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Padre Pietro Leoni Sacerdote gesuita

Festa: Testimoni

Premilcuore, Forlì, gennaio 1909 - Canada, 1995

«Devo proprio ringraziare Stalin, perché dopo quello che mi ha fatto provare, tutto mi è sembrato facile»; questa battuta di padre Pietro Leoni ne illumina la figura di romagnolo autentico, sempre pronto alla battuta. Sacerdote in Russia durante la guerra, viene arrestato nel 1945, condannato a 25 anni di lavori forzati nel 1947 ed infine scarcerato nel 1955. Torturato e umiliato, neanche al ritorno in patria la sua testimonianza trovò adeguata accoglienza. Ci sono voluti altri 40 anni perché si cominciasse finalmente a sollevare il velo sui misteri e i crimini del regime sovietico.


La vicenda di padre Leoni, partito cappellano militare in Russia nel 1941 e rientrato in patria solo nel 1955, ha un “non so che” di straordinario in quanto mentre tutti fuggivano dalla Russia nella ritirata successiva all’8 settembre 1943, lui andava incontro ai russi per evangelizzarli.
Per il gesuita, formatosi come missionario al Russicum, il pontificio istituto per la formazione dei sacerdoti che volevano recarsi presso i popoli slavi, il comunismo era distruzione della dignità umana e spese tutta la sua vita, non a parole, ma con i fatti, per fare in modo che in tale distruzione ci fosse una piccola luce che illuminasse le tenebre di un totalitarismo diabolicamente omicida.
Forse, tra i più anziani, qualcuno ancora ricorda un sacerdote esile, con il pizzo e gli occhialetti di metallo, la sua storia di missionario, l'udienza speciale che gli concesse papa Pio XII. E certe cronache dei giornali di 54 anni fa, quando padre Leoni ritornò dalla Russia mettendo in imbarazzo i comunisti italiani che descrivevano questo gesuita italiano appena rientrato in Italia , nel maggio del 1955, dopo 10 anni di sofferenze nel gulag, come un millantatore. Non volevano infatti riconoscere la spietatezza del regime comunista che si dimostrò tale l’anno successivo con l’invasione dell’Ungheria e la conseguente scissione della sinistra.
Le vicende del padre Leoni furono straordinarie fino alla fine della sua vita : il gesuita, infatti, morì libero ma non certo nel proprio letto, poiché mancò il 26 luglio 1995 facendo un bagno in un lago di quel Canada dove per tanti anni aveva infine servito la comunità russa.
Padre Pietro Leoni, nato nel 1909, quinto di sei fratelli in una modesta famiglia contadina, era entrato in seminario nel 1922, nella compagnia di Gesù nel 1927 e al Collegio Russicum nel 1934, per venire infine ordinato sacerdote di rito bizantino - slavo nel 1939, destinato alla missione in terra russa. Anche nell'elenco delle date si può riscontrare  l'impatto di un'epoca precisa nella storia della Chiesa quando era importante utilizzare specifiche vocazioni per tutelare e difendere ,negli anni della guerra fredda, la fede  dei cristiani nell'Unione Sovietica.
Il Russicum era stato fondato solo nel 1928 per rispondere alla persecuzione antireligiosa che, per tutti gli anni Venti, fece strage nel clero della maggioranza ortodossa come in quello della minoranza cattolica (nel 1939, dei 900 sacerdoti ne restavano solo 2), ma aveva anche il compito di lavorare per riunire i fratelli cattolici e ortodossi intorno al Pontefice Romano.
Padre Leoni faceva parte di una classe di 25 missionari usciti dal Russicum tra il 1935 e il 1939, alcuni dei quali entrarono poi nell'Urss in modo clandestino. Anche lui arrivò in Unione Sovietica nel 1941 come cappellano militare. E comprese subito , in quelle terre ucraine dov'era arrivato al seguito delle truppe d'invasione italiane, l'impianto totalitario del bolscevismo e la natura tirannica dell'occupazione nazista, che comunque in Ucraina godette di qualche seguito. Si rese conto anche della profonda complessità della Chiesa ortodossa, Chiesa di regime e Chiesa martire allo stesso tempo. Ma, nonostante tutto, non perse mai il coraggio e il desiderio di evangelizzare.
Rimpatriato, con la ritirata italiana, nel maggio 1942, smobilitato nell'aprile 1943, padre Leoni rientrò presto in Ucraina e in particolare si recò a Odessa, dove c'era una comunità di 8.000 cattolici in gran parte di origine tedesca, appena in tempo per assistere all'avanzata sovietica. Il suo arresto arrivò poco dopo la Pasqua del 1945: quando la guerra era ormai finita, anzi vinta, e Stalin spazzò via quel poco di tolleranza religiosa che aveva in precedenza concesso per rinsaldare lo spirito del popolo russo di fronte ai sacrifici inumani imposti dal conflitto.
Da quella momento iniziò per il gesuita una via crucis nei campi di concentramento del sistema sovietico che avrà fine solo il 30 aprile 1955 e che, per durata e crudeltà, si avvicinò molto a quelle descritte da Aleksandr Solzenicyn in «Arcipelago Gulag». Le tappe furono: i cinque mesi dell'istruttoria tra la Lubjanka e il carcere d'isolamento di Lefortovo; la prima condanna a 10 anni di campo e il trasferimento nelle foreste di Mordovia; la seconda condanna a 25 anni nel 1947 e lo spostamento nell'incubo siberiano di Vorkuta; dovette subire anche il tradimento da parte di altri religiosi ma mitigato dalla compassionevole condivisione della sofferenza con gli altri prigionieri e sacerdoti come lui reclusi e purtroppo destinati a sparire nel gulag. Padre Leoni patì soprattutto infinite punizioni sotto forma di digiuno, isolamento, aggravio di lavori già penosissimi e numerosi ricoveri in infermeria o in ospedale...
Eppure nella storia di padre Leoni non è tutto questo che è sostanziale in lui. Quasi confonde , invece, oltre che l'inflessibile spirito evangelizzatore di Leoni che prega e catechizza sempre, anche nei più duri lavori forzati, la sua comprensione istintiva dell'essenza del comunismo. Il gesuita Leoni ben presto capì che, come tutti gli apparati totalitari, il bolscevismo fu sostanzialmente una dottrina antropologica e non politica intesa a sopprimere la dignità dell'essere umano assai più che costruzione di un diverso assetto sociale. Nella sua ostinata opposizione, Leoni si prefisse il compito di elevare la dignità dell'uomo diventando così il nemico primo dell’ideologia comunista.


Note:
Per approfondire: A. Costa – E. Zini, La Fede e il Martirio. Padre Pietro Leoni S.J., un missionario italiano nell'inferno dei Gulag, Il Cerchio, 2001

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Aggiunto/modificato il 2009-10-23

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