Giuseppina Cavagnero nacque ad Asti l’11 maggio 1858. Trascorse un’infanzia e un’adolescenza aiutando la madre nelle faccende domestiche, dedita alla preghiera e alla carità verso il prossimo. Quando ebbe 24 anni avvertì la vocazione alla vita consacrata, che voleva realizzare entrando nella Congregazione del Cottolengo a Torino, ma non le fu permesso, visto che i suoi malati genitori avevano bisogno della sua assistenza; mentre le altre due sorelle e un fratello erano sposati con figli.
In seguito i genitori morirono a breve distanza l’uno dall’altro, prima la madre e poi il padre. Scriverà Giuseppina su di un quadernetto di memorie che mentre pregava davanti ad un quadro del Sacro Cuore di Gesù, sentì una voce che dentro di sé le diceva: «Parti và; quelli che ti davano pena non ci sono più». La giovane non ebbe esitazioni, il mattino dopo si recò dal parroco di San Paolo, chiedendogli di scrivere a Giuseppe Benedetto Cottolengo per poter essere ammessa nella sua congregazione religiosa. Tuttavia, mentre era a Messa, le parve di ricevere una forte spinta sulla spalla e avvertì una voce interna che le diceva: «Non è lì che ti voglio». A questo stato d’incertezza si aggiunse anche la ferma opposizione della sorella, alla quale Giuseppina ribadì l’autenticità della sua vocazione.
E fu in questo periodo, che un giorno, nel negozio di scarpe di sua cognata, si fermò per un acquisto Giuseppina Fumagalli, la quale conversando con la cognata, venne a sapere dell’esistenza della giovane parente orientata verso la vita religiosa.
Giunta a Torino Giuseppina Fumagalli agli inizi del 1885, aveva preso alloggio in una stanza con cucina, insieme alla sorellastra, e da lì partiva girando tutta la provincia alla ricerca di postulanti, per la congregazione femminile dedita alla carità e alla questua che intendeva fondare, ma il suo progetto, che incontrò diverse disavventure, forse a causa anche del temperamento della Fumagalli, si arresterà. Giuseppina Cavagnero, però, la seguì e il 15 maggio 1885 giunse a Torino, dove ebbe subito una serie di delusioni: l’appartamento affittato nella zona del Martinetto era poverissimo, con tre pagliericci di foglie, tre sgabelli e sei bottiglie di vino. Giuseppina Fumagalli la privò di ogni sua cosa, sostenendo che tutto doveva essere diviso in comune; inoltre con loro non vi era nessuna suora, solo una sorellastra della presunta fondatrice.
Cominciò così per Giuseppina Cavagnero una vita solitaria, perché la Fumagalli era sempre alla ricerca di postulanti; perciò usciva per la Messa mattutina e poi per la questua a favore di un’opera per il momento inesistente. Dopo qualche mese arrivarono altre due signorine, che Giuseppina Fumagalli vestì subito da suore, senza alcuna preparazione specifica, mandandole tutte tre insieme alla questua, munite della raccomandata rilasciata con faciloneria dal parroco di San Donato, don Griva. Fu durante una questua a Pianezza che le giovani, vestite da suore, incontrarono l’Arcivescovo di Torino Alimonda, che chiese loro spiegazioni, apprendendo che facevano parte delle «Figlie della Consolata», ma riconosciute da nessuno. L’Arcivescovo reagì molto male alla notizia. Per le ignare donne fu un colpo durissimo, alcune smisero l’abito. Giuseppina Cavagnero si trovava a Milano in quel periodo e ricevette l’ingiunzione di restituire le carte che autorizzavano la questua nel milanese, evidentemente erano arrivate le voci dalla Curia torinese.
Ritornò a Torino e chiamò il fratello per venire a prenderla: quando i bagagli erano già sul carro comparve il parroco della Natività di Pozzo Strada don Francesco Bono. Fu proprio quest’ultimo a convincerla a rimanere ed attendere gli sviluppi della situazione, essendosi impegnato a fare qualcosa personalmente per l’insicuro gruppo delle «Figlie della Consolata», la cui denominazione era stata impedita da Alimonda, ma che Fumagalli, ostinatamente, continuava ad utilizzare.
Burrascosi furono i rapporti fra don Bono e Fumagalli, che portarono alla realizzazione di un vecchio ideale del parroco: verso l’ottobre del 1890 convinse Giuseppina a seguirlo nella realizzazione di una nuova comunità, a cui diede il nome di «Suore del Santissimo Natale». Giuseppina, con altre giovani, si trasferirono al numero 15 di via delle Scuole (odierna via Bligny), in una casetta di sei stanze, superando le resistenze della Fumagalli, accorsa a Torino, dopo essere stata informata dalla sorellastra, su ciò che stava accadendo.
La nuova comunità era ancor più povera della precedente, mancava di tutto, ma la differenza fu che le prime dodici aderenti si misero subito all’opera accogliendo due orfane e andando a curare gli ammalati a domicilio, secondo gli scopi della nuova fondazione, fidando nel contempo nella Provvidenza per le necessità.
La Curia torinese autorizzò la vestizione e fu data alle suore una Regola, sotto la guida di don Bono. La vestizione e la professione religiosa delle prime dodici suore avvenne il 22 agosto 1891, nella parrocchia di Pozzo Strada. Il parroco nominò Giuseppina Cavagnero, che prese il nome di suor Natalina, prima Superiora delle Suore del Santissimo Natale, diventando anche la cofondatrice.
Il primo Statuto, redatto il 10 dicembre del 1891, così prescriveva: «Scopo di questa Istituzione è di accettare e provvedere alla sussistenza, alloggio, custodia, istruzione intellettuale, morale, religiosa e fisica delle fanciulle povere, orfane di entrambi i genitori e di assistere gratuitamente i poveri infermi a domicilio».
L’opera delle Suore, secondo le scelte fatte da don Bono, s’inserì perfettamente nel contesto della Torino dell’epoca, pervasa di povertà e di mala salute. Il numero delle suore e delle stesse orfanelle aumentò sempre più, per cui si rese necessario lasciare l’angusta casa di via delle Scuole e, con l’aiuto della Provvidenza, nel marzo 1892 si acquistò una nuova sede nella zona della Tesoriera in Corso Francia, a cui seguì la costruzione di un nuovo edificio e di una Cappella, benedetta dall’Arcivescovo il 12 ottobre 1897.
Don Bono si alternava nella cura della parrocchia di Pozzo Strada e nella guida spirituale della nuova comunità con confessioni, predicazioni, catechismo domenicale, consigli spirituali e gestionali.
Le suore a loro volta, con la guida di Madre Natalina Cavagnero, in poco tempo, aprirono due asili a Pozzo Strada, uno a Formigliana (Vercelli), uno a Borgo San Paolo. Ma la carenza di una specifica preparazione delle suore finì per allarmare alcune di loro. L’opera, che si stava dilatando, mancava di un robusto collante dottrinale e iniziarono a serpeggiare i malumori e le critiche nei confronti dei vertici della fondazione. Le voci giunsero anche in Curia, dove era subentrato l’Arcivescovo Agostino Richelmy. Nel 1902 fu destituito don Francesco Bono dalle sue funzioni e madre Natalina, anche lei destituita dalla carica, fu trasferita nell’asilo di Buriasco, presso Pinerolo. Ambedue obbedirono con umiltà. Contro di loro non fu mai provato nulla, tanto che don Francesco continuò a fare il vicario a Pozzo Strada e madre Natalina, difesa dal parroco di Buriasco, fu richiamata a Torino, dove trascorse i suoi giorni fino alla fine, nel nascondimento e nella preghiera.
La Congregazione continuò ad attraversare un turbolento periodo di crisi e la Curia nel 1902 ritirò la Regola. La questua fu proibita, portando al collasso economico la comunità; intanto le ispezioni governative colpirono anche gli orfanotrofi delle «Suore del Santissimo Natale». Ma con la guida del canonico Cravesana, che nel 1900 era subentrato a don Bono e di madre Maddalena Chiaisso, che prese il posto di madre Natalina, e soprattutto con l’aiuto della Provvidenza e del mutato clima ostile, l’Istituto riprese vigore.
Don Francesco Bono morì a 79 anni a Torino, il 4 gennaio 1914; non vi sono testimonianze scritte dei suoi funerali, né un ricordo, né una dichiarazione; le sue spoglie mortali rimasero sepolte nel cimitero di Pozzo Strada fino al 1947, quando furono trasferite nella tomba di famiglia a Sommariva Bosco; poi il 28 giugno 1958, i suoi resti furono traslati con tutti gli onori, nella Cappella della Casa Madre delle Suore del Santissimo Natale in Corso Francia a Torino.
Nonostante la sua lunga vita, di suor Natalina, che morì il 13 giugno 1951 a 93 anni, non si seppe più nulla: per ben 49 anni, dopo la sua destituzione, visse in silenzio e nell’ombra come semplice suora. I suoi resti mortali furono traslati nella Cappella della Casa Madre il 27 dicembre 1974, dove già riposavano quelli del fondatore don Bono.
Autore: Cristina Siccardi
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