La vita semplice di un simbolista cristiano Discendente da una famiglia fra le più antiche — le sue origini risalgono almeno al 1087 — e le più illustri della regione francese del Poitou, Louis Charbonneau-Lassay nasce a Loudun il 18 gennaio 1871. Animato sin dalla prima giovinezza da una profonda fede cristiana, matura la decisione di entrare come novizio nella congregazione dei Fratelli di San Gabriele presso la casa madre di Saint-Laurent-sur-Sèvre, dove sarà ammesso con il nome di frère René. Appassionato di studi patristici, svolgerà la professione d’insegnante a Poitiers e Moncoutant. Discepolo dello storico loudunese Joseph Moreau de la Ronde, Charbonneau-Lassay intraprende con profitto studi di archeologia, di numismatica, d’araldica, di sigillografia e di folclore, inaugurando nel 1892 un’attività scientifica che lo porterà a pubblicare centinaia di articoli sulla Revue du Bas-Poitou — di cui sarà anche il segretario, dal 1913 —, sul Bulletin de la Société des Antiquaires de l’Ouest — al quale è iscritto dal 1900 e il cui sovrintendente, l’erudito gesuita Camille de la Croix (1831-1911), nel 1912, verrà sostituito dallo stesso Charbonneau-Lassay — e su altre riviste specializzate. Le sue ricerche gli varranno anche la collaborazione, fra il 1903 e il 1905, alla Revue de l’ècole Nationale d’Anthropologie de Paris e l’affiliazione alla Société Archéologique de Nantes. Nel 1903 — dopo che, nel 1901, il governo guidato da Pierre Waldeck-Rousseau (1846-1904) ha soppresso le congregazioni religiose — i Fratelli di San Gabriele si sciolgono e Charbonneau-Lassay torna allo stato laicale. Per la qualità dei suoi studi è accolto, nello stesso anno, nell’Ordine Romano degli Avvocati di San Pietro e riceve la medaglia d’onore della Société Française d’Archéologie. Conservatore di tre musei archeologici, corrispondente delle Belle Arti e collaboratore del prestigioso dizionario di archeologia cristiana e di liturgia dei monaci benedettini di Farnborough, nel 1915 pubblica uno studio monumentale sui castelli di Loudun, che gli varrà, nel 1931, il titolo di Officier d’Academie.
Da Paray-le-Monial a "Regnabit" Gli anni della maturità intellettuale di Charbonneau-Lassay rivelano la sua particolare maestria — anche artistica, tenuto conto della consuetudine d’illustrare da sé i propri studi con numerose immagini incise su legno — nel districarsi nell’immenso patrimonio del simbolismo cristiano che, proprio all’inizio degli anni 1920, veniva riscoperto soprattutto grazie al nuovo vigore assunto dalla devozione al Sacro Cuore. Uno dei luoghi "chiave" di questa storia è il santuario di Paray-le-Monial, che ricorda le apparizioni seicentesche del Cuore di Gesù a santa Marguerite-Marie Alacoque (1647-1690). Nel 1873 il gesuita Victor Drevon (1820-1880) — poi vice postulatore della causa di beatificazione del gesuita san Claude de La Colombière (1641-1682), confessore della santa — fonda a Paray-le-Monial il centro studi Hiéron du Val d’Or, insieme con il barone Severin-Florentin Alexis de Sarachaga-Bilbao y Lobanoff de Rostoff (1840-1918), un nobile spagnolo legato per linea materna alla Corte imperiale russa e imparentato attraverso il padre a santa Teresa d’Avila (1515-1582), interessato tanto all’esoterismo cristiano quanto alle idee della regalità sociale di Cristo e della Comunione riparatrice, alla cui diffusione è incoraggiato dallo stesso Papa Pio IX (1846-1878). Da museo eucaristico, costruito secondo un preciso piano simbolico, lo Hiéron si trasforma nel 1877 in un’organizzazione non del tutto esente da tematiche e da dottrine singolari. Alla morte di Sarachaga rimangono a Paray Georges Gabriel de Noaillat e la moglie Marthe Devuns (1865-1926), che riorienteranno lo Hiéron in una prospettiva nettamente più ortodossa, impegnandosi fra l’altro per l’istituzione della festa di Cristo Re, stabilita da Papa Pio XI (1922-1939) con l’enciclica Quas primas, del 1925. Nel numero dei frequentatori del centro di Paray-le-Monial si trova padre Félix Anizan (1878-1944), oblato di Maria Immacolata, che già dal 1909 aveva concentrato il suo apostolato attorno alla devozione e alla dottrina del Sacro Cuore. Convinto che "il Sacro Cuore non ha, nella vita cristiana e nel pensiero cattolico, il posto che gli spetta", decide di fondare una rivista scientifica dedicata all’esame del tema da vari punti di vista: dogmatico, morale, ascetico, mistico, liturgico, artistico e storico. Così, nel giugno del 1921, esce il primo numero di Regnabit. Revue universelle du Sacré-Cœur: fra i primissimi collaboratori della pubblicazione — edita con il patrocinio di un comitato presieduto dal cardinale Louis-Ernest Dubois (1865-1929), arcivescovo di Parigi, e di altri quindici prelati di tutti i continenti, e che il 10 marzo 1924 ottiene una speciale benedizione apostolica inviata a nome del Pontefice dal segreterio di Stato cardinale Pietro Gasparri (1852-1934) — sono il gesuita Auguste Hamon (1860-1939), il benedettino dom Gaston Démaret (1864-1955), dell’abbazia di Solesmes, l’oblato di Maria Immacolata Emile Hoffet (1873-1946), il futuro monsignore Léon Cristiani (1879-1971) e de Noaillat. Su invito del cardinale Dubois, nel gennaio 1922 inizia la collaborazione a Regnabit di Charbonneau-Lassay, che proprio sulle pagine della rivista presenterà i risultati dell’immenso lavoro di riscoperta del simbolismo cristiano — il primo contributo sarà dedicato agli enigmatici graffiti templari ritrovati nel torrione del castello di Chinon —, poi raccolti, nel 1940, nella monumentale opera — impreziosita da ben 1157 incisioni a mano dell’autore — Il Bestiario del Cristo. Charbonneau-Lassay, inoltre, garantirà la prosecuzione di Regnabit, dopo la sua chiusura, dirigendo, dal 1929 al 1939, Le Rayonnement Intellectuel.
Antichi problemi e nuovi conflitti Fra i collaboratori di Regnabit — dal numero di agosto-settembre del 1925 fino al numero di maggio del 1927 —, invitato dallo stesso Charbonneau-Lassay, vi è il codificatore francese dell’esoterismo nel secolo XX, René Guénon (1886-1951). L’amicizia fra i due risale alla comune frequentazione di Olivier de Frémond (1850-1940), intimo amico e collega di Charbonneau-Lassay all’epoca della Société des Antiquaires de l’Ouest, collaboratore, proprio con Guénon, al periodico La France chrétienne anti-maçonnique, — diretto da Abel Clarin de la Rive (1855-1914), che succede nel 1895 al fondatore Léo Taxil (1854-1907). I rapporti fra Guénon e Regnabit s’interrompono bruscamente e con vivaci strascichi polemici, anche — ma non solo, come dimostra lo studio dei dossier relativi alla vicenda — per l’intervento degli ambienti vicini a Jacques Maritain (1882-1973) e in genere neo-scolastici dell’epoca. La firma di un autore, per certo qualificabile sinteticamente post-mortem almeno come non cattolico, su una rivista quale Regnabit, che della professione integrale della fede cattolica faceva una bandiera, con uno zelo finanche missionario, suscita non poche perplessità, per dissipare le quali sarebbe necessario illustrare il grande dibattito sull’interpretazione dei simboli cristiani svoltosi nel mondo cattolico, a cavallo dei secoli XIX e XX, fra la scuola razionalista — uscita vittoriosa dallo scontro —, quella sentimentale-devota e quella simbolica, parzialmente inquinata dalla corrente esoterista emergente. Tentativi di resistenza, nello stesso tempo religiosi, culturali e politici, non mancarono certamente, soprattutto nel campo del simbolismo cristiano: sono celebri i nomi del cardinale Jean-Baptiste Pitra (1812-1889), del vescovo Jean Sébastien Adolphe Devoucoux (1804-1870) e del canonico Charles-Auguste Auber (1804-1892). L’esperienza di Regnabit, con il precedente significativo dello Hiéron du Val d’Or e con il corollario di Le Rayonnement Intellectuel, sembra un tentativo consapevole di riscossa, in cui vengono a confluire personaggi rappresentativi di una problematica che li trascende. È il caso di padre Anizan, di Charbonneau-Lassay e di Guénon: il primo, partendo da una cultura devozionale centrata sul culto al Sacro Cuore, sembra percepire che l’uso dei simboli apre spiragli su un mondo che non è solo sentimentale; il secondo, sulla scorta di una erudizione maturata nello studio della "filologia dei simboli", giunge alla convinzione che questi segni appartengono a un preciso linguaggio; il terzo, infine, condividendo le posizioni "relative" del primo e del secondo, propone una chiave di lettura del discorso simbolico nell’"intento di mostrarne — sono parole sue — il perfetto accordo con le altre forme della tradizione universale", ma, trascurando che, nell’ottica della fede cristiana, Cristo e la sua Chiesa sono Persona e società con una realtà anche storica, cioè sono uniche, irripetibili e "intrascendibili", nega e annienta la portata dell’Incarnazione. Allo stato attuale non può essere ancora fornita una risposta convincente a chi si chiede se accogliere la collaborazione di Guénon fu un’ingenuità del comitato di redazione di Regnabit o una sorta di "strategia" contro un nemico comune — il razionalismo —, come sembra essere stato il caso di Clarin de la Rive per La France chrétienne anti-maçonnique. In ogni caso, si può formulare l’ipotesi che la ragione sostanziale del disaccordo risieda — allora come oggi — in modo particolare nel complesso e delicato rapporto fra cristianesimo ed esoterismo cristiano — forse sarebbe meglio dire "gnosi cristiana" — e nel significato da attribuire alla nozione di "Tradizione primordiale", con tutte le conseguenze dottrinali e applicative, soprattutto in ambito religioso, che una tale concezione — autentica cifra dell’opus guénoniano — pone in essere.
"Il Bestiario del Cristo" Gli anni di Regnabit e di Le Rayonnement Intellectuel vedono Charbonneau-Lassay dedicarsi interamente all’esplorazione del simbolismo cristiano, scegliendo come punto di partenza un particolare genere letterario, codificato fin dall’antichità cristiana: il bestiario. In verità, nel progetto originario l’autore avrebbe voluto un’opera esaustiva, che comprendesse volumi non solo sul bestiario ma anche sul ruolo emblematico dei vegetali, dei fenomeni celesti, dei simboli geometrici e dei segni grafici, dei simboli liturgici, dell’iconografia dei personaggi mitologici, pagani e biblici, e infine del simbolo supremo del Cuore di Cristo. Egli riuscirà a scrivere vari articoli sui temi in questione, ma solo l’opera sul simbolismo animale — ultimata già nel 1934 — vedrà la luce solo nel 1940, per i tipi della prestigiosa casa editrice belga Desclée de Brouwer, e gli varrà le felicitazioni di Papa Pio XII (1939-1958), cui è dedicata la prima copia tipografica. La realizzazione di questo straordinario monumento di arte cristiana — noto anche per gli enigmatici suggerimenti dati a Charbonneau-Lassay da alcune confraternite ermetico-mistiche di origine tardo-medievale con le quali entra in contatto, l’Estoile Internelle e la Fraternité des Chevaliers du Divin Paraclet — è accompagnata da avvenimenti dolorosi per l’autore, che nel 1943 perde la moglie Hélène Ribière — sposata in tarda età, nel 1929 —, ed è colpito dall’incendio della casa editrice — in Belgio, durante l’occupazione tedesca —, che provoca la distruzione di buona parte della tiratura dell’opera, ristampata solo trent’anni dopo la morte dell’iconografo loudunese, sopraggiunta il 26 dicembre 1946 in conseguenza di un’incurabile malattia ghiandolare. Ma — come ricorda lo stesso Charbonneau-Lassay nel diario il giorno in cui riceve la prima copia personale de Il Bestiario del Cristo — "sono felice perché così rimarrà qualcosa che lavorerà per me quando non sarò più di questo mondo".
Per approfondire: quanto alle opere di Louis Charbonneau-Lassay, vedi Il Bestiario del Cristo, 2 voll., 1994 (2a ed. 1995); Il Giardino del Cristo ferito, 1995; e Le Pietre misteriose del Cristo, 1997, volumi dell’opera omnia sul simbolismo in corso di pubblicazione in italiano a mia cura presso le Edizioni Arkeios di Roma; sulla biografia, vedi Stefano Salzani e P. Zoccatelli, Hermétisme et emblématique du Christ dans la vie et dans l’oeuvre de Louis Charbonneau-Lassay (1871-1946), Archè, Parigi-Milano 1996, con ampia bibliografia; ulteriori approfondimenti in Jean-Pierre Brach e P. Zoccatelli, Courants renaissants de réforme spirituelle et leurs incidences, in Politica Hermetica, n. 11, Pouvoir du symbole, 1997, pp. 31-46.
Autore: PierLuigi Zoccatelli
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