Francesco Maria Galluzzi nacque nel 1671. Entrò giovane nell’Ordine dei Gesuiti, studiò con profitto filosofia e teologia al Collegio Romano e venne ordinato sacerdote. Aveva una grande passione per lo studio e l’agiografia, fu un valente scrittore e mise soprattutto in pratica l’amore per il prossimo promuovendo molte opere sociali nella Roma del Seicento. La sua attività si concentrò intorno all’Oratorio del Carovita, che sorgeva a pochi passi dal Collegio e dalla chiesa di Sant’Ignazio. L’oratorio, intitolato alla Santissima Trinità, a Santa Maria della Pietà e a San Francesco Saverio, prendeva la denominazione dal cognome popolarmente storpiato del gesuita Pietro Gravita che, qualche decennio prima, grazie al sostegno di nobili famiglie, l’aveva fondato come sede della congregazione delle Comunioni Generali. Vi si radunavano diverse confraternite che svolgevano il loro apostolato anche a favore dei contadini. Il Galluzzi aprì successivamente un ospizio dedicato all’Immacolata Concezione in cui venivano accolte un centinaio di donne povere che, oltre all’ospitalità, ricevevano conforto morale e spirituale. Alla sera, poi, faceva catechismo e dirigeva spiritualmente alcune congregazioni di sacerdoti e di artigiani. Confessore e direttore spirituale dell’importante Collegio Romano per ventidue anni, il suo confessionale era sempre affollato e come esempio straordinario della sua direzione spirituale ci fu il francescano spagnolo, oggi venerabile, Bonaventura da Barcellona. Francesco Maria fu anche uno straordinario scrittore. Si contano ben trentaquattro sue opere: biografie di santi e di uomini illustri e libri di meditazione e istruzione religiosa, sul Natale e l’Avvento, sulla Natività di Maria, sul rito antico di consacrare le chiese. Scrisse la vita di S. Serafino da Montegranaro, di S. Luigi Gonzaga e del beato missionario Antonio Baldinucci, del Padre Segneri, del Padre Sebastiano Grandi fondatore della Congregazione dell’Opificio di Camerino, del padre Nicolò Rocchini della medesima Congregazione, del padre Marco Virgilio Formenti, del padre Lelio Sericchi di Celano de’ Marsi, del padre Giovanni Battista Scafali di Foligno. Quando si ammalò il servo di Dio tutta la città ne fu rattristata, compreso il papa Clemente XII che ben conosceva il suo infaticabile apostolato. Molte personalità si accostarono al suo capezzale. Il Generale della Compagnia di Gesù andò a baciargli la mano e gli chiese una benedizione. Morì il 7 settembre 1731 e subito gli furono fatti il ritratto e la maschera funebre. Alle esequie partecipò una folla enorme, gente semplice e nobili, religiosi e cardinali. Appena morto molti chiesero sue reliquie. Fu sepolto, per la gran folla che voleva tributargli l’ultimo commosso omaggio, solo dopo due giorni. La cassa fu collocata sotto quella del venerabile Giovanni Berchmans (oggi dichiarato santo) di cui era molto devoto. Oggi la sua tomba è presso una cappella della navata sinistra della chiesa di S. Ignazio, dietro ad una grande lapide. La città di Roma gli ha dedicato una via.
Autore: Daniele Bolognini
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