In quel periodo storico, forse nel XII secolo a.C., Israele era costituito da una serie di tribù autonome, rette dai “giudici”. Nei momenti di maggior pericolo si costituivano coalizioni tribali a capo delle quali era posto un unico “giudice” carismatico. Ora è il caso di una donna, la profetessa Debora: è lei a lanciare le tribù ebraiche in un aspro confronto coi potenti indigeni cananei, dotati di un forte esercito di carri guidato dal generale Sisara. La battaglia, però, si scatena durante un temporale e i carri cananei rimangono impantanati nella pianura settentrionale della Terrasanta e i militari fuggono, inseguiti dagli ebrei. Il generale Sisara corre, per salvarsi, verso un accampamento di nomadi appartenenti al gruppo dei qeniti, tradizionalmente ostili agli israeliti. Ma Giaele, moglie di un qenita, Eber, sceglie di schierarsi dalla parte dei più deboli, gli ebrei, che ora però sono i vincitori. Accoglie il generale, gli offre acqua e cagliata per dissetarlo e rifocillarlo e lo lascia addormentare. Il suo intento era però massacrarlo e così avvenne.
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