Dati biografici
Marcelino Sánchez Fernandez nacque a Santa Marina del Rey, provincia di León e diocesi di Astorga, il 30 dicembre del 1910.
I suoi genitori, Nicolás e Ángela, ebbero otto figli, i quali morirono tutti in vita dei genitori, eccetto Marcelino ed un altro chiamata Angel. Era una famiglia cristiana con una buona condotta morale.
Entra nel seminario minore dei Missionari Oblati di Urnieta (Guipúzcoa). La salute di Marcelino era precaria, e ciò lo obbligó a ritornare alla casa paterna. Una volta che si era rimesso, tornò al seminario, e al non vedersi capace di continuare con gli studi per motici di salte, si orientó verso la vocazione di fratello Oblato. Cosí, il 24 marzo del 1927, cominciò il noviziato a Las Arenas (Vizcaya) in qualità di Fratello coadiutore e professò il 25 marzo del 1928, festa della Incarnazione del Signore. Rimane nella comunità del noviziato, prestando vari servizi come sarto e portinaio. Nel 1930, inaugurato lo scolasticato o seminario maggiore di Pozuelo, è destinato a questa nuova comunità e si dedica a prestare i suoi servizi a diversi compiti, principalmente la sartoría.
Nel 1935, dopo sette anni di voti temporanei, fa la sua oblazione perpetua e si sente già pienamente integrato nella Congregazione verso la quale ha sempre mostrato tanto affetto. Lo si ricorda come un religioso fervente, devoto alla Vergine, il cui rosario portava sempre con sé, ubbidiente, responsabile e servizievole.
Detenzione e martirio
Il 22 Luglio del 1936 è arrestato con tutta la comunità oblata a Pozuelo de Alarcón; prigioniero con tutti, è portato alla Direzione Generale di Sicurezza, situata in piazza Puerta del Sol, al centro di Madrid. Il giorno dopo riprende la libertà.
In una retata generale è fermato di nuovo e portato al Carcere Modelo a Madrid. Il 15 novembre del 1936 è trasportato alla Prigione di San Antón (scuola degli Escolapi trasformata in prigione), e durante la notte del 27-28 dello stesso mese è “portato via” per essere martirizzato a Paracuellos del Jarama, a pochi chilometri di Madrid. Aveva 26 anni.
Testimoni
Du Durante la sua infanzia Marcelino vive in un ambiente buono, tranquillo, religioso. Apparteneva all’associazione dei “Tarsicios”, movimento cattolico per insegnare ai bambini la devozione a Gesù Eucaristía e la comunione frequente.
Nell’origine della sua vocazione si manifesta con forza la sua fede per seguire la chiamata di Dio, nonostante la situazione di sua madre, paralitica. Dotato di buona volontà ed amante della sua vocazione religiosa, la segue fedele, nonostante i contrattempi ed acciacchi di salute che gli impediscono di continuare i suoi studi ed accetta con umiltà l’abbandonare il suo progetto di essere sacerdote per continuare nella vita religiosa come fratello coadiutore.
Un sopravvissuto, P. Felipe Díez, dice di quesi fratelli oblati, religiosi come gli altri Oblati, ma non sacerdoti:
Vivevano in un sacrificio esemplare nei diversi ministeri che avevano. Tra gli altri compiti, ricordo che Fratel Bocos si dedicava alla cucina, Fr. Eleuterio rispondeva all’attenzione e pulizia della casa, e Fr. Marcelino Sánchez si dedicava alla sartoria, sistemando talari (…). Vissero la virtù della povertà accettando la realtà della nostra vita piena di carenze in quanto alle cose materiali, vivendo il Vangelo nell’amore e fedeltà al lavoro, cercando, come dice il Vangelo, di “servire e non essere serviti.”
In maniera speciale voglio sottolineare l’esempio dei Fratelli Coadiutori che svolgevano con allegria i compiti più umili nella comunità ed erano un stimolo per tutti. Concretamente, ricordo i Fratelli Bocos, Sánchez e Prato, che ci danno un esempio allegro e semplice nel lavoro quotidiano..
In quanto alle sofferenza ed al vissuto durante la prigione ed il martirio, si può vedere quanto segnalato in merito agli altri Oblati, Servi di Dio, martirizzati. Basti ricordare un breve passaggio dell’eloquente attestazione di P. Felipe Díez, superstite:
Nel momento della morte, ho sentito che qualcuno, che per le descrizioni coincide con P. Esteban , nostro Provinciale, chiese permesso per dare l’assoluzione ai suoi compagni. E le sue ultime parole furono: “Sappiamo che ci ammazzate per essere sacerdoti e religiosi. Vi perdoniamo. Vivo Cristo Re!”
Fonte:
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www.martiripozuelo.wordpress.com
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