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VII sec. a.C.
Giosia (640 a.C.-609 a.C.) fu re della Giudea, con mire espansionistiche nei confronti del vicino Egitto. L'allora faraone Neko inviò un esercito in Palestina che nel 609 a.C. sconfisse le truppe giudee a Megiddo, dove rimase ucciso anche Giosia. Riguardo a questi fatti giungono a conclusioni interessanti, sia l'archeologia israeliana (Ze'ev Herzog, David Ussishkin, Israel Finkelstein, Neil Asher Silberman, ecc.); che la filologia/glottologia (Edward Ullendorf, Ernst Axel Knauf, Giovanni Garbini, ecc.); sia la ricerca biblica (Thomas L. Thompson, Diana Edelman, John Van Seters, Niels Peter Lemche, Philip R. Davies, ecc.); che la storia delle religioni (Thomas Römer, Keith W. Whitelam, ecc.). Giosia, su ispirazione/istigazione del suo allora Gran sacerdote (Hilqiyya) e ausilio di un certo numero dei suoi scribi, avrebbe fatto "tradurre" il suo sogno di espansione in un testo ideologico/teologico che, redatto al passato, avrebbe dovuto rappresentare, in realtà, la falsariga che le sue genti avrebbero dovuto seguire, in un prossimo avvenire, per facilitare la realizzazione di quelle sue ambiziose, future e mai attuate conquiste. Gli stessi autori sostengono che la base ideologica lasciata da Giosia avrebbe "ispirato" la stesura di altri capitoli della Bibbia. Dopo l'invasione della Giudea da parte di Nabucodonosor e la vittoria dei babilonesi, alcuni giudei in esilio avrebbero dato seguito alle ambizioni del loro ultimo re. Altri ex-proscritti, al loro rientro da Babilonia, avrebbero messo per esteso delle parti a Gerusalemme. Altri ancora, avrebbero riadattato e rimaneggiato il testo fino all'epoca della comunità di Qumran. Questo, prendendo largamente ispirazione dallo zoroastrismo mazdeista, all'epoca della dominazione persiana (530-330 a.C.) sul Vicino-Oriente.
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