Un mondo di privilegiati e un mondo di esclusi. Una ricchezza mal distribuita. Un progresso che non coincide con lo sviluppo umano. La capitale argentina, definita una “piovra”, ha quattro milioni di cittadini. Ma se consideriamo la grande Buenos Aires, composta da 17 distretti, con dieci milioni di abitanti distribuiti in nove diocesi, che fa un tutt’uno con il centro megalopolitano, la sua popolazione risulta un quarto di tutto il paese.
Ed è proprio al confine con la grande Buenos Aires, a 67 km, percorrendo la via Castro Barros e immettendosi nell’“Autopista 25 de Mayo” che si collega all’“Autopista del Oeste” che si arriva a Lujàn. Alla Basilica di stile gotico francese di Nostra Signora di Luján. Da 25 anni “l’8 maggio, giorno della festa, attira più di un milione di giovani. Percorrono a piedi circa 200 chilometri”, mi racconta in macchina suor Maria Isabel Sancho, di origine spagnola. Ma non sono i soli. Anche da Madrid, cittadina di 10 mila abitanti nella Pampa argentina, circondata da praterie dove pascolano allo stato brado mandrie di bovini e cavalli, i “gauchos”, guardiani a cavallo delle mandrie in libertà, si dirigono a cavallo al Santuario, che dista 500 km. Un viaggio di 10 giorni, con pernottamento nei paesi di passaggio e ospiti della gente del posto.
Il viaggio con suor Isabel prende una piega interessante e diventa istruttivo. Attraversiamo la zona centrale di Buenos Aires che costeggia il Rio de la Plata dove naturalmente si concentra il complesso dei servizi pubblici: banche, uffici nazionali e municipali, università, tribunali, attività commerciali. Percorriamo poi quartieri dalle fisionomie più disparate: grandi palazzi dai molti piani ed appartamenti; zone di villette a dimensione familiare molto costose; e immancabili villas de emergencia, poverissime e prive dei servizi elementari.
Nella Capitale federale gli imbottigliamenti stradali sono di casa. Finalmente siamo al casello dell’autostrada. Per occupare il tempo, suor Isabel mi segnala alcuni dati sulla popolazione diocesana “circa 3.716.000 abitanti distribuiti su 202 chilometri quadrati, che registra oltre 3.420.000 cattolici in 180 parrocchie servite da 180 preti affiancati da 363 sacerdoti regolari e da 2.088 suore”. Se la matematica non è un’opinione ciò significa che ad ogni parroco spetta la cura pastorale di 19.000 fedeli.
“Le parrocchie sono raggruppate in venti decanati e in quattro vicariati locali, retti ciascuno da un vescovo ausiliare. Ai vicariati territoriali si accostano vicariati settoriali per la Pastorale, la Gioventù e l’Educazione. L’istituzione di diverse aree pastorali come liturgia, spiritualità, famiglia, cultura, solidarietà... mira a un’evangelizzazione che raggiunga, per quanto è possibile, ogni bonairense. Si avverte il bisogno d’una pastorale d’insieme” conclude suor Isabel.
Mentre attraversiamo le città di Morón, Moreno e General Rodríguez, una nicchia con l’immagine di N. S. di Luján e la segnaletica “rio Luján” fa scivolare il discorso di suor Isabel su quanto accadde in quel percorso nel lontano 15 giugno 1536. Quando il nipote di don Pedro de Mendoza, il capitano Pedro Luján, venne ucciso dagli Indios. Solo nel 1638 questa contrada divenne luogo di transito per il commercio, grazie alla costruzione della nuova strada che conduceva a Cordoba. Questa favorì il transito alle carovane e il commercio tra gli spagnoli della Plata e i portoghesi del Brasile, entrambi sudditi della stessa corona.
In uno di questi scambi, il portoghese, Don Antonio Ferías de Sáa, proprietario di una fattoria nella località di Sumampa, della giurisdizione di Cordoba del Tucumán, chiese all’amico marinaio Juan che le portasse dal Brasile un’immagine dell’Immacolata Concezione per erigere una cappella.
Suor Isabel mentre racconta sembra che riveda, come in un film, le vicende d’allora. E da brava “sceneggiatrice”, costeggia la mulattiera, adesso autostrada, che gli storici segnalano come luoghi dell’evento prodigioso. Sostiamo in un podere. E riprende a raccontare. “Secondo Monsignor Presas, la richiesta dell’immagine risale al 1629. Quando Juan si preparava a partire per Pernambuco, in Brasile. È probabile che la statua fu comprata lì. Solo che quando giunse al porto di Buenos Aires la statua si era duplicata. Si trattava di due statuette in terracotta, ben custodite in due casse di legno: una raffigurava l’Immacolata Concezione ed è la Vergine che attualmente si venera nel Santuario di Luján; l’altra rappresentava la Madre di Dio, traslata poi a Cordoba. Della seconda si riconosce lo stile artigianale tipico del Brasile. Della prima si dice che San Paolo proprio nel 1630 inviava tante statue della Vergine in Brasile. Difatti la nave con Juan ritorna a Buenos Aires il 23 marzo del 1630”. Al porto, “le due scatole vengono caricate su una delle carovane dirette a Viejo e a Cordoba. È il mese di maggio. La carovana, dopo due giorni di cammino, si ferma presso il rio Luján per trascorrere la notte”.
Suor Isabel mi indica il luogo che oggi corrisponde a Villa Rosa nella circoscrizione di Pilar, a 30 km dalla Basilica. Dove attraverso il ponte sotto cui scorre il rio Luján si giunge in 15 minuti alla meta del pellegrinaggio. Proprio nei pressi di questa terra, – continua suor Isabel – “allo spuntare del sole, il cocchiere della carovana rilegò i buoi al carro, spingendoli a camminare. Ma non muovevano un passo, neppure se percossi. Pensarono di alleggerire il carico. Levarono le due casse. E i buoi ripresero a camminare. Rimisero le casse e i buoi si fermarono. È evidente che l’ostacolo erano le casse. Non mancò un’ulteriore prova: ne tolsero una e il carro stava fermo, la sostituirono con l’altra e i buoi ripresero a camminare senza difficoltà. A questo punto chiesero a Juan il contenuto delle scatole. Così la statua dell’Immacolata Concezione fu trasportata alla fattoria di Rosende. L’altra intraprese il viaggio verso Cordoba. Il padrone della fattoria s’impegnò a costruire una modesta cappella, affidandone la guardia ad un suo servitore, il negretto Manuel”.
Nel giro di poche ore la notizia prese il volo. Si diffuse rapidamente. E la cappella divenne meta di devozione. “La statua vi rimase per oltre 40 anni. Gli affari economici, però, subirono delle perdite sia per la negligenza degli operai che per la chiusura della strada per Cordoba. In quanto, sovente, su questa strada si verificavano delle rappresaglie a causa della Cappella perché le autorità ecclesiastiche non si esprimevano sui prodigi che la Vergine compiva. Solo il negro Manuel ne manteneva vivo il culto”.
Nel 1671 Doña Ana de Matos, padrona di un’altra fattoria, sempre nei pressi del rio Luján chiese a Juan Oramas di venderle la statua. Perché la sua fattoria si presentava come luogo più sicuro e più transitato. Così avvenne. Ma il giorno seguente, Doña Ana non trovò la statua al suo posto. Era ritornata nella vecchia cappella. Raccontò l’accaduto alle autorità ecclesiastiche. Si recarono sul luogo e in processione la riportarono alla fattoria de Matos. “Questa volta insieme alla statua c’era anche il negretto Manuel. La statua non si mosse da lì e neppure Manuel che si era consacrato come schiavo della Vergine. Difatti donna Rosende lo rese libero”.
La storia è già agli sgoccioli. Suor Isabel riprende la strada perché vuol concludere il racconto in Basilica. Si è giunti alla costruzione di questa Basilica dopo aver eretto una seconda cappella, terminata nel 1685, nella terra di Doña Ana. Poiché non era abbastanza capiente nel 1754 si gettarono le fondamenta del Tempio. “Anche i re di Spagna aiutaro-
no nell’impresa”, sottolinea suor Isabel. Nel dicembre del 1871 si ebbe il primo pellegrinaggio ufficiale. L’8 maggio del 1887 l’incoronazione di Nuestra Señora de Luján, concessa da Leone VIII. E il 15 maggio si mise la prima pietra per la costruzione della basilica. Nel 1890 cominciarono i lavori. Nel frattempo, nel 1893, Luján viene dichiarata città.
Eccomi davanti alla Basilica. Due torri alte 110 metri, svettano davanti a me. Intanto suor Isabel mi sussurra un’ultima informazione: nel 1930 l’Immacolata Concezione di Luján è dichiarata Patrona dell’Argentina, Uruguay e Paraguay.
Oggi è un giorno feriale. Eppure siamo in tanti a pregare davanti alla piccola statua che ogni anno accoglie oltre quattro milioni di pellegrini. E tra questi, quest’anno ci sono anch’io.
Autore: Maria Trigila, Fma
Fonte:
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Rivista Maria Ausiliatrice
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