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Servo di Dio Nazareno da Pula Religioso

Festa: Senza data

Pula, Cagliari, 21 gennaio 1911 - Cagliari, 29 febbraio 1992

Nato a Pula, in provincia di Cagliari nel 1911, dopo varie esperienze in Africa, sia lavorative che di cattività, tornerà nella sua terra di Sardegna per entrare, sotto la guida spirituale di San Pio da Pietrelcina, tra i frati minori cappuccini.
Svolgerà molti incarichi tra i frati: cuoco, questuante, portinaio, ma diventerà ricercatissimo quando comincerà a ricevere la gente che arrivava da tutta la Sardegna, svolgendo la funzione di consolatore, ammonitore, guaritore e donando al popolo sardo i benefici dei suoi singolari carismi.
Scomparso nel 1992 in fama di santità è attualmente in corso il processo di beatificazione.



Dicono che Padre Pio rimproverasse i sardi che venivano da lui perché, diceva, “voi avete Fra Nazareno e potete rivolgervi a lui”. Era stato proprio il frate di San Giovanni Rotondo, infatti, a cambiar la vita di quel ragazzotto sardo, che risponde al nome di Giovanni Zucca. Nasce a Pula (in provincia di Cagliari) il 21 gennaio 1911, sesto dei nove figli di un allevatore di bestiame che non lo lascia andare oltre la scuola elementare, perchè ha bisogno del suo aiuto per il lavoro in azienda. Che, tuttavia, per Giovanni non deve proprio essere il massimo, se a 25 anni decide di emigrare in Africa orientale, dove apre una trattoria che ha successo, soprattutto tra i soldati italiani là stanziati. Allo scoppio della guerra, Giovanni, la divisa militare se la trova addosso suo malgrado, arruolato tra gli artiglieri, e si ritrova con il grado di sergente. Gli inglesi lo fanno prigioniero nel 1941 e lo portano in Kenia, dove resta per cinque anni. Umiliazioni  e fierezza, raccontano di lui in quegli anni: le prime, comuni a tutti i prigionieri; la seconda, invece, vissuta a differenza degli altri, perché dicono che lui non si abbassa alle adulazioni e ai compromessi cui invece tanti si piegano per ingraziarsi i vincitori. Rimpatriato a fine guerra e ormai con 35 anni sulle spalle, deve pensare seriamente a cosa fare “da grande” e, tanto per cominciare, intensifica i rapporti con la ragazza con cui pensa di progettare il suo futuro. Ed è proprio in questa fase che si affaccia in lui la vocazione religiosa. Va a chiarirsi le idee da Padre Pio, che dopo un’accoglienza un po’ burbera secondo il suo stile, lo rafforza nella vocazione: sarà cappuccino ma non, come vorrebbe, alla di lui ombra, bensì nella sua Sardegna. Eccolo dunque, a 39 anni suonati, varcare la soglia del convento di Sanluri, dove insieme all’abito gli danno anche il nome di Nazareno. Per cinque anni si occupa di cucina, per la delizia del palato dei frati e proprio per evitare che questi si abituino troppo bene mandano il fraticello a far la questua, prima a Sassari e poi ad Iglesias. Qui, a contatto con la gente, si scoprono in fretta i doni umani che il Signore gli ha dato; anzi, qui e là cominciano a far capolino anche doni soprannaturali, di cui si sussurra al suo passaggio. Si sa che la gente è spesso credulona, facilmente influenzabile, sempre in ricerca del sensazionale e del miracolistico, dimenticando sovente che quasi sempre la “vox populi” è “vox Dei”. Fra Nazareno passa tranquillo e sereno per le strade  a questuare, nulla facendo per alimentare queste voci, ma nulla trattenendo di quanto il Signore gli ha fatto dono. Nel 1958 arriva a questuare sulle strade di Cagliari, sulle orme di Fra Nicola da Gesturi, appena passato a miglior vita e dalla gente ritenuto un santo (non a caso è stato proclamato beato nel 1999). Fra Nazareno, che in cuor suo si augura e si sforza di imitare il santo confratello, viene visto dalla gente come il continuatore della preziosa opera di Fra Nicola, che era passato per Cagliari facendo del bene. E questo nuovo fraticello non è da meno: a lui si ricorre per consigli, per intercessioni, per conforto; lui si dimostra paziente nell’ascolto, saggio nei consigli, con la capacità di leggere nei cuori e predire il futuro. Sono soprattutto le sue mani a operar meraviglie, anche attraverso le sue famose “caramelle benedette”, di norma al rabarbaro, che distribuisce a piccoli e grandi. Decine e centinaia i casi di guarigione, spesso inspiegabile, dopo una semplice imposizione delle mani o uno guardo rivolto al cielo. Se da un lato queste sono come la “firma” di Dio sul suo operato, dall’altro sono anche quelle che tolgono la pace al povero convento cagliaritano, continuamente assediato dai suoi “povarelli”,malati nel corpo o nello spirito. Lo mandano così a Sorso, nel nord della Sardegna, ma la gente lo raggiunge anche là, col treno, in macchina e con gli autobus. Dopo una decina d’anni di “esilio”, lo fanno tornare a Cagliari, assegnandogli una casupola un po’ discosta dal convento, sempre assediata da malati e bisognosi. Muore il 29 febbraio di 20 anni fa e si calcola siano circa 40mila le persone venute a salutarlo per l’ultima volta: una specie di glorificazione popolare, anticipo di quella ufficiale cui sta lavorando la Chiesa, con il Processo iniziato nel 2003.
Il 29 Dicembre 2019 si é conclusa la fase diocesana del processo di beatificazione.

Autore: Gianpiero Pettiti

 


 

Giovanni Zucca nacque a Pula (Ca) da Giuseppe e Faustina Pibiri, il 21 gennaio 1911; venne battezzato nella parrocchia di Pula il 06 febbraio e cresimato 23 febbraio 1922.
Sesto di nove figli, sei maschi e tre femmine, frequentò solo le scuole elementari, poiché aiutava il padre nei lavori della campagna, specie nell’allevamento del bestiame per la vendita.
All’età di circa 25 anni, partì per l’Africa Orientale, dove intraprese, in proprio un’attività di ristorazione, che, ben presto, divenne talmente florida da proporlo all’attenzione e all’ammirazione di quella comunità formata, in gran parte, da soldati italiani.
L’attività dovette cessare con lo scoppio della guerra, perché fu arruolato nell’artiglieria, corpo in cui conseguì il grado di sergente. Durante la campagna di guerra 1940 – 1941 in Africa Orientale, alla quale prese parte, fu fatto prigioniero degli inglesi e portato in Kenia, ove rimase fino al 1946, anno del rimpatrio in Italia. Durante la prigionia conobbe e sperimentò le durezze della vita a cui non era abituato, la triste condizione del prigioniero di guerra, umiliato in continuazione dalla ferocia e dal cinismo dei vincitori.
Proprio in quella condizione da disperati, ebbe modo di distinguersi e farsi apprezzare dai commilitoni e perfino dai suoi “padroni” inglesi, per le sue elette virtù e spiccato senso di amor patrio. Non si abbassò mai al servilismo e alle adulazioni verso gli inglesi che invece, molti compagni dimostravano.
Rientrato in Sardegna, riprese i contatti con i paesani e gli amici e intensificò i legami con una ragazza del luogo, nell’intento di formare con lei una famiglia. Ma col passare del tempo, sentì più impellente il desiderio di consacrarsi a Dio, nella vita religiosa.
Per intraprendere questo cammino fu decisivo per lui l’incontro e l’intervento di Padre Pio da Pietrelcina che andò a trovare a San Giovanni Rotondo. Padre Pio, pure accogliendolo a modo suo: “Guaglione, sei arrivato finalmente! E’ da tempo che ti aspettavo”, lo trattò duramente e lo mandò via, ma l’indomani stesso lo accolse benevolmente e lo ascoltò come un vecchio amico. Da quel giorno il loro rapporto si intensificò sempre più e Padre Pio a più d’un pellegrino proveniente dalla Sardegna, quando andavano a trovarlo, disse: “Ma perché venite qui? In Sardegna avete fra Nazareno…”.
L’incontro con Padre Pio fu decisivo nella vita del giovane Zucca. Padre Pio lo confortò e lo rassicurò che il suo posto era tra i figli di San Francesco ma non a San Giovanni Rotondo come il futuro fra Nazareno avrebbe voluto, bensì in Sardegna, fra la sua gente: “Sarai cappuccino in Sardegna – gli disse Padre Pio – e farai del bene alla gente della tua isola”. E soggiunse per confortarlo: “Vai tranquillo. Io non ti lascerò mai solo”. Gli eventi confermarono poi questa promessa.
Il 23 dicembre del 1950 Giovanni Zucca fece al Padre Provinciale dei Cappuccini della Sardegna la richiesta per essere accettato nell’Ordine, come fratello laico “avendo grande desiderio di abbracciare la vita di San Francesco, ad imitazione del Beato Ignazio ed essendo pieno di vita e di buona volontà” nonostante i suoi 39 anni.
In data 23 settembre del 1951, a Sanluri, riceveva il santo abito dei Cappuccini, dalle mani del Padre Maestro, Padre Innocenzo Demontis da Neoneli, mutando il nome in quello di fra Nazareno. Il 24 settembre del 1952, emetteva la professione dei voti temporanei, sempre nelle mani del Padre Innocenzo; il 29 novembre del 1955, nelle mani del Padre Commissario provinciale, Padre Filippo Pili da Cagliari, emetteva la professione dei voti perpetui, sempre a Sanluri.
A Sanluri rimase fino al 1955, svolgendo l’ufficio di cuoco, con grande compiacimento e soddisfazione dei confratelli (era un ottimo cuoco!), poi fu mandato a Sassari prima, e ad Iglesias due anni dopo con l’ufficio della questua.
L’ufficio della questua lo fece incontrare con la gente che non tardò ad accorgersi delle sue elette virtù. Presto infatti s’impose fra la popolazione del Sulcis-Iglesiente per la sua vita santa e fu riconosciuto in possesso di doni speciali, ricevuti da Dio.
Dal 1958 lo troviamo a Cagliari, svolgendo l’ufficio di questuante, che fino al giugno di quell’anno era stato di fra Nicola da Gesturi; fra Nazareno si impegnò a svolgerlo nel migliore dei modi, proprio sull’esempio e nel ricordo di fra Nicola.
Ciò gli valse la stima e la venerazione della gente, che intravide in lui il continuatore della missione di fra Nicola, e che sempre più numerosa, accorreva a lui, si da costringerlo, in breve tempo, a ridurre notevolmente il tempo della questua, per poter essere più disponibile ad accogliere, ascoltare e aiutare la gente che a lui ricorreva e poter visitare gli ammalati, dai quali veniva continuamente chiamato, sia negli ospedali che a domicilio.
Alla fine del 1972, ritornò per pochi mesi a Sanluri e poi fu nuovamente a Cagliari, ove rimase fino al 1977, anno del suo trasferimento a Sorso, ove rimase fino al 1986.
Anche il trasferimento a Sorso, operato dai superiori per lasciar respirare un pochino il convento di Cagliari sempre invaso da una moltitudine di fedeli alla ricerca di fra Nazareno, si rivelerà provvidenziale.
La fama di fra Nazareno si sparse, così, anche nel nord della Sardegna ove né fra Ignazio da Laconi né fra Nicola da Gesturi erano conosciuti a sufficienza. La sua permanenza a sorso fu una benedizione per la popolazione e non scoraggiò nemmeno i devoti di Cagliari e del sud-Sardegna che numerosi, in macchina, in autobus e in treno si recavano a Sorso per incontrarlo.
Dal 1986 fino alla morte avvenuta a Cagliari il 29 febbraio del 1992, fece parte della fraternità del convento di Cagliari, anche se, prima saltuariamente, e poi in modo permanente, viveva in una casa di campagna, in agro di Pula, onde essere sempre più disponibile all’accoglienza e all’ascolto delle persone (i suoi “povarelli”!), che, sempre più numerose, a lui ricorrevano, e che provenivano da tutte le parti della Sardegna e anche dal continente.
La sua scomparsa, nel 1992, gettò nello sconforto tantissima gente che si sentiva privata di un amico, di un benefattore, di un intercessore, di un punto sicuro di appoggio e di speranza.
Ai suoi funerali, presieduti dall’Arcivescovo di Cagliari, Monsignor Ottorino Pietro Alberti, parteciparono diecine di migliaia di persone (i giornali locali parlavano di almeno 30-40 mila persone) e la città intera si fermò per alcune ore.

 


Autore:
Fra Luca da Serbariu

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Aggiunto/modificato il 2012-03-11

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