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Mariella Servidio Madre di famiglia

Festa: Testimoni



“È veramente un bel ragazzo ma, sicuramente non noterà mai una come me ancora piccola e sempre nascosta dalla timidezza”. Con queste parole si descrive Mariella nella lettera che racchiude i suoi ultimi pensieri, racimolando i brandelli di forza che ancora le restano per depositare al futuro dei cari, le sue ultime memorie, il racconto della vita, della storia d’amore con suo marito Franco e dell’amore per i cinque figli con cui il Signore ha benedetto il loro amore.
Mariella Servidio è unica figlia di genitori poveri di mezzi, ma estremamente ricchi di spirito. La famiglia di Mariella viveva in un’abitazione composta da una sola stanza e da un magazzino. Era il tempo in cui tutto era più difficile e forse anche per questo la vita aveva un sapore più genuino. Non c’erano servizi igienici, si utilizzava acqua di pozzo e si faceva il bucato al torrente. Mariella è stata allevata in un ambiente pulito, dove è l’amore a fare da arredamento principale. Subito dopo aver ricevuto il sacramento della Confermazione, Mariella si inserisce nel coro della parrocchia. È una ragazza timida, silenziosa, non ama i primi posti, l’emozione la spinge verso la chiusura più che verso l’esuberanza. Lì conosce Franco. Bello, di una bellezza che i suoi occhi non riuscivano a sostenere forse anche per questo li teneva sempre bassi e di quella bellezza, Mariella si è nutrita fino all’ultimo dei suoi giorni. Non lo credeva possibile, ma lui, Franco, l’unico ragazzo della parrocchia, quello conteso e ambito dalle amiche, aveva notato proprio lei. La classica storia da romanzo? Le pieghe della quotidianità nascondono trame talmente belle, che il migliore dei narratori non potrebbe elaborare da solo. Mariella e Franco, si amano fin dal primo istante e custodiscono quell’amore con dedizione e candore di spirito, dando importanza a quei piccoli gesti che oggi appaiono obsoleti, svuotati di tenerezza, rivestiti di superficialità come un bacio ad esempio. Il loro primo bacio. Il primo di una lunga serie. “Entrambi avevamo paura, l’uno di perdere l’altra. Ci siamo subito messi a pregare insieme. Da un po’ di tempo avevo iniziato a leggere la Bibbia….Tutto era fantastico! Per me era come ripercorrere e rivivere la storia dell’uomo e di Dio…Mi sentivo in mezzo ai discepoli, che non avevano più paura della morte, che erano pieni di zelo e di entusiasmo” ricorda Franco di quei tempi. Si sposano il 5 settembre del 1987. Durante il viaggio di nozze toccano tappe importanti per la fede prima Milano, dove incontrano anziani ormai soli, insieme a Don Gianni. Poi ad Assisi dove sperimentano la grazia di poter pregare sui luoghi battuti dal sandalo di San Francesco. Franco dice a riguardo: “Abbiamo fatto tante belle esperienze e sperimentato la gioia della comunione cristiana di una Chiesa in tutti i luoghi uguale e amorevole”.
Il 29 ottobre 1988 dopo un anno di matrimonio, nasce la loro prima figlia Cristina. Fin da subito germoglia in Mariella quella sensibilità particolare che la spinge verso il servizio alla vita nascente. Non un amore percettivo che fonda sull’istinto materno e sull’emotività, ma l’interiore certezza che Dio parla attraverso il silenzio di quella vita nascosta. Forte di questo, Mariella comincia a formarsi, entra in contatto con le associazioni che si occupavano della materia, incontra donne che avevano abortito e quelle che intendevano farlo. In questo itinerario Mariella scopre il metodo Billings, un valido strumento per la conoscenza del proprio corpo e della sessualità di coppia. Ne parla con Franco e insieme intraprendono questo percorso, una strada che l’appassionerà talmente tanto da diventare insegnante del metodo, unica nel suo territorio, e che la porterà poi a fondare una scuola regionale per l’insegnamento del Billings, che oggi porta il suo nome. Intanto arrivano altri quattro figli, Domenica, Mattia, Rebecca e Pierluigi. Una famiglia numerosa la sua, a cui non fa mancar nulla e che non le toglie tempo da vivere in parrocchia a servizio della gente e dei sacerdoti. Fondano un’associazione che si chiama Sorgente della vita Onlus la quale diventa presto il fulcro della loro attività: qui si recano i fidanzati in cerca di una preparazione adeguata al matrimonio, qui bussano le madri che bisognano di aiuti per il sostenimento dei loro piccoli, qui le famiglie vengono educate a sentirsi piccole chiese nel grembo della grande madre Chiesa, qui si diffonde l’insegnamento del metodo Billings.
Nel libro che Franco scrive dopo la sua morte, descrive Mariella come una donna buona, brava ad ascoltare le persone, dalla voce calda, con una speciale inclinazione al sorriso, riusciva ad accogliere le persone con la luce di Dio negli occhi, una luce speciale, che le passava attraverso senza trovare ostacoli. La sua opera, unitamente a quella di Franco, tende a lasciare segni concreti della fede: in quasi tutti i cimiteri dei paesi limitrofi, Mariella chiede e spesso ottiene, la possibilità di ergere un monumento ai bambini non nati. D’improvviso un giorno, Mariella comincia ad accusare dei dolori allo stomaco. “Nulla di insopportabile” continuava a ripetere, ma Franco la convince a farsi visitare. I medici dicono che è necessario fare un’ecografia, e da lì si evince una macchia all’addome. Il mondo sembra cristallizzato nel tempo e nello spazio, frantumato dalla paura e dallo scoramento in tante piccole frazioni: tutto questo non è precluso ai figli di Dio. E anche a Mariella arrivano momenti di sconforto, di dolore e di amarezza. Gli specialisti dicono che bisogna fare un intervento, ma questi si rivela molto più difficile dato che il tumore ha già invaso ogni organo vitale. A Mariella restano pochi mesi di vita. Pochi mesi. In tutto tre. Una vita intera spesa a costruire un futuro e solo tre mesi per vedere tutto in bilico. Come si può accettare una cosa del genere? Eppure, né in Franco né tantomeno in Mariella, c’è mai stato il segno di una ribellione verso Dio. Uniti nella gioia, tanto più lo furono nella morte. La vita è come un cero, uno di quelli belli, profumati e costosi anche: a che cosa serve un cero, se non a far luce? La fiammella accesa fa sciogliere la cera e la candela si consuma fino a sparire. Cosa resta dopo che anche la sua fiamma si è spenta? Quello che è rimasto nel cuore degli amici di Mariella, di tutte le persone che ha incontrato, che ha amato, che l’hanno amata per le quale lei si è consumata come fa un cero, fino all’ultima goccia. Un legame profondo che si descrive a forti tinte nelle lettere a lei dedicate da amici e parenti; i figli, gli amici sacerdoti, i fratelli nella fede, gli amici di facebook, tutti quelli che hanno una voce, l’hanno usata per ringraziare Dio, di aver donato loro Mariella. Il Signore passa attraverso gli eventi e le situazioni di tutti i giorni. La santità è una meta possibile, possibile all’uomo dell’ordinario. Nomi come quelli di Mariella Servidio, servono a donare un raggio di sole, una speranza nuova. Tantissime altre vite languiscono nel baratro del dolore con una sola differenza: non hanno speranze, convinti di viaggiare verso l’oblio.
Al funerale di Mariella, la chiesa era stracolma. Sulla sua bara, non c’erano fiori: lei non avrebbe voluto che fossero strappati alle loro radici. Ad adornare il legno freddo del suo ultimo giaciglio, c’erano latte e pannolini, per i suoi bimbi più poveri. Sembra la storia di un film. La cosa stupefacente è che non si tratta di un film, ma di una vicenda umana, vissuta sotto i nostri occhi, nel nostro tempo. Mariella ha consegnato il suo spirito al Padre, il giorno 24 settembre dell’anno 2009. Circa un anno dopo la sua morte, Franco ha trovato una sua lettera tra i documenti della cartella clinica. L’aveva scritta pochi giorni prima di morire e forse non gliel’aveva data proprio perché voleva che Franco la leggesse dopo la sua dipartita. Era una lettera nella quale raccontava la loro storia, dal primo incontro fino all’ultimo e quella lettera voleva essere un ringraziamento al Signore della vita. Le sue parole più belle recitano così: “Sei grande Dio, come il cuore di ogni uomo sulla terra…..Solo nella sofferenza e nella malattia si possono fare queste esperienze, quando il cuore si stacca completamente dalle cose vane, dagli affanni, a volte anche inutili, per ritrovare il nostro vero Io, che è poi quello del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.


Autore:
Ida Giangrande


Fonte:
www.puntofamiglia.net

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Aggiunto/modificato il 2012-12-04

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