Di Mirella Solidoro, con il nulla-osta della Sacra Congregazione delle cause dei santi in data 3 maggio 2008, è iniziato l'iter per il processo di beatificazione.
L’ambiente in cui vive
Nel sud della Puglia si estende quella fascia compresa fra il mar Ionio e l’Adriatico che prende il nome di Salento. Si tratta di una zona con una natura rigogliosa, immersa fra uliveti e vigneti, coronata dai dolci profili dei muretti a secco, cadenzata dai tipici suoni del Mediterraneo.
Proprio qui, a Taurisano, in provincia di Lecce, il 13 luglio 1964 la famiglia di Giuseppe Solidoro e Maria Franza viene allietata dalla nascita di Antonia Mirella, terza di cinque figli – di cui due sorelle più anziane (Anna Rita, nata il 27/07/1958, madre di quattro figlie; Maria Lucia, nata il 6/10/1959, madre di tre figli) e due fratelli più giovani (Antonio, nato il 27/6/1971, padre di un figlio; Cosimo, nato il 6/12/1973, padre di un figlio), tutti e quattro viventi.
Trattandosi di una famiglia di modeste condizioni, non tardano ad arrivare i primi problemi economici per i quali il padre, che saltuariamente lavora nei campi, decide di emigrare in Svizzera per essere impiegato nel settore edile sino al 1980, anno del suo rientro definitivo a Taurisano. Anche la madre è costretta ad abbandonare il suo mestiere di contadina per restare accanto alla figlia che inizia a manifestare i primi sintomi di una grave malattia di cui si parlerà più avanti.
Mirella viene battezzata presso la parrocchia della Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo, il 2 ottobre 1964, dal Vice Parroco don Giovanni Ciardo, presentata dai padrini Antonio Palma e Rita Fasano, ambedue deceduti. Trascorre la sua fanciullezza in maniera serena, sorretta e coccolata dall’amore dei genitori – specialmente della madre – che la educano cristianamente con il sostegno dei padrini sempre molto vicini alla famiglia.
Nel giugno 1972 partecipa con gioia, come tutti i bambini, alla Messa di Prima Comunione, presso la parrocchia Trasfigurazione, nella solennità del Corpus Domini.
Fino alla scoperta della malattia, Mirella conduce una vita normale, frequenta le amicizie dei bambini della sua età; studia ottenendo risultati soddisfacenti. È una ragazza semplice che si accontenta di quel poco che i genitori possono assicurarle, sempre rispettosa verso tutti.
Passano gli anni ed arriva il 21 maggio 1978, giorno in cui Mirella riceve il sacramento della Cresima, per le mani del Vescovo mons. Michele Mincuzzi, accompagnata dalla madrina Cosimina Damiani, tuttora vivente. Si tratta di un’esperienza così intensa e speciale da indurre la ragazza a scrivere una commuovente lettera, indirizzata proprio alla madrina.
Alla mia cara madrina
Oggi 9 maggio 1982 ricorre la festa della mamma.
Ebbene, voglio che tu, cara madrina, sappia che per me sei una cara e dolce seconda mamma. Mia cara madrina, ricordi quel giorno in cui tu mi portasti in Chiesa con tanto fervore ed io in cambio avevo nel cuore tanto amore per te? E questo amore non viene mai meno! No, cara madrina, lo tengo in un angolino del mio cuore. Ricordi quei momenti così gioiosi in cui tu con una mano sopra le mie spalle, mi portasti davanti al Vescovo in chiesa e lui mi impartì il sacramento della Santa Cresima? Per me, quello è stato tutto, cara madrina; perché tu ben lo sai che è un sacramento che rinnova la vita spirituale nel periodo più critico della gioventù. Hai quindi preso un impegno importante e lo sai portare avanti molto bene e lo si vede anche da quel che tu fai per me, perché nel tuo cuore c' è l'amore e anche la fede.
Tu sei la madrina che mi ama e mi conforta come una vera e propria figlia. Tutti i giorni mi prepari il pranzo a parte per me. Che penitenza ti ho dato! Perché tutto questo, cara madrina? Forse tu mi ami con il cuore a causa della mia sofferenza? No, non è per pietà, ma è perché tu mi vuoi bene davvero.
Finisco con queste povere parole, perché non riesco ad esprimere tutto quello che ho nel cuore e con un poco di rammarico perché non ti posso aiutare in niente; ma pregherò il Signore per te, perché ti dia tanta salute, forza e serenità in famiglia. Con tanti auguri dalla tua figlioccia fastidiosa.
Desiderio di donarsi al Signore
Già si fa strada un intimo desiderio: diventare la sposa del Signore. Desiderio che viene raccontato in più occasioni. Dice Mirella:
O mio Signore, in questo particolare momento che sto vivendo, degnati di guardare l' umiltà e l' amore con cui la tua serva ti rivolge questa preghiera. Parole povere rivolgo a te, o buon Gesù, ma il significato è abbastanza ricco. Signore, tu che puoi leggere nelle menti degli uomini, tu che sei degno di giudicare, giudica e guarda chi è che ingrandisce i miei desideri.
O mio Signore, tu lo sai benissimo quali sono i miei desideri sin da bambina. Appena ho capito quanto è grande il valore della fede, si è unita la vocazione di diventare la tua sposa. Questo l' ho desiderato già prima che avesse inizio la mia sofferenza; mai ho permesso ai miei pensieri che si unissero ad altri se non ai tuoi.
Questo desiderio è ancora vivo in me, o mio Gesù. E se mi farai stare bene, sarà la Tua volontà, perché nemmeno una foglia si può muovere se tu non lo vuoi. Io mai allontanerò la mia mente da te e farò quello che ora la mia infermità non mi permette di fare.
Lo so benissimo che per venire a Te bisogna attraversare tortuose vie ed ostacoli che le cattive intenzioni dell'uomo pone tra te e me; ma la mia speranza non potrò mai perderla, finché non si presenti l' assoluta impossibilità di divenire tua sposa, come Tu mi hai chiesto.
Ti prego col fervore più vivo di stendere la tua mano come un aiuto su colei che ti invoca e tanto ti cerca.
O Signore, ti prego fa’ di me lo strumento della tua vita: che le mie preghiere giungano nelle menti di coloro che mi impediscono di seguire la via che tu, o mio Signore, mi vuoi aprire, e possano le mie preghiere toccare il cuore di coloro che nulla fanno per aiutarmi affinché questo miracolo avvenga.
Intanto le condizioni precarie costringono sempre più spesso la famiglia Solidoro a chiedere aiuti economici, soprattutto per le spese farmaceutiche di Mirella che a soli 9 anni d’età comincia ad avviarsi verso il suo lento martirio di giovane ammalata. Continui e forti mal di testa la inducono ad effettuare vari ricoveri ospedalieri presso centri nei quali l’assistenza diurna giornaliera costa sino a 100.000 lire ed altrettanto quella notturna. Grazie a Dio, sono tante le occasioni in cui si manifesta vivo e concreto il senso di solidarietà da parte dei vicini di casa e di molti altri volontari.
Le consulenze specialistiche non si contano più e, quel che è peggio, si susseguono pure diagnosi errate che arrecano a Mirella sofferenze maggiori. Ella viene curata dapprima per sinusite frontale. I medici studiano non pochi tentativi per cercare di riportare le sue condizioni di salute alla normalità, ma tutti sembrano destinati al fallimento. Ad un certo punto, si ipotizza persino un esaurimento nervoso. Infine, Mirella viene ricoverata presso il reparto oculistico dell’ospedale di Gallipoli, a causa dei disturbi che le causano una riduzione visiva. Da questo momento in poi, non vedente, Mirella non può scrivere ma la sua voce viene registrata in qualche occasione da chi le sta vicino.
Segue un continuo peregrinare di ospedale in ospedale, sino a Brindisi dove le viene diagnosticato mediante la Tac del cranio un processo espansivo interessante la parete interiore e media del terzo ventricolo. Durante il ricovero, ella dice di vedere Gesù.
“Ho visto il Signore quando sono stata ricoverata a Brindisi. Quella mattina mi sentivo un po’ male. Dopo aver fatto colazione, mi misi a letto, e tutto ad un tratto i miei occhi si aprirono e vidi una luce che man mano si faceva sempre più splendente. In questa luce vidi il Signore, lo vidi così come lo misero sulla croce e mi disse : "Mirella, perché mi invochi sempre, perché mi chiami? Io dissi: “ mio Gesù, mi chiedi perché ti chiamo?. Ti chiamo perché tu mi faccia la grazia di stare bene". E lui mi disse: "Sì Mirella, la grazia te la farò, ma tu mi devi promettere una cosa". Io dissi: "quello che vuoi, Signore, sono a tua disposizione". E Lui mi disse: "Io ti faccio stare bene, ti faccio guarire, però tu devi diventare suora, me lo prometti?". Io risposi di sì, ma poi adesso penso che suora, il Signore voleva dire missionaria in questo modo, cioè per fare preghiere per gli ammalati.
In seguito, Mirella è trasferita all’ospedale Vito Fazzi di Lecce, nella divisione di Neurochirurgia, dove si sottopone ad un intervento, il 28 settembre 1979. In quell’oc-casione, le viene praticata una craniotomia fronto-temporale con esplorazione della zona endocranica e biopsia di una grossa neoformazione situata nella regione ottico-chiasmatica. All’esame istologico risulta trattarsi di un tumore congenito: “Disgerminoma ipotalamico”.
Si esegue l’operazione con la speranza di una completa asportazione della massa, che invece risulta impossibile effettuare, data l’estensione della stessa e la sede delicata, per cui l’intervento diviene solo esplorativo e diagnostico. Intanto Mirella si aggrava, perdendo immediatamente la vista ed entrando in coma. I sanitari le danno solo qualche mese di vita…..ma ella ha ancora parole di ringraziamento a Dio.
La svolta nella vita di Mirella
Segue un trattamento radio-terapico, presso l’ospedale di Brindisi, in seguito al quale si decide di non praticare più alcun altro tipo di cura. Da quel giorno, Mirella trascorre le sue giornate, per oltre vent’ anni, quasi sempre a letto; sporadicamente viene accompagnata in chiesa per la partecipazione alla S. Messa.
Riceve ogni giorno l’Eucaristia. Il suo lento ma lieto calvario la santifica, la eleva, la matura e l’arricchisce spiritualmente. Assetata sempre di Gesù, fissa la sua mente nella meditazione della Passione e ringrazia il Signore per il dono della sofferenza. Nelle lunghe giornate trascorse in camera, ella compone poesie e preghiere che detta a chi le sta vicino. Chi va a trovarla non percepisce quanto intenso sia il suo patire, perché è sempre serena e calma, nonostante le continue sofferenze, la debolezza e la magrezza, dovute all’ impossibilità di nutrirsi.
La svolta, nella sua breve vita, si ha appena diventa cieca, all’età di quindici anni. Questo evento non è da lei vissuto come un castigo del Signore, ma come una grazia di Dio. Da quel momento intuisce di essere chiamata dal Cristo ad offrire la sua vita per la salvezza dell’ intera umanità. Come Paolo, ritiene “di non saper altro…se non Gesù Cristo e questi crocefisso” (2 Cor 2, 2). Accoglie questa croce quasi con orgoglio: non si ritiene adatta a sacrificare la sua vita sul letto di dolore, ma con tutto il cuore abbraccia le indicibili sofferenze che il Signore le dona. Diviene così una “Testimone delle sofferenze di Cristo” (1 Pt 5, 1).
Per il “dono” della cecità così ringrazia il Signore:
Grazie, o Signore, per averci fatto capire che tu solo sei il Cristo.
Grazie, o Signore, per averci presi come tuoi figli adottivi.
Grazie, Signore, per averci donato i tuoi occhi, perché solo così potremo vedere la vera luce.
Grazie per aver donato le tue parole per evangelizzare il mondo.
Grazie, Signore, per averci donato il tuo cuore, per poter amare e perdonare.
O Signore, insegnaci che un semplice seme sparso da te può far nascere un apostolo in terra e un Santo nella tua gloria. Gesù, ti amo!
Mai si lamenta per questo e a chi chiede informazioni sulla sua salute o le sue sofferenze, risponde sempre “Sto bene, grazie a Dio”.
Intorno al letto di Mirella si riuniscono tante persone provenienti da Taurisano, dalla provincia di Lecce, dalla provincia dell’Aquila e da tante zone dell’Italia Meridionale. Insieme con lei la gente prega, a lei le persone si rivolgono per avere conforto nelle difficoltà. Molti affermano di aver ricevuto favori particolari e guarigioni, grazie alla preghiera di Mirella.
Intanto, ella vive una devozione incondizionata al Santissimo Crocefisso. A volte, quando il dolore si allevia, si fa accompagnare al Santuario del Santissimo Crocefisso in Galatone, cittadina distante da Taurisano una ventina di chilometri.
Nutre una profonda devozione alla Madonna, tant’ è che la corona del rosario è sempre tra le sue mani scarnite, mentre compone numerose preghiere, poesie e pensieri dedicati al Signore e alla Beata Vergine Maria.
Pane quotidiano si fa l’Eucaristia che ella riceve quasi ogni giorno con immensa devozione. Il suo volto si illumina quando può incontrare Gesù nel segno del pane. Per lei, costretta a digiunare perché il suo stato di salute non le permette di deglutire, l’Eucaristia rappresenta in diverse riprese, il suo unico nutrimento.
Ascolta i Salmi che diventano nutrimento per la sua preghiera personale e per la preghiera in gruppo.
Il Vangelo, poi, è l’olio per la sua lampada, per la sua fede. Ritiene a memoria le parole e i consigli del Signore e spesso, durante le conversazioni, cita le parole di Gesù e invita la gente a mettere in pratica tutto.
Mirella, durante i giovedì di quaresima, da luglio 1987 ad agosto 1999, afferma di ricevere dei messaggi da parte del Signore e della Madonna, comunicandoli ai più intimi che li trascrivono e li consegnano alla madre che li rende pubblici solo dopo la morte della figlia.
Quando può, partecipa alla Santa Messa domenicale, accompagnata da alcuni volontari. A tutti dispensa consigli e a tutti assicura la sua preghiera.
I rapporti con i parenti sono ottimi, anche se lei è a volte dispiaciuta per l’atteggiamento del padre che non gradisce tante visite. Ai fratelli, ai genitori, alla madrina di cresima manda messaggi pieni di tenerezza. A volte chiede scusa a tutti, pensando di essere di peso per le sue condizioni precarie. Ma i familiari, soprattutto la mamma, continuano ad amarla con tenerezza, riconoscendo di avere un dono di Dio nella loro casa.
Per ciascuno Mirella è un punto di riferimento, anche se il padre si dimostra insofferente perché la situazione non garantisce l’intimità tipica dell’ambiente familiare.
In tutte le ore del giorno persone le fanno visita, fra queste ricordiamo anche due Vescovi della diocesi di Ugento-S.M. di Leuca (mons. Mario Miglietta e mons. Domenico Calandro). Particolarmente, Mons. Mario Maglietta, Vescovo deceduto nel 1996, spesso si reca a far visita a Mirella, ripetendo: “Vengo qui per ricevere lezioni di fede”.
Ogni sera, alle ore 20.00, quando la gente va via, intorno al letto di Mirella si riuniscono tutti, compresi i nipotini, per il rosario alla Madonna.
Per tutta la Settimana Santa, le sofferenze alle mani diventano insopportabili. Il Venerdì Santo Mirella piange continuamente e grida “Lasciatelo, lasciatelo!”….
Rivive la passione del Signore. Può a ragione ripetere le parole della Sacra Scrittura: “ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua” (Rm 9, 2). Ecco la conferma:
L' ho visto altre volte; però non mi ha mai detto niente. L' ho visto anche la vigilia di Pasqua, ed ho visto tutta la sua Passione, tutto quello che gli hanno fatto prima di morire, ed è stato tanto brutto, che davvero ho pensato che solo al pensiero ti viene da piangere. Cosa hanno fatto al mio Signore! E noi dobbiamo pensare quanto ha sofferto il Signore per noi. Quanto ha sofferto, eppure anche Lui disse: "Padre, se puoi, allontana da me questo calice”, però anche Lui disse “sia fatta la Tua volontà". Noi dobbiamo prendere pure questo esempio, non dobbiamo volere una grazia e pretendere di riceverla subito. Quanto è duro poter scavare una roccia, così è anche duro avere una grazia. Bisogna sempre pregare per avere una grazia. Non è che se non riceviamo una grazia noi dobbiamo dire che non esiste nessuno, e che non c'è il Signore; no, questo non lo dobbiamo dire mai, perché non è vero: il Signore c'è.
Momenti di scoraggiamento
Come tutti i Santi, anche Mirella attraversa la sua notte oscura. In alcuni momenti è fortemente scoraggiata, ma la sua fede nella presenza del Signore è incrollabile. Abbiamo raccolto alcune preghiere composte nei momenti tristi della sua vita.
Dammi la forza, Signore.
O Signore, la vita diventa sempre più una valle di lacrime e diviene assai duro andare avanti. Ma aiutami tu, o mio Signore, affinché abbia sempre la forza di portare con amore la mia croce fino al Calvario. E capisca che proprio questo mio dolore mi spinge ad avvicinarmi a te (26/5/88).
O Gesù mio, il dolore è per me la tua carezza:
più si soffre, di più si ama.
Sostienimi, Signore, nei momenti di sconforto.
Mio Signore, oggi in un forte momento di sconforto voglio scriverti, mio dolce amore, con la speranza che tu dal cielo ti permetti di ascoltarmi.
Desidererei tanto che dal cielo mi possa dare tu una risposta, anche se so benissimo che Tu hai già letto nei miei pensieri, sei àncora di salvezza.
Da qualche tempo in qua vedo che le mie preghiere sono poco ascoltate, eppure le recito con tutto il cuore.
Lo so, Signore, che io sono solo una povera ammalata, che non riesce con le opere a soddisfare i tuoi giusti desideri, ma conosci benissimo la mia infermità, se così vogliamo definirla. Ma di questa infermità ne sono tanto grata: non trovo le parole per ringraziarti. Però bisogna che Tu mi perdoni perché io non sono capace a chiederti che io possa offrire ancora di più come le tue elette Sante hanno fatto. Ma questo non dipende tutto da me, perché io voglio provare un po’ della tua persona.
Ma tu che guardi, che giudichi dall'alto, contornato di gloria alla destra del tuo Padre onnipotente, puoi appunto vedere e sapere cosa sta succedendo nella mia famiglia: la mia dolce mamma che non sta tanto bene ed altre cose per cui c'è un po’ di sconforto; ma io cerco di riparare tutto con le mie preghiere. O mio Gesù, ascoltami, perché lo sai che tu sei l'unico amore della mia vita, e se tu non mi vuoi bene, per me è finita, perché solo in te riesco a trovare la pace.
O Signore, fa’ che la nostra vita sia modellata sulla tua. Serviti di noi, facci tuoi strumenti; facci capire, Signore, che tu non hai mani perché hai le nostre mani, che tu non hai piedi perché devi servirti dei nostri piedi. Serviti della nostra bocca affinché con le parole, accompagnate dalle opere, possiamo esprimere la tua volontà, facendo della terra il giusto sgabello per i tuoi piedi.
Il mio cuore è straziato.
O mio Signore, con il cuore straziato oso parlarti ancora. Sono inginocchiata ai Tuoi piedi mentre Tu stai per girare.
O Signore, non te ne andare! Permettimi ancora un minuto, ti devo parlare. Intorno a me c'è soltanto solitudine, dolore, e naturalmente, tutto mi fa riflettere: cosa ho fatto?
Guardo il tuo pallido viso e ancora più forte è il mio dolore. No, non è possibile che io sia stata così cieca da essere proprio io la tua aguzzina. I miei peccati sono stati così gravi tanto che sono serviti a costruire la tua croce. Ho forato le tue sante mani che ogni giorno mi hanno salvata dalle mie cadute, i tuoi piedi che mi hanno insegnato tanto, e soprattutto il tuo grande cuore che per me ha sofferto: Mi ama tanto, Signore, tanto da donarmi la vita una seconda volta quando tutti mi credevano già morta.
Ed io ho usato tanta ingratitudine fino a questo punto. O Dio, perché hai voluto preservare così poco tempo di vita a Gesù?
Ti prego, Gesù, ruba il mio spirito, portalo con te sulla croce, perché voglio morire come te per risorgere come te.
Giovane donna ancorata ai principi cristiani, Mirella dimostra di volersi mantenere salda nella volontà di Dio. Ne è prova l’anelito di consacrarsi al Signore, desiderio coltivato sin dai tempi della giovinezza. Dal periodo dell’intervento chirurgico subito presso l’ospedale di Lecce, ella è convinta di vedere il Signore Crocifisso.
D’altra parte, durante le interviste, Mirella racconta spesso dei suoi dialoghi con Gesù.
Da nove anni è incominciato il mio malessere, ho subito l'intervento alla testa che mi ha rovinato la vista. Quest' intervento mi ha costretta a stare sempre a letto, quasi. Durante questa malattia ho visto molte volte Gesù, forse è stata un' immaginazione, ma io l' ho visto veramente. E’ stata una cosa reale, ho visto il Signore e dentro di me è nata una grande fede; questa fede però l' avevo anche da piccola, perché avevo la vocazione di farmi suora. Adesso che sto a letto, però, penso di compiere anche il compito che ha una suora, penso anch' io di essere una suora missionaria. Vorrei che io, ah!, forse, però, con voi, con tutti voi, vorrei essere in mezzo a voi e aiutare la gente che sta tanto soffrendo. Però io non posso: posso aiutare solo con le mie preghiere, è tutto quello che posso fare. Dentro di me è incominciata una vita nuova, una vita che sa di tutto, però, e che noi abbiamo tanto bisogno, sento sempre il fervore di pregare Gesù per tutti.
Durante una di queste apparizioni pare che Gesù in persona le ripeta una parola: “Marcellina”, di cui Mirella non riesce a comprendere il significato. Nel 1982, alla fine di un ritiro missionario per giovani, presso il Santuario della Madonna di Leuca, il padre predicatore invita suor Margherita ad andare con lui per visitare una ragazzina molto malata. Appena Mirella sente che nella sua stanza c’è una suora Marcellina dice: “L’aspettavo”.
Suor Margherita torna a Taurisano molte altre volte e nasce tra loro un rapporto di vera amicizia. In questo modo Mirella comincia a conoscere più a fondo la spiritualità dell’Istituto delle suore Marcelline ed il suo fondatore. Ha modo di visitare il Centro di Cernusco nel 1985, durante il viaggio di ritorno dal pellegrinaggio Marcellino a Lourdes.
Desidera diventare Marcellina
Mirella si sente molto legata alle reverende Madri che conosce quando trovano il tempo di farle una visitina. Nonostante il sogno di diventare suora venga affievolito dalle precarie condizioni di salute, Mirella si sente tanto vicina all’Istituto che è molto felice quando, alcuni anni dopo, conosce il movimento dei laici Marcellini e si considera una delle piccole prime pietre del nuovo gruppo.
In un’occasione, ella stessa rivolge alla Madre superiora queste parole:
Bene, veramente non so, sono tanto emozionata, che non so neanche come iniziare, che cosa dire. Comunque, reverenda Madre, lei già conosce questo mio desiderio, però glielo esprimo ancora una volta, per volontà di Dio e per grande desiderio mio, forse un desiderio, come forse tutti i desideri, prima di una realizzazione e per volontà di Dio, un desiderio così sofferto, però un desiderio che è diventato sempre più desiderio e sempre più speranza di una realizzazione e speranza che io, povera creatura, possa far parte delle Marcelline, che ho portato sempre nel cuore, da quando ho conosciuto. Veramente non so quanto possano valere le mie parole, quanto possa essere l'amore che ho sempre provato, la preghiera che ho offerto a Dio, le sofferenze; ma è inutile elencare questo. Sono gocce d'acqua che si perdono nell'oceano della grazia di Dio, dell'amore di Dio. Ecco, ora esprimo ancora questo mio desiderio: ecco, far parte, voglio far parte delle Marcelline.
Voglio sentirmi parte di voi, voglio essere parte della vostra famiglia, della vostra grande famiglia. Certo, come Dio vorrà, cercherò di dare quello che Dio vuole da me, per le Marcelline e per la gloria di Dio. Veramente già da questo momento, già dal momento in cui mi è stata comunicata questa bella notizia, mi sono sentita realizzata, finalmente. Ho tanto aspettato questo momento, è stato per me, non lo so, un qualcosa di grande, quindi, ecco io, appunto, ripeto che per me, ecco, non finirò, non basterà la mia vita per ringraziare Dio, Madre, di questo loderò in eterno il Signore, perché mi ha dato la gioia, la gioia più grande, la gioia che ho aspettato, la gioia che ho tanto aspettato. Veramente tanto desiderata, non chiederò più niente a Dio, perché mi ha dato tanto. Non so dire nulla, non so cosa dire. Ecco, ora, appunto, esprimo e così … e cioè il mio desiderio di far parte come consacrata laica e poter essere appunto collaboratrice laica delle Marcelline. Siccome sia il buon Dio che voi, Madre, mi avete dato la possibilità di poterlo essere, ecco appunto io veramente esprimo questo mio desiderio, appunto essere consacrata, anche se in un modo laico e, grazie a Dio, per questo modo, appunto, collaborare insieme a voi, in questo senso.
La Madre non esita a rispondere, in più occasioni.
Mirella dona la vita per la salvezza di tutti e per confortare
Innumerevoli testimonianze raccontano quanto sia grande l’amore di Mirella per Gesù e Maria, accompagnato quotidianamente dall’offerta di sé per la santificazione dei sacerdoti. Molte di queste sono pubblicate in una sezione a parte. In un profilo del 2 gennaio 2000, tracciato da Ivo e Marietta, si legge:
“Siamo Ivo e Marietta una coppia di Melissano, paese a pochi chilometri da Taurisano. Circa dodici anni fa abbiamo conosciuto Mirella, grazie a Padre Cristoforo, che ci ha parlato di lei come di una ragazza molto malata, ma spiritualmente forte. Quando siamo entrati nella sua casa per la prima volta, la sua storia di sofferenza, di fede, di amore e di coraggio ci ha molto colpiti. Abbiamo cominciato a fare amicizia, a pregare insieme, a chiederle qualche consiglio.
Col passare degli anni questo legame di affetto si è rafforzato sempre di più; l’amore reciproco, il desiderio di stare insieme, crescevano giorno dopo giorno, e così abbiamo deciso di vederci una volta la settimana.
Mirella ci chiamava i suoi Cirenei, perché il venerdì, giorno in cui ci incontravamo, era per lei particolarmente sofferto, poiché i dolori si intensificavano tanto che a volte non riusciva nemmeno a parlare. Appena cominciavamo a pregare lei si risollevava ed entrava in un clima di pace gioiosa, scaturita dalla consapevolezza di essere uno strumento docile nelle mani del Signore e della Vergine Maria.
Stare con lei il venerdì era per noi motivo di gioia, era come stare in Paradiso e ce ne tornavamo a casa colmi di pace e di amore.
Poiché era una ragazza riservata e molto prudente, non parlava mai delle sue sofferenze e ogni volta che chiedevamo notizie circa il suo stato di salute, lei ci rispondeva di stare bene. Molte volte si faceva carico dei dispiaceri altrui e aveva sempre una parola di conforto per ognuno. In qualsiasi ora del giorno aveva la corona del Rosario in mano e pregava per tutti. Mai un lamento è uscito dalla sua bocca, soffriva molto, ma non lasciava mai trasparire il dolore.
Ricordo che, in qualità di medico, le prescrissi un analgesico, per alleviarle i fortissimi dolori di testa, provocati da una nevralgia del trigemino. Lei però, lo rifiutò come sempre, perché voleva accettare ogni patimento per offrirlo a Gesù, per la santificazione dei sacerdoti e per la salvezza delle anime.
Ciò che ci meravigliava era il suo aspetto fisico, poiché, nonostante non si alimentasse per mesi e mesi, a causa di un reflusso gastro-esofageo, sul suo volto non c’erano i segni della sofferenza ed il suo viso era sempre bello e radioso.
Solo negli ultimi tempi ci confidava: “ Soffro, ma sono felice di offrire tutte le sofferenze per la salvezza dei peccatori, felice di fare la volontà del Signore”.
Col passare del tempo, non è difficile per Mirella continuare a riunire intorno a sé un piccolo cenacolo di preghiera. Chiunque le si accosti, ne resta colpito tornando a casa rinnovato. Una sua compagna di scuola elementare racconta di una sua visita:
La trovai nel suo lettino che stringeva in mano il suo rosario. Era bellissima, non dimostrava la sua età, il suo viso dolcissimo faceva trasparire la bontà e l’innocenza del suo cuore. Con mia grande sorpresa, al contrario di quanto avevo immaginato e cioè che non si ricordasse più di me dopo tanti anni, lei invece, mi disse che mi aspettava e che già da qualche giorno sapeva che sarei andata a trovarla. Mi raccontò della sua sofferenza e della sua cecità, ma con serenità e gioia perché la malattia l’aveva portata ad essere vicina a Dio e alla Madonna. Io le raccontai della mia bimba e lei mi diede tanto coraggio, poi pregammo insieme. Nel tornare a casa, piansi tanto di felicità perché il Signore mi aveva permesso di riavvicinarmi a una persona così meravigliosa.
Si comprende quanto la sua stanzetta divenga luogo privilegiato in cui lei comunica la propria significativa esperienza di vita e di fede, luogo in cui Dio si china sul dolore dell’uomo. Quante volte, Mirella ripete:
Sì, io prego per tutti, non soltanto per me, prego per tutti ! E con questo io voglio dire che, io penso che, con questo posso aiutare la gente, solo con le mie povere preghiere. Non ci sono solo io che soffro, ci sono tanti ammalati peggio di me. Perciò dico, ci sono tante persone che hanno un piccolo mal di testa e rimproverano il Signore: proprio a me dovevi dare questo mal di testa? O un raffreddore. Cosa possono dire quegli ammalati che soffrono più di me? Che magari io, non lo so, non ho la vista, ma ci sono tante altre persone che, tanti altri ammalati che, oltre a non avere la vista, non hanno neanche la parola. E sono persone cioè ormai per loro la vita è come se non fosse niente.
Molti sono i sofferenti che la cercano o la chiamano per telefono per avere conforto, consiglio e il sostegno della sua preghiera. Mirella tratta tutti con dolcezza e infonde serenità, nonostante le sue indicibili sofferenze. Entrando nella sua cameretta di dolore, le persone percepiscono l’intima unione che lega Mirella a Dio e respirano una dolcezza tale che solo l’ intimità con il Signore può offrire.
Tra le dita tiene costantemente intrecciata la corona del rosario; prega giorno e notte, perché un’insonnia quasi continua le dà la possibilità di farlo anche a nome di tutti gli altri. Ripete spesso:
“Aiutaci, o Signore, a capire con il cuore che tu sei Padre e ci ami con amore”.
Di anno in anno le sue sofferenze si fanno sempre più intense fino ad invadere il suo fisico, ormai quasi paralizzato, ma la sua anima raggiunge vette stupende di contemplazione. Qualche sprazzo del suo intimo lo si può trovare in certi scritti che detta alla mamma o alle sue nipotine, ma tutto il resto è, e forse sarà sempre “il segreto del Re”.
Sente forte il bisogno di una guida spirituale a cui aprire l’animo e comunicare ciò che avviene in lei. È il 1982, quando conosce un sacerdote di Bologna, all’epoca direttore spirituale della Comunità: Don Carlo M. Egli si prende cura di Mirella e la segue per molto tempo, però….. a distanza. Se la presenza del Padre a Taurisano si riduce pressappoco a una volta l’anno, le resta vicino di tanto in tanto con delle telefonate, che si fanno più frequenti negli ultimi tempi della sua vita.
Mirella dimostra tanto amore verso Gesù e la Madonna che a loro dedica numerose poesie. Riportiamo alcuni versi fra quelli dettati da lei.
A Gesù
O Signore, Tu mi creasti
ed io ti trovai.
Mi amasti
ed io ti amai.
Mi chiamasti poi alla Croce
ed io di portarla fui felice.
Oggi lode a Te il mio cuore canta,
fa’ di me una serva santa.
A Maria
Dolce Madre dell’Amore,
stringimi forte al Tuo cuore,
affinché io possa vivere la mia vita
come un’offerta a Dio gradita.
Lo Spirito Santo è il suo perenne sostegno e spesso da lui ottiene doni speciali, come quando, chiamata al telefono dalla Spagna, dialoga in lingua spagnola – nonostante non conosca affatto la lingua - con una persona che le chiede preghiere.
O mio Signore,
tu che comandi al vento di soffiare,
alla pioggia di cadere,
alla neve di imbiancare,
al sole di riscaldare,
comanda al mio cuore di amare.
Di amare come ami tu,
senza aspettare d' essere prima amata,
senza pretendere di essere ricambiata.
Dare amore e di donarlo puro,
chiaro, sincero e fraterno.
Amore di unità che ci rende
tutti fratelli e figli tuoi.
O Potente Signore, io lo so che tu solo
tutto puoi, per te niente è impossibile.
Soffia con il tuo Santo Spirito nel mio cuore
e infondi il seme vero dell'Amore.
Ma ama tanto anche i Santi, in particolare Padre Pio da Pietrelcina, per il quale nutre un grande affetto. Una volta, avendo trascorso tutta la notte in lacrime perché al mattino successivo nessuno le avrebbe portato la S. Comunione, vede accanto a sé l’allora Servo di Dio con una particola in mano; “Te lo porto io il Signore…..” e le porge l’ostia consacrata.
La sua vita di unione con Dio raggiunge tutto il mondo: peccatori, sofferenti anime del Purgatorio: “Voglio soffrire per le anime del Purgatorio” esclama Mirella nel momento di maggiore sofferenza.
Quando prega pronuncia le parole con tanta intensa ed affettuosa dolcezza, che sembra parlare davvero con Gesù o con la Madonna.
Mirella costretta a trasferirsi nel garage del fratello
Oltre alle sofferenze fisiche, dovute alle malattie, su di lei si abbatte una grande prova nel 1994: la sua abitazione viene dichiarata inagibile e perciò va sgomberata al più presto per farla demolire. È una sofferenza immensa per tutti i famigliari e soprattutto per Mirella, che deve lasciare per sempre la sua cameretta della quale conserva il ricordo, non potendone più vedere fisicamente gli angoli.
Mio Signore, oggi in un forte momento di sconforto voglio scriverti, mio dolce amore, con la speranza che tu dal cielo ti permetti di ascoltarmi.
Desidererei tanto che dal cielo mi possa dare tu una risposta, anche se so benissimo che Tu hai già letto nei miei pensieri, sei àncora di salvezza.
Da qualche tempo in qua vedo che le mie preghiere sono poco ascoltate, eppure le recito con tutto il cuore.
Lo so, Signore, che io sono solo una povera ammalata, che non riesce con le opere a soddisfare i tuoi giusti desideri, ma conosci benissimo la mia infermità, se così vogliamo definirla. Ma di questa infermità ne sono tanto grata: non trovo le parole per ringraziarti. Però bisogna che Tu mi perdoni perché io non sono capace a chiederti che io possa offrire ancora di più come le tue elette Sante hanno fatto. Ma questo non dipende tutto da me, perché io voglio provare un po’ della tua persona.
Ma tu che guardi, che giudichi dall'alto, contornato di gloria alla destra del tuo Padre onnipotente, puoi appunto vedere e sapere cosa sta succedendo nella mia famiglia: la mia dolce mamma che non sta tanto bene ed altre cose per cui c'è un po’ di sconforto; ma io cerco di riparare tutto con le mie preghiere. O mio Gesù, ascoltami, perché lo sai che tu sei l'unico amore della mia vita, e se tu non mi vuoi bene, per me è finita, perché solo in te riesco a trovare la pace.
O Signore, fa’ che la nostra vita sia modellata sulla tua. Serviti di noi, facci tuoi strumenti; facci capire, Signore, che tu non hai mani perché hai le nostre mani, che tu non hai piedi perché devi servirti dei nostri piedi. Serviti della nostra bocca affinché con le parole, accompagnate dalle opere, possiamo esprimere la tua volontà, facendo della terra il giusto sgabello per i tuoi piedi.
Mirella, quindi, deve trasferirsi, insieme con tutta la famiglia nel garage del fratello Antonio, adattato per l’occasione in appartamento.
Passano alcuni anni nella nuova abitazione. Un ulteriore aggravarsi del male, la sottopone a ripetuti accertamenti clinici. Ai dolori agli arti, alle piaghe di decubito, ai sempre più intensi mal di testa, si aggiungono insopportabili, quelli dei denti e ulcere alla bocca. Infine, nonostante le precarie condizioni di salute, dopo tanto temporeggiare, giunge il tempo di un nuovo intervento chirurgico alla testa. Come sempre Mirella accetta, anzi ama la crocifiggente volontà del Signore.
Nei primi giorni di settembre del 1997, viene ricoverata a Lecce e sottoposta ad un difficile intervento alla testa e, contemporaneamente, all’estrazione di sei denti e ad un’operazione per le ulcere alla lingua. La madre racconta il desiderio espresso da Mirella: non vuole che le vengano somministrati calmanti per lenire il dolore, intendendo offrire queste sofferenze per la salvezza delle anime. In una delle tante circostanze di dolore, ella si esprime così:
O mio Signore, con il cuore straziato oso parlarti ancora. Sono inginocchiata ai Tuoi piedi mentre Tu stai per girare.
O Signore, non te ne andare! Permettimi ancora un minuto, ti devo parlare. Intorno a me c'è soltanto solitudine, dolore, e naturalmente, tutto mi fa riflettere: cosa ho fatto?
Guardo il tuo pallido viso e ancora più forte è il mio dolore. No, non è possibile che io sia stata così cieca da essere proprio io la tua aguzzina. I miei peccati sono stati così gravi tanto che sono serviti a costruire la tua croce. Ho forato le tue sante mani che ogni giorno mi hanno salvata dalle mie cadute, i tuoi piedi che mi hanno insegnato tanto, e soprattutto il tuo grande cuore che per me ha sofferto: Mi ama tanto, Signore, tanto da donarmi la vita una seconda volta quando tutti mi credevano già morta.
Ed io ho usato tanta ingratitudine fino a questo punto. O Dio, perché hai voluto preservare così poco tempo di vita a Gesù?
Ti prego, Gesù, ruba il mio spirito, portalo con te sulla croce, perché voglio morire come te per risorgere come te.
Trascorre alcune settimane di cure intensissime a base di antibiotici e cortisonici che le deformano anche il volto; non ha più il visetto affilato e quei grandi occhi scuri che, pur non vedendo, volge verso chi le parlava; non ha più i folti capelli neri, caduti sotto l’azione della chemioterapia; ma il suo viso è tumefatto e la sua voce stenta ad uscire, a causa delle lesioni della bocca che ne sacrificano l’intensità ed il timbro. Anche se l’aspetto non sembra più il suo, tuttavia la sua anima indomita ha ancora parole d’amore per il Signore, espressioni di conforto e di bontà per tutti quelli che si avvicinano a lei e ammirano la sua straordinaria fortezza d’animo.
Il suo raccoglimento diviene sempre più spesso custode di qualcosa di incomunicabile: è troppo intenso il suo colloquio a cuore aperto con il Cristo che la rapisce ogni giorno di più. Ne sono prova numerose preghiere e poesie dettate da Mirella e pubblicate in questo opuscolo, nella sezione a parte.
Molte sono le persone che testimoniano quanto grande sia il suo amore per Gesù e Maria e la sua offerta quotidiana per la santificazione dei sacerdoti.
Le sue sofferenze sembrano non avere fine e, poiché le sue condizioni di salute si aggravano sempre di più, nel 1998 è costretta a ricoverarsi a San Giovanni Rotondo, presso l’ Ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza”.
Ma anche lì i Sanitari non possono fare altro che confermare le diagnosi precedenti.
Tornata a casa, anche se i dolori sono ormai diffusi su tutto il corpo, continua nella vita di intensa preghiera e di apostolato verso tutti, ma il parlare comincia a costarle molta fatica e dolore. Nell’estate del 1999 compare una febbre continua e forte, per cui viene sottoposta ancora a visite mediche, accertamenti e cure.
Nonostante tutto risulti inutile, Mirella persevera con dolcezza nel suo amore verso Gesù. Viene ricoverata nuovamente presso ospedale di Tricase il 27 settembre 1999. Sta molto male; cosciente, risponde a stento.
Il ritorno alla casa del Padre
Quattro giorni dopo entra in un coma irreversibile e, dopo un rapido aggravarsi delle condizioni generali di salute, Mirella conclude serenamente la sua vita terrena. È il 4 ottobre 1999. Ricordando il suo struggente desiderio di essere Marcellina, la madre Paola concede che venga vestita con l’abito bianco delle suore ospedaliere.
Durante l’esposizione della salma nel garage del fratello, ha luogo un continuo pellegrinaggio di gente semplice, suore, sacerdoti e religiosi. Molti amici di Mirella provengono da tutti i paesi vicini e lontani, da Brindisi, Taranto, Salerno, Pordenone, Lecce….
Contemporaneamente accadono fatti degni di nota. Il fratello Antonio parla di stigmate che appaiono sulle mani della sorella, anche se non in modo appariscente. Infatti, si nota una certa lividura, scomparsa al momento della morte e riapparsa al suono delle campane per la messa di esequie. Inoltre, il 5 ottobre, verso le ore 13.00, sullo sterno, appare anche una macchia di sangue fresco che si espande con rapidità e che Antonio cerca di smacchiare con un batuffolo di cui non resta traccia. Appare, inoltre, del sangue fresco anche sul polso destro, nonostante non siano riscontrate ferite di alcun genere.
Nella notte tra il 4 e il 5 ottobre 1999, gli amici di Mirella partecipano alla veglia di preghiera organizzata dalle suore Marcelline di Tricase. A un certo punto, suor Margherita, intona la canzone liturgica preferita da Mirella, dedicata alla Madonna, “Madre, io vorrei”
Io vorrei tanto parlare con te di quel Figlio che amavi;
io vorrei tanto ascoltare da te quello che pensavi,
quando hai udito che tu non saresti più stata tua
e questo Figlio che non aspettavi non era per te.
Ave Maria, Ave Maria, Ave Maria, Ave Maria.
Io vorrei tanto sapere da te se quand’era bambino,
tu gli hai spiegato che cosa sarebbe successo di lui
e quante volte anche tu di nascosto piangevi, o madre,
quando sentivi che presto l’avrebbero ucciso per noi.
Ave Maria, Ave Maria, Ave Maria, Ave Maria.
Io ti ringrazio per questo silenzio che resta tra noi,
io benedico il coraggio di vivere sola con lui;
ora capisco che fin da quei giorni pensavi a noi.
Per ogni figlio dell’uomo che muore ti prego così:
Ave Maria, Ave Maria, Ave Maria, Ave Maria.
Al coro delle suore è spontaneo che si unisca con commozione tutta la gente presente, specialmente i giovani e i ragazzi ai quali Mirella si rivolge ancora e sempre così, attraverso le sue memorie:
Carissimi giovani, anche nel dolore più grande, anch' io vivo nella giovinezza e capisco quello che comporta gli sforzi e i sacrifici che si devono fare per poter rimanere sulla retta via. Ma c'è Maria che ci guiderà, che vi guiderà, che a voi farà, oltre che da guida, anche da Madre e Lei stessa vuole avere la gioia di prendervi per mano, perché vuole che insieme seguiamo le orme del suo Figlio Gesù. Orme ben visibili, perché ognuno di noi dovrà vedere un giorno il volto del Padre e gridare in cielo “alleluia” al Signore. Io ho vent'anni e veramente vivo nel dolore più grande. Il Signore mi ha dato la gioia di chiamarmi accanto per Lui e a soffrire insieme a Lui, perché per Gesù, il compagno di viaggio fu il Cireneo, per noi è Lui stesso che si fa l'amico del cuore, che porta insieme a noi la Croce e addirittura ci ha fatto il dono più bello: l'incontro con Maria, la mamma più buona che esista al mondo, in questa vita e in quella eterna, dove, rifugiandoci nel cuore suo, potremo ritrovare la gioia che cerchiamo.
Io ho imparato da Lei ad amare, anche se non lo so ancora fare. Però il mio desiderio più grande è quello di soffrire e offrire per Gesù, che è in cielo. L'uno, dice Gesù, sarà scambiato col cento, quindici (???) volte tanto, quindi ricambiamo quest'amore.
La Mamma piange lacrime di dolore: cerchiamo di darle un po’ di gioia con il nostro vissuto, offrendo a Lei il nostro passato, anche se da tanta miseria è stato macchiato. Lei ci difenderà davanti a Dio fino all'ultimo momento.
Ora voglio supplicare per voi e per tutti la Santa Vergine Maria, con una semplice preghiera che non so se a voi piacerà.
"Cuore immacolato e addolorato di Maria, colmo di bontà, mostra il Tuo cuore verso di noi. La fiamma del tuo cuore, o Maria, scenda su tutti noi. Noi che amiamo immensamente, illumina tutti noi del vero amore, così sentiamo il bisogno di Te. O Maria di soave ed umile cuore, ricordati di noi che siamo nel peccato. Tu sai che tutti gli uomini peccano: donaci di essere guariti da ogni malattia spirituale. Fa’ che sempre possiamo guardare alla bontà del Tuo cuore materno e che ci convertiamo per mezzo della fiamma del tuo cuore. Evviva Maria.
La Santa Vergine Maria, dopo aver meditato e pregato il S. Rosario, dice: "Figli miei, imparate da me, venite alla scuola della mia grazia, Dio Padre ve ne farà dono. Amate tanto l'umiltà e sarete i piccoli di Dio. Amate l'amore; amate chi non è amato e piange per amore e per questo è finito sulla Croce e ci salirebbe ancora. Chissà se lo sarà necessario; non temete, perché ci sono io accanto a voi, io sono la vostra mamma.
E’ quello che vi raccomando: di pregare incessantemente perché oggi, in quest'era, ogni preghiera rivolta al Padre eterno sarà esaudita. Amen. Seguono lunghi minuti di raccoglimento.
I funerali sono solenni: un trionfo di fede e di preghiera, di commozione e di testimonianza cristiana. Molta gente partecipa alle esequie e sono presenti anche numerosi sacerdoti e religiosi. Il feretro è scortato fino al cimitero da venti ragazze, vestite di bianco con rose bianche tra le mani, segno dei suoi vent’anni di malattia.
Quando al cimitero gli impresari di pompe funebri scoperchiano la bara, un intenso profumo di rose si sprigiona con prepotenza; tutti vogliono toccare la salma e baciarla per l’ultima volta. Quanti riescono a farlo assicurano che, al tatto, la pelle della salma risulta morbida. Anche il viso non è più pallido ma di un colore rosa vivo, piuttosto insolito per un cadavere. Lo affermano alcuni testimoni, nelle lettere allegate.
Vengono offerte numerose corone di fiori delle quali, dopo il funerale, restano solo gli scheletri, dal momento che i fiori vengono presi, posati per un attimo sul corpo di Mirella, e portati via come ricordo.
Tutto ciò avviene a circa 36 ore dalla morte, mentre il profumo di rose si espande, non continuo, bensì a tratti.
Oggi resta di Mirella un fulgido esempio davanti al quale resta solo il desiderio di tacere, meditare e pregare. Assai significative restano le testimonianze di quanti l’hanno conosciuta personalmente.
Fonte:
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www.mirellasolidoro.it
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