Il 4 aprile 1900, andava all'incontro con Dio, tra il pianto grande dei suoi parrocchiani, don Gaetano Guidi, "curato" delle Budrie e di S. Giovanni in Persiceto (Bologna). La sua fama di santità è ancora viva oggi a più di cento anni dalla sua morte. Ed è per questo che nella sua antica parrocchia, nell'anno giubilare 2000 si è inaugurato un centro a Lui dedicato ed è uscito un nuovo profilo biografico: “Il curatino delle Budrie”, Ed. Dehoniane, Bologna, 2000.
Gaetano Guidi era nato il 12 gennaio 1822 a Bologna da una cristiana famiglia di commercianti. Ragazzo di 12 anni, appena ricevuta la I° Comunione, aveva sentito il desiderio di farsi prete... Nel Seminario di Bologna, compì gli studi con impegno e profitto, vivace e intelligente, sciolto nella parola, innamorato di Gesù e della Madonna, assai amato e apprezzato da superiori e compagni.
Un umile pastore
Il 21 settembre 1844, a 22 anni, era ordinato sacerdote dal Card. Oppizzoni, Arcivescovo di Bologna, e mandato a collaborare - a imparare a fare il prete - con don Antonio Costa, Parroco di S. Martino in Bologna: 13 anni di ministero nascosto e attento soprattutto ai più “piccoli”, privilegiando sempre il catechismo, come base della formazione cristiana e principio di santità.
Godeva già di una grande stima, come “uomo di Dio”... Il 12 marzo 1857, il Card. Michele Viale Prelà, nuovo Arcivescovo della diocesi petroniana, lo mandava Parroco alle Budrie, piccolo borgo sulle rive del Samoggia. Subito fu chiamato “il curatino”, per la sua minuscola statura, lo sguardo un po’ trasognato, apparentemente insignificante, ma presto tutti si accorsero che ardeva di amor di Dio, insaziabile di annunciare Gesù e di farlo amare, di raccogliere tutti i suoi attorno all’altare per la S. Messa.
Già nella prima visita alle famiglie per la benedizione pasquale, don Guidi conobbe un’angelica creatura, Clelia Barbieri, appena decenne, essendo nata il 13 febbraio 1847, ma già posseduta dal desiderio di farsi santa e di trasmettere Gesù alle anime. Don Guidi diventò il suo direttore spirituale e la condusse a vivere per Gesù solo, la coinvolse tra i suoi “operai della dottrina cristiana”, ne fece la catechista appassionata e con il testo luminoso redatto dal Card. Viale Prelà, con il fascino della sua giovinezza conforme a Cristo, con i suoi singolari doni di Verità e di grazia.
A Clelia, piccola e fragile eppure tanto autorevole, si unirono presto altre giovani amiche: ricordiamo tra tutte Orsola Donati, ora avviata alla gloria degli altari, Don Guidi, mentre si prendeva cura dei suoi parrocchiani, uno per uno, con l’amore di Gesù, buon Pastore, comprese che da quel piccolo nucleo Dio stava per far nascere una nuova Famiglia di serve e di apostole del Vangelo.
Nei tempi difficili, in cui i cattolici dopo l’unità d’Italia erano perseguitati nell’estate del 1866, don Guidi, come altri confratelli, patì il carcere per amore e fedeltà a Cristo. Rilasciato, fu quasi subito di nuovo indagato dall’autorità civile, che nel “Ritiro” cui Clelia stava per dar vita aveva visto un “concentramento di monache”, proprio nel momento della soppressione degli Ordini religiosi da parte delle leggi (persecutorie) dello stato.
Non si arrese, don Guidi, e il 1° maggio 1868, quasi furtivamente nacque la Famiglia che nel 1878, il Car. Lucido Parocchi, Arcivescovo di Bologna, avrebbe chiamato “le Minime dell’Addolorata”. Dalla sua direzione esperta di uomo di Dio, Clelia Barbieri giunse alla santità più splendente, quando andando a vedere “il caro sposo Gesù”, il 13 luglio 1870, a soli 23 anni, apparve la più giovane fondatrice della Chiesa. La “santità giovane” di Clelia, Papa Giovanni Paolo II l’avrebbe riconosciuta il 9 aprile1989, iscrivendola tra i santi con la solenne canonizzazione in S. Pietro a Roma: il frutto più prezioso dell'apostolato di don Gaetano Guidi.
“Alter Christus”
Nel medesimo tempo, egli si prese cura con la passione del sacerdote interamente configurato a Cristo, della sua parrocchia. La sua “pastorale” leggendo i resoconti delle visite dei Cardinali Arcivescovi succedutisi sulla cattedrale di S. Petronio, Viale Prelà (1895), Morichini (1874), Parocchi (1878), Svampa, (1895), può apparire soltanto ordinaria.
Ma ascoltate ciò che narra la sua biografia: “La sua chiesa parrocchiale è sempre aperta” dall’Ave Maria del mattino all'Ave Maria della sera e vi si celebrano ogni giorno, “gli uffici divini", cioè la S. Messa – la sua e quella del vice-parroco – al mattino, il Rosario e la benedizione eucaristica alla sera; la S. Messa solenne con la predica, i Vespri con la “dottrina” ogni domenica e festa di precetto; c'è ogni giorno la possibilità di confessarsi e di pregare davanti al Tabernacolo.
Il Parroco è il primo a darne l’esempio e l’invito con la sua continua disponibilità ai suoi parrocchiani e a chiunque lo avvicini, a ogni ora del giorno è facilissimo incontrarlo, don Guidi, perché sembra aver fatto voto di “stabilità perpetua”, non uscendo mai di casa, se non per i suoi doveri di pastore. Su di lui, in una parola, si può sempre contare in ogni momento della gioia, e ancor più del dolore, del dubbio e della solitudine: davvero è, a immagine di Gesù, “l’amico che, mentre tutti se ne vanno, lui mai ti abbandona, né sopporta che alla fine si vada perduti" (Imit. Christi, 2,7, 1).".
Dai giorni, in cui è giunto alle Budrie, egli ha trovato già presenti i “gruppi parrocchiali” del suo tempo: le Confraternite del SS.mo Sacramento, del Preziosissimo Sangue, l'Unione di S. Anna. Sono “sodalizi” di christifideles laici, che si impegnano in una più intensa vita cristiana, incentrata sull'affezione al Crocifisso e all'Eucaristia, con la preghiera e la fedeltà ai propri doveri nel mondo. Don Guidi ha continuamente incoraggiato e accresciuto queste confraternite, invitando i membri alla Confessione-Comunione frequenti, all'adorazione davanti al Tabernacolo, alla presenza alla Messa e alle processioni, anche in modo visibile con i loro distintivi.
È davvero ordinario tutto questo? È frutto di fedeltà e di eroismo che rende il quotidiano straordinario: tutto è comune, ma in modo fuori del comune. È la conferma dell’elogio che gli ha scritto il Card. Svampa: “Don Guidi, eccellente sacerdote”. È davvero straordinario per la sollecitudine eroica con cui avvicina i suoi “figli”, con il colloquio personale, la disponibilità continua alle confessioni e alla direzione spirituale, il catechismo condotto durante tutto l’anno, la diffusione della buona stampa, l’attenzione ai piccoli e ai grandi avvenimenti della Chiesa… Soprattutto con la preghiera prolungata, l’esempio di una vita sacerdotale, vissuta con cuore solo con Gesù Sacerdote e Ostia, con lo stile di vero “alter Christus”.
Primavera di vocazioni
È ovvio - per la logica di Dio - che in una parrocchia retta da un Parroco così, a un certo punto si trovi una autentica primavera di vocazioni, come accade negli ultimi due decenni del suo ministero ed è documentato anche visivamente dalla bella foto, in occasione del suo 50° di Messa, in cui don Guidi appare circondato da una decina di seminaristi budriesi.
I ragazzi che lo vedono, soprattutto durante le celebrazioni, ne rimangono affascinati, e molti di loro desiderano diventare come lui. Ci sono due fratelli, figli di un’orfana cui Clelia Barbieri aveva fatto da mamma: si chiamano Teobaldo e Francesco Gardini, ed entrambi diventeranno sacerdoti, il primo sarà parroco a Lavino, il secondo sarà Vescovo di Bertinoro. Proprio Mons. Francesco Gardini ricorderà, insieme a se stesso e a suo fratello don Teobaldo, gli altri sacerdoti cresciuti alla scuola di don Guidi: “Tra le grandi grazie, fattemi dal Signore, io pongo quella di essere nato e di aver vissuto la mia fanciullezza nella parrocchia retto dallo zelante Parroco don Guidi e attribuisco al suo governo e al suo buon esempio, la mia vocazione e quel piccolo bene che la Provvidenza ha disposto che io operi nel mondo”.
Subito dopo, Mons. Gardini cita nome e cognome di altri sacerdoti budriesi, diocesani e religiosi, e delle suore, formatisi alla scuola di don Guidi, evidenziando che la sua opera è stata davvero grande nel cuore delle anime, a cominciare dalla gioventù: una gioventù che egli ha affascinato per Gesù. Viene spontaneo domandarsi qual è il segreto di tanta fecondità apostolica, qual è il centro della sua vita? Non può essere che uno solo per il presbitero, che è ordinato prima di tutto ed essenzialmente per l’Eucaristia: “sacerdos propter Eucaristiam”.
Tutto l’ideale, tutto il cuore, tutta la vita di un sacerdote è nel Sacrificio della Messa. Andare all’altare, offrire il Sacrificio della Messa e dare Gesù Cristo alle anime, la vera Vittima alle anime. Ecco tutto il sacerdozio e il sacerdote. È nella passione-immolazione del Cristo, in adorazione al padre, in espiazione del peccato e per la salvezza del mondo, perpetuata dal Sacrificio della Messa, il centro della sua vita, del suo ministero, del suo apostolato, il segreto della strardinaria fecondità della sua azione.
“La sua Messa”
Lo affermano i due fratelli Gardini: “Non si può passare sotto silenzio il suo modo di celebrare i divini Misteri e le sacre Funzioni. Chi assisteva alla messa celebrata da don Guidi, rimaneva meravigliato per la sempre massima devozione, che lasciava trasparire la grande estimazione per la Messa, e la fede profonda; massimamente nei momenti più solenni della Consacrazione e della Comunione”. “La sua devozione fu singolarissima e la pietà profonda. Oh, la sua Messa! Insomma le Budrie hanno avuto il privilegio di un Parroco santo, la cui influenza è durata per diversi decenni”.
“In certe ore del giorno – ricorda don Aldo Possenti, il suo ultimo vice-parroco e primo successore – entrava in chiesa e genuflesso sul primo gradino dell’altare maggiore dove si conserva il SS.mo Sacramento, con gli occhi fissi al Tabernacolo, si metteva a pregare con voce più che sommessa e accento di fervore. Più volte, l’ho visto in tale atteggiamento”.
Forte e baldanzoso di Gesù Eucaristico, il più grande Tesoro che gli sia stato consegnato, don Guidi si è fatto tutto uomo di Dio, configurato a Cristo, e si è buttato in ogni forma di ministero, è stato Padre di una Famiglia religiosa, ha sfidato le contestazioni dei potenti, il carcere, e sarebbe andato alla morte, con la forza divina del Santo Sacrificio eucaristico.
Tutto ha compiuto per portare le anime all’altare, quindi alla vita di grazia, alla santità-intimità con Dio, alla vita eterna. Così per i 56 anni del suo ministero fino alla sua ultima ora, in cui mentre la primavera esplodeva sul torrente Samoggia, don Guidi andava incontro al Sommo ed Eterno Sacerdote, il 4 aprile 1900, dicendo con il volto ilare: “Vieni, mio Dio, benedici le tue Figlie – le Minime dell’Addolorata – e i tuoi figli – i miei parrocchiani – e conforta me, povero tuo servo”.
Dalla sua tomba, nella chiesa parrocchiale delle Budrie, come dalla tomba di S. Cecilia Bar bieri, meta di pellegrinaggio e luogo di preghiera, viene ancora oggi il suo invito – il loro invito – il primo comandamento della carità, predicato da Gesù, nostro Maestro e Redentore, l’Unico Salvatore dell’umanità: “Amate Dio è grande e buono”.
Autore: Paolo Risso
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