† Damasco, Siria, 10 luglio 1860
Nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1860 un gruppo di miliziani drusi, animati da un radicato odio antireligioso, provenienti dal Libano e diretti in Siria, raggiunse la città di Damasco. Gli aggressori irruppero nella chiesa francescana di San Paolo: lì trucidarono otto membri dell’Ordine dei Frati Minori, di cui sette di nazionalità spagnola e uno di nazionalità austriaca, e tre cristiani laici maroniti, i fratelli Francesco, Abdel Mooti e Raffaele Massabki, cristiani maroniti, collaboratori dei frati, che non avevano voluto, a differenza di altri fedeli, fuggire dal convento. I nomi di questi ultimi furono rinvenuti in seguito: per tale ragione erano stati inizialmente esclusi dalla causa di beatificazione, che comprendeva quindi i soli frati. A beatificazione già annunciata per loro, papa Pio XI, stimolato dall’episcopato maronita, dispose un processo le cui conclusioni portarono alla beatificazione dei tre fratelli, celebrata il 10 ottobre 1926 insieme a quella dei frati. Il 23 maggio 2024 papa Francesco approvò i voti favorevoli della Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi del Dicastero delle Cause dei Santi per la canonizzazione degli undici martiri (quindi senza la conferma formale di un miracolo), fissata a domenica 20 ottobre 2024. I resti mortali dei Martiri di Damasco sono venerati nella chiesa della Conversione di San Paolo a Bab Touma, quartiere di Damasco. Il Martirologio Romano li commemora il 10 luglio, giorno della loro nascita al Cielo, ma nel Calendario dell’Ordine dei Frati Minori la loro memoria ricorre il 13 luglio; sono festeggiati anche la domenica più vicina al 12 luglio, in maniera solenne, a Damasco.
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Damasco in Siria, passione dei beati martiri Emanuele Ruíz, sacerdote, e compagni, sette dell’Ordine dei Frati Minori e tre fratelli fedeli della Chiesa Maronita, che, con l’inganno consegnati ai nemici da un traditore, furono sottoposti per la fede a varie torture e conclusero il loro martirio con una morte gloriosa.
[I loro nomi sono: beati Carmelo Volta, Pietro Soler, Nicola Alberca, Engelberto Kolland, Ascanio Nicanor, sacerdoti, e Francesco Pinzao e Giovanni Giacomo Fernández, religiosi, dell’Ordine dei Frati Minori; Francesco, Mootius e Raffaele Massabki, fratelli.]
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I Frati Minori a Damasco La presenza dei Frati Minori in Siria è strettamente legata al loro compito di custodi dei luoghi e delle basiliche della Terra Santa. A partire dal XVI secolo, i figli di san Francesco d’Assisi aprirono conventi in molte zone, a cui aggiunsero scuole gratuite. Avvenne così anche a Damasco, dove il convento e la chiesa intitolati alla Conversione di San Paolo, nel quartiere di Bab Tuma (“Porta di Tommaso”), comprendevano anche una scuola. Gran parte dei religiosi del convento erano spagnoli. Questo era dovuto alla “desamortización”, un insieme di leggi eversive che aveva limitato fortemente l’apostolato degli antichi ordini religiosi. La Chiesa spagnola e i superiori dell’Ordine dei Frati Minori decisero quindi di concentrare le energie nelle missioni, particolarmente in Terra Santa e in Siria. I frati avevano collaboratori anche tra i cristiani maroniti, che non erano di rito latino: tra loro c’erano stima e intesa reciproche. Più volte dovettero affrontare vessazioni, espulsioni e persecuzioni, ma quella del luglio 1860 fu particolarmente sanguinosa.
Le cause storiche della persecuzione Le cause storiche di quella persecuzione rimontano alla guerra di Crimea (1853-1855), combattuta dalla Turchia e dai suoi alleati francesi, inglesi e piemontesi contro la Russia: quest’ultima mirava allo smembramento dell’impero ottomano e al predominio sui Luoghi Santi. Con il congresso e il trattato di Parigi (1856), alla Turchia fu riconosciuta personalità giuridica come agli stati cristiani. In più, il sultano fu costretto a riconoscere la libertà di culto per qualsiasi comunità religiosa residente nel suo impero e ad ammettere ai pubblici uffici tutti i sudditi, senza distinzione di razza e di culto. In Siria, i musulmani drusi interpretarono quelle risoluzioni come un affronto al Corano e si prepararono a reagire con violenza. La scintilla fu un incidente tra due ragazzi, uno druso e l'altro maronita, nei primi mesi del 1860: da allora iniziarono le aggressioni ai villaggi cristiani, gli incendi e gli assassini di donne, anziani e bambini.
La persecuzione all’apice A Damasco, l’emiro Abd-el-Kader cercò di difendere i cristiani dalle azioni provocatorie compiute contro di loro e contro il segno della Croce, che l’8 luglio 1860 toccarono l’apice, in un clima di terrore sempre più crescente. A mezzogiorno del 9 luglio, una folla assaltò la residenza del Patriarcato Greco non unito, riversandosi poi nel resto del quartiere cristiano. Abd-el-Kader e i suoi uomini armati accorsero, ma ancor prima di combattere gli aggressori, misero in salvo nel palazzo dell’emirato quanti più cattolici possibile, latini e maroniti, religiosi e laici, compresi i Gesuiti, i Lazzaristi, le Figlie della Carità e gli alunni delle scuole.
Il massacro del 10 luglio 1860 Gli unici che non avevano scelto di rifugiarsi dall’emiro furono i Frati Minori del convento di San Paolo: il loro superiore, padre Emanuele Ruiz López, era infatti sicuro che nessuno sarebbe penetrato tra le mura, che erano particolarmente solide, mentre le porte di accesso alla chiesa e al chiostro erano blindate da lamine di ferro: al loro interno vennero accolti gli alunni della scuola e altri fedeli. Gli aggressori, di fatto, non riuscirono a forzare l’ingresso, ma irruppero lo stesso, dopo la mezzanotte del 10 luglio: qualcuno li aveva fatti passare per una porta sul retro, che non era stata rinforzata.
Il martirio di otto religiosi e di tre fratelli maroniti Il primo a morire fu proprio padre Emanuele, dichiarando di essere cristiano e di voler morire da cristiano: fu decapitato dopo che, spontaneamente, aveva posato la testa sulla mensa dell’altare. Dopo di lui fu ucciso, a colpi di mazza, padre Carmelo Bolta Bañuls, suo predecessore e al tempo parroco e professore di lingua araba. Per terzo morì padre Engelberto Kolland, che era riuscito a nascondersi in una casa di cristiani, ma venne riconosciuto perché il velo bianco che una signora greco-cattolica, sua penitente, gli aveva messo sulle spalle, lasciava fuori l’orlo del saio e i piedi, con i classici sandali francescani. Trascinato nel cortile della casa, venne colpito quattro volte con una scure dopo che si era disposto a morire perché cristiano e sacerdote. Dopo di loro vennero assassinati altri tre religiosi sacerdoti, arrivati da pochi mesi a Damasco per studiare l’arabo: padre Nicanore Ascanio Soria, padre Pietro Nolasco Soler Méndez (prima colpito al collo con la scimitarra e quindi pugnalato) e padre Nicola Maria Alberca y Torres (ucciso a colpi d’arma da fuoco in un corridoio del convento). Due fratelli laici, fra’ Francesco Pinazo Peñalver e fra’ Giovanni Giacomo Fernández Fernández, partiti missionari per essere più liberi di vivere la propria vocazione, dato che in Spagna le leggi eversive del 1835 avevano chiuso i conventi, furono raggiunti mentre salivano le scale del campanile: gettati giù dalla cella campanaria, non sopravvissero perché il primo morì sul colpo, mentre l’altro venne finito a colpi di scimitarra sul far del giorno seguente. All’arrivo dei persecutori, molti fedeli erano fuggiti, ma tre di essi avevano voluto rimanere nel convento. Erano Francesco, Abdel Mooti e Raffaele Massabki, fratelli tra di loro, cristiani maroniti. A nome degli altri due, Francesco aveva affermato che loro volevano rimanere cristiani, quindi aveva incoraggiato i fratelli; vennero uccisi separatamente gli uni dagli altri.
L’esito della sommossa La sommossa durò dal 9 al 18 luglio, allargandosi alla valle della Békaa: si contarono le uccisioni di circa ventimila cristiani, mentre nella sola Damasco perirono tra i quattromila e i seimila cristiane. Andarono distrutte almeno undici chiese e tre conventi nella città e vennero rase al suolo tra le millecinquecento e le duemila case, insieme a circa duecento attività commerciali. Grazie all’aiuto di alcuni musulmani, tra i quali l’emiro Abd-el-Kader, molti cristiani poterono raggiungere zone più sicure del Libano, dalle quali perpetuarono il ricordo di coloro che consideravano martiri. Appena tornò la calma, nel 1861, i corpi dei religiosi e dei tre fratelli, già nascosti in un sotterraneo del convento, vennero collocati in due casse e sepolti in una medesima tomba, aperta nel pavimento della chiesa di San Francesco a Damasco.
La causa di beatificazione degli otto francescani e dei tre fratelli Il 17 dicembre 1885 fu iniziato il processo per la beatificazione di padre Manuel Ruiz e compagni. Nella primavera del 1926, anno in cui cadeva il settimo centenario della morte di san Francesco d’Assisi, la data della beatificazione venne fissata al 10 ottobre. A quel punto, il Patriarca della Chiesa Maronita (che è in comunione con Roma) Elias Boutros Hoyek (Venerabile dal 2019) e l’intero episcopato maronita presentarono a papa Pio XI una urgente istanza affinché i tre fratelli Massabki, dei quali erano stati rinvenuti i nomi, fossero accomunati nella gloria ai francescani, come lo furono nella vita e nel sacrificio supremo. Papa Pio XI, con un gesto rimasto unico nella storia della Congregazione dei Riti (l’organismo vaticano competente all’epoca per le cause di beatificazione e canonizzazione), riconoscendo legittima la richiesta, dispose un processo sulla vita e sulla morte di Francesco, Abdel Mooti e Raffaele, incaricando per questo monsignor Carlo Salotti, promotore della fede, e padre Antonio Maria Santarelli, postulatore generale dell’Ordine dei Frati Minori. Questi ultimi si recarono a Beirut e Damasco per le indagini: interpellarono tredici testimoni (nove presentati dall’episcopato maronita e quattro “ex officio”), compreso il parroco maronita, Moussa Karam, sfuggito alla strage. Raccolsero inoltre prove documentarie, stampate e manoscritte, per sostenere le testimonianze. Il 7 ottobre 1926 il Santo Padre, viste le prove raccolte, firmò il decreto “de tuto” per la beatificazione dei tre fratelli insieme a quella degli otto frati: fu celebrata il 10 ottobre seguente.
La canonizzazione Il 18 dicembre 2022 il cardinal Béchara Boutros Raï, Patriarca dei Maroniti, annunciò che per i tre fratelli era in vista la canonizzazione senza la conferma formale di un miracolo. Tale supplica era stata presentata dal Santo Sinodo dei Vescovi Maroniti, nel 2022, a papa Francesco; alla richiesta si erano associati anche i Superiori Maggiori dell’Ordine dei Frati Minori, il Ministro generale e il Custode di Terra Santa, chiedendo la canonizzazione per l’intero gruppo degli undici martiri. Le motivazioni erano duplici: per i tre fratelli, offrire, mediante la canonizzazione, un messaggio di dialogo, di pace e di unità nel contesto medio-orientale; per i frati, l’imminenza dell’ottavo centenario della morte di san Francesco d’Assisi, che ricorreva nel 2026. Il 23 marzo 2023, papa Francesco autorizzò l’iter speciale per la redazione e lo studio della “Positio super Canonizatione” e, il 23 maggio 2024, approvò i voti favorevoli della Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi del Dicastero delle Cause dei Santi per la canonizzazione degli undici Martiri di Damasco. Lo stesso Pontefice li canonizzò a Roma, in piazza San Pietro, domenica 20 ottobre 2024.
La memoria e il culto Il Martirologio Romano commemora insieme gli undici martiri al 10 luglio, ma nel Calendario dell’Ordine dei Frati Minori sono ricordati il 13 luglio. A Damasco, invece, sono festeggiati sia nell’anniversario del martirio, sia, in modo solenne, la domenica successiva al 12 luglio. I loro resti mortali sono venerati nella chiesa della Conversione di San Paolo a Damasco. Anche nelle rispettive diocesi di provenienza dei frati il loro ricordo è molto vivo. Ai fratelli Massabki è infine intitolata una chiesa nel quartiere di Kachkoul, alla periferia est di Damasco.
L’elenco Nell’elenco che segue, i nomi dei frati martiri sono riportati in italiano come nei titoli delle rispettive schede, divergendo spesso dal testo del Martirologio Romano; in alcuni casi, tra parentesi tonde, è riportato il nome di Battesimo nella lingua natale. Non appartenevano tutti alle medesime diramazioni francescane, ma dal 4 ottobre 1897 i Riformati, gli Alcantarini o Scalzi, i Recolletti e gli Osservanti sono riuniti nell’Ordine dei Frati Minori.
91994 - Emanuele Ruiz López, sacerdote dei Frati Minori Scalzi o Alcantarini, 56 anni 100499 - Carmelo (Pascual) Bolta Bañuls, sacerdote dei Frati Minori Osservanti, 57 anni 92098 - Engelberto (Michael) Kolland, sacerdote dei Frati Minori Riformati, 32 anni 91993 - Nicanore Ascanio Soria, sacerdote dei Frati Minori Osservanti, 46 anni 94374 - Nicola Maria Alberca y Torres, sacerdote dei Frati Minori Osservanti, 29 anni 100500 - Pietro Nolasco Soler Méndez, sacerdote dei Frati Minori Scalzi o Alcantarini, 33 anni 100501 - Francesco (Bartolomé) Pinazo Peñalver, fratello laico, 58 anni 100502 - Giovanni Giacomo Fernández Fernández, fratello laico, 52 anni 92717 - Fratelli Massabki, laici, maroniti
Preghiera O Dio, che, per l’effusione del sangue dei tuoi martiri, confermi nella fede i tuoi fedeli, accendi in essi il fuoco della carità e suscita la speranza della vita eterna: aumenta benignamente in essi, per l’intercessione dei tuoi servi i martiri di Damasco Emanuele Ruiz e compagni, l’amore per la tua Chiesa, la carità verso il prossimo e la speranza della vita celeste. E, in particolare, concedi a me, indegno tuo servo, che mi trovo nelle presenti necessità, di ottenere, secondo la tua sapienza e misericordia, la grazia che umilmente imploro per l’onore tuo e la glorificazione dei tuoi servi. Per Cristo nostro Signore. Amen.
Con approvazione ecclesiastica
Autore: Emilia Flocchini
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