Nel gennaio 1623 la salma di S. Francesco di Sales, durante la traslazione da Lione ad Annecy, per una notte venne accolta in casa Gojos. A vegliarlo, tra gli altri, c’era la piccola Jeanne. Aveva solo sette anni, ma quella notte vide cambiare la sua vita.
Era nata il 20 luglio 1615 a Viuz (Véronay), nella diocesi di Ginevra, in una famiglia profondamente cristiana e fu battezzata due giorni dopo, festa di S. Maria Maddalena. Era una bambina dolce e bella, amata in famiglia, in particolare dal nonno paterno Anthelme, uomo ricco e ben considerato in paese per la carità che aveva verso i poveri. A quattro anni Jeanne era stata colpita dal vaiolo che lasciò alcuni segni sul suo volto e, ancora adolescente, fu protagonista di una caduta da cavallo, ma il Signore la preservò per una strada mirabile che avrebbe dovuto percorrere. Il nonno l’accolse nella casa di Ville de Fernay (nei pressi di S. Rambert) per seguirne l’educazione e così ricevette una discreta istruzione, imparò a cantare e a danzare. Ottimi erano gli esempi che aveva in casa: dalla nonna apprese l’amore per la lettura spirituale, imitandola sembrava una vera “filotea”. La fanciullezza di Jeanne passò così, spensierata, ed ebbe anche la fortuna di fare qualche viaggio, mentre si faceva via via più forte nel suo cuore la volontà di darsi tutta a Dio. Lo confessò al sacerdote del paese che in un primo momento cercò di dissuaderla, ma Jeanne chiese con fiducia aiuto alla Vergine e poco dopo riuscì a stabire un contatto con una suora visitandina di Annecy. Solo quando ebbe la certezza che sarebbe stata accolta in monastero, lo disse ai genitori. In particolare il padre soffrì molto della decisione, ma poi la giovane potè seguire la sua vocazione. Partì il 28 dicembre 1635, nel cuore della notte, per rendere il distacco dai parenti meno triste. Due giorni dopo indossò la veste semplice di suora domestica: S. Giovanna Francesca di Chantal, la Fondatrice dell’Ordine, che leggeva nei cuori delle sue monache, non ebbe dubbi nel riconoscerne la vocazione. Per la famiglia era disdicevole che non vestisse l’abito delle coriste, ma Jeanne giudicava che nulla era “minore” nel servizio di Dio. Per la vestizione le fu aggiunto il nome Bènigne. La giovane monaca visse mirabilmente l’impegno di Marta e la spiritualità di Maria.
In quegli anni si delineò l’idea della fondazione di un monastero a Torino, il primo in Italia (c’era già Pinerolo, ma ai tempi era in territorio francese) e per tale scopo si rimandò la vestizione delle postulanti fino al 31 maggio 1637, quando suor Bènigne potè finalmente professare. Madre di Chantal la designò tra quante avrebbero dovuto varcare le Alpi. Partirono il 14 settembre 1638, condotte dalla stessa Fondatrice. Il viaggio durò due settimane. Giunti nella capitale sabauda ebbero la gioia di venerare la Sindone e la poterono baciare, alla presenza di Madama Cristina di Francia. Cooperò alla fondazione del monastero Matilde di Savoia, Marchesa di Pianezza. La Chantal teneva suor Gojos in grande considerazione, le chiese consiglio anche in merito all’acquisto del terreno per costruire il monastero. Madama Reale era assidua nella visita del monastero e si recava persino in cucina per avere la compagnia di suor Bènigne che divenne, inoltre, confidente della Marchesa Matilde e di alcune donne della città. Dopo alcuni mesi, la Chantal dovette anticipare il ritorno in Francia a causa dei venti di guerra che ormai soffiavano su Torino, con gran dispiacere per le monache. Partendo, raccomandò alla superiora, Madre de Lucinge, di tenere sempre in considerazione le parole della giovane monaca.
Suor Gojos fu sempre disponibile nei servizi della comunità, anche durante i difficili frangenti della guerra civile che scoppiò tra i pretendenti al trono dopo la morte del Duca. Per mesi si susseguirono i bombardamenti; le bombe caddero anche nel giardino del monastero e le monache, appena possibile, ripianavano i buchi con la terra. Molti erano i poveri che bussavano alla porta per chiedere aiuto, per tutti c’era una parola di conforto e qualche soccorso materiale.
Suor Jeanne Bènigne e compagne professarono solennemente il 10 giugno 1640, ebbero come madrina della cerimonia Caterina di Savoia, la “Venerabile Infanta”, figlia di Carlo Emanuele I e Caterina d’Austria. Qualche giorno prima era giunta dalla Francia una lettera con cui la Madre di Chantal chiedeva alla Gojos di prendere il velo nero di corista, ma l’umile novizia non volle ritrattare la sua decisione.
La Marchesa Matilde, che molto amava le Visitandine, decise un giorno di donare ad ogni monaca un quadro, ma loro la convinsero che ne sarebbe bastato uno. La nobildonna lo commissionò facendo rappresentare la SS. Trinità, nel mezzo Gesù, Maria e Giuseppe, quindi i Ss. Agostino, Francesco di Sales, la Chantal e la committente in abiti religiosi. Ogni monaca scelse un santo da venerare. Il Bambino Gesù fu assegnato a suor Bènigne che ne fu molto lieta. Le era caro starvi accanto e davanti a quel quadro ebbero inizio alcuni segni del Divino. Le sue doti spirituali erano grandi e il Signore la favorì con doni straordinari. Finita la guerra, la corte tornò a Torino e Madama Reale favorì le visitandine per le preghiere che esse avevano fatto per la pace e lo Stato Sabaudo.
Nel 1644 suor Gojos, per una sciatica che volontariamente non curò, si ridusse quasi alla paralisi. Al culmine del dolore vide la Chantal chiedere al Padre Francesco di guarirla. Il Signore in seguito le suggerì alcune pratiche di grande profitto per la fede, che ogni fedele poteva seguire. Consistevano nell’offrire a Dio ogni azione, nel lodarlo e onorarlo: l’uomo non può far altro che donare il puro suo amore. L’agire di Jeanne Bènigne può essere espresso nei seguenti pensieri: “Tutto per Dio, tutto per la sua gloria e tutto per puro amore”, “per amare Dio perfettamente conviene che l’amore suo regni e imperi sulla nostra ragione e questa sulle inclinazioni e sugli affetti del cuore”, “niente è piccolo di quanto si fa per Dio”. Nell’agosto 1647 fu colpita da una grave malattia, senza che i medici ne comprendessero la causa, anzi con le cure procuravano maggior tormento. Un giorno fu rapita in Dio, con una totale alienazione dai sensi, e davanti alla Vergine Maria chiese al Signore la guarigione. Il giorno dell’Assunzione potè alzarsi dal letto.
Due anni dopo nuovamente si ammalò: il suo letto divenne una croce per i grandi tormenti che provava, ma anche un paradiso per le consolazioni celesti che vi riceveva. Elisabetta Gertrude Provana di Leyni in quegli anni entrò in monastero e avendo alcune indisposizioni fu posta in infermeria, vicino a suor Bènigne. Ne assimilò gli insegnamenti, potendo ossevare la sua dolcezza e pazienza. La Provana trovò incitamento nella vocazione, suor Bènigne le aprì il cuore, confessandole che sentiva di dover espiare, con penitenze, i peccati commessi dall’umanità e impetrare la pace per il Piemonte. Raccontò delle grandi vessazioni che aveva dal demonio, combattute con un totale abbandono in Dio onnipotente. Una domenica, festa della SS. Trinità, sentì che era disposta ad offire al Padre la propria libertà, poi cadde in estasi. Nel 1650 fu sollevata dall’incarico della cucina per l’infermeria dove si prodigò con dolcezza verso tutte le ammalate.
Negli ultimi mesi di vita suor Gojos sentì una grande angoscia al pensiero di diventare di peso alle sorelle, soffriva soprattutto nella notte. Giunse al punto di non riuscire più a cibarsi. Unico suo bene era di raggiungere molto presto il coro e poter fare la comunione. Allo stremo delle forze, la comunità si radunò intorno al suo letto. A tutte le sorelle chiese perdono delle mancanze commesse, poi rinnovò i voti con la formula della professione. Nell’ultima notte cessò completamente di parlare. Ricevuto il viatico, esalò l’ultimo respiro e la dolcezza ritornò sul suo volto. Sparirono le piaghe e a detta del medico fu un miracolo. Era il 5 novembre 1692, le 8 di sera; aveva 77 anni, di cui 57 in religione. Rassicurò i presenti che avrebbe pregato per la città di Torino, per il Piemonte, per l’Ordine della Visitazione. Madre Gertrude Provana di Leyni ne scrisse la vita l’anno successivo alla morte, annotando quanto, per obbedienza, aveva conosciuto a partire dal 1686.
Assiduo frequentatore del monastero fu il beato Sebastiano Valfrè, per la grande devozione verso S. Francesco di Sales e per la considerazione che aveva dei monasteri di clausura, definiti le “cittadelle spirituali”. Nel monastero della Visitazione di Torino celebrò nel 1694, per primo in Italia, la festa del Sacro Cuore di Gesù, ispirata da suor Gojos. Poco distante dalle Visitandine vissero la beata carmelitana Maria degli Angeli (1661-1717) e la cappuccina Amedea Vercellone (1610-1670).
Il manoscritto narrante la vita di suor Bènigne, dimenticato per un secolo e mezzo in archivio, fu ritrovato nel 1846. Nello stesso anno venne pubblicato in francese mentre la traduzione italiana fu edita nel 1869. Il 5 novembre 1908 la serva di Dio Benigna Consolata Ferrero, anch’essa religiosa della Visitazione, per devozione aggiungerà all’atto della vestizione, proprio nel giorno anniversario della morte, il nome della Gojos.
Per informazioni:
Monastero della Visitazione di S. Maria
Strada Vittoria, 15
10024 Moncalieri
e-mail: visit.moncalieri@libero.it
Autore: Daniele Bolognini
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