«Nei piani del Signore»
Non esiste un’unità di misura che permetta di calcolare la fede di una persona, perché spesso è ‘nascosta’ nel profondo del cuore. Sono le parole, i comportamenti, le scelte che dicono quanto uno crede e si fida del Signore.
Ora, si sa che è pure facile avere la fede quando niente la mette in crisi; si possono fare tante belle testimonianze, impegnarsi secondo gli insegnamenti del Vangelo, incoraggiare nella fiducia al Signore. Ben più difficile è proseguire sulla stessa strada quando il dolore bussa alla porta di casa o entra senza tante presentazioni.
Tanto più se questo succede ad una ragazza di appena tredici anni, Laura, il cui cammino di fede, per l’età, si potrebbe dire che è ancora agli inizi.
D’improvviso, mentre sta frequentando la terza media, nel gennaio 1985 si ritrova a dover affrontare la difficile esperienza di un dolore ad una gamba, diagnosticato in seguito come un tumore, che la porterà a girare vari ospedali, da Trento a Padova fino a Berna in Svizzera e quindi ad Arco (tn) per finire i suoi giorni il 1° settembre dello stesso anno.
Ebbene, nelle uniche tre paginette di diario che stende in marzo, mentre si trova in una clinica di Padova, ragiona con una lucidità di fede che è sorprendente. Dapprima si domanda, umanamente, il perché della sua sventura, poi arriva a ringraziare il Signore per la sua sofferenza!
Ecco le sue righe del 21 marzo: «Sono affranta, abbattuta, vorrei non esserci, scomparire da questo mondo che mi pare buio e crudele. Perché una ragazzina piena di vita è costretta a letto con la flebo, perché deve soffrire, perché?».
Dopo qualche ora: «Prima di addormentarmi ho concluso che tutto ciò rientra nei piani del Signore, che non possiamo contrastarli, ma anzi io Lo ringrazio dal profondo del mio cuore, perché mi ha dato la possibilità di soffrire e di entrare (spero) nel regno dei cieli. Infatti Gesù ha detto ai sofferenti: “Di voi è il Regno dei cieli” e perciò io spero di diventare sempre più buona per riuscire a meritarlo».
Il nome della gioia
La storia di Laura Nicolodi non si differenzia in nulla, esternamente, da quella delle sue compagne, è una vita comune. Si fa presto a ricordare le poche date che l’hanno interessata.
Era nata a Trento il 19 agosto 1971 e ancora piccola si era trasferita a Malcesine, sul lago di Garda, dove papà Bruno e mamma Tarcisia gestivano un albergo.
Lì frequentò le scuole elementari, mentre per le medie andò a Castelletto di Brenzone in una scuola tenuta dalle suore dell’Istituto Sacra Famiglia, fino a quando la malattia la strappò anche da quel mondo dello studio che tanto le piaceva.
Solo dopo l’irreparabile, si andò a scoprire e comporre, come per un puzzle, tanti piccoli particolari della sua vicenda, che messi insieme ci danno l’idea di quale significativo tesoro di fede c’era nel suo cuore.
In un augurio natalizio all’amica Laura, ancora prima di ammalarsi, tra l’altro, scriveva: «Il Natale è la festa più bella... la più attesa dell’anno. Si ricorda la nascita di Gesù che si è fatto bambino per noi. Il Natale moderno è inteso come un Natale consumistico, pochi lo intendono come festa spirituale. Pensiamo che Gesù è ancora una volta tra noi ad aiutarci ed amarci come fratelli. Questo è il vero Natale! Non un portadoni... e basta! Solo la sofferenza e la povertà ci lasciano intravedere il Natale vero! Sii buona e fedele amica di Gesù, che si fa bambino per amore!...».
E in una nota di riflessione sulla gioia lasciò scritto: «Costruire la gioia. La gioia ha un volto, ha un nome: gesù».
«Mi capita di parlare con Gesù»
È testimonianza comune tra le persone che l’hanno conosciuta che a Laura piacesse molto studiare, apprendere, conoscere.
Quando, la sera, tutta la famiglia era riunita attorno alla tavola della mensa, a Laura piaceva raccontare con entusiasmo come era andata la sua giornata e cosa aveva imparato; lo riferiva con minuzia di particolari, con partecipazione, contenta di tutto quello che andava scoprendo giorno per giorno.
Racconta papà Bruno: «Talvolta la portai con me, in occasione di viaggi di lavoro, all’estero e in Italia. Laura lo considerava un grosso regalo, appunto per la sua curiosità di conoscere ed anche, diceva, per poter restare un po’ più a lungo con il suo papà a vedere insieme cose belle, nuove e diverse...
A Berlino volle vedere il ‘muro’ che allora divideva la città; si portò sulla scaletta per osservare dall’altra parte... e rimase a riflettere».
Anche quando il suo tempo, purtroppo, cominciò ad essere scandito dai ricoveri e dai periodi di terapia, la scuola era un suo pensiero costante. Voleva essere informata sul proseguo dei programmi e sognava di poter essere in salute per sostenere gli esami di terza media. Con la mamma faceva gli esercizi e i riassunti, perché voleva tenersi al passo con le compagne.
Ma ascoltiamo cosa pensa lei di se stessa e come riesca ad unire alla scuola anche il pensiero della fede: «È argomento di contrasti e di discussioni tra noi scolare ed elemento delle nostre conversazioni. Fin dalla prima elementare ho rivelato uno spiccato amore per lo studio, grazie soprattutto all’amore con cui la mamma mi insegnava qualche notizia che ero lieta di apprendere.
La scuola con gli insegnanti, i compiti, le interrogazioni non mi fanno paura, anzi, mi dona voglia di vivere e mi induce a pensare a Gesù e a chiedergli di aiutarmi ad essere tanto brava per poter aiutare in qualche modo le compagne che provano difficoltà a studiare.
Prima dei compiti e delle interrogazioni, mi capita spesso di parlare con Gesù, e di intrattenere con Lui delle conversazioni in cui parlo solo io anche se sento che Lui mi ascolta, confido i miei problemi al mio più grande amico e automaticamente trovo risposta.
Una volta, tempo fa, mi sono fermata a meditare: “Perché studio?” e come risposta ho trovato tante motivazioni tra cui queste tre: dovere, sacrificio, conquista!».
«Perché non dovrei aiutare?»
Di pari passo con il desiderio di conoscere, nel cuore di Laura cresceva costante anche la voglia di essere utile agli altri.
Racconta Germana, una sua compagna delle medie: «Ciò che mi affascinava in lei era il suo ottimismo e la sua gentilezza e bontà... Laura non si scoraggiava mai, ed era convinta di non dare ancora abbastanza agli altri, voleva sempre dare di più: in alcuni momenti sembrava quasi che la sua vita non le interessasse più di tanto, ciò che importava per lei era donarsi al prossimo, aiutare i più incapaci e quanti ne avevano bisogno».
Quando un giorno il papà si permise di chiederle se i suoi professori erano contenti della sua disponibilità ad aiutare le compagne, rispose con semplicità: «Tutti mi vogliono bene, perché non dovrei aiutare?».
E dietro a questa forte volontà c’era sempre un motivo di fede: «Io posso essere missionaria anche nel mio mondo, aiutando gli altri spiritualmente e materialmente, propagando la fede, aiutando le compagne».
Una volta una professoressa in difficoltà nel cambiamento dei posti in aula si sentì dire: «La metta accanto a me. Io non ho problemi. Amo tutte le mie compagne; una vale l’altra. In ognuna vedo il volto di Dio!».
«Penso anche alla vita eterna»
Laura era una ragazza riflessiva. Era limpida, schietta, sincera con se stessa: riconosceva le proprie qualità e non si nascondeva i difetti. Il tutto alla luce della fede e del suo amore per Gesù, il più grande amico.
Questi i suoi appunti durante un ritiro spirituale in II media: «I miei difetti più gravi sono... e la curiosità. Riconosco alcune piccole invidie che ostacolano il mio vivere comunitario, ma ho notato che da quando ho chiesto a Gesù di aiutarmi, riesco a convivere bene con tutti.
q Io sono molto in amicizia con il Signore, perché in Lui trovo un aiuto e un conforto nei momenti di bisogno. Gesù Crocifisso è il più grande segno di amore che io posso contemplare.
q Dio mi accompagna nel cammino faticoso offrendomi dei mezzi, aiuti per andar avanti: uno zaino con la carta geografica (la strada: la sua parola), la pila elettrica (la luce: la preghiera), la borraccia di acqua (Battesimo, Confessione che purifica, lava), la piccozza (il sacrificio), la macchina fotografica (per raccontare agli altri la gioia della tua avventura).
q Come puoi incontrare Gesù oggi? In tutti i posti, perché è ovunque: nella preghiera, amando e pregando, nella Comunione, nel bisogno, nel prossimo, a scuola, a casa, a Messa, sempre!
q I Santi non sono soltanto coloro che hanno fatto cose straordinarie, ma chi fa del bene, chi compie il proprio dovere, chi è buono e ama il prossimo e soprattutto chi vive in grazia di Dio».
Sempre in II media, guardando al suo avvenire, Laura scrive in un tema: «...Penso al mio futuro e a cosa vorrei essere da grande: forse un’avvocatessa... forse una notaia... forse una professoressa... forse una scienziata...; forse qualche altra professione, forse la ragioniera, forse la pediatra, forse la poliziotta, forse la puericultrice, forse l’infermiera, forse, forse... Queste professioni rendono dei bei soldini a chi le pratica, può vivere agiatamente per tutta la vita terrena, ma io penso anche alla vita eterna, nel cielo, con Gesù.
Io ho desiderio ardente di arrivare in questo meraviglioso paradiso e di poter così reincontrare le mie care professoresse, le mie insegnanti delle Scuole Medie...».
«Parlami di Gesù»
È un detto comune che uno muore così come è vissuto; il modo di morire rivela tutta una vita.
Ben a ragione allora il parroco di Malcesine, a cui toccò di celebrare i suoi funerali, concluse il pensiero di commemorazione di Laura con queste parole: «Ha saputo morire nel Signore e con il Signore: ci ha insegnato a morire».
La sorella Cristina ricorda:«So per certo che lei soffriva tanto, ma nonostante questo con me non ne ha mai fatto cenno.
Penso che, fin dall’inizio, lei avesse capito che era stata colpita da una brutta malattia, ma non si è mai lasciata sopraffare dallo sconforto... In quei mesi, quando le cure e il male le davano una tregua, leggeva tratti del Vangelo... Ha saputo utilizzare la sofferenza e il dolore come una scala per avvicinarsi a Dio.»
Racconta la mamma: «A metà di agosto 1985 il peggioramento improvviso ci costrinse a trasferirla di urgenza da Berna all’ospedale civile di Arco. Furono le ultime settimane di vita, la bombola d’ossigeno stava accanto al suo letto e ci facevano ricorso sempre più spesso. Parlare era faticoso. Comunicavamo con dei bigliettini. Rivedo con emozione uno degli ultimi: “Parlami di Gesù”».
Toccò al papà l’ultimo regalo: «La sera del 31 agosto, tardi, mi avvicinai al suo letto, la chiamai per nome e Laura ebbe un momento di ripresa di conoscenza, come se avesse voluto aspettarmi e con voce sicura e serena pronunciò le sue ultime parole: “Vado nella casetta di Gesù, vado nella casetta di Gesù, Gesù”».
Autore: fratel Claudio Campagnola
Fonte:
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Nazareth agli adolescenti e agli amici
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Note:
Per approfondire: Un fiore nel deserto, Richiederlo alla famiglia: tel. 335.8265410
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