Bari, 19 aprile 1889 - 19 dicembre 1969
Bina (come tutti la chiamano) è la primogenita di nove tra fratelli e sorelle, cui fa quasi le veci della mamma, che, assieme alla nonna è ammalata. Si iscrive presto all'AC. Incaricata diocesana Fanciulli di AC, servizio che svolge per ventisette anni, diventa contemporaneamente presidente diocesana della GF. Nel 1913, fonda il Terz'Ordine carmelitano e lo guida come Priora fino alla morte. Dà vita all'oratorio del Sacro Cuore, frequentato tra gli altri da Aldo Moro, dove maturano molte vocazioni sacerdotali e religiose. Nel 1928, fonda l'Unitalsi pugliese. È delegata regionale delle Pontificie Opere Missionarie. Nel corso della sua attività di catechista, durata cin quant'anni, Isabella "ha affiancato l'opera dei sacerdoti in maniera meravigliosa e ha consegnato ai suoi allievi pensieri eucaristici e biblici, che solo una persona ispirata poteva produrre, vista la sua preparazione culturale da autodidatta". Martedì 4 giugno 2024 si è tenuta, presso la Curia Diocesana di Bari-Bitonto, la sessione finale dell'inchiesta diocesana suppletiva sulla "vita, virtù, fama di santità e di segni" della Serva di Dio Isabella Morfini, Fondatrice del Terz’Ordine Secolare Carmelitano a Bari.
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Narrare di Bina Morfini significa imparare una grammatica che ci manca oggi, che è quella dell’impegno laicale del ‘900 nella città di Bari. Il primo elemento che mi sembra importante sottolineare è proprio questo: i carmelitani e le carmelitane hanno profondamente segnato di spiritualità la Chiesa che è in Bari, perché la presenza e la testimonianza della Beata Elia di San Clemente, carmelitana scalza, la testimonianza della Madre Teresa Gimma, carmelitana scalza, la serva di Dio, Bina Morfina, il cardinale Anastasio Alberto Ballestrero, vescovo di Bari, carmelitano scalzo, già generale dell’Ordine, e poi la santità che mi sembra sempre doveroso richiamare, anche se ci attardiamo a fare un passo significativo, di Padre Bernardino Lieto, uomo umile e frate umile che ha dedicato quarant’anni del suo servizio al cimitero di Bari, confortando, consolando, svolgendo il ministero della consolazione per tante famiglie, per tanti decenni, con spirito di fede, con grande amore e con quella speranza che anima la vita delle persone che sono pienamente e totalmente dedicate a Dio e al popolo. Ecco, ho voluto presentare queste cinque figure, per sottolineare che il Novecento barese è profondamente segnato dall’esperienza della spiritualità del Carmelo e dalle figure di santità di questi fratelli e sorelle in tutti gli ambiti della vita. Cerchiamo una famiglia carmelitana, una coppia che possa in un certo qualche modo completare quest’opera, questa tessitura di Dio, in tutti gli stati di vita come ci sono laici del Carmelo secolare che meriterebbero quest’ attenzione – nella memoria ne porto alcune. Questa Chiesa particolare ha goduto della testimonianza della santità di queste figure. La Chiesa è segnata profondamente dalla spiritualità del Carmelo teresiano. Cosa possiamo dire di Bina Morfini? Una volta ho scritto un articolo a causa di una conferenza, che mi chiese don Antonio Talacci, che mi sembra giusto ricordare perché è stato un sacerdote che ha avuto cuore, perché era parroco alla Chiesa del Rosario e ha così dovuto approfondire la figura di Bina, perché lei ha operato nella chiesa del Rosario, a Piazza Garibaldi. Questa conferenza portava il titolo: “Bina Morfini, donna tenera e forte”. Tenera: abbiamo voluto questa foto di Bina, rispetto a quella molto austera in cui era molto anziana, che sottolinea la tenerezza di Bina, nel senso che il suo volto è immagine ed espressione di una tenerezza che è segno di una pacificazione con il dolore, e poi donna forte perché l’esperienza personale ed ecclesiale richiesero una grande fortezza. La sua vocazione non è stata semplice. Avrebbe voluto essere carmelitana scalza, ma non fu possibile per ragioni famigliari. Non dimentichiamo che era la prima di dieci fratelli e sorelle e che dovette imparare ad essere troppo presto una piccola madre, vocazione che esercitò tutta la vita: essere madre, essere conforto ed aiuto ai suoi genitori, essere assistente ed infermiera per i suoi donni, e infine la lunga malattia della mamma e del fratello Pietro, quindi Bina dovette essere forte, e davanti a quello che sentiva vero nel più profondo della sua vita, essere carmelitana scalza, dovette affrontare con fortezza e realismo la vita e trovare adesso dentro quella verità e concretezza di vita la sua vocazione e missione. Donna di sogni, donna di profondo realismo, perché dentro queste coordinate Bina crebbe, sogna e realizza. Bina a soli 7 anni ricevette lo Scapolare della Madonna del Carmine e dopo fece la prima Comunione. Avrebbe voluto studiare, ma fu fondamentalmente autodidatta. Prese il nome di Maria del SS. Sacramento nel momento in cui divenne terziaria carmelitana e lo era da sola, perché qui non c’erano i carmelitani. Aveva conosciuto i carmelitani a Milano però, nel giro di pochi anni la fraternità intorno a lei, divenne una numerosa e lei la accompagnò lungo tutto la sua vita, fino alla morte, il 19 dicembre 1969. Fu donna di profonda attitudine contemplativa, ma anche di profondo zelo apostolico. Lei ha inventato l’Oratorio nella Chiesa di Bari. E’ vero: erano arrivati i padri salesiani già nel 1902, ma la sua attività evangelizzatrice fu profondamente segnata dall’attività dell’Oratorio. Seppe accogliere ragazzi e ragazze, in un territorio difficile, di periferia. Fu catechista, accompagnò nella vita cristiana, accompagnando centinaia di giovani. Si contano 32 sacerdoti usciti da quella esperienza di accompagnamento. Fu madre dell’anima di coloro che incontrò. Operò con carità esemplare accanto alle figlie di San Vincenzo de Paoli, curò la formazione dei gruppi nascenti di Azione Cattolica, fu la prima presidente della gioventù femminile e successivamente delle donne cattoliche, fu delegata diocesana per i fanciulli di Azione Cattolica per quasi trent’anni, fu delegata diocesana e regionale delle Pontificie Opere Missionarie, e qui si manifestò la sua grande devozione a Teresa di Gesù Bambino. Aveva letto e scritto di Teresa di Gesù Bambino attraverso l’opera dei padri carmelitani di Milano, “la Lega Eucaristica”, che fece la prima pubblicazione a puntate della “Storia di un’anima”. Nel 1951 per questa grande attività fu insignita dalla chiesa locale della Croce Pro Ecclesia Pontefice, come riconoscimento del servizio reso alla Chiesa di Bari e alla Regione ecclesiastica pugliese. Fondò inoltre l’Unitalsi insieme a Mons. Ercoli, allora direttore del Seminario di Molfetta. Comprendiamo allora che la vita di Bina Morfini è la vita di una donna tenace e delicata che vive con passione la sua vocazione e missione, che scopre giorno dopo giorno, una laica che non conosce mezze misure nel suo impegno ecclesiale e civile perché tutta la sua azione pastorale è attenzione agli ultimi, in un tempo in cui tutta la pastorale era condotta da soli uomini. A quei ragazzi e giovani che fanno fatica a sognare un futuro dopo la Prima Guerra Mondiale, che ha massacrato milioni di vite e infranto tanti sogni, lei è stata capace di tessere i sogni di questi giovani, con tenerezza di madre e con fortezza di donna. Per gli ammalati e i tanti poveri della città di Bari che facevano fatica a rialzarsi e a vivere con dignità, Bina è stata una donna capace di rimanere accanto, una donna di periferia, perché tale era la collocazione del suo impegno pastorale nel territorio, una donna che si è fatta carico dei drammi del suo tempo, senza ripiegarsi su se stessa, facendosi testimone credibile di una Chiesa, quella di Bari, capace di compromettersi con i drammi sociali e i disagi educativi di quel tempo; senza troppo clamore ha testimoniato la possibilità di una cittadinanza attiva. La sua è stata una grande testimonianza ecclesiale ma caratterizzata anche da un forte impatto sociale. Ci sono poi elementi spirituali che fanno riferimento alla sua costante devozione all’Eucaristia. Lei si è fatta mangiare, divorare dall’Eucaristia. Tutti i suoi problemi li ha sempre visti e affrontati con gli occhi mistici di Gesù. Avrebbe voluto una famiglia, ha coltivato un amore, ma ha saputo discernere, anche con fatica – come scrive lei – ciò che Dio le stava chiedendo. Anche qui ha rivelato la fortezza di una donna, chiamata a scegliere, a scoprire e a vivere una fedeltà a Cristo; e dal momento in cui lei ha scelto di appartenere a Cristo, la sua attenzione è stata particolarmente eucaristica, e nei momenti difficili è tornata sempre ai piedi dell’Eucaristia, per ricomprendere sé stessa, per ridire il suo amore, per dire la sua fedeltà. Questa era Bina. E dall’altra parte la direzione mariana, che riveste di bellezza la vita di Bina, ma diviene anche un elemento di profonda identificazione mariana della sua esistenza, e qui è molto carmelitana, tanto nella centralità dell’Eucaristia (“vivere in ossequio di Gesù Cristo” direbbe la Regola), quanto nella profonda devozione mariana: Bina è “mariforme”. Tutta la sua esperienza umana e spirituale è contrassegnata dalla conformità a Maria: è tutta Maria. Per questo, il nome scelto, “Maria dell’Eucaristia”, legge tutto il suo percorso umano e spirituale. Lei è stata tutta di Maria e ha avuto un’attitudine mariana che ha dato forma alla sua dimensione missionaria; ed è stata eucaristica, lasciandosi incontrare dall’Amato e facendo della sua vita un’esistenza donata agli altri. Si è donata totalmente, pienamente, tutto il tempo. Un’esistenza così è un’esistenza innamorata. Ecco perché è stata capace di fare tante cose insieme. Chi è innamorato è in grado di fare “opere, opere, opere” (direbbe Santa Teresa d’Avila); chi non è innamorato è preoccupato solo di riposare: questa è la differenza tra un’anima apostolica e contemplativa e un’anima che predica contemplazione senza amore.
Autore: Padre Luigi Gaetani, Ocd
Fonte:
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www.carmelitaniscalzinapoli.it
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