Sono trascorsi 50 anni dalla sua consacrazione episcopale e quasi 25 dalla sua morte, ma io sento ancora il tepore del suo abbraccio, la sua parola calda e forte: “Passerotto, ama, ama tanto Gesù!”. Sento ancora il suo mandato, il giorno della mia Cresima, mentre mi ungeva la fronte: “Io ti segno con il segno della Croce e ti confermo con il crisma della salvezza…”. “E ora, và nel mondo e sii soldato di Cristo!”.
Un giorno, durante la predica, celebrando la S. Messa nella mia parrocchia, narrò: “Era il settembre 1921. Avevo vent’anni ed ero chierico nel Seminario di Acqui (AL). Vestendo abiti civili, partecipai al Congresso dei giovani cattolici a Roma, con la grande manifestazione che facemmo per dimostrare la nostra fede, il nostro coraggio. Ma subimmo l’attacco delle guardie regie, ordinato dal governo in carica, che aveva proibito la manifestazione. C’ero anch’io… Ma in quel parapiglia si distinse in particolare un giovane di Torino, Pier Giorgio Frassati, che pur finendo arrestato con altri amici, seppe difendere dall’assalto la bandiera del suo Circolo cattolico… Pier Giorgio dovrebbe essere già alla gloria degli altari, ma il suo giorno verrà anche per lui. Io ritornai in Seminario, ad Acqui, più fiero del solito, fiero di appartenere a Cristo, di prolungare la sua vita nel sacerdozio, di consumarmi per Lui e per le anime… Ecco, anche voi, ragazzi e giovani miei amici, dovete vivere e spendere la vita per Gesù, per la Chiesa, per le anime. Qualcuno di voi - anzi molti di voi - deve sentire la sua voce: “Vieni e seguimi” e farsi sacerdote. Io l’ho ascoltato, l’ho seguito, e sono qui, a portare la sua Croce, come sacerdote, come Vescovo, oggi spesso nell’ignominia, ma sempre a fronte alta, con il suo Nome sulla fronte, domani, lo spero, nella vita eterna. Ecco, è lassù che dobbiamo arrivare tutti”.
Nell’Azione Cattolica
Chi parlava così calamitando l’attenzione di tutti, anche per più di un’ora, senza mai lasciar dormire nessuno, si chiamava Giacomo Cannonero ed era nato a Ovada (Alessandria) il 31 gennaio 1902. Il 13 luglio 1924 a soli 22 anni, era stato ordinato sacerdote. Era andato a completare gli studi con la laurea in teologia a Genova e una seconda laurea in Diritto canonico all’Apollinare a Roma: tra i suoi maestri un certo Mons. Alfredo Ottaviani, tra i suoi giovani amici un certo Giuseppe Siri, i quali entrambi faranno parlare di sé nella Chiesa di Dio e oltre…
Tutt’altro che uno sprovveduto questo don Giacomino, che già allora aveva fede robustissima e parola forte, un appassionato di Gesù e della sua Chiesa, incapace di compromessi.
Per tre anni, è Vice-Parroco, poi segretario del suo Vescovo Mons. Lorenzo del Ponte e docente di “Teologia dogmatica” in Seminario ad Acqui.
Conosce bene gli errori che circolano nel mondo e nel suo insegnamento li confuta, propone e spiega la Verità tutta intera del dogma cattolico. Lavora a fondo in mezzo alla gioventù: “All’Azione Cattolica - dirà un giorno - oltre che alla mia famiglia e al mio Seminario, devo la mia formazione spirituale, e fui per una quindicina d’anni, Assistente diocesano della gloriosa G.I.A.C.; tutto ciò non lo potrò mai dimenticare, perché è diventato come una necessità del mio vivere, una legge del mio operare” (27 dicembre 1952).
Dunque la vita e il sacerdozio vissuti come culto a Dio e impegno a tempo pieno per condurre le anime a Lui e radicare Cristo nella società. Don Cannonero è anche predicatore di missioni al popolo: quando parla, nessuno dorme e la sua parola è apologia della fede e della Chiesa, è conquista di cuori e vite a Gesù Cristo. Neppure gli anni terribili della guerra, assai duri anche ad Acqui, non riescono a fermarlo. Come, dopo la guerra, offre il suo contributo per la ricostruzione delle famiglie e della società “in Christo Jesu”. Propone dei modelli di vita, ai quali è lui il primo a guardare per imitarli, per ispirarsi: S. Giovanni Bosco, Mons. Giuseppe Marello… e la giovane Teresa Bracco (1924-1944), martire a vent’anni, per la difesa della sua verginità, proprio in terra acquese, oggi “beata”.
Nel 1950, l’Anno Santo voluto da Pio XII “per il grande ritorno e il gran perdono”, il 29 giugno, solennità dei SS. Pietro e Paolo, Mons. Cannonero è consacrato Vescovo: sarà coadiutore, con diritto di successione, di Mons. Umberto Rossi, Vescovo di Asti, al quale succede l’11 novembre 1952. Il suo servizio episcopale ad Asti durerà di fatto 21 anni, fino a 5 settembre 1971.
Pastore d’anime
Ancora da Vescovo coadiutore, il 18 giugno 1951, così scrive “ai sacerdoti giovani”: “Figli di questa povera generazione ammalata e distratta, superficiale e nervosa… hanno spesso delle magnifiche doti esterne, ma alla loro attività manca l’anima… Dimenticano una verità fondamentale, la verità espressa da Gesù con le parole: “Chi è unito a me, produce molto frutto”. Ora l’unione vitale e abituale a Cristo si attua per mezzo dello spirito di orazione e di preghiera. I preti che lasciano solchi profondi nelle anime, sono ancora sempre i preti che conoscono le ore di intimità con Dio e non quelli che si danno arie di modernità e credono di rinnovare il mondo solo perché sono presuntuosi e gonfi di se stessi”.
È già il ritratto e lo stile di Mons. Cannonero e per gli anni del suo episcopato, in fondo, non ripeterà che questa lezione, sotto forme diverse. Nella sua prima lettera pastorale (27 dicembre 1952), afferma con autorevolezza: “Quando fui designato all’onore e all’onere dell’episcopato e dovetti scegliere tra l’altro uno stemma… lo scelsi come mi dettò il cuore. Volli così nella parte inferiore un mare più o meno tempestoso; nella parte superiore una stella: la Madonna! Ne volli il monogramma accanto alla stella e sulla grande “M”, la corona regale. In fondo le parole del salmo 118: “Servus tuus sum ego”. Nella mia intenzione erano rivolte alla Madonna, nello spirito della schiavitù d’amore di quel grandissimo santo che fu L. Luigi de Montfort”.
Sarà il Vescovo della Madonna e dell’Eucaristia, così come è evidente dai Congressi eucaristici-mariani da lui celebrati in diversi centri della diocesi e nelle Lettere pastorali, numerose e di singolare bellezza così come si può vedere solo scorrendone i titoli: “La Mamma che piange” (1954), “S. Domenico Savio e la Madonna: salviamo la gioventù” (1955); “O Chiesa mio amore!” (1956); “Messaggio materno per i nostri tempi” (1957); “La divina Maternità di Maria” (1958); “La Chiesa Corpo mistico di Cristo” (1959); “Il regno di Dio sulla terra” (1960); “Io sono la vita” (1961)… Bastano questi titoli a far risaltare Mons. Cannonero, come maestro della Fede, sacerdote di Dio e padre delle anime, ad immagine di Cristo, il pastore lucido e forte che vede e vigila (Vescovo = vigilante!) e difende dai lupi la porzione del gregge che gli è stata affidata, anche dai lupi travestiti da gnelli che non mancano mai in mezzo al gregge.
Il primato del Crocifisso
Gli anni del post-Concilio lo vedono al suo posto senza mai cedere alle mode correnti, sicuro che quando viene meno una sola Verità del Credo e della Morale cattolica, tutto, presto si disgrega e grande è la rovina.
Al centro della sua azione rimane per tutto il suo episcopato quanto ha scritto con semplicità e chiarezza nella sua prima Lettera pastorale: “È nostro dovere conservare nella sua piena validità e nella sua piena efficienza questa forma insuperabile di formazione cristiana, questo strumento potentissimo di rinascita spirituale. Altre manifestazioni esterne di vita cristiana possono illudere e deludere, questa no. Qui si punta direttamente su quelle che sono le sorgenti della vita cristiana: la Confessione e la Comunione”.
Discorso da vero sacerdote, certamente, non da psicologo e da sociologo e neppure da “operatore pastorale”: vero sacerdote, cioè colui che si offre a Dio e dona Dio, con quanto comporta nel ministero più autentico: nella preghiera, nell’intimità con Gesù, nella disponibilità per le confessioni e nella direzione spirituale, nella lotta contro il peccato e contro gli errori delle ideologie contemporanee del laicismo, dell’ateismo, del comunismo (oggi camuffato), della negazione di Dio sotto ogni forma, nella predicazione e nella difesa della Verità immutabile, andando anche e spesso contro-corrente. Proprio quanto abbiamo bisogno noi oggi, poveri cristiani allibiti e sempre più sconcertati di quanto vediamo e sentiamo, lasciati troppo spesso in balia del dubbio e dell’errore, come se non avessimo più un’anima da salvare, l’inferno da evitare, il Paradiso da raggiungere.
Solo parole, il magistero di Mons. Cannonero, il suo stile contro-corrente al mondo? Affatto, perché lo pagò sopportando la beffa e l’impopolarità, mentre il “mare” del secolo si faceva più tempestoso, prendendo parte nel suo cuore e nella sua carne, sino alla fine, alla Passione di Gesù, per e con Gesù Crocifisso, l’unico Amore della sua vita.
Il I° agosto 1977, in Piemonte festa di S. Eusebio, Vescovo di Vercelli e patrono della regione piemontese, difensore della divinità di Cristo, al tempo del grande S. Atanasio di Alessandria nel dilagare dell’arianesimo, Mon. Giacomo Cannonero, con 53 anni di sacerdozio e 27 di episcopato va incontro a Dio. L’ultima gioia su questa terra, l’aveva avuto il 13 luglio 1974, suo “giubileo” sacerdotale, con la lettera, l’elogio e la benedizione personale di Papa Paolo VI. Quella sua Verità scomoda, quel suo Cattolicesimo non facile, ma forte e felice, è l’unico che può rifare la storia ad immagine di Cristo.
Mi pare di sentire ancora la sua voce come una squilla, una chiamata che innamora e che scuote a ritrovare la propria identità cattolica e il gusto della nostra missione: “O fratelli, o figli, o mio popolo, stringiti attorno al Cristo Crocifisso, stringiti al suo Cuore, con la forza dei militi della Vandea, con la luce e la potenza dei nostri santi, a spendere e a consumare la vita per Lui. Non temere. Tutto passa, Gesù solo resta con la fronte redimita di spine e di gloria!”.
Autore: Paolo Risso
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