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Serva di Dio Élisabeth Arrighi Leseur Laica

Festa: .

Parigi, Francia, 16 ottobre 1866 - 3 maggio 1914

Pauline-Élisabeth Arrighi nasce a Parigi il 27 novembre 1866, primogenita dei cinque figli di Antoine Arrighi, avvocato, e di Gatienne Picard. Viene educata alla fede dalla madre. Il 31 luglio 1889 sposa Félix Leseur, dal quale non ha figli. Il marito, anticlericale convinto, la conduce gradualmente a perdere la fede. Quando però le fa leggere le opere di Ernest Renan, ottiene in lei l’effetto contrario a quello che sperava: Élisabeth si riaccosta ai Vangeli. Il 22 aprile 1903, durante una visita alla basilica di San Pietro a Roma, la donna si offre a Dio per testimoniare la fede anche nell’ambiente borghese in cui vive, chiedendo anche la sopportazione delle proprie sofferenze fisiche e morali. Da sempre cagionevole di salute, si aggrava nel 1907, ammalandosi di cancro al seno. Muore il 3 maggio 1914, in casa propria. Suo marito Félix, leggendo il suo testamento, si converte: diventa poi sacerdote dell’Ordine Domenicano col nome di padre Maria Alberto e fa pubblicare i suoi scritti. Il processo informativo diocesano per la causa di beatificazione e canonizzazione di Élisabeth, per l’accertamento delle sue virtù, si è aperto l’8 aprile 1936 e si è concluso nel 1949. Dopo il decreto sugli scritti, emesso il 27 giugno 1955, è seguita una lunga fase di stallo, terminata il 1° giugno 1990. I resti mortali di Élisabeth riposano nel cimitero di Bagneux, tra le Suore Domenicane di Santa Caterina da Siena, zona 13, fila 18, tomba 1.



Bella, gentile, il tratto semplice e fine di donna dell’alta società francese: era così Élisabeth Arrighi, nata a Parigi, da famiglia italiana, il 27 novembre 1866. La mamma le fa da guida ed ella cresce, compiendo il suo dovere per amore di Dio. Presto conosce la sofferenza: un’operazione chirurgica, poi il tifo, da cui guarisce quasi per miracolo, mentre sua sorella ne muore.
Ama Gesù Cristo, con la sua mente geniale, superiore al livello comune, e vede in Lui il suo divino splendore.
A ventitré anni, conosce Félix Leseur, medico, lontanissimo dalla fede, e lo sposa. Come lei, tutta preghiera, possa sposare uno così, è un mistero. Però la mamma le dice: «Tu lo convertirai». Il suo matrimonio sarà tutto una croce. All’inizio rischia una peritonite e, appena scongiurata, scopre che non potrà mai essere madre. Félix, mutabile di spirito, abbandona la professione di medico e si dà al giornalismo e alla politica.
Élisabeth è costretta a vivere in un clima mondano e, dopo un po’, si allontana dalla pratica religiosa. Segue Félix nei suoi viaggi in Francia e all’estero. Lui, vedendo la sua fede finalmente in crisi, le dà le opere di Rénan, negatore di Cristo, da leggere.
1898. Ella è urtata da quello spirito demolitore e subito prova ribrezzo per la negazione di Cristo. Butta via quei libri galeotti e riprende a leggere e meditare il Vangelo, uscendone limpida, forte nella fede, pronta a una durissima missione, innamorata di Gesù, come mai lo era stata. Continua a vestire elegante e a mantenere varie relazioni, ma ora offre la vita e le sofferenze, per la conversione del marito. Scrive nel «Diario» che sarà «offerta di espiazione per lui, per le anime e per la Chiesa con Gesù Crocifisso». In casa, vive con un marito brutalmente ateo e fuori incontra solo gente priva di fede.
Nella primavera del 1903 Élisabeth si reca a Roma per la Settimana Santa, accompagnata da Félix e da alcuni amici di famiglia. Il mercoledì santo, si trova da sola in San Pietro, si confessa e si comunica nella cappella del Santissimo Sacramento: «Mi sono sentita rinnovata da Lui, fin nel più profondo della mia anima, pronta a una vita nuova, alla missione voluta da Dio per me. Mi sono offerta senza riserva e gli ho affidato l’avvenire».
Al suo ritorno in Francia, nonostante le nuove sofferenze familiari, si fa programma di silenzio, di lavoro e di preghiera – la Confessione regolare, la Comunione frequente, poi quotidiana – proponendosi di amare e di soffrire al posto dei guadenti lontani da Dio. Prega ogni giorno, fino allo spasimo: «Gesù, penetra nell’anima di Félix, nelle anime di quelli che ami e fai che siano tuoi... La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Chiamali a essere tuoi operai».
Sembra che tutte le iniziative cui dà mano siano destinate a fallire: le resta solo un marito ateo. Eppure non dispera. C’è Gesù vivo accanto a lei, nella sua anima, c’è la Madonna cui si affida con fiducia sconcertante. La storia di quegli anni di martirio la consegna al suo diario e alle lettere diretta a suor Goby, sua confidente e sostegno.
Nel 1911, alla vigilia di una operazione di tumore al petto, si offre al Signore, certa di essere esaudita nella sua richiesta: la conversione del marito. Félix l’accompagna a Lourdes, ma rimane lo scettico di sempre. È però turbato dalla pace inalterabile della sua sposa, dalla sua enorme bontà. Élisabeth le dichiara, come una profezia: «Quando io sarò morta, tu cambierai vita, ti convertirai... Anzi... ti farai sacerdote. Sì, ne sono sicura: tu sari Padre Leseur!».
I mesi passano veloci. Élisabeth scrive: «Dal cielo, le mie preghiere, Félix, ti otterranno di conoscere Gesù Cristo e di amarlo... Sii cristiano, sii apostolo. Quel che le mie suppliche e le mie tribolazioni hanno chiesto per i fratelli di quaggiù, sforzati di darlo a tua volta: ama le anime, prega e lavora per loro. Esse meritano tutti i nostri dolori, tutti i nostri sacrifici, tutte le nostre agonie».
L’agonia di Élisabeth è lunghissima. Riceve l’Unzione degli infermi il 20 aprile 1914. Sorride a Félix, il quale, pur distrutto dal dolore di perdere il suo angelo in terra, le è sempre vicino, ma scettico, sconvolto. Spira il 3 maggio 1914, nel giorno dedicato, secondo il calendario liturgico allora vigente, all’Invenzione della Croce. In una delle sue ultime pagine, aveva scritto: «Forse un giorno l’avrò questa gioia di vedere la fede – che è tutta la mia vita – condivisa da chi amo profondamente».
Non lo vide su questa terra. Ma dopo i funerali, Félix lesse i tre quaderni del diario di Élisabeth e scoprì quanto aveva amato Gesù e sofferto per la sua conversione e per tutte le anime. Si recò a Lourdes e davanti alla Madonna, pregò come un bambino: «Ottienimi la fede, Tu, Madre, che puoi. Comanda al Figlio tuo, di prendermi con Lui».
La grazia di Dio scese a torrenti sulla sua anima. Nell’ottobre 1917, lasciava tutto per entrare nel convento domenicano di La Quercia presso Viterbo. Ricevette il bianco abito con il nome di Fra Maria Alberto. Compì gli studi teologici e nel 1923, salì all’altare, sacerdote di Cristo per sempre. Le parole del testamento di Élisabeth: «Sii cristiano, sii apostolo... Ama le anime, prega e lavora per loro», diventarono per lui continuo stimolo per salire e donare. L’uomo di mondo, il medico scettico, il negatore era diventato un umile figlio di san Domenico di Guzmán, tutto dedito alla preghiera e a irradiare Gesù ai fratelli, come gli aveva indicato Élisabeth.
Félix Leseur – Padre Maria Alberto – si spense dopo 27 anni di sacerdozio, il 21 febbraio 1950. Aveva detto, poco prima: «Se Dio mi chiama, gli dirò: Eccomi». Storie così, solo la Chiesa Cattolica le può raccontare al mondo, perché è divina.

Autore: Paolo Risso

 




Vita e opere
Nasce a Parigi il 16 ottobre 1866 (dove muore il 3 maggio 1914), prima di cinque figli dell’avvocato Antoine Arrighi, cattolico non molto praticante, ma di vita esemplare, e di Gatienne Picard, donna religiosa ma un po’ formalista - cui più tardi la figlia dedicherà «Appello alla vita interiore» -, Élisabeth riceve in famiglia un’educazione cristiana accurata e una discreta cultura (che perfezionerà lungo il resto della vita, fino a risultare una buona scrittrice).
Il 31 luglio 1889 sposa Félix Leseur, di famiglia altrettanto cattolica, educato in un collegio religioso, ma che ha perso la fede durante gli studi di medicina. Di ciò egli avverte lealmente tutti, prima del matrimonio, assicurando tuttavia di rispettare le convinzioni religiose della futura moglie.
Un anno dopo è salvata in extremis da una peritonite, ma ne porterà le conseguenze per il resto della vita (infezione intestinale sempre latente, con disturbi vari). Ciò nonostante, non diserta la vita mondana di Félix che, positivista e redattore di giornali anticlericali, fa di tutto per «aprirle gli occhi» su quello ch’egli considera «l’abbaglio religioso». E così, mentre cresce la sua ammirazione per il marito, diminuisce la sua fede in Dio: nel 1898 risulta praticamente agnostica.
In quell’estate legge «Le origini del cristianesimo» e «La vita di Gesù» del Renan (1892), ma proprio qui è in agguato la grazia. Anziché lasciarsi prendere dalla magia dello stile, Élisabeth avverte la fragilità delle ipotesi del Renan e, senza dire niente a Félix, riprende a leggere il Vangelo e san Tommaso d’Aquino.
Riesplode così l’antica fede, che tuttavia non scatena conflitti religiosi tra i due - mai viene meno l’antico rispetto di Félix - né cambia la partecipazione di Élisabeth alla vita mondana del marito: nonostante sia di gusti semplici, lei ha il culto della posizione sociale di lui.
Questi scriverà più tardi: «Io ero bibliofilo e lei lo fu con me e per me, favorendo la mia passione di collezionista. Io amavo i viaggi e lei era sempre pronta ad accompagnarmi. Io amavo il teatro musicale e lei ci veniva con piacere. Io amavo il mondo e lei mi seguiva facendomi grande onore. In breve, sempre e in tutto ella sintonizzava la sua esistenza al ritmo della mia: si dimostrava affettuosa nei giorni di prova e di tristezza, sorridente e piena di entusiasmo nei momenti felici».
Abbiamo qui il primo tratto caratteristico della spiritualità leseuriana: benché quella vita mondana non sia conforme ai propri gusti e desideri, non lascia trasparire insofferenza alcuna, ma tutto riscatta nell’ottica di fede. Infatti, ben sapendo che tutto è grazia per chi ama il Signore (cf Rm 8,28) e, addirittura, che la gioia data al prossimo è l’espressione più alta dell’amore verso Dio (cf Mt 25,31 46), ella fa suo il trinomio classico di ogni apostolato - «preghiera, azione, sacrificio» - e, paolinamente, si fa «tutto a tutti per salvarne almeno qualcuno» (1 Cor 9,22).
Leggiamo nel Diario: «Mi occupo di moda e di pellicce, e ne parlo per dissimulare ogni sospetto di austerità. Il mondo è insofferente di ogni forma di mortificazione e di penitenza; devo quindi nascondere l’una e l’altra. Con l’aiuto della grazia, la mia amabilità potrà riavvicinare i cuori al Signore, la sofferenza mi aiuterà a conquistarli, la preghiera a offrirli a Dio».
Né questo modo di fare è tatticismo gesuitico bensì «la sola finzione da lodare: quella che ignora il male che ci viene fatto, la nostra sofferenza e le profondità dell’anima che appartengono solo a Dio. Tale finzione, senza nascondere ciò che realmente siamo, non ci manifesta per quel che non siamo».
In ogni caso è sempre una grazia a caro prezzo, e nelle «Lettere sulla sofferenza» parla del suo «isolamento spirituale», benché attinga il necessario «supplemento d’anima» - per non diventare «forzatamente silenziosa», come scrive nel Diario - tanto nella ritrovata pratica religiosa (e la frequenza liturgica nella vicina chiesa di Sant’Agostino), quanto nello studio approfondito della religione.
Così, vicino alla biblioteca del marito, piena di libri irreligiosi e anticlericali, lei se ne forma una personale, ricca di testi biblici (il Vangelo lo medita, studia e prega ogni giorno), patristici e dei grandi teologi.
Valorizzando al meglio i lunghi riposi che la malattia le impone, ne «approfitta» sia offrendo quelle pene in comunione eucaristica, sia riprendendo il programma di vita che aveva da fanciulla e che prevedeva ore di solitudine, lettura e preghiera. Da questa fonte spirituale, peraltro tipica dell’antica borghesia cattolica, non tardano a sgorgare frutti pastorali notevoli.
Infatti, l’altro tratto caratteristico di Élisabeth riguarda i due ambiti nei quali meglio esprime il suo apostolato, caratterizzato dalle «piccole virtù» tipiche del suo orizzonte borghese: l’apostolato intellettuale, con particolare riguardo ai molti «lontani» che incontra nel suo ambiente (notevoli pure i risvolti sociali, grazie all’eco della «Rerum Novarum»), e l’apostolato sia caritativo (specialmente assistendo i vari parenti malati), sia di preparazione catechistica di amici e nipoti.
Sul primo aspetto leggiamo nel Diario osservazioni finissime: «Nelle discussioni bisogna esprimersi con franchezza, mantenendo però una semplicità e un’affabilità che non irritino l’interlocutore. Sui principi non bisogna scendere a compromessi, ma con le persone sono necessarie estrema mansuetudine e chiarezza di giudizio. Dopo aver individuato il punto debole, insistere nel presentare quell’aspetto dell’immutabile Verità divina che ciascuno è in grado di capire e apprezzare».
Una strategia che dà buoni frutti, ma che non la insuperbisce: «Non cerchiamo di vedere il risultato dei nostri sforzi in favore delle anime. E bene ignorarlo perché l’orgoglio del bene, che è il più sottile, potrebbe approfittare di questa consapevolezza».
Per il secondo aspetto, ricordiamo innanzitutto quanta cura prodiga nella lunga malattia della sorella Juliette alla quale trasmette il suo programma di vita (soffrire e offrire), condensato in questa massima: «Ogni anima che si eleva, eleva il mondo» e della cui vita e morte traccia un profilo esemplare in «Un’anima».
Ma non dimentichiamo quanto fa per Marie, una bimba di otto anni, incontrata nell’ospedale di Beaune. La bambina, sola e triste, desidera ricevere qualche lettera: da allora, ella le scrive regolarmente fino alla morte.
Per la catechesi, infine, oltre a quanto emerge dalle testimonianze orali di quanti ha preparato alla santa Comunione, restano esemplari i quadernetti da lei regalati in quell’occasione sia a una nipotina («La donna cristiana»), sia a un nipotino («Il cristiano»). Proprio l’odierno rinnovamento della catechesi potrebbe trovare in queste pagine varie suggestioni.

Insegnamento spirituale
Il punto cruciale della spiritualità di Élisabeth può essere intitolato quando l’ascetica sconfina nella mistica. Ricordiamo tre momenti.
1. Durante un viaggio a Roma, nella Pasqua 1903, ella avverte una forza interna che la porta a San Pietro, dove si confessa e, ricevuta l’Eucaristia, «in una unione intima e gioiosa con Colui che ha voluto interamente la mia anima, ho fatto consacrazione solenne della mia vita a Dio e a quell’opera di amore e di luce che d’ora in poi dev’essere la mia vita» (Diario).
2. Un giorno del giugno 1912, mentre passeggia col marito e suor Goby (che ha conosciuto nell’ospedale di Beaune, visitando la piccola Marie), dice a Félix: «Se io ti lascio, tu ti farai monaco. Siccome ti conosco, sono assolutamente sicura che il giorno in cui ritornerai a Dio non ti fermerai per strada, perché tu non fai mai le cose a metà».
3. Dopo altre operazioni chirurgiche e radioterapie, ai primi di novembre 1913 le cose precipitano. Félix, che da sempre ammira la serenità della moglie nelle varie sofferenze, ora è costretto a un serio esame di coscienza.
Anche nelle crisi peggiori, la sua dolcezza non viene meno: semplicemente prega a voce alta (e lui ascolta in silenzio), si comunica ogni settimana e rinnova ogni momento l’offerta della propria vita a Dio. Il 27 aprile 1914 tende le braccia al marito con un gesto d’estrema tenerezza: è l’ultima volta.
Dopo la sua morte, Félix apre il mobile che gli ha donato in un anniversario del matrimonio, per cercare il testamento e le disposizioni per le esequie. E di nuovo la grazia è in agguato. Alla fine del testamento, la moglie gli ha rivolto un invito e una profezia. Nel 1919 Félix entra nell’Ordine domenicano: è l’incontro definitivo col Dio al quale da sempre appartiene la moglie e, insieme, l’ultima e più grande verifica del loro amore non vano.

Il cammino verso gli altari
La causa di Elisabeth Arrighi Leseur fu promossa anzitutto da colui che fu suo marito, padre Maria Alberto Leseur, il quale fece pubblicare i suoi scritti. Il processo informativo si svolse dall’8 aprile 1936 al 1949, presso la diocesi di Parigi. Il decreto sugli scritti si ebbe il 27 giugno 1955.
Dopo un lungo silenzio, un nuovo interesse circa la causa fu suscitato nel 1989 dai “Circulos Elisabeth Leseur”, in Argentina. Fra Innocenzo Venchi O.P. propose che il gruppo fosse riconosciuto dalla Diocesi prima di costituirsi come Attore. Il 29 ottobre 1990, la Provincia di Argentina dell’Ordine domenicano si costituì Attore della causa stessa.
Fra Innocenzo Venchi, nominato Postulatore il 3 febbraio 1991, scrisse all’Arcivescovo di Parigi per nominare una Commissione di Periti, allo scopo di compiere una indagine del materiale presso l’archivio della Provincia Domenicana di Francia, di cui il Provinciale di Parigi era già informato. Il 27 febbraio 1998 l’Arcivescovo di Parigi nominò la Commissione storica.
Il 7 febbraio 2000 fra Venchi presentò la domanda ufficiale per poter procedere all’esame della validità giuridica degli atti contenuti nel processo informativo di Parigi. Il 26 giugno 2000 La Congregazione delle Cause dei Santi rispose richiedendo di istruire un’Inchiesta Diocesana suppletiva.
Nel 2017 i coniugi americani Jennifer e Joseph MacNeil, col permesso della Postulazione Generale domenicana, hanno lanciato il sito plurilingue elcause.org, con materiali per l’approfondimento e la conoscenza della sua vicenda.


Autore:
P. Vanzan ed Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2019-04-16

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