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Beato Marie Jean Joseph Lataste Fondatore

Festa: 10 marzo

Cadillac-sur-Garonne, 5 settembre 1832 - Frasne-le-Chateau, 10 marzo 1869

Fr. Marie Jean Joseph Lataste nasce a Cadillac-sur-Garonne - Francia nel 1832. Dopo la perdita della fidanzata sente la vocazione alla vita consacrata nell’Ordine domenicano dove entra a 25 anni ricevendo l’ordinazione sacerdotale nel 1863. In seguito ad una predicazione nel carcere di Cadillac dove tocca con mano la trasformazione radicale delle anime operata dalla grazia, sente che il Signore lo chiama a fondare una Congregazione contemplativa in cui siano accolte, senza discriminazioni, persone con un passato umanamente fallimentare. Da questa intuizione e dalla sua tenacia sostenuta da superiori e suore collaboratrici di un'altra Congregazione Domenicana nascono nel 1867, le Suore domenicane di Betania, ora presenti e operanti in diversi paesi d’Europa accanto alle donne vittime delle situazioni più difficili e umilianti. P. J.J. Lataste muore a soli 37 anni nel 1869 a Frasne-le-Chateau, vittima del male che lo ha segnato per tutta la vita.



“Penso che questo sublime sacramento d'amore non sia stato istituito come ricompensa per le anime pie e ben disposte, ma anche come un rimedio….per ritrovare la forza e il coraggio di cui abbiamo bisogno”. Non deve piacere molto quel domenicano, che 150 anni fa, parlando dell’Eucaristia, si dimostra così non “in linea” con la sacramentaria dell’epoca.
Nasce a Cadillac-sur-Garonne (Francia) nel 1832, in una famiglia agiata: papà si vanta di essere un libero pensatore e di fatto non è praticante, pur non impedendo che la moglie educhi cristianamente i figli. Così entra a nove anni nel seminario di Bordeaux, a maturare una vocazione verso la quale si sente irresistibilmente attratto, ma per la quale si sente profondamente indegno. Così, mentre inutilmente si macera nella ricerca di una vocazione che già ha, i formatori finiscono per ritenerlo inadatto al sacerdozio e lo mandano a casa. Qui si allontana da Dio, mentre studia, si diploma e trova lavoro all’ufficio imposte. Fortunatamente ha una sorella che lo segue corregge e rimprovera, e soprattutto un collega che lo introduce a poco a poco nella San Vincenzo.
È la carità a fargli ritrovare la strada di Dio riscoprendo, a contatto con i poveri, la bellezza della fede, l’ansia missionaria, il gusto della preghiera. Trova anche l’amore e il suo cuore si mette a palpitare, ampiamente ricambiato, per la giovanissima Cecile: la dolcissima storia d’amore che ne potrebbe nascere viene subito stroncata da papà, che non ritenendo la pretendente all’altezza di suo figlio, briga e intrallazza perché questi venga trasferito d’ufficio. Da Bordeaux a Privas, a Pau e a Nérac, sempre il ragazzo si porta dietro la passione per i poveri, la fedeltà all’adorazione notturna, la voglia di far catechismo per annunciare la bontà di Dio.
Nel 1855 tre prove dolorosissime: muoiono la sua balia (che ha amato come una mamma), la sorella suora (che ha offerto la vita per la sua vocazione sacerdotale) e anche Cecile, portata via da una febbre tifoide. Questa serie di lutti, insieme ad una predicazione particolarmente incisiva di due domenicani, risvegliano la vocazione sacerdotale e nel 1857 entra dai domenicani, diventando prete l’8 febbraio 1863. “Tutti i vostri delitti, per quanto grandi siano, non raggiungeranno mai le proporzioni del suo amore infinito e della sua infinita Misericordia!”, è il succo della sua prima omelia pubblica.
Diciotto mesi dopo, all’alba del 15 settembre 1864, per ordine del suo superiore, varca l’ingresso del carcere femminile di Cadillac, per predicare un ritiro a 400 detenute. Sa di entrare in un luogo in cui regna la disperazione, caratterizzato da frequenti suicidi, governato da rigidissime regole tra cui i lavori forzati e il divieto assoluto di comunicare tra loro. Introduce la prima predica con un laconico “mie care sorelle” che probabilmente nessuno prima di lui ha pronunciato in quel luogo e subito “le loro teste si rialzano come fiori dopo il temporale”. Entrato in quel carcere “con un gran stringimento di cuore pensando che sarebbe stato tutto inutile’ (come scriverà lui stesso), neppure lontanamente immagina cosa la grazia di Dio opera in quelle anime assetate di tenerezza e di speranza. Che riesce a riaccendere insegnando che “la misericordia del Signore è per tutti”, mentre offre loro la prospettiva di un futuro migliore spiegando che “qualunque sia il vostro passato, non consideratevi più come detenute, ma, anche voi, come anime votate a Dio”.
Nascono  così, in quel carcere, le Domenicane di Betania, anche se ufficialmente prenderanno vita solo nell’agosto 1866. La vuole come congregazione aperta sia a donne con una vita segnata dal disordine morale che a donne con un passato ordinario. Idea rivoluzionaria 150 anni fa, ma forse anche oggi: per questo incontra opposizioni, contestazioni e critiche, sia da parte delle suore che di alcuni confratelli. Non ha tuttavia tempo a soffrire molto neppure di questi contrasti, perché una brutta pleurite lo porta via poco più di due anni dopo, il 10 marzo 1869, a 36 anni e qualche mese, avendo unicamente la consolazione di aver gettato un seme. Che ha continuato a germinare, anche se in piccole proporzioni, in Francia, Svizzera, Belgio. E anche in Italia, a Torino, dove a Porta Nuova, ad esempio, portano una bevanda o una parola buona agli attuali “scarti” della società, ricordando loro le parole sempre attuali del Beato Jean-Joseph Lataste: “Chiunque voi siate, venite da Gesù. Egli ha tanta bontà tanto perdono per chi si sente colpevole. Ha del balsamo per tutte le ferite, dell'acqua per tutti i peccati”.

Autore: Gianpiero Pettiti

 


 

Finalmente, il 3 giugno 2012, è stato beatificato questo giovane simpatico apostolo della Misericordia di Gesù. La sua avventura mi "ha incantato" fin dalla giovinezza. Ma chi è?
Il 5 settembre 1832, a Cadillac-sur-Garonne, cittadina della Gauscogna, Francia del Sud, nasce Alcide Lataste. Suo padre è un liberale, seguace di pensatori come Montesquieu e Rousseau, nemici della Chiesa. Sua madre, Jeanne, è una donna di fede, umile e grande. Tenta di convertire il marito, ma non ci riesce. Ai figli, Alcide, Onorato e Rosy, raccomanda di rispettare il padre, ma li sottrae alla sua influenza di miscredente. Insegna loro ad amare molto la Madonna e a recitare il Rosario.
Alcide è molto affezionato a sua madre e la ascolta. Rosy, docile ragazza, tutta preghiera e sacrificio, entra in convento per chiedere a Dio due grazie: la conversione di papà e il sacerdozio per Alcide. Infatti, dopo qualche tempo, Alcide entra in Seminario, ma l’ambiente troppo rigido gli mette paura, ed esce. Per qualche anno, cammina, adolescente, sulle vie del mondo: incerto sulla scelta da compiere, ma sempre retto e generoso.

La vita, come dono

Un giorno, incontra una ragazza eccezionale: Cecilia de Saint-Germain. I due vivono alcuni mesi di fidanzamento, sereni e lieti, con progetti belli per l’avvenire. Ma per volere del padre, Alcide deve rinunciare a Cecilia, "perché non è ancora in grado di metter su famiglia". Due anni dopo, Cecilia muore, proprio nel momento in cui egli si sta chiedendo qual è la sua strada: la famiglia o il sacerdozio?
Assetato di amore, vuole amare ed essere amato. Riversa tutto il suo cuore – un cuore di carne – sui più poveri, sugli "ultimi". Si iscrive alle Conferenze di S. Vincenzo, fondate dal professor Federico Ozanam oggi "beato". Apre una mensa gratuita per i poveri e organizza una scuola serale per i soldati di una vicina caserma.
Comprende che si può essere felici solo se si dà la vita per amore. "A che serve la vita – si chiederà Paul Claudel – se non è donata?". E chi mai ha donato la vita più di Gesù?

Uomo della misericordia

Alcide riflette e prega molto. Scrive a padre Enrico Lacordaire che, alcuni anni prima, aveva "rifondato" l’Ordine Domenicano in Francia. Dalla sua scuola di Sorèze, P. Lacordaire gli risponde e lo invita a incontrarlo: "Vieni e vedi". È il 22 maggio 1857 e Alcide ha 25 anni. P. Lacordaire gli spiega che la misericordia di Dio aiuta a superare tutte le debolezze e le fragilità: lo spirito di S. Domenico e del suo Ordine è uno spirito di misericordia e di fiducia nell’amore di Dio che salva e trasforma le anime.
Mosso da questo grandissimo ideale, Alcide entra nel noviziato domenicano di Flavigny-sur-Ozerain, veste il bianco abito e prende il nome di fra Joseph, in onore di S. Giuseppe, lo Sposo verginale di Maria SS.ma. A 30 anni, l’8 marzo 1863, è ordinato sacerdote.
L’amore per Gesù, in primo luogo, l’amore per i più tribolati degli uomini, per i più peccatori, lo fa ardere dentro. Ha una sete inesauribile di vivere di Dio e di donare Dio alle anime che incontra. Il cuore, penetrato da Lui, è sempre inquieto di possederlo di più. Comprende che Maria SS.ma è la via regale per condurre le anime a Gesù e si affida a Lei nello spirito della "schiavitù d’amore" di S. Luigi de Montfort, prete francese d’inizio ‘700 e terziario domenicano.

Un giorno a Cadillac…

14 settembre 1864. P. Joseph Lataste entra nel carcere femminile di Cadillac. L’hanno invitato a predicare "una missione" a quelle donne malvissute. Ci sono prostitute, alcolizzate, madri che hanno abortito o ucciso il marito o il compagno della loro vita. Nel carcere succedono violenze, rivolte, suicidi. Insomma: un ambiente diverso da quello delle Figlie di Maria o delle Orsoline!
P. Joseph, sensibile e angelico, prova una stretta al cuore. Si è preparato con serietà, ha pregato a lungo per loro. Ora le ha davanti: il volto coperto da fazzolettoni fisso a terra. Con la sua anima innocente, profumata di Eucaristia e di Cielo, il giovane domenicano comincia a parlare:
– Carissime sorelle: capite perché vi chiamo così? Se usciste di qui e si sapesse da dove venite, sareste segnate a dito. Ma io, sacerdote di Gesù Cristo, vengo a voi liberamente. Vi tendo le mani, vi dico: sorelle! Vi chiederete perché mi siete così care. Io sono un ministro di Dio che vi ama malgrado i vostri errori, di un amore che non ha eguali sulla terra, di un Dio che vi perseguita con il suo amore, per cambiarvi completamente, per farvi iniziare un’altra vita. Egli già opera nei vostri cuori.
Quelle poverette lo ascoltano stupite: mai nessuno ha parlato loro così. P. Lataste continua:
Anche le monache fanno una vita dura come la vostra: hanno poco cibo, dormono poco, lavorano faticosamente, vivono nel silenzio, segregate dal mondo. Ma se poteste ascoltarle, le vedreste tutte felici. Ora questa gioia può diventare la vostra. Per Dio non conta ciò che siamo stati, ma ciò che oggi siamo e vogliamo essere. Dio vuole rifarvi nuove. Vuole considerarvi come le vostre sorelle monache. Vi chiede di gareggiare con loro in amore e santità.
Capita un miracolo. I volti di quelle donne si illuminano. Su 400 carcerate, 380 seguono la predicazione del Padre. La sera, dopo la predica, le detenute possono andare in sacristia della cappella a confessarsi dal Padre. Vanno in gran numero. P. Lataste parla loro ad una ad una, dona loro il perdono di Dio e le vede piangere di gioia: "Non sapevo che Dio – gli dicono – mi amasse così". "Non solo ho perdonato chi mi ha fatto del male, ma pregherò perché possa godere la gioia che io provo oggi". "Voglio solo offrire la mia vita a quel Dio che lei mi ha fatto conoscere".
Verso la fine della "missione", il Padre si sente dire da alcune di quelle donne: "Cambieremo la nostra vita di carcerate in quella di recluse per amore, come le monache". "Che cosa posso volere di più quando, uscita di qui potessi far parte anch’io di una comunità religiosa per vivere a fondo l’amore di Dio".
L’ultima sera, il 18 settembre, quelle donne trascorrono la notte in preghiera davanti al Tabernacolo: sono duecento donne in ginocchio davanti a Gesù Eucaristico che lo adorano e gli offrono propositi di conversione e di santità. P. Joseph Lataste commenta: "Ho visto cose meravigliose", e ha un’intuizione: "Daremo vita a una comunità religiosa per queste donne".

Nasce Betania

Tra le detenute, c’è Angelica. Il primo giorno della "missione", era il giorno da lei fissato per il suicidio. Ma l’amore di Gesù Cristo, predicato dal giovane frate, l’ha trasformata. Si è confessata, ha pianto lacrime cocenti di pentimento e lacrime di gioia. Ha confidato al Padre che, uscita, vuole farsi suora, non solo per espiare le sue colpe, ma per lodare Dio per la sua misericordia.
Come in un lampo, il frate vede tutta la sua fondazione futura: la chiamerà "Domenicane di Betania", e ne faranno parte donne provenienti da una vita retta e donne provenienti da esperienze di peccato che Dio ha rifatto nuove nel cuore con la sua misericordia, come la Maddalena. Nessuno dovrà conoscere il loro passato, perché davanti a Dio conta l’amore e il sacrificio presente. Tutte gareggeranno in amore per Gesù come Marta e Maria nella casa di Betania, così ospitale per il divino Maestro.
L’anno dopo, 1865, P. Lataste ritorna a Cadillac e la sua idea prende corpo. All’inizio i superiori del frate non vedono bene il suo progetto. Poi credono alla sua sincerità e gli danno via libera, con prudenza e cautela somme. È intanto "maestro degli studenti" nel convento di Flavigny, presso Digione. Là giunge l’8 maggio 1866 suor Bernardina, già superiora di una scuola, che ora diventa suor Enrica Domenica. Sarà la prima suora di Betania, l’Istituto di P. Lataste.
A Frasnes, diocesi di Besançon, il 14 agosto 1866, inizia la vita comunitaria del nuovo piccolo Istituto. Sono in quattro: suor Enrica Domenica, suor Margherita Maria e due ragazze giunte il giorno prima: Anna e Agostina. Il 23 giugno 1867, arriva dal carcere di Cadillac, dove ha finito di scontare la sua pena: Angelica, quella che voleva suicidarsi, perché nessuno la amava e che, grazie a P. Lataste, aveva scoperto il mirabile amore di Dio.

E ora sparire!

Le difficoltà non mancarono. Allora padre Joseph ebbe un’altra intuizione: lui doveva sparire, perché Betania potesse crescere. Il suo modello e protettore era S. Giuseppe di Nazareth, l’uomo del silenzio, che no era mai vissuto per se stesso, ma solo per gli interessi di Gesù. Perché non sparire come lui?
Il 19 marzo 1866, accortosi che il nome di S. Giuseppe non figurava nel testo della Messa di ogni giorno, aveva fatto voto di dare tutto se stesso, fino al sacrificio della vita, affinché S. Giuseppe fosse maggiormente onorato nella Chiesa. Però S. Giuseppe avrebbe dovuto portare la sua fondazione in porto… Poi aveva scritto al Papa Pio IX affinché S. Giuseppe diventasse il patrono della Chiesa universale.
E così Betania, nata con la sua protezione, ora in messo alla bufera l’avrebbe portata alla pienezza. P. Lataste, ancor giovane, è già gravemente malato: la tubercolosi lo divora, ma sa che tutto andrà bene per opera di Dio, della Madre Celeste e del suo Sposo. Le suore di Betania non devono angosciarsi: sono in buone mani, andranno avanti e saranno un inno alla misericordia e all’amore infinito di Dio, che chiede di non peccare più, di convertirsi, di darsi totalmente a Lui.
Il 10 marzo 1869, a 37 anni, P. Joseph Lataste va incontro a Dio, al canto della "Salve Regina". Poco tempo prima aveva guardato le sue "figlie" in Gesù Cristo, a una a una: lui solo, insieme a Dio, conosceva la storia di ciascuna e le trasformazioni meravigliose che Gesù aveva operato in loro. Sapeva benissimo che molte di loro avevano avuto tutti contro, meno Dio, che è sempre la Verità e l’Amore.
Da Papa Pio IX, l’8 dicembre 1869, S. Giuseppe veniva proclamato Patrono universale della Chiesa Cattolica, come aveva chiesto P. Lataste. Nella sua breve esistenza, tuttavia piena di amore sino all’eroismo, aveva testimoniato la misericordia rinnovatrice e l’amore verginizzante di Dio, anche verso le anime più lontane: "Se il nostro cuore ci rimprovera, Dio è più grande del nostro cuore" (1 Gv 3, 20).

Autore: Paolo Risso

 


 

Nasce a Cadillac-sur-Garonne nel 1832 e viene battezzato col nome di Alcide.
Compie gli studi umanistici presso il seminario minore di Bordeaux e il collegio di Pons da dove esce quasi ventenne diplomato. Dopo aver accantonato l’idea di farsi sacerdote conduce una vita normale come molti giovani della sua età. Lavora come impiegato statale all’ufficio delle imposte e contemporaneamente è impegnato nel servizio caritativo con le Conferenze di San Vincenzo fino alla fondazione di nuove comunità. Pensa già al matrimonio, quando la fidanzata, Cecilia de St Germain muore giovanissima di tifo. A questo lutto fanno seguito, a poca distanza, quello per la morte della sorella suora e quello per l’amata nutrice. Tutto ciò determina in lui una profonda crisi interiore che si risolve con un completo abbandono in Dio che in questa circostanza inizia a manifestargli la chiamata alla vita religiosa e sacerdotale. La sua accurata ricerca della volontà di Dio, sostenuta dal padre spirituale lo fa approdare all’Ordine domenicano che dopo la persecuzione della rivoluzione conosce momenti di grande vitalità.
A 25 anni è quindi novizio nell’antico convento di San Massimino di Marsiglia da poco riscattato dal P. E. D. Lacordaire il grande predicatore di Notre-Dame. Grazie anche all’impulso da lui dato a questa giovane e nuova comunità, si respira un intenso fervore. Durante quest’anno si manifestano i gravi problemi di salute che lo obbligano a curarsi ripetutamente e a rinviare per ben due volte la professione religiosa. Da quel tempo in poi ai momenti di salute e di piena attività si alterneranno quelli di intensa sofferenza fisica fino al tracollo finale che non tarderà a manifestarsi.
Nel 1863 viene ordinato sacerdote e due anni dopo grazie alla fiducia dei confratelli è eletto sottopriore conventuale e maestro dei novizi. A quest’ultima carica rinuncia per potersi dedicare alla fondazione dell’opera delle riabilitate che è ormai diventato lo scopo della sua vita.
Nel 1864, infatti era stato mandato dai suoi superiori a predicare un corso d’Esercizi spirituali in un grande carcere femminile, vicino a Bordeaux (Francia), a Cadillac sur Garonne. Ad ascoltarlo, c’erano quattrocento donne disperate, ergastolane o semplici carcerate. Donne vittime dell’industrializzazione galoppante, umiliate, al bando, emarginate a vita, che reagivano con suicidi a catena o giornate calde di ribellione.
Padre Lataste non credeva tanto a questo apostolato. Se entra nel carcere, il 15 settembre 1864, è solo per obbedienza. Scriverà poi il sentimento di ripulsione, di ribrezzo che ha sentito valicando la porta di questa casa della disperazione. Ma nel suo cuore, albergano due amori: un amore folle per Dio ed un doppio amore per la donna: sia quella pura, innocente, come l’ha ammirata nella sua fidanzata, morta anche prima del fidanzamento ufficiale, sia la donna peccatrice, ma salvata al punto di diventare santa, come l’ha scoperta in Maria Maddalena, durante il suo noviziato nell’Ordine domenicano.
Jean Joseph Lataste ha preparato accuratamente questo corso di esercizi spirituali. Ce lo dimostrano le sue cartelle. Quando inizia a parlare, si trova davanti tutti i capi chini delle detenute che non vogliono incontrare il suo sguardo, anche se tutte sono state lasciate libere di seguire il corso. Parla loro di Dio, del suo Amore misericordioso che le ha portate in questo luogo «per parlare al loro cuore», paragonando il carcere al deserto del profeta Osea e le carcerate alla fidanzata amata da Dio. Propone ad esse di considerarsi subito, sin d’ora come monache di clausura, le quali fanno presso a poco la stessa vita delle carcerate ma, mentre queste sono nella tristezza, quelle sperimentano la gioia: mentre le une sono onorate, le altre sono disprezzate. Il predicatore invece assicura che Dio non fa differenza tra le une e le altre, perché «pesa le anime solo secondo il peso dell’amore».
E le donne ci credettero. Durante l’ultima notte, fecero l’adorazione del santissimo in soli due gruppi: duecento per la prima metà della notte, le altre duecento in seguito Padre Lataste, sconvolto, scriverà che il loro raccoglimento avrebbe potuto far ingelosire la più fervente delle comunità di contemplative.
Alcune donne gli confidano il desiderio di consacrarsi totalmente a Dio dopo il carcere, giacché lui ha già proposto loro di vivere fin d’ora la carcerazione come una vocazione religiosa. Ma ciò che ha predicato il domenicano non trova riscontro nella Chiesa. Se é vero che Dio non guarda al passato, che «non serve nulla essere stata virtuosa se non lo si é più e che non ha nessuna importanza di essere stata peccatrice se non lo si é più», nella struttura della Chiesa le persone, troppo spesso, rimangono bollate dal proprio passato. Non era possibile nell’800, per una donna che avesse avuto esperienze di prostituzione, carcere, sesso, di entrare in convento. Al massimo, poteva entrare a far parte di una comunità di «pentite», segnate a vita come ex-peccatrici. Ora Padre Lataste aveva predicato il contrario.
Ma Dio non aveva organizzato un tale successo apostolico per nulla. Voleva creare delle cose nuove. Mentre pregava nella cappella del carcere, il domenicano vide delinearsi nelle grandi linee l’opera che doveva far sorgere: bisognava riunire donne pure, provenienti da una vita cristiana onesta, normale, con altre venute da esperienze difficili di carcere, prostituzione...Riunirle senza che ci sia nessuna differenza né discriminazione tra di loro, perché Dio le ama, le ricerca tutte ugualmente.
Due anni dopo, il 14 agosto 1867, nasceva la prima comunità delle Suore domenicane di Betania. All'interno della comunità, non si conoscerà il passato le une delle altre. Dall'esterno nessuno potrà distinguere chi è la ragazza per bene e chi è la ragazza da poco, ma tutte saranno unite da quell'unico Amore che solo può dare il coraggio di cambiare vita, che solo può far nascere fiori dal letame. Fondata così tra mille difficoltà la prima comunità, dopo la repentina morte del trentasettenne fondatore nel 1869 la congregazione si è diffusa in Francia e altrove. La regola contempla la vita fraterna senza discriminazioni, il lavoro come mezzo per guadagnarsi da vivere, la visita alle carceri e ambienti similari di sofferenza ed emarginazione, la vita di preghiera e di studio, come cemento che crea e unisce la comunità. La Congregazione, affiliata all’Ordine Domenicano ha la sua sede in Francia a St. Sulpice De Favieres ed è presente oggi in Austria, Belgio, Olanda, Francia, Svizzera e Italia (Torino) e conta più di 200 suore.
Il 1 giugno 2007 la Congregazione per le Cause dei Santi ha pubblicato il decreto sull’eroicità delle sue virtù ed è in corso il processo sul miracolo a lui attribuito.
E' stato beatificato il 3 giugno 2012 a Besançon.


Autore:
Fr. Angelo Belloni o.p.

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Aggiunto/modificato il 2016-04-02

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