Martiri della fede nella "Chiesa del silenzio" coreana. 103 santi della Corea furono canonizzati da Giovanni Paolo II nel corso della cerimonia del 6 maggio 1984 nella piazza Yoido di Seoul. Adesso i vescovi della Corea del Sud chiedono alla Congregazione per le Cause dei Santi di aprire il processo di beatificazione per il vescovo di Pyongyang monsignor Francesco Borgia Hong Yong-ho e i suoi 80 compagni, «martiri della persecuzione stalinista operata dal regime di Kim Il-sung subito dopo la divisione della penisola coreana nel 1948. Nelle persecuzioni anti-cristiane che hanno attraversato la Corea per più di un secolo sono morti circa 10mila martiri. Di questi, 79 sono stati beatificati nel 1925, altri 34 martiri sono stati beatificati nel 1968. Tutti insieme, per volontà della Chiesa, sono stati canonizzati sulle rive del fiume Han, da dove si vedono i loro santuari.
La richiesta di aprire il processo di beatificazione è un passo importante per il riconoscimento delle sofferenze della comunità cattolica del Nord, sterminata dall'odio ideologico del governo dei Kim», riferisce AsiaNews. Nato il 12 ottobre 1906, ordinato sacerdote il 25 maggio 1933, «mons. Hong è stato nominato vicario apostolico di Pyongyang e vescovo titolare di Auzia il 24 marzo 1944 da papa Pio XII. Il successivo 29 giugno è stato consacrato da monsignor Bonifatius Sauer, co-consacrati il vescovo Irenaeus Hayasaka e l'arcivescovo Paul Marie Kinam-ro. Il 10 marzo 1962 papa Giovanni XXIII decise di elevare a diocesi il vicariato di Pyongyang, anche in segno di protesta contro la politica del regime nordcoreano, e di nominare quale primo vescovo proprio mons. Hong, che diviene così -viene rilevato- un simbolo della persecuzione contro i cattolici nella Corea del Nord e in generale nei regimi comunisti».
«Anche se avrebbe ormai superato i 106 anni di età, in Vaticano dicono che «non può essere escluso che si trovi ancora prigioniero in qualche campo di rieducazione». Per questo sull'Annuario pontificio è ancora indicato come vescovo diocesano, anche se «scomparso». Sin dagli anni Ottanta del secolo scorso -prosegue AsiaNews- i funzionari del Nord interrogati sulla sua sorte lo definiscono "uno sconosciuto"».
La situazione della Chiesa cattolica in Corea del Nord «è drammatica. Dalla fine della guerra civile (1953), le tre circoscrizioni ecclesiastiche e l'intera comunità cattolica sono state decimate in maniera brutale dal regime stalinista, che non ha lasciato vivo alcun sacerdote locale ed ha cacciato quelli stranieri. Si stimano in oltre 300mila -si legge su AsiaNews- i cristiani «scomparsi» durante i primi anni della persecuzione di Kim Il-sung, l'allora dittatore del Paese».Tuttavia, la Santa Sede ha continuato a mantenere vivo il clero assegnando le «sedi vacanti et ad nutum Sanctae Sedis» ad alcuni ordinari sudcoreani.
Al momento, oltre a mons. Andrea Yeom - arcivescovo di Seoul, che amministra la diocesi di Pyongyang - sono in carica monsignor Luca Kim Woon-hoe, vescovo di Chuncheon ed amministratore di Hamhung, e padre Simon Peter Ri Hyeong-u, abate del monastero benedettino di Waegwan ed amministratore di Tokwon. Ad oggi, non vi sono strutture ecclesiastiche né sacerdoti residenti in Corea del Nord. Dopo l'inaugurazione della prima chiesa ortodossa, avvenuta nella capitale nordcoreana nell'agosto del 2007, la comunità cattolica rimane dunque l'unica a non avere alcun ministro per la propria fede. Alcuni sacerdoti del Sud che operano nell'ambito di attività caritatevoli con il Nord hanno potuto nel tempo celebrare messa a Pyongyang, ma solo all'interno di ambasciate occidentali.
Autore: Giacomo Galeazzi
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