I Martiri di Gorcum erano un gruppo di 19 chierici, la maggior parte dei quali proveniente da Gorinchem o Gorcum nell’odierna Olanda, che patirono il martirio il 9 luglio 1572 a Brielle presso Rotterdam, nel contesto delle grandi guerre religiose in Europa. Beatificati nel 1675 da Papa Clemente X e canonizzati nel 1867 da Papa Pio IX, se ne celebra attualmente la memoria nel giorno della loro morte nel Calendario proprio dei Paesi Bassi dei santi con il grado liturgico di festa e in quello del Belgio come memoria facoltativa. Trattandosi di 11 francescani, 2 premostratensi, un domenicano e un canonico regolare agostiniano, essi sono altresì commemorati cumulativamente presso i rispettivi Ordini religiosi di appartenenza, mentre vengono venerati con memorie specifiche, in ragione della loro provenienza, il domenicano Giovanni di Colonia nell’omonima Arcidiocesi tedesca e il francescano Willehad il Danese nella Diocesi di Copenhagen. Giustamente annoverati dalla Congregazione per il Culto Divino fra i grandi testimoni della vita eucaristica in epoca moderna, la storia del loro martirio è, tuttavia, relativamente sconosciuta. Essa costituisce, tuttavia, una testimonianza autentica ed efficace di fede nell’Eucaristia, offerta da 19 uomini in un contesto di pesante oppressione fisica e psicologica suggellata con l’effusione del sangue.
L’insurrezione nei Paesi Bassi
L’uccisione dei martiri di Gorcum ebbe luogo nel tempo in cui i Paesi Bassi, sotto la denominazione di Repubblica delle Sette Province Unite – un territorio pressoché corrispondente all’odierna Olanda,Belgio e Lussemburgo –, erano governati da Filippo II, re di Spagna. Il contesto culturale ed ecclesiale era dominato dalla Riforma luterana e da una profonda crisi del cattolicesimo, che registrava molte defezioni e, in generale, un atteggiamento di forte scetticismo nei con-fronti della Chiesa di Roma. In questo clima anti-cattolico, che avrebbe raggiunto il suo culmine nel 1566 con la violenta reazione iconoclasta istigata dalla propaganda calvinista contraria alla venera-zione dei Santi, Filippo II considerò la difesa della Chiesa e l’allontanamento delle eresie dai suoi territori un dovere fondamentale: nei Paesi Bassi, d’altronde, l’inquietudine religiosa si mescolava a un più generale malcontento sociale e politico e il sovrano vedeva con fonda-ta ragione nel movimento iconoclasta una minaccia, ancorché alla dottrina della Chiesa, alla sua stessa autorità. Il duca di Alva, incaricato di ristabilire l’ordine, spazzò ogni forma di resistenza, procedendo con mano pesante a giustiziare per motivi politici o religiosi gli avver-sari della politica regia unitisi nel partito dei cosiddetti «geuzen» – dal francese gueux, «pezzente» –, sotto la guida del nobile più influente dei Paesi Bassi, il principe Guglielmo d’Orange. Molti geuzen fuggirono, continuando la propria lotta contro l’autorità cattolica da oltre frontiera o dal mare, nel tentativo di far capi-tolare il regime di Alva. Il 1º aprile 1572, una flotta di geuzen, sotto il comando di Guglielmo van der Marck, signore di Lumey, riuscì a occupare la cittadina di Brielle, presso Rotterdam, ottenendo, ora con la persuasione ora con l’intimidazione o la violenza, il controllo di un numero crescente di città nella Contea d’Olanda. In questa fase di inasprimento e radicalizzazione della controversia, motivi politici si intrecciavano a questioni più specificamente religiose che vedevano strettamente abbinati la Chiesa e il re da una parte e l’insurrezione e il protestantesimo – o l’antipapismo – dall’altra. Nei luoghi in cui i geuzen giungevano al potere, infatti, chiese e conventi venivano saccheggiati, sacerdoti e religiosi maltrattati, uccisi o resi oggetto di violenza. Particolarmente noto e temuto in questo contesto era il sanguinario Lumey, autore dell’uccisione dei Martiri di Gorcum.
Gorcum
Alla fine del mese di giugno del 1572, una flotta di geuzen era apparsa alle porte della città di Gorcum. Il governo del Comune scelse di fare entrare gli insorti e il clero si ritirò nel castello insieme ai cittadini rimasti fedeli alla monarchia. Quando fu evidente l’inutilità della resistenza, il comandante del castello propose una resa, a condizione che chiunque si trovasse sotto la sua protezione rimanesse illeso. I geuzen, però, venendo meno agli accordi presi, incarcerarono tutti i chierici che trovarono nel castello. Tra questi il parroco della città, Leonardo Veghel, e il viceparroco, Nicola Poppel, entrambi formatisi all’Università di Lovanio e fedeli all’ideale tridentino del sacerdote come pastore: il primo noto per la sua profondità teologica, le omelie appassionate e la sollecitudine verso i poveri, l’altro per lo spirito di servizio, che gli era valso il soprannome di «schiavetto», nonché perla sua rinomata fede eucaristica. Lo spirito della Controriforma cattolica aveva, inoltre, trovato nell’ambito della piccola cittadina in Nicola Pieck, guardiano del convento francescano locale, un suo autentico punto di riferimento: discepolo anch’egli dell’Università di Lovanio, era stato promotore di un’ampia opera di rinnovamento della vita del convento di Gorcum, restaurando la severità originale della Regola. Fu imprigionato insieme a una decina di confratelli nelle carceri del castello. Alcuni chierici riuscirono, dopo qualche tempo, a liberarsi con un riscatto, ma alla loro liberazione fece da contraltare la cattura, alcuni giorni più tardi, del domenicano Giovanni di Colonia, parroco del vicino villaggio di Hoornaar, colto in flagrante mentre cercava di battezzare in segreto un bambino. Per più di una settimana i chierici incarcerati furono sottoposti a vessazioni, umiliazioni, maltrattamenti e torture da parte dei soldati,con il pretesto iniziale di costringere i prigionieri a consegnare i presunti tesori nascosti della chiesa. Nicola Pieck, come guardiano del convento, fu legato ad una porta con il cordone francescano e tirato su e giù, finché non perse conoscenza, per poi subire una atroce mutilazione al volto con una candela. Oltre ai supplizi fisici, i prigionieri ebbero a soffrire anche tormenti psichici per l’incertezza esasperante della sorte, la disperazione patita dai confratelli e il sadismo dei soldati che si beffavano di loro mentendo sull’imminenza della loro esecuzione. Molto presto l’aggressività dei geuzen si rivolse ai sacramenti, alla liturgia della Chiesa cattolica e allo stato sacerdotale e monastico dei prigionieri: con bestemmie e caricature dei riti cattolici, i persecutori cercavano espressamente di offendere e umiliare le loro vittime. I sacramenti dell’Eucaristia e della Confessione erano oggetto particolare del loro scherno: il mistero della presenza reale di Cristo sotto la forma del pane e del vino veniva ridicolizzato; i chierici venivano offesi con l’appellativo di «mangiatori di Dio». Nicola Poppel, noto per avere sempre difeso con forza il mistero eucaristico dal pulpito, sfidato a ripetere davanti ad una pistola ciò che aveva fino ad allora predicato, pur con la morte negli occhi, confessò la sua fede nell’Eucaristia e, nonostante un soldato avesse premuto il grilletto, il vice-parroco uscì indenne da quella prova, perché il colpo rimase inesploso. Alcuni mesi più tardi, la notizia della testimonianza data all’Eucaristia da Nicola Poppel si diffuse pubblicamente, per il tramite di una lettera di un suo nipote stampata come volantino. I geuzen schernirono ulteriormente le loro vittime, costringendoli ad ascoltare confessioni sacrileghe. Molta impressione fece il P. Willehad il Danese, uomo di circa novant’anni, fuggito dalla patria a causa dell’infuriare delle lotte collegate alla questione protestante e giunto nei Paesi bassi dalla Scozia. Dopo una sacrilega confessione di un geus, Willehad rifiutò di dare l’assoluzione, ma promise la sua preghiera e, ai maltrattamenti che fecero séguito rispose ad ogni colpo con un «Deo gratias».Un venerdì i prigionieri affamati furono condotti a un banchetto e fu loro servita della carne. Tutti rifiutarono, eccetto Ponzio de Heuter, canonico del Capitolo di Gorcum, che ebbe salva la vita, fingendo, più tardi, di rinnegare la fede cattolica, atto di cui si sarebbe poi pentito per il resto della sua vita: il carme da lui scritto poco dopo la fuga sulle vicissitudini occorse nel castello di Gorcum è, di fatto, una delle fonti più antiche sui nostri Martiri. Durante la prigionia a Gorcum, familiari e amici cattolici fecero ogni sforzo possibile per liberare i chierici. A più riprese si trattò per un riscatto, in particolare per Nicola Pieck, che proveniva dalla borghesia agiata della cittadina, ma i molteplici tentativi fallirono, perché il suo rifiuto di abbandonare la prigione senza i suoi confratelli. Le possibilità dei chierici di Gorcum di essere liberati si affievolirono notevolmente, quando Jan Omal, sacerdote che aveva abbandonato il ministero e, nutrito di un profondo odio verso i suoi ex-confratelli,era divenuto collaboratore diretto del Lumey, giunse a Gorcum, dove avrebbe presto sfogato contro i prigionieri la sua frustrazione per le fallimentari campagne militari nei dintorni, facendoli deportare aBrielle.
Brielle
Feriti e seminudi, i prigionieri furono trasportati a Dordrecht su una fetida imbarcazione usata per la pesca delle cozze, dove furono esposti, dietro pagamento, al ludibrio dei curiosi. Condotti poi a Brielle, giunsero nel porto della cittadina affamati e esausti. L’eccezionale trasporto destò un grande interesse tra i locali, attratti dal considerevole numero di sacerdoti e religiosi, pubblicamente umiliati dal Lumey davanti alla folla. Costretti in una farsesca processione ad ag-girare il patibolo issato nel porto cantando canti spirituali sotto i colpi di mazza dei geuzen, i prigionieri furono fatti sfilare per l’intera città tra lo scherno e la derisione di soldati e cittadini. Giunti innanzi al patibolo nella piazza del mercato, i religiosi furono nuovamente costretti ad inscenare il sacrilego rito intorno al patibolo e a inginocchiarsi davanti ad esso, in una crudele quanto malevola caricatura dei riti cattolici: alcune donne, parodiando il rito dell’aspersione, bagnavano una scopa in un secchio d’acqua per poi schizzare con essa i chierici al loro passaggio. Quando si inginocchiarono davanti al patibolo, la folla ebbe la sensazione di aver raggiunto il culmine della solennità sacrilega. In attesa di una conclusione, boia e presenti tacquero. Fu il reverendo Govaart van Duynen, un sacerdote devoto, sia pure sofferente di un lieve disturbo psichico, a rompere il silenzio e a cantare, percependo la notevole delicatezza del momento, un’orazione alla Vergine Addolorata, a mo’ di canto finale. I prigionieri furono, quindi, rinchiusi in un piccolo cella nauseabonda, dove trovarono il parroco e il cappellano di Monster, entrambi Premonstratensi, e i parroci di Heijnenoord e Maasdam. Nei giorni che seguirono, l’intero gruppo fu a più riprese interrogato e interpellato sulle sue convinzioni di fede, con particolare insistenza sul ruolo della Bibbia e il significato dell’Eucaristia. Celebre divenne il colloquio sulla religione che Lumey fece tenere nel Palazzo Comu-nale di Brielle fra alcuni rappresentanti dei prigionieri e due pastori calvinisti, nel quale Nicola Pieck e Leonardo Veghel riuscirono ad avere pubblicamente la meglio sugli avversari. Dovette essere molto doloroso per il Pieck e i suoi il fatto che uno dei pastori calvinisti era un sacerdote di Brielle ex-confratello nel ministero: nell’efferato clima politico-religioso allora vigente nei Paesi Bassi non tutti i sacerdoti vollero – o, forse, osarono – rimanere fedeli al cattolicesimo e al loro stato ecclesiastico, ma alcuni abbracciarono per entusiasmo, paura o calcolo la nuova dottrina per appariva agli occhi dei geuzen come pastori o comandanti di brigata. Sta di fatto che anche sui prigionieri di Gorcum si fatta grande pressione affinché abbandonassero la fede cattolica. Il Lumey, che nella sua lucida quanto imprevedibile malvagità, nutriva una forma di personale disprezzo per i chierici cattolici, che condannava a morte con spietati atti di giustizia sommaria, pareva ormai spinto da tale livore nei confronti dei prigionieri di Gorcum da lasciar credere che non si sarebbe mosso a clemenza neppure se questi avessero abiurato dal cattolicesimo. Alcuni chierici, infatti, tra cui il giovane novizio francescano Enrico, sembravano manifestare qualche simpatia per le idee protestanti e furono, perciò, temporaneamente separati dal resto del gruppo, nella speranza che rinnegassero la loro fede. Il fatto non era insolito nei Paesi Bassi del XVI secolo, in cui lo scisma religioso divideva anche drammaticamente i nuclei familiari: due dei fratelli dello stesso Nicola Pieck erano diventati protestanti. Per amore del fratello, tuttavia, si recarono a Brielle per liberalo, riuscendo a strappare la promessa che il fratello sarebbe stato risparmiato, se avesse rinnegato la fede cattolica. Nella casa di uno dei carcerieri cercarono per una notte intera di convincerlo a prendere le distanze almeno da uno dei punti della dottrina cattolica. Il colloquio si concentrò sulla posizione del Papa: i fratelli di Nicola fecero presente che il Papa era soltanto un uomo e che sarebbe stato folle morire per qualcuno che per lui non avrebbe, invece, sacrificato alcunché, ma nonostante i tentativi, Nicola non volle in nessun modo recedere dalle sue convinzioni di fede. L’episodio valse ai Martiri di Gorcum anche il titolo di testimoni del Primato del Papa. Nel frattempo, parenti e amici dei chierici di Gorcum avevano cercato di spingere i magistrati cittadini a invocare l’aiuto del comandante in capo dei geuzen, il principe d’Orange. Questi, peraltro, indipendentemente da ciò, aveva già impartito ai suoi l’ordine di non molestare i chierici cattolici. Quando tale ordine giunse a Gorcum, fu inoltrato velocemente a Brielle e presentato al Lumey, il quale, indispettito dall’ingerenza, rifiutò di sottomettersi al principe e diede ordine di giustiziare i prigionieri. Nella notte tra l’8 e il 9 luglio Jan Omal fece uscire dalla prigione i chierici per eseguire la sentenza di morte. Il novizio Enrico, detenuto separatamente, vedendo i suoi confratelli partire, si associò a loro volontariamente. Fuori città, nelle vicinanze del borgo di Rugge, presso il convento agostiniano precedentemente distrutto dai geuzen, in un capannone destinato alla raccolta della torba, poco dopo la mezzanotte, l’Omal pose fine con l’impiccagione alle sofferenze dei martiri: per rompere la resistenza del gruppo, furono uccisi prima Nicola Pieck e gli altri portavoce,mentre un pastore calvinista cercava invano di incitare i prigionieri all’apostasia fin negli ultimi istanti, gettato a calci giù per la scala del patibolo dal vice-guardiano Girolamo da Weert a cui, per ritorsione,furono strappati dalla pelle i tatuaggi che si era fatto fare durante il suo pellegrinaggio a Gerusalemme. Alcuni che, secondo i geuzen alzavano troppo la voce, furono impiccati con il cappio fatto passare intorno alla bocca, anziché intorno al collo, finendo per subire un’agonia di ore. Due dei prigionieri, sopraffatti dalla paura, riuscirono a sfuggire all’esecuzione all’ultimo istante: di essi l’uno si dispose a rinnegare la fede, mentre l’altro – il novizio Enrico – mentì dicendo di essere minorenne. Diciannove chierici perseverarono e subirono il martirio nelle ore mattutine del 9 luglio 1572. In mattinata i loro corpi furono terribilmente mutilati dai geuzen: il novizio Enrico fu costretto a sparare al corpo del suo superiore, Nicola Pieck, e ai cadaveri furono tagliate le appendici e attaccate sui cappelli come trofei. Di alcuni il corpo fu macellato per estrarne del grasso da vendere in città. Tempo dopo, i resti furono sepolti in terra all’interno del capannone che era stato sede dell’estremo supplizio dei martiri.
Venerazione
La notizia del massacro dei diciannove chierici si diffuse rapidamente negli ambienti cattolici. Immediatamente essi furono venerati come nuovi martiri. Alcuni mesi dopo la loro esecuzione fu diffusa in un volantino la lettera di un nipote di Nicola Pieck sul martirio dello zio e dei suoi compagni con la menzione di un miracolo di guarigione. La fioritura di una letteratura e di canti sui Martiri di Gorcum e il recupero di varie reliquie disseppellite da pii pellegrini favorirono la crescita della loro fama e della loro venerazione. Nel 1615 le ossa dei Martiri furono esumate, in segreto, da alcuni francescani e messe al sicuro nei Paesi Bassi Meridionali. Poco dopo si iniziò il processo canonico che si concluse con la solenne beatificazione nel 1675, mentre fu Papa Pio IX a canonizzare i Martiri di Gorcum nell’Anno Santo 1867 nella ricorrenza del 1800° anniversario della morte di san Pietro. Nel contesto dei moti risorgimentali in Italia e della minaccia dell’autorità spirituale del papato, i Martiri di Gorcum furono presentati anche come Martiri per il Primato del Papa. La loro canonizzazione destò una rifioritura della loro venerazione. Dopo il ritrovamento del sito del martirio e l’acquisto da parte della Chiesa cattolica, esso divenne luogo di pellegrinaggio nazionale nei Paesi Bassi, dove, nonostante l’endemico clima anti-devozionale e anti-romano, i Martiri di Gorcum godono, da alcuni an-ni, di un interesse crescente. Soprattutto grazie all’apostolato degli Ordini della famiglia francescana, alla quale la maggior parte dei Martiri di Gorcum apparteneva, sono state loro dedicate, anche fuori dei Paesi Bassi e del Belgio, fondazioni, parrocchie e scuole, favorendo la fama e la venerazione di questi Martiri per l’Eucaristia in tutto il mondo.
L’elenco
Nell’elenco che segue, i nomi dei singoli martiri e delle località di cui erano nativi sono riportati seguendo il Martirologio Romano del 2004.
61450 – Nicola Pieck, sacerdote dei Frati Minori
99246 – Girolamo da Weert, sacerdote dei Frati Minori
99247 – Teodorico van der Eem, sacerdote dei Frati Minori
99248 – Nicasio da Heeze, sacerdote dei Frati Minori
99249 – Villeado di Danimarca, sacerdote dei Frati Minori
99250 – Goffredo da Melver, sacerdote dei Frati Minori
99267 – Antonio da Hoornaar, sacerdote dei Frati Minori
97495 – Antonio da Weert, sacerdote dei Frati Minori
99251 – Francesco da Roy, sacerdote dei Frati Minori
99252 – Pietro d’Assche, religioso dei Frati Minori
99253 – Cornelio de Wijck, religioso dei Frati Minori
99254 – Giovanni da Oisterwijk, sacerdote dei Canonici Regolari di Sant’Agostino della Congregazione di Windesheim
90786 – Giovanni da Colonia (Jan Heer), sacerdote dell’Ordine dei Predicatori
99255 – Adriano da Hilvarenbeek, sacerdote premostratense
91118 – Giacomo Lacops, sacerdote premostratense
93491 – Leonardo Veghel, sacerdote della diocesi di Utrecht
99256 – Nicola Poppel, sacerdote della diocesi di Utrecht
99257 – Goffredo Duynen, sacerdote della diocesi di Utrecht
99258 – Andrea Wouters, sacerdote della diocesi di Haarlem
Autore: Ben Hartmann
Fonte:
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