Nei suoi discorsi, P. Reginaldo Giuliani raccomandava, in primo luogo, ai giovani, di amare Gesù Eucaristico e di accostarsi spesso e santamente a Lui, purificati dalla frequente Confessione, di amare la Madonna e di onorarla con il Santo Rosario.
Nel reggimento degli arditi, dove era cappellano durante la 1ª guerra mondiale, era riuscito a far fiorire l’associazione del Rosario vivente e la corona mariana veniva spesso sgranata in comune, sommessamente in trincea o solennemente negli accampamenti.
“Uno dei nostri generali – scriveva il Padre – era solito narrare che, avendo udito un improvviso clamore proveniente da un campo vicino, vi andò egli stesso per conoscere la causa di quel vociare; ma con stupore constatò che non si trattava di una sommossa, ma della preghiera del S. Rosario, recitato in comune dai soldati”.
“Nella visita a un piccolo avamposto di montagna dove da parecchi mesi vivevano isolati alcuni militari – è sempre il Padre che racconta – fui edificato dalla pace che regnava tra quei dodici uomini”. Come passate il vostro tempo quassù? – chiesi al caporale che sembrava il fratello maggiore di una bella famiglia. Rispose: “Ogni sera diciamo il Rosario.Quando la tormenta è più impetuosa e scuote le assi della nostra baracca come una foglia su di un ramo d’albero, ci stringiamo alla Madonna e continuiamo tranquilli il nostro turno di vedetta”.
Coraggio indomito
Ma chi era questo sacerdote che sapeva animare di fede e di preghiera i soldati nella vita così aspra di una caserma e al fronte di guerra?
Si chiamava Andrea Giuliani ed era nato a Torino il 28 agosto 1887. Compiuti gli studi elementari dai Fratelli delle Scuole Cristiane e il Ginnasio presso i Salesiani di Valdocco (Torino), il 25 settembre 1904 aveva vestito il bianco abito domenicano a Chieri (Torino) con il nome di fra Reginaldo.
Si era laureato in teologia e il 27 dicembre 1911 era stato ordinato sacerdote dal Card. Agostino Richlemy, Arcivescovo di Torino. Fu subito docente di teologia tra i suoi giovani confratelli e predicatore eloquente della Verità che salva le anime, sui pulpiti del Piemonte e per l’Italia, distinguendosi per l’amore a Gesù e l’ardore apostolico.
Durante la prima guerra mondiale, era diventato cappellano militare prima del 55° di Fanteria, poi degli Arditi, quindi dei Legionari fiumani facendosi apprezzare da soldati e alti ufficiali per la fede e la parola appassionata e il coraggio indomito nell’affrontare ogni pericolo, pur di essere vicino come sacerdote e padre ai suoi giovani nel momento del maggiore bisogno.
A Fiume incute soggezione e rispetto allo stesso Gabriele D’Annunzio, costretto a ammirare la sua cultura illuminata dalla fede e dalla forza apologetica della sua parola autorevole. Quando i superiori lo richiamano in convento, mentre il D’Annunzio lo invita a stare con lui, P. Reginaldo obbedisce ai suoi superiori e riprende la vita religiosa nella perfetta osservanza, iniziando un apostolato della predicazione che affascina, converte a Gesù Cristo e conquista tanta gioventù al servizio del Signore e alla vita consacrata a Lui.
Con tre medaglie al valor militare da esibire, scrive la “Storia degli arditi”, e “Le vittorie di Dio”, il suo capolavoro. Assegnato al convento di S. Domenico a Torino, si occupa della formazione della gioventù, predica in molte regioni d’Italia, quindi, nel 1924, accetta di essere cappellano della Regia Accademia di Artiglieria e del Genio di Torino.
Nel 1927 è “predicatore generale” e insegna, all’Università Statale di Torino, Cultura cattolica in mezzo agli studenti, che restano conquisi dal suo amore ardente a Gesù. Lancia il progetto della fondazione del Convento di S. Maria delle Rose a Torino, presto realizzato, che sarà sede dello “studentato teologico” dei Padri Domenicani.
Il fuoco sulla terra
Gli anni 1928/29/30 li trascorre in America del sud e del nord, ancora apostolo ardente della Verità del Credo Apostolico e della vita religiosa domenicana con frutti grandissimi di bene. Rientrato in Italia, dà vita a diverse iniziative per la formazione dei giovani e di predicazione: il suo ideale è la difesa e la diffusione della Verità, l’unica Verità, che, in mezzo agli errori delle filosofie dell’immanenza, è sempre Gesù Cristo e la sua Chiesa, più che mai certo e convinto che “per vivere in santità, occorre innanzitutto possedere la Luce vera che illumina la mente”.
Sempre pensando in primo luogo ai giovani, scrive “La vita di S. Tommaso d’Aquino”, “Piemonte domenicano”, “I misteri del Rosario”. Ascoltarlo, leggere i suoi scritti, le innumerevoli lettere di direzione spirituale rivolte ai ragazzi, sembra sentire Gesù che dice: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra”. Una delle sue predicazioni più famose è quella tenuta ad Asti, nel marzo 1934, per l’intronizzazione nel Santuario di S. Giuseppe del Crocifisso miracoloso, che l’11 agosto e il 27 settembre 1933, davanti a numerosi testimoni emise sangue vivo (cfr. P. Risso, Maria Tartaglino. Ostia con Gesù Crocifisso, Asti, 2006, p. 45). Gli ascoltatori furono così numerosi attorno al suo pulpito e poi assediarono il suo e gli altri confessionali, da incantare in Italia e fuori d’Italia.
Nell’aprile 1935, parte, cappellano militare, dei soldati in guerra in Etiopia. Nei mesi del suo soggiorno in Africa Orientale, dimostra la sua forte tempra di uomo di Dio. È andato laggiù soltanto per rendere presente Gesù, in mezzo alle anime, per condurre le anime a Lui. Per i suoi giovani in armi, tiene incontri, confessa, celebra la S. Messa, organizza i gruppi del Rosario. Per i cattolici del posto, fa costruire una piccola chiesa, in cui egli stesso diventa il buon pastore.
A fine gennaio 1936, infuria l’aspra battaglia del Trembien. A Mai Beles, già ferito da armi da fuoco, P. Reginaldo continua nel pietoso ufficio di confortare e assistere i feriti e i moribondi. Mentre si avvicina a un giovane soldato, gravemente ferito e morente, per amministragli gli ultimi Sacramenti, il 21 gennaio 1936, 80 anni fa, P. Reginaldo Giuliani è trucidato dalla scimitarra di un abissino. Cade stringendo il Crocifisso tra le mani, dopo aver detto: “Io non lascio i miei, muoio qui in mezzo a loro”.
Dal 31 ottobre 1956, i suoi resti riposano nella chiesa di S. Domenico a Torino, sotto lo sguardo della Madonna del Rosario. Medaglia d’oro al valor militare, ma soprattutto vero ardito di Cristo, che intese la vita come militia Jesu Christi, con la fierezza di vivere, militare e morire sotto le insegne del Re divino. Abbiamo bisogno di preti che abbiano dentro questo fuoco d’amore portato da Gesù e – non temete – ci sono ancora ragazzi pronti a lasciarsi ardere da questo fuoco.
Autore: Paolo Risso
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