Una loro nipote, Regina Lulashi, in un’intervista ha raccontato, che in tutti gli albanesi di oggi è ancora vivo il ricordo e la venerazione per i due fratelli Aleksander e Marin Sirdani, entrambi sacerdoti cattolici. I due fratelli testimoniarono in modo diverso, la loro appartenenza e fede alla Chiesa Cattolica, in un’Albania caduta per oltre 43 anni, nell’oscurità di un regime totalitario e soprattutto ateo. A Marin, il più grande dei due, toccò la sorte di fare da battistrada alla vocazione sacerdotale del fratello minore Aleksander, ma di vederne anche la prematura ed orribile morte, che ne fece un martire del XX secolo. Don Aleksander Sirdani, nato nel 1892, parroco di Boga, fu una delle tante vittime della persecuzione comunista del dopo guerra albanese; morì insieme a don Pjeter Cuni (1914-1948), immerso nel pozzo nero dei bagni del carcere di Kopiek (Scutari), il 29 luglio 1948; la loro causa di beatificazione è in corso, unitamente ad altri 38 martiri di quel periodo, testimoni della “Chiesa del Silenzio” albanese (vedere scheda propria). Padre Marin Sirdani, suo fratello, nacque nel 1885 a Boga nel nord dell’Albania, in una delle migliori famiglie del villaggio. Il padre Daka, fu senz’altro una figura determinante per la sua formazione morale e spirituale; egli era una persona dalla forte fede ed attendibilità, pieno di coraggio e patriottismo, con uno spiccato senso dell’ospitalità. La giovane moglie morì poco tempo dopo la nascita del loro secondo figlio Aleksander, quando Marin aveva appena sette anni; il padre, che non volle più risposarsi, cercò di crescere da solo i due bambini. Erano gli anni dei conflitti balcanici del primo Novecento e l’Albania era smembrata fra Serbia, Montenegro, Grecia e Turchia e si batteva per l’indipendenza; il territorio di Boga venne a trovarsi isolato dai Turchi e dai Montenegrini e gli abitanti erano in piena crisi di sopravvivenza. Pertanto Daka decise di lasciare il paese, in cerca di una vita migliore e più sicura e si trasferì con i figli nel villaggio di Guci in Kossovo. Con l’aiuto di qualche parente, riuscì ad educare i due figli, collocandoli poi nel Collegio Francescano di Scutari, dove fecero le elementari. Poi i due ragazzi presero strade diverse, Aleksander il più piccolo, fu accolto nel Collegio Saveriano di Scutari, retto dai Gesuiti, che gli diedero poi la possibilità di completare gli studi in Austria, dove nel 1916 a 24 anni fu ordinato sacerdote, andando a fare poi il parroco sui monti di Scutari in Albania. Marin invece, dopo aver frequentato la scuola media inferiore e superiore nel Collegio Francescano, scelse di restare nell’Ordine di San Francesco, fra i Frati Minori e andò poi a Gratz in Austria, dove conseguì la laurea nella Facoltà di Teologia; anch’egli nel 1916 a 31 anni, fu ordinato sacerdote. I suoi primi incarichi di ministero sacerdotale, furono a Bishkash di Mirdita e a Dukagjin; in seguito tornò a Scutari nel Collegio Francescano, come professore e poi Direttore dell’Istituto stesso. Nel 1922, fu l’artefice insieme ai padri Gjergj Fishta e Vincens Prendushi, dell’apertura del primo Liceo in Albania, a cui diedero il nome di “Illyricum”; padre Marin insegnava Storia e Dottrina Ecclesiastica, intrattenendo stretti rapporti culturali con gli intellettuali di Scutari. Come il fratello Aleksander, sacerdote diocesano e parroco di vari paesini, che scriveva tradizioni, fiabe, canti della loro terra, raccogliendoli in alcune raccolte pubblicate; anche Marin Sirdani, erudito professore, scrisse molte opere, specialmente di soggetto storico, delle quali le più note sono: “Scanderberg secondo la tradizione orale”, “Per la storia nazionale”, “L’Albania degli Albanesi”, “Opere nazionaliste dei Francescani” e varie leggende albanesi. Padre Marin Sirdani, diventò inoltre uno dei più stretti collaboratori della stampa di quel tempo, pubblicando inoltre poesie e saggi storici, sulle riviste “Kumbona e se Dielles” e “Ylli i Drites”. Divenne poi priore del convento francescano di Arra e Madhe (Scutari), dove oltre a dirigere la comunità, continuò ad interessarsi dell’educazione e istruzione della gioventù; il suo dotto confratello, Giergj Fishta, diceva di lui: “La gioventù di Scutari non sa ancora quale personalità si trova in mezzo a loro”. Testimonianze di coetanei, confratelli, superiori ed allievi, descrivono con ammirazione la figura del francescano Marin Sirdani, come storico erudito, uomo di grande cultura, ottimo educatore della gioventù, religioso e superiore esemplare, mediatore nel contrasto tra Stato Albanese e Chiesa Cattolica. Lavorò alacremente in mezzo alle difficoltà sociali, economiche, politiche, che interessarono la popolazione, i giovani, gli ecclesiastici e religiosi in Albania, fino allo sconvolgimento della Guerra Mondiale. Intanto in Albania, dopo le tristi vicissitudini della Seconda Guerra Mondiale, che la vide coinvolta nelle politiche espansionistiche e militari dell’Italia, alleata dei nazisti e come base delle operazioni belliche, contro Grecia, Montenegro, Iugoslavia e altri Paesi balcanici; nel 1942 comparve sulla scena politica il capo dei partigiani comunisti Enver Hoxa (Argirocastro, 16-10-1908 – Tirana, 11-4-1985). Personaggio carismatico, legato a filo doppio con la politica sovietica e con i principi marxisti; quando diventò poi Capo del Governo (1944-1954) mise in atto una politica antireligiosa, scatenando persecuzioni contro il clero e contro i fedeli, che non intendevano aderire al nuovo corso di un’Albania veramente atea. Hoxa detenne il potere in Albania, praticamente per oltre 43 anni, sia al governo del Paese, sia come potente Segretario del Partito Comunista Albanese, totalitario nel Parlamento; rafforzò l’idea di uno Stato ateo, giungendo a proclamare il 5 febbraio 1967, l’Albania “Primo Stato ateo del mondo” e nella Costituzione del 1976, si afferma, che lo Stato conduce e favorisce la propaganda a favore dell’ateismo. Detto ciò, ritorniamo a padre Sirdani, tralasciando tutti gli altri risvolti, politici, economici, internazionali, che furono imposti al piccolo Stato dei Balcani, durante la lunga presenza sulla scena politica, del praticamente dittatore, Enver Hoxa. In quel periodo, padre Marin Sirdani, insieme a mons. Thaci, vescovo di Scutari, si adoperò fortemente affinché si trovasse qualche soluzione, sul confronto tra Stato totalitario comunista ed ateo e il clero cattolico dell’Albania, soggetto a persecuzioni. Come detto all’inizio, suo fratello don Aleksander pagò con la vita nel 1948, l’intolleranza del regime verso i sacerdoti; anche padre Marin fu messo in prigione per due volte dal regime comunista e fortunatamente rilasciato, continuando a vivere ed operare fino alla fine nel suo convento di Arra e Madhe a Scutari. Morì di tubercolosi il 14 febbraio 1962 a 77 anni, assistito dai confratelli del detto convento. Passata la bufera e le restrizioni del regime ateo, gli albanesi che lo conobbero e stimarono, hanno preso a divulgarne ed onorarne la memoria; padre Sirdani diede un enorme contributo all’istruzione dei giovani, insegnante e storico insigne, raccolse e conservò le tradizioni e i valori del suo popolo, per trasmetterli alle future generazioni. Gli Amministratori del Comune di Shkrel, lo hanno proclamato loro “Cittadino d’Onore”; il suo Comune nativo, Boga, gli ha intitolata la scuola del paese. Ha lasciato migliaia di manoscritti sulle leggende albanesi, ma molte delle sue opere furono bruciate da parte dei comunisti.
Autore: Antonio Borrelli
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