Cerisola, Cuneo, 4 marzo 1916 – Montalto Carpasio, Imperia, 17 agosto 1944
Mario Bellino nacque il 4 marzo 1916 a Cerisola, frazione di Garessio, in provincia di Cuneo e diocesi di Mondovì. Desiderava partire missionario per l’Africa, per cui si preparò tra i Missionari della Consolata a Torino; tuttavia, una fastidiosa artrite lo rese inadatto alle missioni estere. Cercò allora maggior raccoglimento nell’abbazia benedettina di Finalpia, ma neanche la vita monastica, con le sue levate notturne, era adatta a lui. A quel punto, Mario entrò nel Seminario diocesano di Alba. Pur avendo la possibilità di essere esentato dal servizio militare, sostituì suo fratello Armando, per consentirgli di badare alla famiglia. Rientrò al suo paese dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Don Santino Glorio, fondatore dell’Istituto Charitas di Imperia, lo avvicinò durante le vacanze che Mario, per ragioni di salute, trascorreva in Liguria, e gli propose di entrare nella Congregazione di Cristo Re, i cui membri erano educatori degli orfani. Mario, a cui mancava pochissimo per essere ordinato sacerdote, accettò: divenne collaboratore di don Stanislovas (Stanislao) Bartkus e di alcune suore, assistendo una ventina di orfani nel ricovero del santuario della Madonna dell’Acquasanta a Montalto Ligure (oggi Montalto Carpasio), in provincia di Imperia e diocesi di Ventimiglia-Sanremo. Il 17 agosto il paese di Montalto fu oggetto di saccheggio da parte di soldati tedeschi e di italiani del Battaglione San Marco. Anche il santuario dell’Acquasanta fu raggiunto, ma Mario e don Stanislao riuscirono a metterli in salvo. Il sacerdote e il chierico vennero però percossi violentemente, ma non svelarono nulla circa i partigiani che pure avevano soccorso, né circa gli abitanti (donne, bambine e anziani) nascosti nei sotterranei della chiesa. Tutti sopravvissero, mentre Mario e don Stanislao, uccisi con raffiche di mitragliatrice, vennero scagliati nel sentiero sottostante. Il corpo di Mario, provvisoriamente seppellito a Montalto e poi recuperato dai suoi parenti, riposa nel cimitero di Cerisola.
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Mario Bellino nacque il 4 marzo 1916 a Cerisola, frazione di Garessio, in provincia di Cuneo e diocesi di Mondovì; era uno degli otto figli di Giuseppe Bellino e Paola Averamo. Desiderava partire missionario per l’Africa, per cui si preparò tra i Missionari della Consolata a Torino; tuttavia, una fastidiosa artrite lo rese inadatto alle missioni estere. Cercò allora maggior raccoglimento nell’abbazia benedettina di Finalpia, ma neanche la vita monastica, con le sue levate notturne, era adatta a lui. A quel punto, Mario entrò nel Seminario diocesano di Alba. Nel 1942, tuttavia, si offrì di sostituire suo fratello Armando nel servizio militare, da cui, in quanto seminarista, avrebbe potuto essere esentato. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, rientrò a Cerisola, collaborando alla vita della parrocchia. La cognata Gemma ricorda così le sue visite in famiglia: «Quando veniva al paese ci colpiva per il suo animo profondo, diverso dal comune. Sapeva arrivare all’anima delle persone. E ogni volta ci insegnava i canti sacri che cantiamo ancora oggi durante la Messa». A causa della salute fragile, trascorreva quasi sempre l’estate in Liguria. Un sacerdote di Imperia, don Santino Glorio, si accorse quindi di quel seminarista magro con gli occhiari e gli offrì di entrare nella Congregazione di Cristo Re, composta da sacerdoti e suore: lui stesso ne era il fondatore. La sede principale era all’Istituto Charitas di Imperia, il primo di una serie di orfanotrofi. A causa della seconda guerra mondiale, fu deciso di trasferire una ventina di orfani nel ricovero del santuario della Madonna dell’Acquasanta a Montalto Ligure (oggi Montalto Carpasio), in provincia di Imperia e diocesi di Ventimiglia-Sanremo. Il trasferimento avvenne il 2 gennaio 1944: i bambini passarono dalla casa di Oneglia alla nuova sistemazione, accolti benevolmente dagli abitanti del paese. Nonostante i tempi di guerra e le ristrettezze soprattutto alimentari, cercavano di vivere tranquillamente. Mario aiutava le suore e il responsabile del nuovo orfanotrofio, don Stanislovas Bartkus, più noto come don Stanislao, per quel che il suo carattere timido gli consentiva. I ragazzi lo vedevano spesso pregare davanti alla statua della Madonna, ma sapeva anche giocare a calcio con loro. Le preoccupazioni aumentarono dopo che, il 27 luglio 1944, don Santino Glorio rimase vittima del bombardamento che colpì Imperia, distruggendo la casa madre della Congregazione di Cristo Re e il Tempio Espiatorio di Cristo Re, appena costruito. Con l’avanzare del conflitto, don Stanislao e Mario apparivano sempre più preoccupati agli occhi dei bambini. Il culmine si verificò il 21 giugno 1944: alcuni colpi di mortaio raggiunsero il santuario dell’Acquasanta. Don Stanislao, che conosceva il tedesco, si presentò al comando dell’esercito per protestare. Ottenne l’assicurazione che l’indomani non ci sarebbero stati altri spari, ma invece avvenne il contrario. Pur non essendo un paese particolarmente a rischio, anche a Montalto passavano spesso dei partigiani. Mario e don Stanislao, a volte, condividevano con loro quel poco che riuscivano a procurarsi, incuranti di essere accusati di connivenza con dei “banditi”. Il giovane, a cui mancava veramente poco per l’ordinazione sacerdotale, raccontò a sua madre le condizioni in cui si trovava, ma, allo stesso tempo, l’incoraggiò in una lettera scritta il 12 agosto 1944: «Mamma qualunque cosa accade non rattristarti. Tu lo sai meglio di me che Iddio non lascia cadere un capello del nostro capo senza ch’Egli lo permetta. Quale tenero padre, avrà cura di noi e non mancherà di aiutarci specie quando ci possiamo trovare in pericolo». Il 17 agosto il paese di Montalto fu oggetto di saccheggio da parte di soldati tedeschi e di altri italiani del Battaglione San Marco, i quali uccisero anche tre contadini: Giobatta Ammirati, detto “l’orso”, un altro Gio Batta Ammirati detto Bacò e Giorgio Brea, freddato sulla porta di casa. Altri abitanti del paese, comprese alcune bambine, trovarono rifugio nelle cavità sottostanti la chiesa dell’Acquasanta. Gli orfani e i loro educatori non potevano scappare, perché i soldati avevano circondato la zona e si apprestavano a salire al santuario. Mario e don Stanislao, allora, decisero di chiuderli nella chiesa, affrontando a viso aperto i soldati: barricarono la porta dall’interno, ma aprirono solo dopo aver ammassato gli orfani nell’abside. I soldati li picchiarono nel tentativo di ricavare da loro informazioni sui partigiani della zona, ma senza esito. Quindi li spinsero contro una grande pianta di acacia e li fucilarono, gettando poi i cadaveri nel sentiero sottostante; caddero l’uno sull’altro, incrociati. Prima di morire, don Stanislao aveva sentito che alcuni dei soldati avevano proposto di uccidere anche i bambini rimasti nella chiesa. Gli venne subito da esclamare: «I bimbi no, lasciateli stare!». Effettivamente, tutti gli orfani sopravvissero. Nonostante il divieto imposto dai tedeschi, il 19 agosto fu celebrato il funerale del sacerdote e del chierico, nella parrocchia di Montalto Ligure, alla presenza degli abitanti del paese, degli orfani sopravvissuti e di altri bambini e sacerdoti delle varie case dell’Istituto Charitas. I due corpi vennero seppelliti nel cimitero adiacente alla chiesa di San Giorgio a Montalto, in un’unica fossa. Il 29 aprile 1945, due giorni dopo la Liberazione, Armando Bellino, fratello di Mario, e suo cognato Giacomo Calleri andarono a recuperare i resti del seminarista, traslati quindi nel cimitero di Cerisola. Quelli di don Stanislao, nell’impossibilità di entrare in contatto con i suoi parenti, trovarono invece sepoltura nel cimitero di Sanremo. Il 17 agosto 1984, a quarant’anni dall’accaduto, è stato inaugurato un monumento che raffigura don Stanislao che regge il suo Breviario con la mano sul cuore, ferito a morte, mentre Mario si nasconde il volto con le mani. La ricerca storica avviata dal professor Giovanni Perotto e confluita nel volume «I bambini no! – L’eccidio del 17 agosto 1944 a Montalto Ligure» (De Ferrari, 2023) ha condotto, nel corso degli anni, a stabilire la verità dei fatti, sulla base di testimonianze d’archivio e del racconto degli ultimi ancora vivi tra gli ex “bambinelli”, com’erano soprannominati gli orfani dell’Istituto Charitas.
Autore: Emilia Flocchini
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