S. Nicodemo, monaco italo-greco, è nato verso la metà del secolo X a Sicrò, zona delle Saline, (oggi, piana di Gioia Tauro). Divenuto giovinetto, Nicodemo, per la formazione religiosa ricevuta dai genitori e per il fascino che esercitava su di lui la vita di tanti santi monaci, entrò nel monastero, vicino Palmi, dedicato al grande taumaturgo san Fantino, il Cavallaro (vissuto nel IV secolo). Fu accolto da un venerabile monaco, tutto dedito alla formazione dei giovani e, ricevuto l'abito monastico, rimase con lui moltissimi anni. Poi, quando la vita monastica divenne assai difficile per le incursioni dei saraceni, Nicodemo, pensando che fosse volontà di Dio, si rifugiò sui monti, dove per tanto tempo condusse vita eremitica. Sul Kellarana, debellati gli spiriti malvagi, costruì un Oratorio dedicato a s. Michele Arcangelo e lì trascorse il resto della sua vita, fatta di preghiera, di lavoro e di grandi mortificazioni, per tenere sempre in allenamento il corpo e far sì che lo spirito agisse in piena libertà. Parlava con gli animali (il cervo e lo scorpione), ma ancora di più con gli uomini per confortarli e consolarli. Fu un vero monaco, virtuoso e di cuore nobile, che usò il suo potere taumaturgico con grandissima umiltà e immensa carità verso i poveri e i bisognosi. Dei prigionieri hanno fatto l’esperienza del potere del suo nome e il suo bastone era il terrore dei diavoli. Ma la sua arma potente era la preghiera, che lo liberò dalle mani dei saraceni e che, dopo la notte passata in prostrazioni e lacrime, operava il prodigio implorato. Tanti uomini abbracciarono il suo ideale scegliendolo maestro di vita e lui si rivelò veramente un grande educatore. Quando i discepoli vollero trasferirsi in luoghi abitati per dare testimonianza con la loro vita, egli li accompagnò per accogliere il loro pentimento e riaccompagnarli nella solitudine. Morì il 12 marzo, qualche anno dopo il 1010, all'età di circa settanta anni. La gente da subito lo venerò santo, interpretando come sigillo della sua beatitudine, lo splendore del suo volto, che perdurò fino alla sepoltura. Da quel momento l'Oratorio portò anche il suo nome e il Kellarana accolse nel suo seno la radice di quello che doveva essere per i secoli futuri un grande albero, capace di ristorare molti col profumo della santità per dare lode a Dio e consolazione agli uomini.
Autore: P. Ernesto Monteleone
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