Anna Maria nacque il 20 luglio 1615 a Sommariva del Bosco, centro agricolo situato tra Torino e Bra. In famiglia desideravano un figlio maschio e i genitori non si preoccuparono neppure di farla subito battezzare. Crebbe timida e giovanissima fu posta a pascolare le bestie. Un episodio segnò la sua adolescenza: a nove anni, un venerdì, nella chiesa dei Disciplinati del suo paese, mentre pregava, si sentì in una vampa di calore. Le si alzarono due costole vicino al cuore che rimasero poi sporgenti. Anna Maria apprese qualche nozione religiosa durante le messe festive, cui mai mancava. Era buona e altruista e nonostante fosse povera si prendeva cura di una vedova del paese. Nel 1630, quando scoppiò l’epidemia di peste di manzoniana memoria, si mise a curare i contagiati. Andava sovente al lazzaretto e si ammalò, ma per grazia della Madonna guarì.
A diciotto anni i genitori la diedero in sposa, anche se lei voleva farsi religiosa. Trovò comunque come guida spirituale il vicecurato del paese che provvide un po’ alla sua istruzione. Imparò a leggere e si appassionò a conoscere la vita dei santi. Le sue “forti” devozioni furono causa di antipatie. Nacquero dei bambini, ma ciò non servì a rasserenare il clima familiare. Il marito si arruolò nell’esercito, per otto anni quasi non diede notizia di sé e tutta la responsabilità dei figli cadde sulle spalle di Anna Maria. Questo stato di cose durò per alcuni anni, fino a quando l’eco delle sue virtù varcò la porta della sua povera casa. Grazie a due gesuiti e all’abate Broglia, futuro arcivescovo di Vercelli, Anna Maria fu invitata a trasferirsi a Torino. Era il 1657, aveva quarantadue anni.
Giunta nella capitale fu presentata al Duca Carlo Emanuele II e alla consorte Giovanna Battista di Savoia-Nemours. Perché potesse sostentarsi le fu affidato il ruolo di vice-superiora dell’ospizio di carità. Anna Maria sbrigò con cura e amore l’incarico, mentre in quegli anni, dopo che si era trasferito in città, morì il marito. Nel maggio 1666 nacque l’erede al trono, Vittorio Amedeo II, con gran felicità di tutto lo Stato e capitò un fatto che cambiò la vita della “santa” donna. Una dama di corte, inteso che il Duca cercava due persone del popolo che facessero da padrini di battesimo al figlio, la presentò a corte. La povera donna fu così madrina del futuro grande monarca.
Nel 1668 Anna Maria incontrò il beato Sebastiano Valfrè che divenne suo confessore e non tardò a riconoscere le sue eccellenti virtù. L’oratoriano rimase colpito da quanto apprendeva durante le lunghe confessioni. Ottenne il permesso di parlarne con altri sacerdoti, ai quali talvolta la indirizzava, ed ebbe l’intuizione di prendere nota delle sue vicende, per poter meglio dirigerla e soprattutto perché un giorno sarebbero stati d’esempio ad altri fedeli. Per farla progredire nelle virtù decise di seguire il metodo della mortificazione spirituale, Anna Maria non era una penitente qualunque. Non fece mai apparire quanto la stimasse e sminuiva volutamente le sue malattie e le sue aridità spirituali.
Al principio di settembre del 1671 alcune dame decisero di andare al Santuario di Oropa, presso Biella. Il Beato Sebastiano le diede una “lettera” per la Madonna. Giunta finalmente al cospetto del miracoloso simulacro grande fu suo il raccoglimento e la sua commozione.
Anna Maria, pochi mesi prima di morire, tornò per l’ultima volta nel suo paese. Il 7 novembre 1673 ricevette il viatico e il 10 l’estrema unzione. Padre Sebastiano fu sovente al suo capezzale, alternandosi ai figli. Vennero a visitarla molte dame e all’una di notte l’arcivescovo. Il beato, sempre così misurato nei complimenti, disse che a molti avrebbe giovato l’esser presenti a quella santa morte. Spirò il 14 novembre, aveva cinquantanove anni. Padre Sebastiano disse d’aver perso la sua “maestra di spirito” e volle avvisare di persona Vittorio Amedeo II. Alla luce di numerose torce, il corte funebre giunse in chiesa. Prima della sepoltura l’arcivescovo ordinò l’esame anatomico della salma e furono riscontrate delle strane bruciature presso le costole, vicino al cuore. Ci furono segnalazioni di grazie tanto da indurre, cinque anni dopo, l’avvio di un processo di beatificazione (rimasto poi fermo) e si decise di trasferire il feretro alla cripta della chiesa di San Filippo. Tra i molti scritti del beato un volume contiene la vita della serva di Dio, da cui fu pubblicata nel 1772 una biografia.
Autore: Daniele Bolognini
|