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Carcagente, Spagna, 1885 - Carcagente, Spagna, 6 settembre 1936
Pascual Torres Lloret, fedele laico, nacque il 23 gennaio 1885 a Carcagente (Valencia) fu battezzato il 25 gennaio 1885 e cresimato il 22 febbraio 1894 nella chiesa parrocchiale dove si sposò con la sig.na Leonor Pérez Canel il 5 ottobre 1911. Ebbero cinque figli. Costruttore, visse nella giustizia sociale il rapporto di lavoro con i suoi operai. Aderì all’Azione Cattolica e fu per tutta la sua vita un esemplare e ottimo collaboratore del suo parroco. Durante la persecuzione conservò a casa sua il Santissimo Sacramento. Lavorò in favore dei lebbrosi di Fontilles. Soffrì quattro detenzioni, l’ultima il 6 settembre 1936 ed alla mezzanotte fu martirizzato nel Cimitero di Carcagente. La sua beatificazione è stata celebrata da Papa Giovanni Paolo II l’11 marzo 2001.
Martirologio Romano: Nel villaggio di Carcaixent nel territorio di Valencia sempre in Spagna, beato Pasquale Torres Lloret, martire, che, padre di famiglia, portando la croce di Cristo, meritò di giungere al premio celeste.
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Pascual Torres Lloret nacque a Carcagente, nel 1885, in una modesta famiglia cristiana. Nel 1911 sposò Leonor Pérez Canet e dal loro matrimonio nacquero quattro figli.
E’ sempre stato un collaboratore della parrocchia, aiutando i vari sacerdoti nelle loro opere apostoliche.
Pascual Torres Lloret fu uno strenuo sostenitore dell'Azione Cattolica. Apparteneva ai movimenti all'Adorazione nella Notte, alla Legione Cattolica dei Genitori, e alle Conferenze di San Vincenzo di Paolo.
Ha prestato servizio tra i lebbrosi di Fontilles.
Pascual Torres Lloret lavorava come maestro costruttore, ma non ha mai voluto la maggiorazione del 10% del suo salario, come era consuetudine, perché voleva che tali somme andassero ripartite tra tutti i lavoratori.
Nel 1936 Pascual Torres Lloret fu arrestato solo per il fatto di essere cattolico e portato nella cappella di Maria Immacolata dell’ospedale dove la sua azione era quella di incoraggiare gli altri detenuti.
Pochi giorni dopo fu rilasciato.
A Pascual Torres Lloret Gli fu intimato di lasciare il suo paese, ma lui non ne volle sapere.
Nella sua casa fu installato un tabernacolo, e Pascual Torres Lloret distribuiva la comunione a tutti i cattolici.
Richiamato per ben tre volte dal Comitato, per la sua attività, egli non smise di esercitare il suo lavoro apostolico.
Arrestato di nuovo fu fucilato nel cimitero di Carcagente all’età di 51 anni. Pascual Torres Lloret è stato beatificato l'11 marzo 2001 da Papa Giovanni Paolo II.
Autore: Mauro Bonato
Mani callose e cuore di galantuomo: anche questo, insieme al martirio per la fede, ha avuto il suo peso nel processo di beatificazione che l’11 marzo 2001 ha portato Pasquale Torres Lloret alla gloria degli altari. Nasce il 23 gennaio 1885 nella provincia spagnola di Valenza, a Carcagente, dove la sua famiglia si distingue per l’estrema ma dignitosa povertà in cui vive. E Pasquale morirà povero com’era sempre vissuto, perché da questa povertà non riuscirà a riscattarsi mai, neppure quando diventa capomastro nei cantieri edili.
Oltre che estremamente onesto, per cui proprio non gli riesce di approfittare delle occasioni o di ingannare il prossimo, ha per di più un elevato senso di giustizia sociale. Ed è in nome di quest’ultima che non intasca mai il 10% che, per antica consuetudine locale, gli operai a lui sottoposti gli dovrebbero giornalmente versare; non solo: molte volte la sua paga giornaliera va a finire nelle tasche di qualche operaio più povero di lui, che non riesce a sbarcare il lunario. Carità tanto più eroica, se si pensa che anche Pasquale ha quattro figli da mantenere; buon per lui che la moglie non solo non lo ostacola, ma lo asseconda in quest’opera di carità e anche nel fervore religioso.
Già, perché di Pasquale non si riuscirebbe a capire nulla se non si sottolineasse che quest’uomo è onesto, caritatevole e giusto proprio perché cristiano fervente. Ogni sua giornata inizia con la messa e la comunione e termina con il rosario, recitato in famiglia. Ogni suo momento libero dagli impegni di lavoro è dedicato alla Conferenza di San Vincenzo, all’associazione dei Padri di Famiglia, al lebbrosario di Fontilles dove si reca non soltanto per una visita di cortesia ma anche per curare ed assistere personalmente i malati. Non c’è associazione cattolica di Carcagente che non possa contare sulla sua adesione e sulla sua partecipazione attiva e oggi nel suo paese lo considerano un po’ come il precursore dell’Azione Cattolica.
Quest’uomo, che fa dei veri e propri equilibrismi per conciliare lavoro e impegno ecclesiale, senza dimenticare di essere padre premuroso e marito affettuoso, riesce anche a rubare ore al sonno per l’adorazione notturna e nel 1932 è in prima fila per fondare il primo ramo dell’Azione Cattolica. Ovviamente il parroco può contare a occhi chiusi su un tal cristiano tutto d’un pezzo, che in breve tempo diventa il suo braccio destro. Allo scoppio della persecuzione religiosa, che insanguina la Spagna dall’inizio degli Anni Trenta, Pasquale finisce ovviamente subito nell’occhio del ciclone perché “è troppo cattolico” e perchè “fa le stesse cose del prete”: lui non si spaventa e non si agita, semplicemente raddoppia la preghiera e la penitenza perché nel Paese già martoriato non scorra altro sangue innocente.
Quando chiese e conventi vengono incendiati e saccheggiati, il parroco affida a Pasquale le ostie consacrate per preservarle dalla profanazione, perché sa di metterle in buone mani. Davanti a Gesù eucaristico, accuratamente nascosto in casa sua, Pasquale si alterna alla moglie in turni di veglia che si trasformano in sofferta preghiera. Ed è lui, quando il parroco è impedito o troppo strettamente sorvegliato, a portare la comunione ai malati o a scortare il sacerdote di turno per accompagnarlo nelle varie case in cui si celebra l’eucaristia in un clima da catacombe.
Tanto attivismo non può certo passare inosservato ai miliziani e per tre volte viene interrogato e trattenuto diverse ore: pur senza usargli violenza, vogliono intimorirlo e fargli sentire che ha il fiato sul collo. Non vuole nascondersi, non pensa di scappare, anzi, continua a nascondere in casa sua paramenti e vasi sacri dietro muri e tramezzi che tira su di notte, rischiando grosso, mentre la porta di casa sua è sempre aperta per ospitare suore e religiosi perseguitati. Il 25 luglio 1936 lo arrestano mentre serve messa; lo mettono in libertà 4 giorni dopo, intimandogli una specie di arresto domiciliare, ma pur non potendo varcare la soglia di casa continua ad essere punto di riferimento per l’intera parrocchia.
I miliziani si ripresentano a casa sua il 5 settembre sul mezzogiorno: Pasquale, reduce da una colica notturna, li segue, dolorante ma rassegnato, preoccupato solo che si riesca a trasferire in tempo il Santissimo Sacramento dalla sua in una casa più sicura e salvarlo così dalla profanazione. Una delle figlie, quando la sera lo va a trovare nel collegio trasformato in carcere, può constatare che papà è forte come sempre, anche se provato dagli interrogatori, dalle minacce e dalle violenze subite; sereno e rassegnato, anche se cosciente che la morte sta per arrivare. Il mattino dopo non lo trova più: all’alba è stato trasferito, insieme agli altri condannati a morte, nel cimitero di Carcagente e qui, confortando e incoraggiando gli altri, è stato fucilato. Era, questo, l’unico modo con cui i miliziani potevano fermare quel cristiano tutto d’un pezzo, che non aveva avuto paura di testimoniare la sua fede anche davanti al plotone d’esecuzione.
Autore: Gianpiero Pettiti
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