I Trappisti in Algeria
La presenza in Algeria dei monaci Cistercensi della Stretta Osservanza, detti anche Trappisti, rimonta al 1843, tredici anni dopo la conquista del Paese e l’annessione alla Francia metropolitana.
Dodici monaci, provenienti dall’abbazia di Aiguebelle, si stabilirono a Staouéli, a nord-est di Algeri. Tuttavia, lo scarso rendimento del terreno, unitamente alla legge che sanciva la separazione tra Chiesa e Stato in Francia, li obbligò a tornare in Europa nel 1904. Fino al 1938 risedettero nell’abbazia di Maguzzano, vicino Brescia.
Nel 1934 iniziò la nuova vita della comunità intitolata a Nostra Signora dell’Atlante, o Notre Dame de l’Atlas (l’Atlante è la catena montuosa più imponente dell’Algeria), che, dopo varie vicissitudini, si stabilì a Tibhirine.
Il monastero affrontò la situazione che si venne a creare con le guerre d’indipendenza, che portarono alla creazione dell’Algeria come Stato a sé, ma rischiò in pari tempo di chiudere, a causa dell’età avanzata di gran parte dei monaci. Nel Capitolo Generale del 1964, infatti, era stato deciso che, se qualche altro monastero dell’Ordine non avesse voluto rilevare Nostra Signora dell’Atlante, avrebbe dovuto chiudere.
Grazie all’opposizione di monsignor Louis-Etienne Duval, vescovo di Algeri, la chiusura fu rinviata. L’arrivo di altri religiosi, soprattutto dai monasteri di Tamié e Aiguebelle, concretizzò la speranza del vescovo: il deserto sarebbe tornato a fiorire.
La comunità nei primi anni ‘90
Quando l’Algeria aveva cominciato a vivere i suoi “anni neri”, in cui le forze islamiste avevano preso il potere, la comunità di Tibhirine era così composta: padre Christian de Chergé, priore dal 1984; padre Christophe Lebreton, maestro dei novizi e cantore; fratel Luc Dochier, addetto alla cucina e al dispensario annesso al monastero; fratel Paul Favre-Miville, foresterario; padre Célestin Ringeard, organista e cantore; fratel Michel Fleury, lettore e aiutante in cucina; padre Amedée Noto; padre Jean-Pierre Schumacher.
Secondo la loro Regola, alternavano le ore di preghiera comunitaria a vari servizi. Qualcuno lavorava nell’orto, qualcun altro curava i malati, qualcun altro ancora accoglieva i visitatori che cercassero pace e ristoro, o anche solo una parola di conforto.
Le prime minacce
La vita dei monaci venne turbata quando le notizie di aggressioni e uccisioni cominciarono a moltiplicarsi. Il 14 dicembre 1993, a Tamesguida, vennero sgozzati dodici croati cristiani. I monaci li conoscevano perché venivano da loro a celebrare la Pasqua. L’accaduto seguiva di due settimane l’ultimatum lanciato dal Gruppo Islamico Armato (GIA), che aveva preso il potere: tutti gli stranieri dovevano lasciare l’Algeria, pena la morte.
La notte del 24 dicembre 1993, alcuni uomini armati si presentarono alla porta del monastero e domandarono di vedere il superiore. Fratel Paul, che aveva aperto, andò a cercare padre Christian, il quale parlò col capo del gruppetto, Sayah Attiyah.
Le condizioni da lui poste, ovvero che i monaci dessero loro dei soldi, che il loro medico, ovvero fratel Luc, venisse a curare i loro malati e che dessero anche delle medicine, non vennero accettate tutte dal priore, che comunque riferì che avrebbero potuto venire al dispensario del monastero. Fece poi notare all’uomo che stavano per celebrare la nascita del Principe della Pace, ovvero il Natale di Gesù. Gli armati si allontanarono, dopo aver chiesto una parola d’ordine e aver minacciato di tornare.
La preparazione alla morte
I monaci erano salvi, ma non al sicuro. Si sentivano come presi tra due fuochi: da una parte quelli che chiamavano “fratelli della montagna”, ovvero gli islamisti, e i “fratelli della pianura”, ovvero i militari e le forze di sicurezza dell’esercito algerino.
Ciascuno di essi, a modo proprio, si preparò alla morte. Dopo un lungo discernimento, guidato da padre Christian, accettarono di restare, per non abbandonare gli algerini, di cui si sentivano profondamente fratelli. Questo per loro era strettamente collegato al voto di stabilità, tipico dell’Ordine trappista.
I monaci furono poi raggiunti da padre Bruno Lemarchand, superiore del monastero annesso di Fès, arrivato per l’elezione del nuovo priore, prevista per il 31 marzo 1996.
Il rapimento e il martirio
Nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1996, vennero rapiti sei monaci, compreso il priore ed esclusi padre Amedée, padre Jean-Pierre e un ospite del monastero. Dopo un mese, un comunicato del Gruppo Islamico Armato (GIA) riferì che i rapiti erano ancora vivi, ma conteneva la minaccia di sgozzarli se non fossero stati liberati alcuni terroristi detenuti.
Il 30 aprile venne consegnata all’ambasciata di Francia ad Algeri un’audiocassetta, sulla quale erano registrate le voci dei sette monaci. Non ci furono altre notizie fino al 23 maggio: un ulteriore comunicato, il numero 44, datato 21 maggio, riferì che ai monaci era stata tagliata la gola.
Il 30 maggio le loro spoglie vennero ritrovate sul ciglio della strada per Médéa. Si trattava, però, solo delle teste: i corpi rimasero introvabili. Le esequie dei sette monaci si svolsero il 2 giugno 1996 nella basilica di Nostra Signora d’Africa ad Algeri, insieme a quelle del cardinal Léon-Étienne Duval, arcivescovo emerito di Algeri, morto per cause naturali. I resti mortali dei monaci vennero sepolti nel cimitero monastico di Tibhirine.
Fama di santità e prime fasi della causa di beatificazione e canonizzazione
Il 29 maggio 1996 il quotidiano francese “La Croix” pubblicò il testamento spirituale di padre Christian, d’accordo con i suoi familiari. Col tempo, divenne uno dei testi più famosi e citati della spiritualità del Novecento cattolico. Vennero poi pubblicati gli scritti anche degli altri monaci, specie gli appunti personali di fratel Luc e il diario, con le poesie, di padre Christophe.
Già nel 2000 si prospettò l’avvio della loro causa di beatificazione e canonizzazione, ma erano passati quattro anni dalla loro morte, mentre le normative canoniche prevedevano che ne trascorressero almeno cinque. Fu però scelto che la causa venisse compresa in quella che contava in tutto diciannove religiosi, tutti uccisi in Algeria dal 1994 al 1996, l’ultimo dei quali fu il vescovo di Orano, monsignor Pierre-Lucien Claverie.
La causa, denominata quindi “Pierre Claverie e diciotto compagni”, si è quindi svolta presso la diocesi di Orano a partire dal 5 ottobre 2007. In precedenza, il 5 luglio 2006, era stato ottenuto il trasferimento dal Tribunale ecclesiastico di competenza per i Servi di Dio morti nel territorio della diocesi di Algeri. La Santa Sede aveva invece rilasciato il nulla osta il 31 marzo 2007.
Il film «Uomini di Dio» e le altre opere artistiche
La vicenda dei sette monaci di Tibhirine, intanto, era diventata il soggetto per un film. «Uomini di Dio» (in originale «Des hommes et des dieux», «Uomini e dèi»), diretto da Xavier Beauvois e realizzato da professionisti, uscì nel 2010 in molti Paesi del mondo, ottenendo un notevole successo di pubblico e di critica.
Oltre al film, hanno cominciato a essere realizzati monumenti, cappelle, targhe, altari, stele, vetrate, dipinti, sculture, libri d’arte, opere musicali, di teatro, poesie e mostre in molte parti del mondo, specie in Francia e nei luoghi di presenza dei Trappisti.
Il riconoscimento del martirio e la beatificazione
La conclusione dell’inchiesta diocesana si è svolta nell’ottobre 2012. Gli atti dell’inchiesta sono stati convalidati il 15 febbraio 2013. La “Positio super martyrio” è stata presentata nel luglio 2016.
I Consultori teologi della Congregazione delle Cause dei Santi hanno esaminato la “Positio” il 30 maggio 2017, mentre i cardinali e i vescovi membri della stessa Congregazione hanno emesso il loro parere positivo il 16 gennaio 2018.
Dieci giorni dopo, il 26 gennaio, ricevendo in udienza il cardinal Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui monsignor Claverie e i suoi diciotto compagni potevano essere dichiarati martiri.
Il rito della beatificazione si è svolto l’8 dicembre 2018 a Orano, nella basilica di Nostra Signora di Santa Cruz (Santa Cruz è un quartiere di Orano, fondato da immigrati spagnoli). A presiederlo come inviato del Santo Padre, il cardinal Giovanni Angelo Becciu, successore del cardinal Amato come Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.
La memoria liturgica dei diciannove Beati, compresi i sette monaci, è stata fissata all’8 maggio, data della nascita al Cielo di fratel Henri Vergès e di suor Paul-Hélène Saint-Raymond, i primi che furono uccisi.
Il monastero di Tibhirine oggi
Nel 2001 i Trappisti lasciarono il monastero di Tibhirine, affidato al vescovado di Algeri. Si trasferirono in Marocco, dove già avevano la piccola comunità di Fès e dove padre Christian e gli altri avevano preventivato di fuggire, per non tornare in Francia, se la situazione fosse peggiorata.
Dal 2001 al 2016 padre Jean-Marie Lassausse, della Mission de France, abitò nel monastero, collaborando con i vicini algerini nella coltivazione dei terreni agricoli e accogliendo pellegrini e visitatori. Dal 15 agosto 2016 si è insediata una piccola comunità del movimento Chemin Neuf, che continua la stessa missione.
Le singole schede
Contrariamente all’uso di questo sito, nel corpo del testo delle singole schede anche i nomi religiosi (per quelli che hanno cambiato il nome di Battesimo) sono stati lasciati in francese, non italianizzati, perché i singoli Beati sono più noti in questo modo.
97740 - Christian de Chergé, sacerdote, 59 anni
97741 - Luc (Paul) Dochier, religioso, 82 anni
97742 - Christophe Lebreton, sacerdote, 45 anni
97743 - Bruno (Christian) Lemarchand, sacerdote, 66 anni
97744 - Michel Fleury, religioso, 52 anni
97745 - Célestin Ringeard, sacerdote, 62 anni
97746 - Paul Favre-Miville, religioso, 57 anni
Autore: Emilia Flocchini
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