Nasce ad Aquino, Lavertezzo l’otto novembre 1873 da Lodovico e Maria Sciarini; è battezzato il giorno seguente dal prevosto don Pietro Vaghetti con i nomi di Stefano Aurelio; settimo di otto figli. L’ultima sorella nata nel 1875 muore quasi immediatamente. Il sei settembre 1876 improvvisamente viene a mancare il padre Lodovico all’età di 35 anni colpito da apoplessia.
Della sua vita in famiglia abbiamo diverse testimonianze, specie della sorella maggiore Filomena, ma vorrei citare la sua quando da Vescovo ne ha fatto memoria: “Per grande misericordia del Signore sono cresciuto accanto ad un focolare povero, sì, ma dove ogni sera si recitava il Rosario benedetto pei vivi e pei morti. La mia povera madre diceva, ogni sera, a me, orfano di cinque anni, ed ai miei sei fratelli orfani come me: ”Inginocchiatevi pel santo Rosario: il vostro povero padre ve ne ha dato e lasciato l’esempio”. Quelle parole andavano al cuore. E vi assicuro che non ci sono anni che valgano a cancellare dal cuore tali ricordi, e non v’è tempo che valga a raschiare dall’anima questi esempi del timor di Dio”.
Particolarissima la sua devozione alla Madonna nei Santuari di Re, della Madonna del Sasso (sopra a Locarno), della Cappellina sulla strada di Aquino. La sua vocazione nasce proprio davanti all’altare della Vergine Maria.
Con l’aiuto del caro prevosto don Pietro Vaghetti, Aurelio si preparò a maturare la scelta vocazionale, entrò nei seminari milanesi per il ginnasio e la teologia riportando sempre ottimi risultati sia scolastici che spirituali. Divenne sacerdote nella Chiesa di S. Maria degli Angeli a Lugano il 12 giugno 1897.
E’ Parroco ad Arzo per i primi sei anni, Direttore spirituale nel seminario di Pollegio dal 1903 al 1906.
L’ 8 ottobre 1906 fa il suo ingresso a Como nella casa Divina Provvidenza per diventare Servo della Carità. Scrive a don Guanella il 7 marzo 1906 dopo aver ricevuto il placet del suo Vescovo a lasciare la Diocesi: “M.R. e Venerato Padre nel Signore, Mi permetta che La chiami per la prima volta con questo nome caro all’anima mia, perché mi sento di giorno in giorno avvicinare alla Congregazione, alla quale il Signore misericordiosamente mi chiama…Nel darLe questo annuncio mi sento il cuore in gaudio e benedico la misericordia del Signore: in pari tempo La prego caldamente a raccomandarmi nella S.Messa e farmi raccomandare alle preghiere di tutti i buoni, perché la grazia del Signore mi assista in questi ultimi mesi e mi disponga alla vita religiosa, grazia troppo grande per non sentirmene troppo indegno. La bontà del S. Cuore di Gesù penso che non permetterà sorgano ancora difficoltà o, sorte, le disperderà: cosicchè parmi di potermi già felicemente considerare come di Lei figlio nel Signore”.
Il 24 marzo del 1908 pronunciò con don Guanella, don Alippi e altri 14 confratelli i voti religiosi nel Santuario del Sacro Cuore. Diventa formatore dei primi chierici e dei sacerdoti che pian piano approdano alla Casa di Como e, poi, direttore spirituali di tutta la Casa.
Nel 1911 "la fuga" di 15 giorni nella Trappa delle Tre Fontane in Roma; venne accolto, secondo la regola di san Benedetto, solo dopo aver atteso fuori dal convento per tre giorni. Gli fu dato il nome di Fratel Martino. Nessuna parola era lecito pronunciare ad eccezione del saluto: “Memento mori” “ricorda che morirai!”.
Le motivazioni di questa fuga le esprime lui stesso: “Fui indotto a questo passo perché io sono affatto avverso a trovarmi in mezzo alla società, e se, pur restando nella società cogli uomini, riesco a far qualche cosa, ciò avviene contrastando incredibilmente con la mia natura: io ho le qualità per essere davvero un Trappista”.
Ma don Guanella non è dello stesso parere e con l’aiuto del segretario particolare di Papa Pio X, Mons. Attilio Bianchi, riesce a convincerlo a lasciare la Trappa e ad accogliere l’obbedienza a parroco di San Giuseppe al Trionfale, la “Basilichetta”. La nomina è firmata dal cardinal Respighi, vicario del Papa per la Diocesi di Roma e porta la data del 24 maggio 1912.
Il suo programma pastorale annunciato nella presa di possesso è di una densità e oblatività eccezionali (Cf. Emilio Cattori , Il Vescovo Aurelio Bacciarini, Editrice Nuove Frontiere, 1996, pg.282-284)
Insieme alla febbrile e vasta opera catechetica, assistenziale come non si può ricordare quanto Bacciarini insieme a don Guanella e alla comunità del Trionfale hanno messo in campo a favore dei terremotati della Marsica nel rigido gennaio del 1915. Non solo è riuscito a creare una solidarietà encomiabile qui a Roma trasportando continuamente orfani in Parrocchia, ma come racconta lo stesso don Guanella, don Bacciarini più volte si è recato in Abruzzo di persona per portare soccorso: ” Fra le rovine dei paesi Don Bacciarini cercava le vittime, alle quali un soccorso non era possibile prestare: i piccoli, i vecchi, i feriti, gli ammalati, gli affamati, i pezzenti o gli ignudi; distribuiva a larga mano indumenti e viveri; predisponeva l’indispensabile attrezzatura per far venire sul posto le suore e così aumentare il numero delle mani a lavorare e soccorrere; raccoglieva gli orfani, gli abbandonati d’ogni genere per portali a ricoverare a Roma. E perchè in parrocchia si potesse agire prontamente agli arrivi dei profughi, ogni ora anche della notte, egli aveva dato ordine al sagrestano Silvestro Lombardi di vegliare di notte, dormendo di giorno.”
E’ nominato vicario generale del Fondatore nel Capitolo del 22 maggio 1912 ed è proprio lui ad amministrare a don Guanella l’ultima Comunione il 22 ottobre 1915 e a raccomandare a Dio l’anima benedetta. Scrive subito ai confratelli dopo la morte del Fondatore (domenica 24 ottobre 1915): “ Il nostro santo Fondatore, il nostro Padre amantissimo non è più! Il suo cuore, che ha palpitato di tanto affetto per noi, ha cessato di battere; i suoi dolci occhi, che guardavano a noi con tenerezza paterna, si sono spenti nella oscurità della morte, e giace irrigidita quella mano santa che ci benediceva ogni giorno! Fu un fascio di malanni che spinse implacabilmente alla dissoluzione il suo organismo adamantico. Ha sofferto un mistero di dolori, non solamente nel corpo, ma anche nello spirito, perché Iddio permise che fosse assalito da pene spirituali inenarrabili. Così il Signore purifica, santifica gli eroi del suo amore. Poco prima che il caro e santo nostro Padre morisse, il Vicario nostro chiese la sua benedizione per tutti.
Questa benedizione vi trasmettiamo, come prezioso conforto. E con questa benedizione continueremo tutti, sereni e forti, l’opera affidataci dal Signore, ereditata da sì buon Padre, suggellata dal nostro inalterabile attaccamento all’Istituto, in cui vogliamo vivere, in cui vogliamo morire, ad esso consacrandoci, in esso immolandoci, come sopra un altare”.
Benedetto XV lo nomina Amministratore Apostolico della Diocesi di Lugano il 1 gennaio 1917, pur continuando nel ruolo di Superiore generale della Congregazione, sino al 1924. Un contemplativo che si trova catapultato a organizzare la pastorale di una Diocesi. Suo programma particolare:
. Rinnovare la vita religiosa delle famiglie della Diocesi;
. Educare con speciale attenzione i giovani
Gli anni dell’Episcopato sono gli anni dell’esperienza più sofferta, sia fisica che morale, ma sono anche gli anni in cui la Diocesi di Lugano conosce un salto di qualità esaltante. Mons. Eugenio Coreco, suo successore, in occasione del 75° anniversario della Ordinazione Episcopale di Bacciarini, ha affermato: “Penso che Bacciarini sia stato il vescovo più determinante per la nostra Diocesi. Ha creato le strutture fondamentali che non hanno perso assolutamente di attualità: l’Organizzazione sindacale cristiano-sociale, “Il Giornale del Popolo”, l’Azione Cattolica e tante altre opere”.
Sono gli anni della malattia e delle prove più dolorose. L’ Epistolario guanelliano di Aurelio Bacciarini , secondo volume, pubblicato nel 2000 dall’Editrice Nuove Frontiere, è una fonte ricchissima e precisa del dramma vissuto con grandezza d’animo da Mons. Bacciarini.
Sono ancora gli anni di un fervore inarrestabile e coinvolgente di amore verso il Sacro Cuore di Gesù e la Vergine Maria. Innumerevoli i Pellegrinaggi della Diocesi ai Santuari mariani(don Carrera nell’opuscolo “I Pellegrinaggi nella pastorale del Vescovo ticinese ” ne enumera ben 45 in 17 anni).
La morte lo chiama alla Vita il 27 giugno 1935 alle ore 16,45. Prima di morire volle firmare la pergamena che annunciava la consacrazione ufficiale e solenne della Diocesi e del Canton Ticino al Sacro Cuore di Gesù.
Il perno attorno al quale gira la sua vita è la preoccupazione di piacere a Dio; l’inquietudine di chi nelle cose di Dio vuole essere perfetto, non mediocre.
Riconosciuta l'eroicità delle virtù, è stato dichiarato venerabile il 15 marzo 2008.
Autore: Paolo Paoli
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