Aveva solo 16 anni Agnese quando lasciò la sua famiglia e il campo di Pedras Brancas, già determinata a consacrarsi a Dio nella nostra Congregazione, in Brasile. I suoi genitori, papà Fedele e mamma Regina erano di origine italiana e custodivano con amore il patrimonio di fede dei loro padri. Erano sorpresi e grati al Signore che Agnese, la settima dei loro nove figli, chiedesse di diventare suora.
Era nata il 25 ottobre del 1938. Nessuno di loro lo sapeva, ma quando in Brasile nasceva la piccola Agnese, in Italia era appena nata la Congregazione delle Suore di Gesù buon Pastore e da pochi giorni, soltanto 18, aveva trovato il suo nido dove cominciare a crescere: Genzano di Roma. Queste sono le coordinate di Dio che possiamo vedere solo a distanza di tempo.
La piccola venne battezzata pochi giorni dopo la sua nascita e le fu dato il nome di Agnese, quello della giovane martire romana del III secolo, che per amore di Cristo si offrì come agnello innocente nelle mani dei suoi carnefici e imporporò del suo sangue lo stadio di Domiziano a Roma, l’attuale piazza Navona.
Agnese Capeletti crebbe serenamente nell’amore della sua grande famiglia. Sin da piccola diceva sempre che voleva essere “freira”, e un giorno insieme al fratello Fioravante, mentre consegnavano dei laterizi in un cantiere del Seminario Nostra Signora Aparecida, di San Marco, un sacerdote del Seminario, P. Alberto, chiese a Fioravante se voleva diventare sacerdote, ma la giovanissima Agnese prese la parola con prontezza e disse: “Io voglio farmi suora, quale Congregazione mi suggerisce?”. Il religioso rimase stupito e indicò ad Agnese la Congregazione delle Suore Pastorelle, che da poco più di un anno aveva aperto una comunità a Terceira Légua, nei pressi di Caxias do Sul.
E così, un bel giorno, nella stagione in cui in Brasile maturano frutti abbondanti, Agnese entrò in Congregazione, accolta da Madre Eugenia Miana e dalla piccola comunità di Pastorelle e di giovani aspiranti. Era il 6 aprile 1954. La comunità si preparava a celebrare la Pasqua del Signore, che quell’anno cadeva il 18 aprile. Un momento particolarmente significativo per Agnese, perché la sua vita, ben presto, avrebbe attraversato tutto il percorso della Settimana Santa.
Dopo due anni trascorsi a Terceira Légua come aspirante, Agnese fu ammessa al postulato e fece la vestizione il 6 gennaio 1956. Subito dopo fu mandata a Bento Gonçalves. Non aveva ancora fatto il noviziato e tuttavia Agnese si comportava già come una vera Pastorella: fervorosa nella preghiera e nella vita comunitaria, generosa nel servizio pastorale che svolgeva nella catechesi, nella visita ai malati e ai carcerati. Si dedicava anche ai lavori di maglieria che eseguiva con gusto e creatività.
Alla fine di gennaio del 1959 fece ritorno a Caxias do Sul, nella casa di Avenida san Leopoldo per entrare in noviziato il 1 febbraio 1959. Il 2 febbraio del 1960, festa della Presentazione del Signore al tempio, Agnese fece la sua prima professione religiosa, assumendo il nome di Maria Clara. E da quel giorno fu per tutti “Irmã Clara”, una tra le prime Pastorelle brasiliane.
Ormai suora tornò a Bento Gonçalves quel giorno stesso, e ancora per due anni, riprese la sua missione accanto ai piccoli, agli ammalati e ai carcerati.
Delicata nei tratti somatici, chiara di carnagione, si avvicinava agli altri con la leggerezza di un angelo e con la discrezione di una sorella che si sentiva sempre troppo piccola per essere portatrice di un amore tanto grande, come quello di Gesù buon Pastore. Un tratto gentile che tuttavia celava un temperamento di fuoco, un carattere impulsivo che faticava a dominare, e che richiedeva un impegno quotidiano nel vivere il proposito principale della pazienza, puntualmente rinnovato ad ogni ritiro, sino alla fine. Ma come ebbe ad esprimersi una sua consorella, che diede testimonianza di lei: “Maria Clara lottò e vinse!”.
Dopo un breve passaggio a Terceira Légua venne destinata nella comunità formativa di Caxias do Sul, dove si mise a servizio delle sorelle per il buon andamento della comunità e si dedicò anche a qualche momento di studio, partecipando a un corso di catechesi promosso dalla Diocesi.
Intanto in Congregazione fervevano i preparativi per la fondazione delle Pastorelle in Argentina e Clara fu scelta per far parte del primo gruppo di missionarie brasiliane, guidato da Madre Ignazia Armani. Si stabilirono a Bárcena, Buenos Aires, per l’animazione di una casa destinata a ritiri ed esercizi spirituali. Entusiasmo e povertà caratterizzavano quella prima presenza in terra argentina, e la semina fu abbondante, anche da parte della giovane Pastorella.
L’amore a Gesù buon Pastore non conosce confini e Maria Clara ce la mise tutta, donandosi con generosità anche nei lavori più nascosti e privi di riconoscimenti umani. Lei aveva il suo “giardino segreto, nascosto nel cuore”, in cui poteva offrire all’Amato del suo cuore i fiori e i frutti del suo semplice ma tenace amore. Nel suo piccolo taccuino annotava le sue lotte e le sue vittorie, ma anche le sconfitte e le umiliazioni, che il Signore, certamente, guardava con infinita tenerezza di Pastore buono.
A 27 anni, proprio in Argentina, Irmã Clara emise la sua professione perpetua nelle mani di Madre Ignazia, esattamente il 2 febbraio del 1965. E fu Pastorella per sempre!
Dopo tre anni di vita missionaria in Argentina, Irmã Clara tornò in Brasile nella comunità di Caxias do Sul, dove si dedicò allo studio e divenne responsabile della sartoria e della portineria: luoghi frequentati da molte persone, sorelle e visitatori che trovavano in lei accoglienza e generosa disponibilità all’aiuto. Spesso le sorelle le chiedevano lavori di cucito o di essere sostituite nei lavori di casa e Clara era sempre pronta a dire: “Lascia per me questo lavoro”.
Portava l’abito religioso con molta cura e dignità ed era solita pregare il Rosario passando tra le dita i grani della corona che portava al fianco, quasi con una punta di orgoglio. Sempre ordinata, amava la povertà e lavorava con assiduità e silenziosamente, perché il tempo era per lei un tesoro prezioso. Era schietta e sincera con tutti e talvolta, per l’amore alla verità, rischiava di creare qualche problema.
Nel febbraio del 1970 fu destinata alla comunità di Fagundes Varela, dove svolse con la precisione e la semplicità di sempre la sua missione. Ma l’anno successivo tornò a Caxias per problemi di salute. Era sempre stata di gracile costituzione ed ora si manifestava un inizio di tubercolosi. Fu subito prescritta una terapia e dopo lunghe cure migliorò decisamente sino a guarire. In realtà stava solo iniziando la sua settimana santa, che da quel momento la unirà sempre di più alle sofferenze di Cristo Pastore.
Dal dicembre 1972 alla fine di gennaio 1973, Clara conobbe la notte oscura del dolore, un male che la tormentava senza rivelarsi pienamente. Si lasciò docilmente sottoporre a ricerche e analisi di ogni tipo che non davano responsi soddisfacenti, rispetto al male che la minava. Si recò a san Paolo, nella comunità di Jabaquara, dove rimase per due mesi e sembrò rimettersi un po’ dal suo malessere. Ma forse, continuando la nostra metafora, era solo il giovedì santo.
Infatti, tornata a Caxias, dopo qualche tempo ripresero i sintomi del suo male e questa volta non la lasciarono più. Il suo male era nella testa. Si sottopose con molta speranza a ricerche più accurate, ma ogni volta la sua salute peggiorava. Era serena, fiduciosa, aperta a quanto il Signore disponeva per lei. Le cure e le indagini cliniche erano alquanto dolorose, un vero e proprio venerdì santo, ma Maria Clara li visse con quella pazienza che aveva chiesto come grazia e per la quale aveva lottato sin dalla prima formazione. Ora Gesù buon Pastore gliene aveva fatto dono.
Il 23 gennaio entrò in stato di coma in cui sembrava che i dolori non la tormentassero più, e si fece ogni tentativo possibile, sperando contro ogni speranza. Il suo volto era ormai sfigurato come quello dello Sposo sulla croce, ma nel segreto del suo cuore, in modo a noi sconosciuto, si consumava l’offerta suprema della vita: “Nessuno ha uno amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 13). “Il buon Pastore offre la vita per le sue pecore” (Gv 10, 11).
Il buon Pastore Gesù la venne a prendere per portarla al Padre, nel cuore della notte, alle 3.07 del 28 gennaio, mentre si apprestavano a splendere le luci del sabato. Venne come un ladro nella notte, un ladro d’amore che portava con sé alle nozze una giovane Pastorella di appena 35 anni. Ma tutto era compiuto ed era l’alba della Risurrezione.
Il comune di San Marco, nella frazione di Pedras Brancas, dove era nata Agnese Maria Clara Capeletti, volle dedicare una via al suo ricordo, e così tra i verdi campi e le case che la videro fanciulla, il suo nome è sempre ricordato: “Rua Irmã Clara Capeletti”.
Autore: Sr Giuseppina Alberghina sjbp
Fonte:
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www.pastorelle.org
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