È morto il santo! Il 20 maggio 1839, in una cella austera del convento di Vico, piccola città dell’Isola di Corsica, consegnava la sua anima a Dio questo umile religioso. La notizia della sua morte si diffuse come fuoco nella paglia per tutta l’isola e da ogni parte si udiva la stessa esclamazione: Il santo è morto! È morto il santo! Molto presto la chiesa del convento, dove si era allestita la camera ardente, si riempiva di gente. Erano persone di ogni classe e condizione che facevano a gara nel proclamare le sue virtù, ricordare i suoi miracoli e implorare il suo aiuto. Ognuno voleva toccare il suo corpo con pezzi di tessuto o oggetti di devozione. Tutti condividevano lo stesso sentire: un santo aveva lasciato la terra. Ora potevano contare su un intercessore nel cielo.
Chi era Padre Albini?
Carlo Domenico Albini discendeva da una umile famiglia di agricoltori, in cui la pratica della religione si trasmetteva da padre in figlio come l’eredità delle terra o la casa. La famiglia Albini viveva a Mentone, graziosa città della costa azzurra, che oggi appartiene alla Francia, ma al tempo di P. Albini faceva parte dell’Italia. Carlo Domenico ha visto la luce il 26 novembre 1970. Fin dalla tenera età il piccolo Domenico già lasciava intravedere la sua vocazione al sacerdozio. Frequentava la chiesa parrocchiale di S. Michele dove serviva la messa e altre funzioni religiose con molta pietà e fervore. Il cielo lo aveva favorito di una intelligenza non comune. Inviato da suo padre alle “Scuole Pie”, non tardò a mettersi in evidenza come un alunno diligente. Terminati gli studi classici, il giovane Albini, rispondendo alla chiamata divina, entra nel seminario maggiore di Nizza. I suoi formatori subito costatarono la sua applicazione allo studio delle scienze sacre. Non minore era il suo impegno per acquistare la perfezione sacerdotale.
Primi anni di sacerdozio
Il sabato 17 dicembre 1814 mons. Colonna d’Istria, vescovo di Nizza, ordinava sacerdote il fervente seminarista. Essendoci a quel tempo un’abbondanza di clero, don Carlo, come si cominciò a chiamarlo, non ricevette dal suo vescovo nessuna precisa missione. Ritornò nella sua città natale e, anche se non aveva ricevuto ufficialmente l’incarico di vicario parrocchiale, lo esercitava ugualmente in perfetta sintonia con il parroco, riservandosi di preferenza i servizi più scomodi, raggiungere i villaggi più lontani, visitava gli infermi, assisteva i moribondi. A don Carlo non bastava il ministero pastorale ordinario, comincia a visitare la gente dei dintorni predicando, catechizzando, confessando e aiutando i parroci. Aveva un dono speciale per toccare i cuori. Molti erano convinti che leggesse nelle coscienze. Il suo vescovo diceva: “se trovassi quattro sacerdoti del calibro di don Albini, la mia diocesi si trasformerebbe molto presto”.
Professore nel seminario
Il rettore del seminario di Nizza, che aveva avuto occasione di apprezzare la scienza e la virtù di questo servo di Dio, nel 1822 chiese al vescovo di nominarlo come direttore spirituale e profesore di teologia morale. Il solo esempio di virtù, pietà e regolarità attraeva la fiducia dei seminaristi che accompagnava nella direzione spirituale, inculcava la pratica della pietà, del fervore, del raccoglimento e dello studio, tutto a gloria di Dio e alla salvezza delle anime e questo ministero occuperà tutta la sua vita.
Oblato di Maria Immacolata
Nel suo intimo don Albini aspirava a una maggiore e più completa donazione a Dio. Si sentiva attratto verso la vita religiosa e apostolica. Mentre si trovava in un periodo di discernimento con la preghiera e i consigli dei superiori, avvenne un incontro provvidenziale: il P. De Mazenod, Fondatore degli Oblati, con uno dei suoi fu chiamato a predicare gli esercizi spirituali a un gruppo di giovani a Nizza. Don Albini li aiutava. Edificato dalla virtà e zelo dei due missionari, attratto dallo stile della loro predicazione e genere di vita, sollecita il suo vescovo luce verde per unirsi a loro. Ottenuto il sì del vescovo iniziò il noviziato il 17 luglio 1924 nella casa madre della Congregazione a Aix in Provenza.
Dopo la sua prima professione religiosa, tenendo conto delle sue conoscenze e della sua esperienza, gli affidano diversi compiti molto delicati. Insegna teologia morale agli scolastici, traduce in un latino impeccabile le Costituzioni e Regole dell’Istituto, predica spesso e passa molte ore nel confessionario della chesa della Missione, esercita la cappellania nel carcere, dirige molti esercizi spirituali alle comunità religiose, catechizza i poveri della città e si ingegna per prestare ogni tipo di aiuto. Arriva al punto di chidere elemosina, previo permesso del superiore. È stato affermato: “Il P. Albini è un prodigio di santa attività; lo incarico di molte cose e lo tengo multo occupato, però egli disimpegna tutto con molta attenzione e destrezza”. Tuttavia la sua passione erano le missioni. Aveva detto addio alla sua diocesi attratto precisamente da questo ideale. Avrà l’occasione di predicarne più di una in Provenza e nei dintorni.
Marsiglia, il seminario e l’opera degli italiani
Il 27 ottobre 1827 è inviato al seminario maggiore di Marsiglia, affidato agli Oblati, per insegnare teologia morale. Subito è riconosciuto come professore dotto e umile, esperto e pio. Per prevenire i suoi alunni contro il rigorismo del giansenismo tanto dannoso come esteso nel sud della Francia, introdusse una cosa nuova e audace per quei tempi: la teologia morale di S. Alfonso.
Un altro lavoro apostolico che occupò il suo tempo e riempì di gioia il cuo zelante cuore fu l’opera degli italiani. Si erano stabiliti a Marsiglia una colonia di circa 7.000 suoi connazionali in cerca di lavoro e di una condizione di vita migliore. Eugenio de Mazenod, vicario generale della diocesi e buon conoscitore della lingua di Dante per essere stato in Italia durante gli anni di esilio, vide che erano pastoralmente abbandonati. Si dedica a loro corpo e anima e sorge una comunità cristiana fervente. Non potendo affrontare tutte le sue responsabilità di vicario generale della diocesi e di superiore generale della Congregazione, cede questo lavoro al P. Albini. È incalcolabile il bene operato dal P. Albini in seno alla colonia italiana. La sua dedizione e alcuni fatti prodigiosi davano al suo ministero popolaritàe un prestigio straodinario. Quando si vide obbligato a lasciare Marsiglia verso una nuova missione ci furono lacrime e drammi da parte dei suoi connazionali.
Formatore di sacerdoti
L’isola di Corsica, cecuta alla Francia dalla Repubblica di Genova nel 1798, continuava ad essere italiana sia per la lingua che per le sue tradizioni. Quando gli Oblati arrivarono nell’isola la situazione religiosa e morale offriva uno spettacolo desolante. Gli aspiranti al sacerdozio, in mancanza del seminario, non ricevevano una formazione adeguata per esercitare degnamente il ministero. Non essendoci più l’istruzione religiosa aumentava l’ignoranza e l’indebolimento della fede, dilagava l’immoralità e l’imbarbarimento dei costumi. A colmare la misura regnava come istituzione intoccabile la “vendetta” che per i corsi era sacra e implacabile. Tra cittadini e cittadini, famiglia e famiglia finché il sangue non avesse lavato l’affronto, non c’era tregua. Bisognava poi formare una nuova generazione di pastori forti nella fede, istruiti e zelanti che rinnovassero le fede e i costumi.
Nel 1833 mons. Casanelli nominato vescovo di tutta l’isola, primo a coprire questi incarico dopo la rivoluzione francese, si rivolse immediatamente al Superiore Generale dei Missionari Oblati per aiutarlo ad aprire un seminario, che nei piani del vescovo faceva parte delle prime necessità della sua diocesi. Il Fondatore scelse il P. Guibert, futuro cardinale e arcivescovo di Pari, come superiore della comunità degli Oblati. Gli Oblati fecero di tutto per creare da zero il seminario maggiore di Aiaccio, capitale dell’isola. Della comunità venne a far parte, nel 1935, anche il P. Albini. Non si può immaginare quanto gli costò lasciare Marsiglia, in primo luogo la comunità degli italiani. Mons. de Mazenod, restio ad allontanare P. Albini da Marsiglia, avvertì mons. Casanelli: “È tanto il bene che il nostro P. Albini fa a Marsiglia che se lo tiro fuori di qui tutti mi salteranno addosso, però se è veramente l’uomo necessario per la Corsica, te lo cedo su due piedi”. Il P. Albini seppe rispondere alle aspettative che avevano posto in lui per ristabilire la pietà, la regolarità e il livello degli studi nel nuovo seminario.
Missionario e taumaturgo
Al termine del corso scolastico 1835-1836 il vescovo chiese al Fondatore degli Oblati di creare una residenza di missionari in un vecchio convento francescano, abbandonato dopo la rivoluzione, nella ridente cittadina di Vico, distante 50 chilometri dalla capitale. Superiore della comunità fu nominato il P. Albini. Ciò comportò un grave sacrificio pel il P. Guibert nel vedersi privato del suo baccio destro nel seminario. Per non allontanarsi del tutto dal seminario, spesso faceva la spola a cavallo tra Vico e Aiaccio.
Nell’agosto del 1936 P. Albini, con un altro compagno oblato, predica la prima missione a Moita, capoluogo della regione di Corte. Provvidenzialmente si ricollegavano alle misioni proprio lì dove S. Leonardo da Porto Maurizio le aveva terminate un secolo prima. Alla missione di Moita seguirono quelle di Canale, Linguizza, Coggia, Gaungo, Abertacio, Lietia, Speloncano, Niolo Calcatoggio... villaggi numerosi disseminati quasi per tutta l’isola. In questo testo è difficile descrivere ciò che il Signore ha operato mediante il suo stancante e fruttuoso ministero. Ricordando quelle misioni non possiamo non ricordare tanti eventi meravigliosi che accompagnarono i risultati straordinari della predicazione del P. Albini e che gli valsero il titolo di “Taumaturgo”, qualcosa che ripugnava alla sua profonda umiltà. Si può applicare qui ciò che l’Evangelista diceva dei primi Apostoli: “Essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano” (Mc 16,20).
Morte preziosa
Tornato a Vico, consumato dal lavoro apostolico e dalla sua austerità, cadde malato il 6 novembre 1938. Il medico, nel visitarlo, vide che portava un cilicio pungente e voleva proibirglielo. Tra alti e bassi di cadute e di migliorie, giuse il giorno “dies natalis”, il giorno della sua nascita al cielo il 20 maggio 1939. Come furono gli ultimi istanti della sua vita? L’espressione del suo volto, tutta l’attitudine della sua persona, davano a pensare che Gesù Cristo sorrideva a quel servo fedele e prudente che aveva conservato un cuore e un’anima di un bambino innocente. Le sua ultime parole furono: “Laetatus sum in his quae dicata sunt mihi: In domum Domini ibimus”, “Mi rallegro per quello che mi han detto: andiamo alla casa del Signore”.
Il corso della sua Causa è rimasto fermo per un tempo, ora aumenta di giorno in giorno la sua fama di santità grazie non solo agli Oblati di Vico, ma anche ai laici che hanno fondato recentemente un’associazione viva e dinamica: Confraternità di u Padre Albini (vedi foto più in basso). Il fervore dei fedeli spinge il Cielo a far piovere un’infinità di favori e grazie attribuiti alla sua intercessione. Magari ci fosse tra quelli un miracolo attendibile che apra le porte alla sua Beatificazione.
Fonte:
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www.santioblati.weebly.com
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