Secondo la tradizione, Babila, vescovo di Antiochia, Timoteo e Agapio, due martiri palestinesi, si recarono a Roma durante una persecuzione. In seguito, si rifugiarono in Sicilia, dove furono denunciati e condannati a morte per non aver voluto abiurare la fede. In realtà, si tratta di un racconto fittizio, in quanto Babila è un vescovo di Antiochia realmente esistito, mentre Timoteo e Agapio sono due martiri palestinesi che non hanno mai viaggiato a Roma o in Sicilia.
|
Santi BABILA, vescovo, TIMOTEO E AGAPIO, martiri di Antiochia
I Sinassari riferiscono che Babila, nato ad Antiochia da nobile famiglia, dopo aver atteso agli studi ed essere stato ordinato sacerdote, distribuì ai poveri le sue sostanze e si diede alla predicazione della fede cristiana, che alternava con periodi di penitenza insieme con Agapio e Timoteo. Trovatisi a Roma durante una persecuzione, i tre compagni cercarono rifugio in Sicilia, dove ripresero a diffondere la religione, ma furono denunziati al governatore dell'isola e condannati a morte non avendo voluto a nessun patto rinnegare la fede. La Chiesa greca li ricorda il 24 gennaio, il giorno in cui la Chiesa latina festeggia Babila, il noto vescovo di Antiochia. Si tratta, però, di un gruppo fittizio: Babila è, appunto, il vescovo di Antiochia ricordato dalla Chiesa latina il 24 gennaio. Timoteo e Agapio due martiri palestinesi, commemorati nei sinassari il 19 agosto e il 19 settembre e ritenuti compagni di Babila nel viaggio a Roma e nel martirio in Sicilia, in realtà mai avvenuti.
Il Delehaye, nel commento al Martirologio Geronimiano, avverte che alcune fonti «promunt historiam plane commenticiam Babylae cuiusdam Siculi cum sociis duobus Timotheo et Agapio, qui sunt reapse martyres Palaestinenses». Lo stesso autore, nelle note al Sinassario Costantino politano, dice apertamente che un Babila siciliano non è mai esistito.
Autore: Giuseppe Morabito
Fonte:
|
|
|
|