Lu Tingmei nacque nella contea di Langtai, nella provincia del Guizhou, nel 1811. Era il più anziano dei quattro figli di una famiglia benestante. Non era dotato solo di un fisico robusto, ma anche di un’intelligenza vivida, che gli permise di prendere il posto del padre, insegnante, quando lui andò in pensione. Era così stimato e rispettato che il magistrato del luogo ricorreva spesso ai suoi consigli, per via della sua vasta saggezza e conoscenza. Si sposò ed ebbe due figli e una figlia.
A trentotto anni divenne un membro della setta religiosa Quinshui. Solo quattro anni dopo, a seguito della lettura di alcuni libri presi in prestito da un certo Paolo Yang sugli insegnamenti della Chiesa Cattolica, riconobbe di aver compiuto una scelta sbagliata. Divenne un discepolo così zelante da condurre alla fede anche suo padre, sua sorella e alcuni amici. Nel 1853 ricevette i sacramenti del Battesimo e della Confermazione da padre Tommaso Luo e assunse il nome di Girolamo.
Dopo la morte di sua moglie, iniziò a vivere una vita austera e continuò la sua attività per la conversione dei suoi compaesani. Nel 1854 venne falsamente accusato di tradimento e patì numerose torture. L’anno dopo, offese alcuni dei suoi parenti stretti ipotizzando di costruire un luogo dove insegnare la fede cattolica. A cercare di dargli man forte giunse il missionario laico Lorenzo Wang Bing, in fuga perché falsamente accusato.
I due decisero di costruire un luogo dove predicare e fare catechismo, ossia una chiesa o cappella: Lorenzo voleva erigerla dietro il villaggio, mentre Girolamo preferiva uno spazio vuoto, accanto al tempio degli antenati; alla fine il suo parere prevalse. Uno zio non cristiano di Girolamo, Lu Sankong, e un cugino, Lu Kuepa, furono scontenti di quel progetto e decisero di contrastarlo con tutti i mezzi possibili, anche se l’autorità del loro parente era tale da non permettere nessuna opposizione aperta. Un altro zio, Lu Wenzai, aveva avuto un vago desiderio di farsi cristiano e aveva chiesto al nipote alcuni chiarimenti sulla dottrina, ma cambiò idea così radicalmente da diventare un persecutore dei neofiti. Per attuare il loro piano, attesero cinque giorni dall’inizio dei lavori di costruzione, poi, in segreto, riferirono ad alcuni soldati che un predicatore della religione cristiana, insieme ad alcuni compagni, voleva costruire un luogo di preghiera che sarebbe diventato più bello del tempio degli antenati.
I soldati ritennero che l’affare meritasse considerazione, così introdussero gli accusatori al funzionario che faceva da intermediario fra il popolo e il mandarino Tai Lu Che. Costui li indirizzò al suo superiore, che prima mandò due sottoposti a controllare la situazione a Maokou, poi vi si diresse personalmente. Dopo essersi consultato insieme ai capi del villaggio, il mandarino ordinò a tre soldati di prelevare Lorenzo e Girolamo.
Il 13 dicembre 1857, al momento dell’arresto, i due catechisti, insieme ad altri compagni, erano radunati per le preghiere della sera. Quando i soldati fecero loro cenno di seguirli, Girolamo prese con sé un opuscolo che conteneva il testo del trattato di tolleranza stipulato nel 1846 e due libricini cristiani, supponendo che sarebbe comparso davanti al mandarino.
Appena i due giunsero davanti a Tai Lu Che, egli iniziò l’interrogatorio, che qui traduciamo dagli Annali delle Missioni Estere di Parigi.
«Come vi chiamate?».
«Il mio nome è Lu».
«A quale setta appartenete?».
«Alla religione del Signore del Cielo».
«Qual è questa religione del Signore del Cielo?».
«Il Signore del Cielo è colui del quale sta scritto, nei libri cinesi: “Fate molta attenzione a colui che non vedete e temete colui che non sentite”. In effetti, la religione che io pratico è la religione antica, naturale, dei letterati, quella che professarono Confucio e Lao Tse».
«Dite più chiaramente, cos’è Dio?».
«Dio è Signore e Creatore del cielo e della terra e di tutti gli esseri; nei quattro libri lo si chiama Re Altissimo; ecco perché l’adoro».
«Voi sragionate davvero. Dato che siete un uomo intelligente, perché non m’imitate e diventate prefetto? Al mondo esistono solo tre religioni: quella delle lettere, per diventare perfetti; quella dei lavoratori, per avere di che mangiare; quella dei commercianti. Al di fuori di queste tre religioni, come credete che possa esistere una religione del Signore del Cielo? Non vedete che è stolto e stupido? Non sapete che un uomo è generato da un altro uomo, un animale da un altro animale, e che è così nella natura intera? Come dunque affermate che tutto è stato creato da Dio? Voi non avete un maestro?».
«Io non ho alcun maestro, leggo i libri cristiani da solo; da parte mia, ho esaminato con cura la loro dottrina e da me stesso ho praticato questa religione; non ho mai avuto nessun maestro».
«Vi volete ritirare o volete essere punito?».
«Se voi volete punirmi, mi piegherò; se volete che io mi ritiri, non posso».
«Vostro padre e vostra madre sono ancora vivi?».
«I miei genitori vivono ancora, hanno già ottanta anni. Noi siamo quattro fratelli e sorelle, separati da più di dieci anni; ciascuno, a turno, fornisce ai nostri genitori il cibo e quanto è necessario per vivere».
«Siete separato dai vostri fratelli e i vostri genitori chiedono a ciascuno di voi nutrimento come farebbero dei mendicanti? Avete dimenticato dunque gli otto precetti, ossia la pietà verso i genitori, l’amicizia fraterna, la fedeltà verso il principe, la sincerità verso gli amici, l’onestà verso i concittadini, la giustizia, la moderazione e il riserbo nelle conversazioni; meritate una condanna. Inoltre, questa religione del Signore del cielo e i suoi libri non sono del nostro Imperatore, è la religione dei regni stranieri; perché dunque l’avete abbracciata? Infine, voi avete un maestro? Se sinceramente mi direte il suo nome, vi risparmierò».
Girolamo ribadì:
«Ho comprato da solo dei libri e, leggendoli, ho compreso con chiarezza la verità di questa dottrina; allora l’ho seguita da me stesso. Affermo che non ho avuto alcun maestro per istruirmi».
«Ho pietà di voi e spero che vi migliorerete e che diventerete un uomo onesto. Tornate a casa vostra e riflettete per bene».
Dopo che anche Lorenzo fu interrogato e, insieme al compagno, venne scortato dalle guardie alla città di Guiyang, il mandarino commentò: «È spiacevole che questo Lu Tingmei, dotato di una così grande conoscenza, sia diventato adepto di una tale setta, perché non abbiamo speranza che acconsenta a lasciarla».
Terminato il processo, Girolamo condusse Lorenzo a casa sua, dove la moglie e i figli l’aspettavano con impazienza. Dopo un breve racconto dell’accaduto, disse ai figli:
«Penso che domani dovrò subire un nuovo interrogatorio. Tu, A Kao, e tu, A Mien, abbiate cura di onorare vostra madre e di non causarle alcun dispiacere. Siate laboriosi, lavorate nei campi. Ricevete il denaro che ci è dovuto, prendetelo se i debitori ve lo rendono volentieri, non forzate quelli che rifiuteranno o anche quelli che mostreranno una volontà contraria. Anzitutto, siate ferventi; recitate fedelmente ogni giorno le preghiere del mattino e della sera».
Rivolgendosi in particolare al figlio A Kao continuò:
«Non allarmatevi; forse sarò trattato come a Yun-lin-chu; se domani il mandarino mi condurrà a Lang-tai-tin, vi andrete per vedere quello che mi capiterà. Nel frattempo, ripeto, non temete nulla, anche se morissi molte volte, non bisogna piangere per me».
A sua madre, invece, disse:
«Madre, la persecuzione è iniziata; è una buona cosa, è la migliore. Accettiamo la nostra sorte, no domandiamo che essa cambi. Perciò, non aver paura».
Di seguito, si diresse con Lorenzo presso il luogo dov’era ospitata Agata Lin Zhao, una vergine che aveva educato numerose fanciulle in una scuola femminile. Sebbene anche lei fosse in pericolo di vita, incoraggiò i suoi compagni di fede.
Tornato a casa, Girolamo affermò davanti ai suoi:
«Forse presto morirò per Dio; tutta la mia fiducia è in lui».
Dopo una leggera cena, i membri della famiglia andarono a riposare, mentre Girolamo e Lorenzo, rimasti soli, vegliarono in preghiera. Avrebbero potuto fuggire durante la notte, ma preferirono restare, per evitare alla nascente comunità cristiana una persecuzione che l’avrebbe distrutta. Speravano, quindi, che la loro vita sarebbe bastata per assicurare la pace e procurare ai neofiti la libertà religiosa.
Nel frattempo, il mandarino era indeciso se condannare i due o meno, ma le insinuazioni dello zio di Girolamo lo fecero decidere per la pena capitale: affermò, infatti, che la religione che professava era cattiva e bisognava punirne i capi per dare un esempio. Dato che il funzionario non voleva che i suoi soldati fungessero da boia, i persecutori cercarono fra la popolazione di Maokou tre persone che compissero l’incarico.
Il luogo dell’esecuzione venne fissato sulle rive del fiume Ou. Vennero piantate quattro bandiere: due nere col bordo rosso e due bianche bordate di blu. I carnefici, in tutta tranquillità, si misero ad affilare le loro spade contro delle pietre.
Fra le sette e le otto del mattino del 14 dicembre, poco dopo che ebbero terminato la preghiera del mattino recitata in comune, Lorenzo e Girolamo seguirono i soldati che li avevano fatti chiamare su ordine di Tai Lu Che, presso l’albergo dove lui era alloggiato. Si prostrarono davanti al mandarino, poi rimasero in ginocchio; Lorenzo si trovava a sinistra del compagno. Il primo a essere interrogato fu Girolamo:
«Perché non avete abbracciato la religione dei letterati? Sulla terra, ci sono numerose religioni: la religione dei buoi, la religione dei cavalli e la religione degli uomini. Siete un uomo, seguite dunque la religione degli uomini, cioè la religione dei letterati che è la sola vera. Lu Tingmei, come avete potuto credere alle parole ingannatrici e bugiarde? Come avete potuto essere ingannato a tal punto che, voi siete giunto non solo a seguire questa religione, ma anche a propagarla? Io credo che voi non abbiate fatto cose molto gravi e nocive alla pace pubblica. Pertanto siete un uomo raccomandabile per i vostri studi letterari, e vi siete lasciati ingannare! Certamente ne avete già sofferto e fate soffrire gli altri, dato che trascurate gli affari pubblici. Non vi pentite della vostra adesione a questa religione? Davvero, non vi pentite? Non volete ormai occuparvi degli affari pubblici, come prima, per essere utili a tutti? Se mi rispondete affermativamente vi prometto la grazia, vi restituirò la libertà».
In quella circostanza, che avrebbe deciso della sua vita, Girolamo dimostrò una volta di più le sue capacità di catechista. Con voce chiara e toni semplici, pronunciò un’appassionata difesa della fede cattolica:
«Come posso pentirmi di aver abbracciato la santa religione che pratico! È buona, è la migliore. Questo cielo materiale non esisteva ancora, questa terra non era ancora stata creata e questa religione esisteva già. Il suo culto si riferisce al Principio supremo e primo fra gli esseri, che è un puro spirito.
Prima di abbracciare questa religione, l’ho confrontata con la storia universale [contenuta in un libro fatto pubblicare dalle autorità]. Da questo confronto emergono la sua verità e la sua eccellenza. È davvero la miglior religione. Se resta ancora qualche dubbio nello spirito del grand’uomo [il mandarino], reciterò davanti a lui i dieci precetti che insegna questa religione».
Così, il catechista elencò i Dieci Comandamenti. Durante la sua esposizione, il funzionario dimostrò, col proprio comportamento, di non aver capito nulla. Quando Girolamo ebbe terminato, gli chiese:
«Questi dieci precetti che avete recitato, dove li avete appresi? Avete dei libri dove si trovano?
«Come dicevo prima, studiando la storia universale ho trovato i precetti della religione cristiana, almeno in sostanza. Non solo i suoi adepti proclamano questi dieci precetti, ma gli stessi buoni pagani ne riconoscono la verità e la saggezza».
Con un breve commento per ciascun punto del Decalogo, Girolamo tentò di dimostrarne la verità, interrotto solo quando gli fu domandato, arrivato al terzo comandamento:
«Voi pregate solo in uno dei sette giorni della settimana?».
«Il settimo giorno, che è consacrato al Signore, noi ci asteniamo dai lavori servili fino a mezzogiorno [per dispensa della Santa Sede, i cattolici cinesi potevano lavorare da quell’ora in poi]».
Terminata l’esposizione, il mandarino rimase per un istante in silenzio. Poi, aspirando una presa di tabacco, disse:
«Bisogna che abbandoniate questa religione. Se adempirete questa condizione, vi rimetterò in libertà».
Uno dei capi del villaggio intervenne dichiarando che l’imputato non mostrava alcun segno di voler apostatare, ma Tai Lu Che lo ignorò, insistendo:
«Infine, vi pentite di seguire questa religione? Pertanto, se non volete rinunciarvi, il magistrato vi condannerà a morte? Lo capite? Non lo sapete?».
«Io, povero e umile, non posso pentirmi. Abbracciando la religione cristiana non ho fatto nulla che assomigli ad una ribellione; non ho ammesso nulla che non sia buono; ho voluto diventare un uomo di preghiera; non è una buona cosa darsi alla preghiera? Non mi pentirò mai. Ho voluto, seguendo questa religione del Signore del cielo, compiere il bene, guadagnarmi dei meriti; quando la mia testa cadrà a terra, la mia opera sarà compiuta. Grande uomo, voi avete studiato la letteratura, siete diventato saggio, e così siete stato elevato alla magistratura. Quanto a me, ho studiato la dottrina cristiana e sono stato elevato alla dignità di cristiano a cui non posso abdicare».
Nel vederlo inamovibile, il mandarino gli chiese:
«Nel consegnarvi alla morte, commetto un errore o no?».
Girolamo rispose con fermezza: «No!».
Dopo di lui, vennero interrogati Lorenzo e Agata, la quale era stata arrestata, non si sa se prima o durante il suo interrogatorio. Entrambi, seppur con differenti atteggiamenti, si dimostrarono altrettanto fermi nel non voler rinunciare alla fede. Di conseguenza, tutti e tre vennero condannati a morte. Appena ebbe udito la sentenza, Girolamo esclamò: «Gesù, salvaci!».
Il 28 gennaio 1858 si consumò il loro martirio, per decapitazione, sulla riva sinistra del fiume Ou. Si diffuse la voce che, al momento dell’esecuzione, tre fasci di luce, due rossi e uno bianco, fossero apparsi attorno a loro. Si disse anche che alcuni non cattolici, dopo la loro morte, avessero visto tre globi di luce salire in cielo. Alcuni loro amici, di notte, vennero a seppellirli.
Girolamo Lu Tingmei e i suoi compagni di martirio vennero inclusi nel gruppo di 33 martiri dei Vicariati Apostolici di Guizhou, Tonchino Occidentale e Cocincina, il cui decreto sul martirio venne promulgato il 2 agosto 1908. La beatificazione, ad opera di san Pio X, avvenne il 2 maggio 1909.
Inseriti nel più ampio gruppo dei 120 martiri cinesi, capeggiati da Agostino Zhao Rong, vennero infine iscritti nell’elenco dei santi il 1 ottobre 2000, da parte del Beato Giovanni Paolo II.
Autore: Emilia Flocchini
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