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Padri Vincenzo e Francesco Zucca Sacerdoti dei Frati Minori

Festa: Testimoni

Padre Vincenzo: Arcevia, Ancona, 5 aprile 1913 – Grottammare, Ascoli Piceno, 4 giugno 2008
Padre Francesco: † Sassoferrato, Ancona, 5 aprile 1991


Padre Vincenzo Zucca nacque in Arcevia (AN) il 5 aprile 1913, giorno dedicato a San Vincenzo Ferreri. I genitori erano umili agricoltori, il papà Sante morì a causa di una malattia contratta in tempo di guerra (1915-1918), lasciando la giovane Antonia Simonetti con quattro figli in tenera età: Francesco, Vincenzo, Nazzareno, Maria (un’altra figlia, Maria era morta all’età di sei mesi per morbillo). Francesco fu il primo a lasciare la casa paterna, per seguire le orme dello zio Padre Giovanni Zucca, noto musicista, ed entrare anche lui nell’Ordine dei Frati Minori. Presto lo seguì il giovane Vincenzo anche lui attratto dall’ideale francescano e da quella profonda ammirazione per Padre Francesco che egli coltivò tutta la vita. Padre Ferdinando Campana ofm, che fu a lungo provinciale dei Frati Minori e che ebbe modo di conoscere a fondo Padre Vincenzo, nell'omelia funebre così evidenziò l'affetto che l'umile fraticello nutriva per il fratello: “Con il fratello P. Francesco, P. Vincenzo manterrà sempre un legame particolare di venerazione, di stima, di affetto, di ammirazione, per le sue spiccate doti di sensibilità spirituale, di passione missionaria, di guida amorevole e sapiente delle anime." Padre Vincenzo entrò nel Seminario di Sassoferrato (AN), nel 1925-1928, dove compì gli studi di scuola media. Vestì l’abito francescano l’8 settembre 1928 e trascorse l’anno di noviziato a Mombaroccio (PU), nel Santuario del Beato Sante, concludendolo con la professione semplice il 9 settembre 1929. Padre Vincenzo rimase per tutta la vita devoto del Beato Sante e ricordava gli anni trascorsi nel suo santuario con grande tenerezza.
Gli studi ginnasiali Padre Vincenzo li completò a Matelica (MC), nel 1929-1931, quelli liceali a Monteprandone (AP), negli anni 1931-1933, e quelli teologici a Zara in Croazia (1933-1937). Emise la professione solenne dei voti a Zara, il 20 maggio 1934 e fu ordinato sacerdote, sempre a Zara, il 28 giugno 1936.
I primi cinque anni di ministero sacerdotale (1937-1942) li trascorse a Mombaroccio, dove aveva fatto l’anno di Noviziato, come Vicario e Santuarista e fu poi mandato a Pollenza (MC), dove praticamente rimase tutto il resto della sua vita (1942-2005), salvo gli ultimi tre anni, in cui era degente presso l’Infermeria Provinciale di Grottammare. Dal 1996, però la sua fraternità ufficiale era quella di Treia, da dove ricopriva l’incarico di delegato per la Chiesa ed il Convento di Pollenza. Una vita, dunque, per il Convento di S. Maria del Trebbio di Pollenza. Si riportano qui alcuni passi dell'omelia funebre di Padre Ferdinando che illustrano chiaramente i tratti salienti della vita di questo umile fraticello: "Una vita d’amore, di generosità, di sacrificio, di testimonianza e di bontà senza limiti, non tanto e non solo per un piccolo luogo e ambiente particolari, ma semplicemente per quella gente e per quella porzione del Regno di Dio che il Signore e l’obbedienza gli avevano affidato.
P. Vincenzo era esile e fragile apparentemente ed esteriormente, quanto tenace e forte interiormente, nel profondo dell’intimo del cuore.
Quest'umile fraticello era un capolavoro della grazia di Dio, era un uomo di Dio e tutto di Dio. Un uomo capace di pregare e di far diventare la preghiera come una cosa naturale, legata alla vita come il respiro e il battito del cuore. Un uomo capace di spendere la sua vita per la gente, di donarsi, di correre da ogni parte per confessare ore ed ore e per celebrare la messa; pronto ad ascoltare tutto e tutti, dimenticando e sopportando fatiche e sacrifici, di giorno e di notte. Percorreva a piedi, e anche più volte al giorno, il tratto di strada che va dal Convento del Trebbio a Pollenza, per andare a confessare o a dire la messa, in Parrocchia o presso le Clarisse o qualche Istituto di suore o presso l’Ospedale e il ricovero, e, nei tempi passati, andare per la cerca del grano o della legna, passare a benedire case e visitare ammalati, accompagnare morti o consolare afflitti. E sempre, sempre con quella semplicità e bontà, con quel sorriso da bambino, limpido e puro, con quella tonaca usata e acciaccata, corta e scolorita, perché impregnata del sapore della fatica quotidiana della carità e del sudore dell’amore, della passione insonne della vita sacerdotale e della vocazione e missione francescana.
Si può sintetizzare la vita di questo regalo di Dio al nostro tempo e alla nostra vita con tre tratti, che credo siano davvero i più caratteristici di P. Vincenzo.
Innanzitutto la sua bontà e semplicità. Nei suoi occhi, nel suo sguardo, nei suoi gesti e nel suo modo di vivere, potevi sentirti addosso l’amore di Dio, la sua paternità e bontà, la sua semplicità, perché Dio, lo sappiano non è complicato, non è sofisticato.

Poi, va sottolineata la sua testimonianza di padre spirituale e di sacerdote.
A Pollenza era di casa dappertutto, ma anche a Casette Verdini e Sforzacosta, a Colbuccaro e Corridonia, a Macerata e Villa Potenza, a Treia e Forano, a Passo di Treia e S. Severino. Dovunque, quando c’era una festa o un funerale, quando qualche sacerdote e parroco chiedeva per le confessioni, P. Vincenzo correva, con il confratello P. Lino o a piedi, per distribuire la grazia di Dio a tutti. Rimarrà per sempre impressa nei ricordi di chi lo ha conosciuto la sua figura esile, la sua statura piccola, il suo incedere veloce eppure calmo e sereno, il suo “cupolino” di lana in testa, il suo gesticolare affabile e familiare, la sua parola forte e incisiva nelle omelie, la sua disponibilità instancabile ad ascoltare e perdonare, il suo affetto immenso per il fratello P. Francesco e la sua amicizia e condivisione totale di vita con P. Lino Tartarelli, la sua povertà assoluta e tenace, la sua generosità disarmante e senza limiti, il suo abito francescano liso, scolorito e rattoppato, il suo sorriso sincero che inteneriva e conquistava il cuore. Incontrarlo era per tutti una ventata di aria fresca, un bagno di grazia e di pace.
Anche quando negli ultimi anni la sua mente era a volte smarrita, la sua salute precaria, continuava imperterrito e invincibile ad andare al Trebbio, per celebrare e confessare: ed era più il suo carattere forte e la sua tempra invincibile che parlava piuttosto che le sue parole, i suoi gesti di fede e di amore che conquistavano, il suo sorriso e la sua bontà che disarmavano.

Infine, si deve ricordare il suo amore la sua bontà con i frati e per i frati. A tutti coloro che li hanno conosciuti rimarrà impresso e indelebile il quadretto dell’amore, dell’amicizia e della comunione fraterna di P. Vincenzo e P. Lino. Due frati francescani e due sacerdoti legati insieme da un unico ideale, due uomini di Dio con la stessa passione, con lo stesso spirito, con lo stesso cuore.
Questi uomini diversi per temperamento e per costituzione fisica, sono stati uniti da un amore fraterno ammirevole, commovente, stupefacente. Quando arrivava l’uno, ecco che dietro veniva l’altro. Insieme nella Cinquecento o nella Panda, insieme a confessare e a celebrare, insieme a mangiare o a non mangiare, a riposarsi o a ricominciare... Indimenticabile è l’amore e la comunione fraterna di questi due frati, che hanno amato la gente e i frati fino all’inverosimile, che hanno speso la loro vita senza riconoscimenti e gratificazioni, senza prezzo e ricompense terrene. Questi due uomini hanno custodito insieme per tanti anni i frati anziani e infermi: hanno retto con la loro forza fisica, morale e spirituale un ritmo di vita impressionante, hanno trasmesso ai fratelli la bontà, la generosità, la verità della carità e della vita segnata dalla grazia e della fede".
La vita di Padre Vincenzo è particolare per diversi motivi, che riportiamo qui di seguito. Primo perché ha avuto quattro religiosi in famiglia: lui, il fratello Padre Francesco, lo zio Padre Giovanni (tutti appartenenti ai Frati Minori, come già detto) e una zia entrata nell'ordine delle francescane missionarie.
E' stato l'ultimo frate cercatore della provincia di Macerata.
E' vissuto per 63 anni presso il convento di Santa Maria delle Grazie di Pollenza e per più di 57 anni con lo stesso confratello: Padre Lino Tartarelli.
Ha vissuto in tutte e quattro le province marchigiane, essendo nato in Arcevia, in provincia di Ancona, poi ha trascorso il noviziato e i primi anni di ministero sacerdotale a Mombaroccio, in provincia di Pesaro. Ha trascorso ben 63 a Pollenza in provincia di Macerata ed è morto a Grottammare in provincia di Ascoli Piceno.
Nel 2005 è stato insignito, insieme al confratello Padre Lino della cittadinanza onoraria di Pollenza per il bene che ivi ha operato nella sua lunga permanenza.


Preghiera per chiedere grazie per intercessione di Padre Vincenzo Zucca ofm.

Signore, ho bisogno di aiuto, ho bisogno di Te.
Ascoltami, stammi vicino, non mi lasciare nella solitudine e nella tristezza.
Ti chiedo di dare a me e alle persone care le grazie di cui abbiamo bisogno,
secondo la tua volontà e per il bene.
Tu hai manifestato la tua bontà, attraverso la vita e la testimonianza di P. Vincenzo:
Che la sua vita fedele a Te e la sua morte serena,
la sua carità instancabile e la sua gioia di seguirti e di servirti,
come sacerdote e francescano,
continuino a portare frutti in mezzo a noi e ci sostengano per essere fedeli a Te
ed amarti con tutto il nostro cuore.

(con approvazione ecclesiastica)
 



Qui di seguito vengono riportati una breve scheda biografica riguardante Padre Francesco Zucca, che Padre Vincenzo fece riportare nel ricordino per l'anniversario della morte del fratello unitamente ad una preghiera composta da lui stesso e la testimonianza della nipote Rina Morici Duca:

Padre Francesco Zucca

Religioso esemplare per umiltà, disponibilità e sorriso. Vero uomo di Dio per spirito d’orazione e di devozione, di penitenza e di sacrificio. Sacerdote zelante e apostolo infaticabile, ha esercitato il suo ministero nel confessionale, nella direzione spirituale dei seminaristi e delle persone consacrate e come missionario per trent’anni, in Cina e Singapore.
Ha dato una testimonianza eroica della sua unione con Dio, vivendo con gioia e con coraggio la forza delle Beatitudini per quindici anni nel silenzio e nella malattia, a seguito di una paralisi progressiva.
Morto in concetto di santità, è una delle più belle figure francescane del nostro tempo. “Sorella morte” lo ha colto a Sassoferrato il 5 aprile 1991, all’età di anni 80, di vita religiosa 64 e di sacerdozio 57.
Ecco la testimonianza della nipote Rina Morici Duca su Padre Francesco:
“Partì per la Cina credo nella seconda metà degli anni trenta. Frequentò il seminario a Pechino
Studiando la lingua cinese. La storia della missione francescana in Cina è contenuta
nel libro “Sulle rive del Fiume Giallo” dove c’è una foto di mio Zio con altri sacerdoti. In quel
periodo ogni tanto scriveva a casa dando sue notizie. In seguito alla rivoluzione cinese ogni notizia si interruppe e per circa venti anni non si riuscì a sapere nulla. Ricordo l’angoscia di mia madre, pensava veramente che il fratello fosse morto. Interrogava zio P. Vincenzo che impotente era costretto a dirle che non era possibile avere notizie.
Poi un giorno, erano circa le ore 14,30 (forse l’anno 1956) arrivò a casa nostra, in Arcevia, una maestra elementare, la signora Barchiesi, amica di famiglia, era agitatissima rideva e piangeva
gridando : “Maria, Maria Francesco è vivo!”. L’insegnante, tornando a casa da scuola, aveva acceso la radio per ascoltare il notiziario delle ore 14 che aveva annunciato testualmente: “Sono stati espulsi dalla Cina gli ultimi due missionari : il P. Bernardino Larghetti ed il P. Francesco
Zucca di Ancona”. La signora Barchiesi aveva molto affetto per la nostra famiglia perché era stata maestra elementare di tutti i fratelli Zucca. La felicità di mia madre e di zio Nazzareno fu grande quanto l’ansia di rivederlo. Poi arrivò una cartolina da Calcutta con le prime notizie che diede a tutti la certezza che l’incubo era finito. Passò parecchi tempo prima che zio venisse a casa perché la sua salute era molto compromessa e dovette rimanere ricoverato in un ospedale a Roma. Una volta ripresosi fu trasferito al convento di Sassoferrato, vicino ad Arcevia e qui avemmo la possibilità di incontrarlo.
Ci raccontò della sua prigionia e delle sofferenze patite: la fame, il lavoro forzato, gli interrogatori. Gli dicevano: “Sei una spia, confessa, dove hai nascosto la trasmittente?!”. Battendo sulle pareti della cella riusciva a comunicare con P. Larghetti che era più sofferente ed anziano. Poi finalmente dopo tutti quegli anni di sofferenza la liberazione. Il Comunismo per lui era il male totale e discutendo si infervorava talmente che era opportuno smettere. Poi incominciai a conoscerlo. Era un sacerdote candido da sembrare ingenuo, ma caparbio e determinato con una grande forza di volontà , una grande fiducia nel prossimo specialmente nei confratelli ed una fede immensa . La sua passione per le missioni non cessò e dopo pochi anni di permanenza volle ripartire. Questa volta la destinazione fu la missione di Singapore . Prima però fu necessaria una preparazione. Incominciò a studiare la lingua inglese da autodidatta con l’aiuto di dischi poi trascorse qualche periodo in Inghilterra. Fu in questo periodo che chiese a zio P. Vincenzo di partire con lui. Zio P. Vincenzo disse a mia madre che non se la sentiva davvero, che aveva il suo da fare e la sua missione a Pollenza e che comunque per lui era troppo tardi. Passò vari anni nella missione di Singapore con il P. Tommaso Di Pasquale. Teneva un diario in cui annotava l’attività della sua giornata. Credo che avesse molto da fare e fosse molto amato dai cristiani del luogo dal momento che, dopo la sua morte, hanno fatto in modo di fare intitolare una via a suo nome (Zucca road).
Poi si ammalò. Un ascesso al cervello asportato con un intervento chirurgico forse mal riuscito a Singapore gli causò una emiparesi destra, disturbi alla mente e gli impedì la parola.
La sua grande fede lo sosteneva, pregava e nutriva la speranza di guarire. Con grande caparbietà e costanza eseguiva tutti gli esercizi che il medico gli prescriveva per la riabilitazione e qualche volta si scoraggiava vedendo l’inutilità dei suoi sforzi poi, rassegnato, ci guardava e sorrideva.
Passò gli ultimi anni nell’infermeria del convento di Sassoferrato in una cameretta dove sopra un tavolo teneva libri di preghiere, immagini sacre ed immagini di confratelli deceduti.
Nel corso di una delle nostre abbastanza frequenti visite, mia madre, rassettando il suo letto trovò
sotto il cuscino una specie di sacco imbottito in cui erano stati inseriti dei corpi molto duri. Forse per lui le sofferenze che stava patendo non erano ancora sufficienti.
Con grande costanza aveva imparato ad adoperare la mano sinistra per scrivere, ma non riusciva a comporre le parole in autonomia doveva vederle scritte poi le copiava. Aveva però memorizzata come una geografia delle parole che gli servivano e quindi le cercava nei libri, nei quaderni di appunti che aveva a disposizione ed in questo modo comunicava. Amava molto la musica e riusciva a copiare anche gli spartiti.
Era una sofferenza anche per noi vederlo ridotto in quello stato, confinato in quella cameretta dopo
Una vita tanto attiva, sembrava un’aquila prigioniera.”

Preghiera per chiedere grazie per intercessione di Padre Francesco Zucca:

O Dio che in Cristo Gesù e nell’amore del Santo Divino Spirito hai adornato per ardente spirito apostolico e di instancabile impegno nelle opere missionarie il tuo servo Francesco: concedi, a Gloria del tuo nome per intercessione della Vergine Maria, a tutti i fedeli della tua Santa Chiesa ogni aiuto spirituale e temporale.
Così sia.

(con approvazione ecclesiastica)


Autore:
Elisabetta Nardi


Note:
Per trasmettere testimonianze sulle vite di P. Vincenzo e P.Francesco Zucca e per eventuali grazie ricevute, si prega di fare riferimento a:

P. Guardiano
Santuario SS. Crocifisso
62010 TREIA (MC)
Tel. 0733.216848; Fax 0733.218357
E-mail: ss.crocifisso@email.it

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Aggiunto/modificato il 2009-06-22

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