Casatenovo, Lecco, 24 agosto 1944 – Merka, Somalia, 22 ottobre 1995
Graziella Fumagalli, nata a Casatenovo, maturò un’attenzione alle missioni, che la condusse ad intraprendere gli studi di Medicina e a specializzarsi in chirurgia infantile. Nel 1989 partì per la Guinea Bissau, ma nel 1993 si spostò in Mozambico e quindi, inviata da Caritas Italiana, nella Somalia della guerra civile. Cercò di restare fedele al suo compito, pur consapevole dei rischi cui andava incontro, per curare i malati che altrimenti non avrebbero avuto nessuno che se ne prendesse cura. Il 22 ottobre 1995 fu uccisa con tre colpi di pistola, mentre stava visitando un malato; i mandanti dell’omicidio sono rimasti impuniti.
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«Per tutta la vita aveva coltivato questo sogno di essere utile al prossimo, ai più poveri attraverso la professione medica. Le è toccata la stessa sorte di Gesù, che ha pagato con la vita il suo donarsi senza riserve»: lo disse ai suoi funerali il cardinal Martini ed è, forse, la miglior sintesi dell’ancor giovane vita di Graziella Fumagalli. Non è nel suo stile far rumore, tanto che, al momento della morte sono in tanti a chiedersi chi sia e dove lavori quel medico, di cui nessuno ha mai sentito parlare prima.
È nata, terza di nove figli, a Casatenovo, allora provincia di Como, oggi territorio lecchese, il 24 agosto 1944. Avviata al lavoro in fabbrica, per necessità familiari, subito dopo aver terminato gli studi commerciali, appena può riprende i libri in mano, sempre con il chiodo fisso di poter essere concretamente utile in terra di missione.
Comincia ad aiutare le missioni come può, anche senza spostarsi dal suo paese, diventando una delle fondatrici dell’Operazione Mato Grosso in Brianza e dimostrando un’attenzione particolare per i bisognosi.
Per questo non stupisce la sua inclinazione per la medicina, come forma concreta di “accarezzare” le ferite del prossimo, che già sta mettendo in pratica come infermiera al Policlinico di Milano. È lì, infatti, che si guadagna di che vivere e di che pagarsi gli studi, perché ha imparato a non voler essere di peso a nessuno.
Nel 1971 consegue la maturità scientifica, nel 1980 si laurea in medicina e chirurgia, poi si trasferisce in Francia, per specializzarsi in chirurgia infantile. Anche nella scelta della specializzazione sta già strizzando l’occhio ad un futuro lavoro in missione, dove si muore anche solo per una banale malattia ed i più a rischio sono naturalmente i bambini.
Per quasi un decennio, mentre è assistente universitaria o mentre fa la guardia medica all’USSL di Merate, Graziella sembra faccia a gara ad immagazzinare il maggior numero di informazioni e conoscenze che la possano poi aiutare quando sarà in missione. L’ultimo tassello, davvero specifico per il suo futuro, è un corso di medicina tropicale, che frequenta nel 1989 e da quel momento è pronta a realizzare il sogno di una vita.
In quello stesso anno, infatti, con Mani Tese va in Guinea-Bissau, poi nel 1993 in Mozambico a coordinare un progetto di emergenza sanitaria; infine, per conto di Caritas italiana, arriva in Somalia, dilaniata dalla guerra civile, assumendo la direzione del centro antitubercolare di Merka in cui ha già lavorato in un recente passato Annalena Tonelli: qui ha 100 posti letto e almeno 400 frequentatori dell’ambulatorio.
Nell’incandescente situazione politico-sociale di questa martoriata terra, Graziella impara a muoversi con determinazione e imparzialità, consapevole dei rischi cui va incontro, ma nello stesso tempo ben compresa del suo ruolo di operatrice di pace, senza privilegiare nessun clan o fazione, mantenendo una linea di condotta onesta, andando oltre le appartenenze ideologiche, etniche, religiose, di classe e di cultura.
«Glorificate il Signore con la vostra vita, andate in pace»: in questa formula di congedo della Messa, quella che lei preferisce, secondo il vescovo di Gibuti è racchiusa tutta la sua dimensione spirituale. Per Graziella, infatti, l’unico modo per glorificare il Signore con la vita è l’incondizionata fedeltà al posto e al compito.
«'Il mio posto è nel mio ospedale con i bambini», ripete invariabilmente a chi la mette in guardia dai pericoli, le prospetta i rischi del suo lavoro, le raccomanda prudenza, le propone un posto “meno caldo” e magari più comodo.
«Questi malati, se non li curiamo noi non li cura nessuno: è compito mio rimanere accanto a loro»: lo ripete ogni giorno a tutti, anche quel 22 ottobre 1995, giornata missionaria mondiale, in cui ha più paura del solito, è agitata e raccomanda di chiudere i cancelli come se avesse un presentimento.
Proprio quel giorno le sparano, mentre sta visitando un malato: tre colpi in pieno volto, con la morte che sopraggiunge in pochi istanti, mentre altri colpi sono indirizzati al volto del laboratorista che, più fortunato, riuscirà a salvarsi. Nessuno vede, nessuno capisce, nessuno ricorda; uno viene arrestato e poi lasciato fuggire ed a tutt’oggi i veri assassini restano impuniti.
Graziella, con la sua umanità, la sua competenza professionale, la sua tenacia ed il suo senso materno nell'educare e trasmettere valori autentici, ha pagato con il sangue la sua fedeltà al “posto” e al suo “compito”, che lei ha vissuto, come un dono, senza riserve.
Autore: Gianpiero Pettiti
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