Sembra incredibile, ma oggi viene ricordato soltanto come discusso astrologo reclutato dall’esercito britannico per combattere Hitler. Eppure Louis de Wohl è entrato a tutti gli effetti nel firmamento degli scrittori più ispirati. Basta leggere L’ultimo crociato, La liberazione del gigante o L’albero della vita per capire perché sia diventato un narratore cattolico di culto: i suoi romanzi sono stati tradotti in dodici lingue e diffusi in oltre un milione di copie. E tuttavia si fa tanta fatica a reperire notizie sul conto di questo autore nato a Berlino nel 1903 e morto esattamente il 2 giugno di cinquant’anni fa.
Una ricorrenza che sembra destinata a passare inosservata nel panorama culturale al punto che è lecito chiedersi se non sia frutto di un deliberato ostracismo. Scarne sono le notizie biografiche e avvolte anche nella leggenda. Complice lo stesso de Wohl che non mancava certo di estro nel fronteggiare le situazioni più imprevedibili. Sappiamo che era nato in una famiglia povera, cattolica, da padre ebreo-ungherese e madre austriaca, e che nel 1935 fu costretto a fuggire dalla Germania nazista per trovar riparo in Inghilterra. Qui, ostentando le sue competenze astronomiche (aveva scritto anche dei libri), riuscì a farsi assumere dai responsabili dell’Intelligence britannica (MI5). Il sistema di spionaggio inglese era convinto che Hitler seguisse i consigli di un astrologo prima di intraprendere le sue battaglie.
Louis de Wohl cambiando anche nome (all’anagrafe si chiamava Ludwig von Wohl), si palesò come l’uomo in grado di interpretare i momenti in cui gli astri erano più sfavorevoli al Führer così da attaccare nelle fasi in cui Hitler si sentiva più sfiduciato dalle stelle. L’intelligence creò per lui un Dipartimento di Guerra psicologica assegnandogli anche una suite in una delle zone più eleganti di Londra e lui diventò persino capitano dell’esercito. Nel 1941 Churchill (che pure non credeva nell’astrologia) lo mandò addirittura negli Stati Uniti per convincerli a suon di oroscopi che Hitler sarebbe stato sconfitto in pochi mesi se fossero entrati in guerra.
Il nome di de Wohl è ricomparso curiosamente dagli archivi nazionali inglesi di MI5 nel 2008. Son venute fuori testimonianze discordi sul suo operato. Da alcuni fu lodato come uomo «straordinariamente intelligente e astuto» e come «propagandista brillante». Secondo il Maggiore Lennon «fece di più lui per la causa alleata che un gran numero di fratelli stranieri». Ma ci fu chi denunciò l’inattendibilità dei suoi pronostici e l’inutilità del suo ruolo, oltre a imputargli una buona dose di vanità e di comportamenti licenziosi. Ci fu persino chi l’accusava di essere uomo abile nei travestimenti, uno che al suo arrivo in Inghilterra si era presentato all’occorrenza come nobile ungherese, nipote di direttore d’orchestra austriaco, nipote di un magnate bancario britannico e addirittura parente del sindaco di Londra. Tacciato di essere «ciarlatano e impostore», de Wohl avrebbe rischiato anche l’internamento. Al termine della guerra lasciò comunque l’Inghilterra. Dopo aver sposato nel 1953 Ruth Maddalena Lorch (entrambi entrarono a far parte dell’Ordine del Santo Sepolcro) ripiegò a Lucerna, in Svizzera, dove morì nel 1961.
Una vita che sembra uscita dalla fantasia di un regista. In realtà lui stesso confidò che non fu affatto facile ripartire dalla Gran Bretagna. In Germania si era già fatto notare come scrittore di romanzetti, gialli e storie di avventura. E molte delle sue trame erano approdate anche al cinema. Del resto già a 7 anni gli insegnanti lodavano la sua penna brillante. E all’età di 8 anni, firmò la sua prima commedia, Gesù di Nazaret, perché non gli piaceva come Gesù era stato descritto da alcuni libri che aveva letto. Oltre Manica fu costretto a ripartire da zero e per imparare presto lingua e costumi lesse avidamente di tutto, pure i libri di filastrocche per bambini. Sotto le bombe che piovevano su Londra cominciò a maturare anche una profonda conversione.
Cattolico per tradizione familiare, ma imborghesito dal successo, riscoprì la sua vocazione e la sua fede proprio in un momento cruciale: «Se muoio stanotte – pensava – che cosa avrò fatto dei talenti che Dio mi ha dato?». E provando a fare un bilancio ragionò tra sé: «In fondo ho già scritto diversi libri di successo, ma erano tutte pubblicazioni che la gente leggeva sui treni o quando erano troppo stanchi per leggere qualcosa di veramente buono. Per questo erano state scritte e non per la gloria di Dio». Lo scossone decisivo glielo diede il cardinale di Milano Ildefonso Schuster che gli disse: «Fa’ in modo che i tuoi scritti siano buoni. Sarà per i tuoi scritti che un giorno verrai giudicato». Si appassionò allora alle storie dei santi ma rimase deluso per il fatto che fossero scritte tutte da persone devote. Le trovò per nulla adatte a chi non era credente o tiepido nella fede. Eppure quegli uomini che avevano raggiunto la santità non erano dei fanatici ormai fuori dalla storia. Al contrario, coloro che avevano abbracciato Cristo erano dei coraggiosi capaci di affascinare l’uomo di ogni tempo.
Bisognava raccontarne le gesta non in modo bigotto, ma cercando di entrare nel loro animo, per rendere appieno tutta la loro natura di uomini. Fu così che nacquero i suoi romanzi storici più famosi in cui gli eroi non sono santini, magari un po’ depressi come spesso l’iconografia tende a dipingerli. Ma gente in carne e ossa che ti conquista per l’ardore con il quale trovò la felicità nel Vangelo. Dal primo romanzo The Spear (su Longino, il soldato romano che trafisse il costato di Cristo), Louis de Wohl inanellò una serie di capolavori avvincenti in cui emerge la sua verve di coinvolgente cantastorie.
Diversi libri sono stati tradotti con successo in Italia grazie alla Bur: L’albero della vita (su sant’Elena madre dell’imperatore Costantino) La liberazione del gigante (su Tommaso d’Aquino), L’ultimo crociato (su Giovanni d’Austria, giovane comandante delle truppe cristiane che sconfissero i musulmani a Lepanto), La mia natura è il fuoco (sul carisma “incendiario” di Caterina da Siena), fino all’ultimo pubblicato, Attila – La tempesta dall’Oriente (su come Papa Leone I convinse il re degli Unni a risparmiare Roma). Ma mancano in italiano ancora altre opere su Francesco d'Assisi, Giovanna d’Arco, Benedetto da Norcia…
La morte lo colse quando aveva appena terminato Founded on a Rock, una poderosa storia della Chiesa cattolica “fondata sulla roccia”. Lo spunto gliel’aveva dato addirittura papa Pio XII che ricevendolo in udienza lo esortò a «scrivere la storia e la missione della Chiesa nel mondo». Puntò insomma molto in alto, troppo per la critica letteraria. Ed è rimasto l’astrologo. Ma scrisse mirando un cielo più grande.
Autore: Antonio Giuliano
Fonte:
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www.labussolaquotidiana.it
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