P. Domenico Carlo Delprino nacque in Vesime nella provincia d'Acqui in Piemonte il 20 settembre 1809. Conseguì la laurea di Dottore in diritto canonico e civile nella R. Università di Torino. Perfezionò la sua conoscenza in morale nel Convitto Ecclesiastico del Teologo Guala.
Il 10 Novembre 1839 entrò nella Congregazione degli Oblati di Maria Vergine. Dopo la prima destinazione nella casa a Pinerolo per motivo di acuti ed atroci dolori di capo fu trasferito al santuario della Consolata. In breve tempo venne eletto Consultore Generale del Rettor Maggiore Giuseppe Avvaro. Si impegnò nella predicazioni delle missioni popoli in diverse città e villaggi del Piemonte.
Intanto in lui crebbe il desiderio di divenire missionario. Il Rettor Maggiore, cogliendo la sua richiesta, lo destinò alle missioni di Ava e Pegù (Birmania) nella quale già operavano i padri oblati Giuseppe Enrici, Paolo Abbona e Vincenzo Bruno. Questa missione fu affidata agli Oblati di Maria Vergine dalla sacra Congregazione di Propaganda.
Dopo una certa preparazione, tra cui un primo approccio alla lingua inglese, si procurò a Lione molti oggetti di Chiesa, libri ed altre cose utili alla missione e partì per Roma.
Nella capitale l'oblato Padre Gio. Domenico Ceretti, eletto dal Papa Gregorio VII a Vicario Apostolico della missione di di Ava e Pegù, venne consecrato Vescovo di Antinopoli. I due padri oblati dopo aver ricevuta dal Sommo Pontefice una breve udienza partirono da Roma per raggiungere il Cairo.
Intorno alla metà d'ottobre a cavallo di somarelli presero la via di Suez attraverso il deserto. In Suez dovettero dimorare per quindici giorni al fine aspettare il Vapore Inglese diretto per l'India. Sulla nave conobbero un passeggero che si offrì a dar loro delle lezioni di inglese.
Giunti a Calcutta nella metà di Dicembre del 1843 si rimbarcarono l'ultimo giorno dell'anno sulla Fenny che aspettava la marea per poter partire il giorno dopo per Moulmein risalendo il fiume Pamin. Ma il Delprino impaziente di recarsi nella missione sceso di notte in una piroga remò fino a Moulmein coprendo una distanza di circa venti miglia.
Moulmein, città popolosa allora di circa trentaquattromila abitanti giace a latitudine 97 e lon-gitudine 43 dal meridiano di Greenwich presso il confluente del Salnin, del Giam e dell’Altaran. Questo tratto era ancora nel 1829 tutto ingombro di folte selve e di foreste, le quali dall'alto della collina scendevano fin presso le rive del fiume ed erano covili di tigri e d'elefanti. Ma nel 1826 avendo gli Inglesi vinsero in guerra i Barmani e tolte loro, insieme con l'Arcan, queste belle province del Tennasserim, cominciarono a gettarvi le fondamenta d'una città che dalla giacitura del luogo prese il nome di Moulmein, che i paesani chiamano Mo-la-mien-miò, che vuol "dire città fra boschi della collina".
Maulmain oltre a cinquanta Monasteri di Talapuini che sono i Papassi della Buddista religio-ne di Godoma contava quasi cinquemila case fabbricate per la più parte in legno di tech, che meglio del rovere regge alle frequenti piogge dal mese di maggio fino a ottobre, e sono abitate da ogni generazione di genti: Barmani, Peguani, Cariani, Malesi, Siamesi, Cinesi, Indostani, Arabi e Persiani, ed Europei d'ogni nazione. Alle falde occidentali della amena collina che la città divide in due parti, e sulla cui cima torreggiava la principale Pagoda, la Missione Cattolica possedeva uno spazioso terreno cinto all'intorno di muriccioli, di steccati e di dense siepi di canna d'india, entro cui si ergeva la chiesa titolata a S. Patrizio il Presbitero con orfanotrofio maschile, il ginnasio frequentato da più di 80 ragazzi d'ogni paese e d'ogni religione, al la-to opposto l’orfanotrofio femminile. Quest'ultimo è il luogo di residenza del Vicario Aposto-lico della Missione d'Ava e Pegù.
Quasi di rimpetto alla città di Martaben, situata sull'opposta riva del Salnin, vi erano gli alloggiamenti della numerosa guarnigione di soldati europei che il Governo teneva a tutela della città e della provincia. Di questi la metà era cattolica e l'altra metà protestante. Essi avevano i loro rispettivi cappellani stipendiati dal governo.
A Maulmain molta gente era pronta a tutto pur di guadagnare più denaro. La giustizia, spes-so era venduta al miglior offerente, i furti frequenti, il concubinato cosa comune, la prostituzione delle mogli e delle figlie permessa, il lenocinio un mestiere, la verità negletta, la pietà rara. Tale era Moulmein quando vi giunse il Delprino nel Gennaio 1843.
Arrivato il giorno dopo Monsignor Ceretti il Delprimo si accomodò alla meglio nella casa della Missione attigua alla Chiesa dove già dimoravano i Missionari residenti. P. Ignazio Stork, benedettino svizzero e Provicario interinale, e D. Gaetano Boccacci sacerdote romano.
Delprino felicemente superò le prime difficoltà della lingua barmana. Incominciò a confessare in lingua inglese, la visita agli infermi ed a far tutto ciò che il ministero richiedeva.
Intanto il Padre Boccacci per motivi di salute abbandonò la missione e si recò a Calcutta. Poco tempo dopo anche il P. Stork partì per Calcutta lasciando interamente al Delprino la cura dei circa i mille cattolici di Moulmein.
Delprino celebrava ogni Domenica due Messe e predicava tre volte in inglese, due la mattina, ed una la sera.
A Moulmein erano presenti diversi protestanti, specialmente i Battisti Americani i quali inse-gnavano l'invalidità del battesimo dei fanciulli a favore di un'età più adulta. Il Delprino cercò di far fronte alle dottrine protestanti impegnandosi con l'insegnamento della fede cattolica. Diverse furono le conversioni e quasi ogni domenica non mancava il battesimo di qualche a-dulto.
Il Delprino si prese anche cura per il decoro della casa di Dio. Fatta una colletta tra i cattolici fece colorare ad olio la chiesa di legno intitolata a S. Patrizio, ne adornò il presbiterio di rossi drappi con finimenti di trine, frange e galloni argentini, ed eresse due altari laterali uno dedi-candolo al Sacro Cuore di Gesù e l'altro alla Madonna della Consolata.
Fece costruire presso la chiesa una casa destinata per l'educazione per le giovani zitelle sotto la direzione delle religiose che si attendevano dall'Europa.
Era inoltre Cappellano militare di circa seicento soldati Cattolici per lo più Irlandesi che facevano parte della guarnigione di Moulmein. Ci fu una grande corrispondenza alle sue cure pa-terne: un buon numero ogni settimana s'accostavano ai Santi Sacramenti della Penitenza e dell'Eucaristia e diversi vennero anche iscritti alle Sante Confraternite della Madonna del Carmine, e del Sacro ed immacolato cuore di Maria.
Una grande consolazione per il Delprino fu la conversione di diversi protestanti alla fede cat-tolica che i loro padri avevano abbandonata.
Non mancarono però i problemi e le ingiustizie. Ad un certo momento i Superiori dei soldati interdirono l'ingresso negli alloggi militari al Delprino mentre i Battisti potevano continuare ad entrare e uscire a loro piacimento. Contro questa ingiustizia alzarono la voce perfino alcuni giornali protestanti. I soldati cattolici furono poi obbligati di andare alla Chiesa protestante e fu a loro vietato di contribuire alla colletta per i lavori di restauro della chiesa intitolata a S. Patrizio. Alcuni battisti, inoltre, maltrattarono le loro mogli.
Il Delprino non si smarrì d'animo e reagì a tale situazione con delle prediche forti e stringenti a cui accorsero anche molti protestanti e con testi stampati che fece diffondere tra la gente.
Intanto nel Febbraio del 1844 il ritorno del Rev.mo Vicario Apostolico dalla sua visita pastorale fu di notevole sostegno al Delprino per la sua vasta dottrina e per la sua autorità. Sentitosi rinvigorire dalla presenza del confratello vescovo ancora più si impegnò a difendere la verità della fede dalle eresie. Era però consapevole che tutto questo impegno era vano senza la preghiera. Così scrisse al Gallo: "Preghi adunque o mio carissimo D. Gallo affinché il Signore mandi il suo Spirito e rinnovi questi poveri paesi, e preghi principalmente affinché il Signore mi conceda lo spirito di preghiera onde possa per tal mezzo salvare me e meco anche molti altri. Io per i miei peccati mi riconosco indegno della più piccola consolazione dal Signore, e l'assicuro, carissimo, che dopo che sono in Moulmein, ho già avuto ben opportunità di soffrire, e fare penitenza, ma il Signore è buono, e ci dà anche delle volte consolazioni, ché qui in Moulmein a dispetto di tutti gli sforzi dei nostri nemici, si è anche in quest'anno accresciuto il numero dei Cattolici adulti".
Nel 1844 i Missionari Battisti Americani pubblicarono un libretto di 68 pagine intitolato: Sixty reasons and sixty counter reasons che attaccava la dottrina della S. Cattolica Chiesa e i suoi ministri. Il Delprino non tardò a confutare minuziosamente le eresie in esso contenute. Monsignor Ceretti con i padri. Delprino e Pacchiotti con un biglietto a stampa diretto al pub-blico di Moulmein sfidarono gli autori del libretto a provare le loro asserzioni. In caso contrario – come di fatto avvenne, sottraendosi alla sfida - sarebbero stati considerati pubblicamente dei calunniatori e impostori.
Lo stesso Monsignor Ceretti volle scrivere un libretto in difesa della Chiesa Cattolica che fu stampato a fascicoli e diffuso il più largamente possibile dal Delprino.
Volendo poi mettere tutto questo impegno pastorale sotto la materna protezione di Maria il Delprino eresse nella Chiesa un nuovo altare che intitolò al Santo immacolato Cuore di Maria, e vi istituì la Confraternita per la conversione dei peccatori, alla quale molte persone aderirono.
Le fatiche del Delprino si ripercuoterono sulla sua salute. In una lettera indirizzato al P. Gallo che si trovava a Madras il Delfino accusava di essere “bolso come un cavallo” e di avere una tosse molesta.
Nel giugno del 1845 D. Balma, proveniente da Madras, raggiunse il Delprino. Ma nonostante le parole del confratello che lo esortava a prendersi maggiormente cura della sua salute il Delprino, per seguire i lavori che si facevano attorno al Ginecco e la casa che si stava costruendo per le monache, non esitò ad attraversare la fanghiglia e i pantani che si erano formati nel tempo delle piogge che in quell'anno caddero a dirotto più del solito.
Volle riprendere lo studio della lingua Barmana con il desiderio di riuscire in seguito ad impa-rare anche la lingua dei Cariani dei boschi per annunciare anche a loro il Vangelo. Ma la sua salute peggiorava: la tosse si fece ancora più forte e il respiro più affannoso. Il medico gli aveva già dato tutti i rimedi, ma non vedendo alcun miglioramento gli suggerì di abitare per un po' di tempo a Chiachmin (o Amhrest per gli inglesi) dove il clima migliore gli avrebbe giovato.
Ora Amhrest era un piccolo villaggio posto sulla riva sinistra e alla imboccatura del Salnin, in una pianura ricca di vegetazione di banani, di mango, di ananas e di vastissime piantagioni di eccellenti canne di zucchero.
Il paesaggio era delizioso per la veduta delle numerose sume e navigli che andavano e venivano per fare scalo in Maulmein.
Il clima era temperato dalla fresca brezza che spirava al mattino e nel pomeriggio.
Gli abitanti erano scarsi. Tra essi circa una cinquantina erano cattolici, e fra questi in gran parte piloti del fiume che sono dell'antica schiatta Portoghese. Essi avevano una cappella che gli Oblati di Maria Vergine dedicarono alla Consolata. I padri da Moulmein di quando a quando nell'anno vi scendevano per celebrarvi i Divini Misteri e per amministrare i Sacramenti.
Le case in gran parte erano di legno. La casa di punizione e le carceri si distinguevano da es-se per la grandezza del fabbricato e perché costruite in mattoni.
Il periodo di dimora di alcuni mesi a Chiachmin sembrò migliorare la salute di molto. Ma con il cambiamento dei venti in Borea e Grecale si sentì più aggravato di prima e con la tosse si aggiunse la fuoriuscita di sangue dai polmoni.
Così scrisse in una lettera al P. Gallo: "Compare soventemente sangue nello spettorare, né posso più fondatamente credere che venga solo dai denti o dal capo. Comunque sia, tutto viene da Dio pel nostro bene, ed io ne lo benenedico".
Decise allora di ritornare a Mulmein anche perché desiderava rivedere i confratelli oblati.
Da Moulmein per avviso dei Medici venne destinato all'Isola di Ceilano. Qui avrebbe potuto incontrare il novello Vescovo Mons. Battacchini con il quale aveva fatto il viaggio verso l'India tre anni prima. Così decise di partire su una nave che doveva veleggiare verso Madras per poi proseguire verso l'isola di Ceilano. In questo tempo di attesa egli volle celebrare ogni giorno la S. Messa sebbene con gravissimo stento e, nonostante il difficile respiro che rendeva penoso il parlare, non volle mai desistere dalla recita delle ore canoniche.
Intanto venne il giorno 16 Novembre destinato per la partenza. Ottenuta da Mons. Ceretti la paterna benedizione partì portando con sé un ragazzo di quattordici anni chiamato Franesco Copper, che parlava la lingua Inglese Tamulica e Birmana perché lo aiutasse nei suoi bisogni.
Alla fine dell'anno il Delprino arrivò a Madras. Fu alloggiato nella casa del Vicario Apostolico di quella Missione, Monsignore Jennely, il quale gli assegnò una camera comoda e spaziosa. Il medico a cui venne affidato il Delprino per le cure non tenne nascosta la gravità della salute dovuta ai polmoni ormai in gran parte rovinati. Per questo il Delprino perse quasi ogni speranza di guarigione e di vita. Nella sua breve lettera che scrisse scrisse il giorno dopo del suo arrivo a Madras così si legge: "per ora non penso al Ceilano, e se non mi troverò meglio non vi penserò mai. Prestissimo per carità perché io faccia una buona morte".
Intanto le notizie del suo arrivo in Madras giunsero alle orecchie dei soldati cattolici dell'84° Reggimento dei quali era stato Cappellano in Moulmein. In gran numero vennero a visitarlo per tutto il tempo che rimase vivo, specialmente nelle Domeniche. Il Delprino volgeva loro con edificante umiltà ed amore parole di vita eterna e salutari ammaestramenti.
Animato dallo spirito apostolico, nonostante le gambe che più non lo reggevano, volle farsi portare all'Ospedale militare per confortare i malati con la sua parola e con il suo esempio. Anche dei soldati protestanti infermi vollero ascoltare le sue parole piene di conforto. Tra questi soldati quattro si convertirono alla religione Cattolica.
Aggravandosi il male fu costretto a porsi nel letto. Per più settimane ebbe la grazia di parteci-pare alla santa messa celebrata giornalmente da un sacerdote nella sua camera e ricevette la Santa Comunione.
Accanto al letto aveva appeso un'immagine di Maria verso la quale egli volgeva lo sguardo e a cui sovente dirigeva parole di preghiera e di filiale amore. Accettato il suo stato di salute si preparò alla morte. Più volte esclamò: "io bramo morire per istare sempre con Gesù Cristo, e con la sua Madre benedetta".
Ottenuta l'unzione degli infermi, dopo alcuni giorni la febbre aumentò tanto da fargli perdere a volte coscienza, diminuirono le sue forze e il suo respiro si fece affannoso. La mattina del 22 febbraio, giorno di Domenica, ricevette per l'ultima volta la Santa Comunione amministra-tagli dal Gasnnon che celebrò per lui la S. Messa.
Il giorno seguente, il 23 Febbraio 1846, verso mezzogiorno smise di parlare. Era tuttavia co-sciente. Alzò gli occhi al cielo e dopo breve tempo all'età di 36 anni rese placidamente lo spi-rito al Creatore.
I dati contenuti in questa biografia sono stati in gran parte tratti dalla Vita di Carlo Domenico Delprino, Oblati di Maria Vergine, dottore in leggi e Missionario Apostolico dell'Impero Birmano, scritta dall'oblato Luigi Gallo.
Autore: Oblati di Maria Vergine
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