L’organizzazione del laicato cattolico nella diocesi di Fossano ebbe nel vescovo Emiliano Manacorda, alla fine dell’800, un indiscusso protagonista. Campione dell’intransigentismo, mons. Manacorda dedicò alcune lettere pastorali al tema del corretto inserimento del movimento cattolico nella vita della chiesa. Con Manacorda furono istituiti i primi comitati diocesani e parrocchiali di Azione Cattolica (AC), la cui funzione venne indicata nell’opera di diffusione della devozione obbediente al papa e della vita di pietà. Primo presidente del comitato diocesano dell’Opera dei Congressi fu il barone Paolo Righini di San Giorgio, cui subentrò nel 1898 l’avvocato Filippo Crosa. Questa struttura organizzativa durò fino allo scioglimento dell’Opera dei Congressi, avvenuto nel 1904. Nel 1906 a Fossano si approvarono i nuovi statuti e con essi si riavviarono, grazie all’impulso di don Lorenzo Berardo, vicecurato della parrocchia di Santa Maria del Salice, le attività che permisero poi nel 1908 la nascita della Gioventù Cattolica. Nel 1910 sorse il circolo cattolico intitolato al beato Oddino Barotti, cui si affiancarono la sezione della Scuola di Cultura e la società sportiva Forti e Sani, sodalizio destinato ad accogliere negli anni moltissimi fossanesi.
Queste le origini dell’AC nella diocesi di Fossano. Una delle figure più significative del ‘900, che hanno lasciato un’impronta decisiva nella storia della vita associativa, è stato Natalino Bergese.
Trasefritosi a Fossano da Savigliano quando aveva 16 anni, aveva subito cercato di proseguire il suo impegno tra gli aspiranti di AC. Nel ’48 fu tra gli organizzatori della calata dei 300 baschi verdi fossanesi su Roma, per celebrare gli 80 anni della Giac. In quel periodo ebbe come figura di riferimento nazionale Carlo Carretto, presidente nazionale della Gioventù di AC. Dal 1954 – l’anno in cui si consumò la crisi della Giac di Carretto, Mario Rossi e Arturo Paoli, in dissenso con l’indirizzo impresso all’AC da Luigi Gedda – al 1963 fu presidente dei giovani, stringendo un forte legame a Fossano con don Carlo Lenta, poi ritrovato come cappellano dell’ospedale Santissima Trinità.
Ma per l’AC Natalino Bergese è stato soprattutto il presidente degli anni ’70, della scelta religiosa del post-concilio. L’AC è stata per lui l’ambito affettivamente più caro e importante nel complesso di un’attività variegata e multiforme. Una diaconia che ha lasciato frutti durevoli, come hanno testimoniato nel corso degli anni coloro che in AC hanno avuto modo di ricevere la forza della sua testimonianza, il valore del suo insegnamento, l’appassionata dedizione del suo servizio.
Natalino Bergese è stato uomo di fede non meno che uomo d’azione, rigoroso fino allo scrupolo, quasi maniacale nell’impegno, in certi casi fino alla consunzione fisica. Fedele alla Chiesa senza la minima esitazione, fu autore di una lettera esemplare nella vicenda del referendum sul divorzio, che spaccò il mondo cattolico.
Fu inoltre attaccatissimo alla famiglia, che a sua volta l’adorava, e ai tantissimi amici. Lasciò la massima carica associativa nel 1976, all’atto di assumere il mandato di assessore provinciale. Era stato eletto, in Provincia di Cuneo, con quozienti tra i più alti e mai registrati in tutta la Granda. Suo grande estimatore fu l’on. Adolfo Sarti: nel ’79 lo volle candidato alla Camera dei Deputati e Natalino Bergese sfiorò l’elezione. Beppe Manfredi, suo grande amico ed estimatore, ha ricordato come in occasione della campagna elettorale Natalino Bergese non voleva dire o scrivere di essere stato presidente diocesano di Azione Cattolica, proprio per evitare la confusione dei piani o la strumentalizzazione per fini politici dei valori religiosi in cui aveva fondato l’intera sua esistenza.
La città di Fossano lo ricorda anche per l’impegno profuso a favore dell’ospedale: ne è stato presidente dal 1962 al 1976 e tra le curiosità biografiche si ricorda la significativa scelta di andare ad abitare, una volta sposato, nei pressi del nosocomio fossanese, per poter essere più direttamente disponibile, in caso di qualsiasi bisogno.
Un’immagine che testimonia come la società civile abbia potuto cogliere e apprezzare, attraverso Natalino Bergese, l’alto valore sociale dell’opera formativa svolta dall’Azione Cattolica, opera che si è esplicata nel servizio alla comunità e che ha apportato il beneficio di tutta una generazione, segnatamente quella dell’insegnamento conciliare sui laici e sull’autonomia delle realtà temporali, educata a una severa consapevolezza anche dei propri doveri civici, oltre che di quelli religiosi.
Nel discorso di congedo come presidente diocesano, lasciò questo augurio all’AC, ancora alquanto significativo, dopo oltre trent’anni: «L’AC è vocazione, chiamata del Signore e della Chiesa a farci santi, a santificare l’ambiente che ci circonda. Possiate essere degni della fiducia che è riposta in ognuno di voi».
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