave Maria, chiedendo l'intervento della Vergine Santissima, poi ordinò al dottore di ritornare a casa, dicendo che la moglie sarebbe guarita in brevissimo tempo e così avvenne. Ad Antonino Romano che era stato imprigionato ingiustamente, il servo di Dio predisse che la sua innocenza sarebbe stata riconosciuta e che sarebbe stato liberato il giorno successivo. Nonostante questi non volesse credere, viste le pesanti accuse, la predizione di Frate Angelo si avverò. A Giuliano Rossello, al quale i medici avevano prognosticato la prossima fine per un male incurabile, Frate Angelo gli predisse che il giorno seguente sarebbe guarito, così difatti avvenne. Padre Angelo si ammalò verso la fine del dicembre del 1609, egli predisse che di questa malattia sarebbe morto malgrado il medico asseriva il contrario. Ricevuti i Sacramenti, tenendo in mano la coroncina del S. Rosario, spirò i con lo sguardo al Crocifisso il sabato del 9 gennaio 1610 all'età di 70 anni dopo 50 di vita religiosa. Prima di morire pregò a un confrate di scrivere, da parte sua, una lettera a tutti i confrati domandando perdono per il suo mal'esempio e tutti i suoi peccati. Sparsasi la voce della sua morte, una moltitudine di fedeli accorse al convento per venerarlo e chiedere reliquie, il suo corpo fu portato in Chiesa e per tutto il tempo che vi rimase esposto emanava un insolito splendore. Strepitosi prodigi susseguirono dopo la sua morte. Lo stesso Frate Angelo prima che morisse, come richiesto da Fra Ludovico, aveva promesso tanti miracoli con le seguenti parole: "Sì, Sì al far della luna". I frati presenti risero a quell'espressione invece al far della luna, dopo la sua morte, il Signore volle che per intercessione di Fra Angelo si compissero tanti prodigi. Il Vescovo di Catania venuto a conoscenza dei detti miracoli, costituì una commissione guidata da Don Mariano Petrotto, affinché si istruisse un processo sulle virtù e i miracoli di Fra Angelo. Ad aprile del 1610 iniziò il primo processo di beatificazionee e il 5 settembre dello stesso anno la salma, trovata sorprendente intatta e senza cattivo odore fu traslata dalla fossa comune alla Chiesa di S. Maria di Gesù di Montesalvo in Enna dove, tuttora integra, viene venerata.


Autore:
Movimento Mariano Giovani Insieme della Diocesi di Piazza Armerina

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Aggiunto/modificato il 2006-07-21

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