† 4 gennaio 1187
Canonico regolare di San Rufo a Valence, nel Delfinato, è stato uno dei sette fondatori dell'Ordine certosino. Nel 1082, insieme a Bruno di Colonia, si recò a Sèche-Fontaine, nella diocesi di Langres, per intraprendere un'esperienza eremitica. Dopo qualche tempo, i due canonici proposero a Bruno di trasferirsi in un luogo più solitario, nei pressi della diocesi di Grenoble. Il vescovo Ugo di Châteauneuf concesse loro il permesso di stabilirsi nel deserto di Chartreuse, dove fondarono la prima certosa. Stefano visse per trentatre anni nella solitudine della prima certosa, dedicandosi alla penitenza, all'obbedienza e alla carità. Nel 1116, Ponce de Balmay e i suoi due fratelli donarono ai certosini dei territori di loro proprietà e la foresta circostante, per edificare una nuova certosa. Guigo, priore della Grande Chartreuse, nominò Stefano priore della nuova certosa di Meyrat. In soli due anni, sotto la guida di Stefano, la certosa di Meyrat fu completata. Stefano morì il 4 gennaio 1187, dopo aver vissuto una vita dedicata a Dio e alla sua Chiesa.
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Stefano, nativo di Bourg en Bresse (precisamente di Bourg- Saint-Andéol), era canonico regolare a san Rufo a Valence nel Delfinato. Stefano visse questa esperienza con molto ardore, ma ben presto si rese conto che era maggiormente votato per incontrare Dio, nella solitudine assoluta. Avendo appreso che Maestro Bruno, nel 1082 si era recato in un luogo indicatogli da San Roberto nei pressi dell’abbazia di Molesmes, alla ricerca di un romitaggio, decise di raggiungerlo. Stefano in compagnia di un altro canonico di San Rufo, Stefano di Diè,(da non confondere con Stefano vescovo di Diè) avendo avuto il permesso dal loro abate decisero di recarsi a Sèche-Fontaine nella diocesi di Langres, laddove Bruno già si era insediato con alcuni amici per cominciare un esperienza eremitica. Aggregatisi al gruppo di anacoreti, i due canonici apporteranno al gruppo di asceti la loro esperienza e la loro profonda conoscenza liturgica. Dopo qualche tempo, però, siccome le condizioni del luogo non risultarono idonee all’ideale di vita eremitica voluta da Maestro Bruno, occorreva ricercare un luogo più consono alle esigenze eremitiche prefissatesi. A questo punto, il ruolo svolto dai due canonici di San Rufo, diventò assolutamente determinante, poiché entrambi proposero a Bruno una soluzione: “Maestro, siccome voi siete alla ricerca di una solitudine meno gradevole e più ritirata di quella che attualmente viviamo, noi ci permettiamo di consigliarvi che nei pressi della diocesi di Grenoble può esservi un luogo ideale. Lì troverete montagne scoscese e boscose, un deserto orribile impenetrabile, senza nessuna abitazione dove nessun umano ha mai vissuto. Se la descrizione che vi abbiamo fatto, ritenete possa essere di vostro gradimento non ci resta che recarci per richiedere il nostro insediamento dal vescovo Ugo. Questi è un uomo di grandi meriti e di una enorme pietà e molto saggio, è molto dolce, umano, caritatevole, è un santo, un vero angelo! Egli ama molto gli eremiti, lo è stato anche lui e vorrebbe ritornare ad esserlo, se solo il pontefice non gli avesse affidato l’episcopato che degnamente dirige. Noi possiamo subito, se volete, andarlo a trovare egli sicuramente ci riceverà con affetto, e sarà contento di potersi mettere a nostra disposizione per accontentare ogni nostra richiesta”. Bruno allettato da questa proposta la sottopose agli altri amici, i quali all’unanimità la accettarono, ma vollero sottoporla anche al giudizio di San Roberto che approvò l’idea e benedicendoli, li esortò ad intraprendere il cammino alla ricerca della meta agognata. Ecco quindi formatesi le “sette stelle”, che si recheranno dal vescovo Ugo di Châteauneuf: Bruno, Landuino, Stefano di Bourg e Stefano di Diè (canonici), Ugo( sacerdote), ed Andrea e Guarino i due laici. Come già sappiamo, furono costoro quindi i semi che fecero germogliare nel deserto di Chartreuse, l’Ordine certosino. Stefano di Bourg, visse per ben trentatre anni nella solitudine della prima certosa, conducendo una esistenza all’insegna della penitenza, dell’obbedienza e della carità, alla ricerca dell’unione con Dio. Nel 1116, nella diocesi di Lione, Ponce de Balmay, ed i suoi due fratelli Garnier e Guillaume donarono dei territori di loro proprietà e la foresta circostante ai certosini, per edificare una nuova certosa. Guigo priore della Grande Chartreuse, scelse Stefano di Bourg, per il suo zelo e le sue indiscusse virtù, lo nominò priore della nuova certosa di Meyrat. incaricandolo di organizzare la comunità e di costruirne gli edifici. Accompagnato da due fratelli conversi Bonfils e Geoffrey, Stefano si dedicò con gran cura alla nascita del nuovo complesso monastico aiutato da prelati che contribuirono alle spese per la realizzazione della costruzione. Lo sostennero Dom Guigo, l’arcivescovo di Lione il Vescovo di Ginevra di Belley e di Grenoble, e l’abate di Cluny, Pietro il Venerabile, con la quale egli mantenne stretti rapporti di amicizia. In soli due anni, sotto la preziosa guida di una santa persona, la certosa di Meyrat fu completata ed il suo primo priore soddisfatto per l’impresa realizzata potè ascendere alla casa del Padre il 4 gennaio 1187. Muore così Stefano di Bourg, una delle “sette stelle” dopo aver vissuto una esistenza che lo ha visto protagonista dello sviluppo della storia dell’Ordine certosino. Molti furono i miracoli, che si susseguirono alla sua morte, ed alla sua protezione fu affidata la sorte del complesso monastico da lui diretto.
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